"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

“Una rivisitazione warburghiana delle Gallerie degli Uffizi”

Attorno alla mostra “Camere con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini”, Firenze, Gallerie degli Uffizi, 19 settembre / 10 dicembre 2023

Gerhard Wolf. Intervista a cura di Giulia Zanon

English abstract

La mostra “Camere con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini” è allestita alle Gallerie degli Uffizi dal 19 settembre al 10 dicembre, curata dal Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, in collaborazione con la direzione degli Uffizi e il Warburg Institute di Londra. “Camere con Vista” indaga il rapporto di Warburg con la città di Firenze, dal suo primo soggiorno nel 1888 fino all’ultimo viaggio in Italia. Presentiamo qui una intervista con Gerhard Wolf, direttore del Kunsthistorische Institut in Florenz e co-curatore della mostra.

Ricostruzione di Tavola 77, a opera di Roberto Ohrt e Axel Heil per la mostra “Bilderatlas Mnemosyne – The Original” (Berlino 2020) ora parte dell’allestimento di “Camere con vista”.

Giulia Zanon | Ho trovato di particolare interesse quello che, nel catalogo della mostra “Camere con vista”, definisce un “esperimento pericoloso, una sorta di negazione della distanza”, ovvero “portare nella città fiorentina sia le tavole dedicate all'arte fiorentina, sia quelle esemplificative del metodo e della prassi di Warburg”. Lei scrive che, grazie alla mostra, si permette “una rivisitazione warburghiana delle Gallerie degli Uffizi” ed è “nell’incontro di questi due atlanti, quello di Mnemosyne e quello degli Uffizi, con i loro ordini spaziali e concettuali diversi, ma anche affini, che si può condurre una riconsiderazione del progetto di Warburg”. Può parlarmi in modo più approfondito di questo “incontro”?

Gerhard Wolf | Dobbiamo prendere in considerazione vari aspetti connessi e intrecciati, storici, metodologici, ecologici nel senso più ampio della parola. Un dato importante è il coinvolgimento storico di Aby Warburg con gli Uffizi, dagli anni ’90 del XIX fino agli anni ’20 del XX secolo. L’Atlante contiene molte tracce della vita intellettuale di Warburg attraverso i oltre quaranta anni della sua attività da storico dell’arte, tracce che sono state riviste, riformulate e riproposte nell’arco di tempo in cui Warburg pianifica l’Atlante, dal 1925 circa in poi. Allo stesso tempo, “Camere con vista” non è una mostra né storiografica né biografica.

La ricostruzione dell’Atlante attraverso le foto originali del Warburg Institute e le mostre di Berlino, Bonn e Amburgo sono state un grande conseguimento di Roberto Ohrt e Axel Heil. Tuttavia a noi sembrava piuttosto importante andare oltre, aprire l’Atlante di Warburg, aprirlo e metterlo in dialogo con altre realtà. E una delle realtà più interessanti per questo confronto sono ovviamente gli Uffizi, perché il piano principale delle Gallerie gli Uffizi consiste di corridoi con un allestimento permanente di sculture greche e romane, delle collezioni medicee dal Cinquecento in poi, e di camere che dai corridoi si aprono sulla pittura più o meno rinascimentale, trecentesca, quattrocentesca, cinquecentesca. Le Gallerie degli Uffizi sono un luogo di incontro tra l’antichità greco-romana e la pittura post-medievale, in qualche modo simile alle costellazioni che Warburg mette in scena nel suo Atlante.

La scelta della mostra di non esagerare il numero delle tavole dell’Atlas, di concentrarsi su quattordici pannelli – oltre a essere vincolata da argomenti tecnici e pratici – risponde della volontà di creare degli ambienti al piano delle Gallerie. Un’ opportunità straordinaria della mostra è proprio quella di aver potuto inserire nelle gallerie del museo quella idea di “inversione energetica”, così Warburg, nelle ultime cinque sale del corridoio di Levante. La mostra è quindi un meta-discorso, una messa alla prova delle dinamiche di due atlanti, il Bilderatlas di Warburg e gli Uffizi intesi come atlante. 

Non si è trattato ovviamente di ‘riportare a casa’ l’Atlante, perché il lavoro principale di Warburg è quello di distanziare, di riscalare, di deauratizzare, di mettere su un piano di compatibilità, o meglio di comparabilità, le opere, le immagini di tutti i tipi, per creare nei pannelli un’antropologia delle immagini. 

Per questo la scelta di avere dei pannelli fiorentini, come quelli esposti nella prima sala, che abbiamo chiamato la sala ‘Warburg e Firenze’, sono tavole in cui per esempio è esposto un tema molto presente nel pensiero di Warburg: il grande tema della Fortuna nel Quattrocento e Cinquecento italiano e soprattutto fiorentino, che mette in evidenza la questione dell’individualità, della fortuna personale. 

La scelta è stata quella di mettere in dialogo quelle tavole con altre opere scelte da noi: fotografie che mostrano da un lato la Firenze del tempo di Warburg, dall’altro le foto della famiglia dello studioso e poi, in un percorso quasi bipolare, due importanti opere del Quattrocento e una stampa di Dürer. Non era nostra intenzione esporre semplicemente una Tavola dell’Atlante e, accanto a questa, alcune delle opere presenti in essa. Abbiamo invece voluto presentare un gioco raffinato per creare una catena di riferimenti, di dialoghi, che da una parte mostrano l’Atlante e le opere in originale, mettendo in mostra la ricerca approfondita di Warburg sulle opere, e dall’altra parte il suo modo radicale di rendere accessibili e paragonabili le immagini dei pannelli. 

La mostra permette di vedere con altri occhi le opere degli Uffizi e allo stesso tempo le tavole di Warburg. Così i due atlanti si incontrano, si ispirano a vicenda, mettendo a confronto una narrazione storico-artistica con il percorso antropologico delle immagini in Mnemosyne. Abbiamo inoltre voluto inserire un terzo elemento, le opere di arte contemporanea, per rendere il dialogo tra i due atlanti un dialogo aperto, un dialogo triplice.  

GZ | Mnemosyne, a partire dalla prima mostra a Vienna nel 1993, suscita un interesse sempre più vasto e approfondito. Studiosi, artisti e curatori si sono misurati con esercizi di esponibilità dell’Atlante dagli esiti molto diversi, rendendo evidente l’aporia davanti a quello che è diventato sempre più un oggetto auratico. È possibile superare questa aporia? È possibile esporre Mnemosyne, parlare di Mnemosyne attraverso una mostra? 

GW | “Camere con vista” vuole esporre il problema dell’esponibilità dell’Atlante. L’ultima opera dell’ultima sala della mostra è la famosa foto della donna Hopi che si sottrae alla fotografia: questa immagine è il punto finale della mostra che vuole mettere in crisi, problematizzare la mostra stessa. L’aporia non è in sé del tutto negativa, e non parlerei appunto di una aporia, ma di una problematicità. 

L’Atlante si può esporre, si è esposto a Berlino, ad Amburgo, a Bonn e in altre occasioni con grande successo e in diverse declinazioni, tenendo in conto che non si tratta dell’originale perché l’Atlante non è conservato. Si possono mettere in discussione i formati che sono stati scelti per esporre il Bilderatlas, il modo in cui le immagini sono state affisse, che è un elemento molto importante: è interessante, nella ricostruzione di Ohrt e Heil, la volontà di collocare alcune riproduzioni storte perché l’ultima versione dell’Atlante, nel momento in cui è stata documentata fotograficamente dopo la morte di Warburg, presenta delle foto appese così. Tutto questo rimane un’approssimazione, un approccio contemporaneo di oggi: l’Atlante Mnemosyne, nel momento in cui viene esposto, diventa un Atlante contemporaneo, anche se contiene le foto originali.

Avere le foto originali investite di Warburg a disposizione non significa trattarle come un feticcio, le immagini dell’Atlante vanno guardate anche nella loro qualità, a volte molto bassa, a volte molto alta, con tecniche diverse e media diversi. Non sono immagini digitali, ma sono immagini di un momento storico, gli anni Venti del XX secolo in cui fu inventata la Bildtelegraphie, celebrata nella Tavola 77, in cui è stato dato inizio a una dinamica di flusso di immagini che oggi, nel mondo digitale, abbiamo molto presente. Per questo motivo a noi sembra importante sottolineare l’attualità nell’esporre l’Atlante in una dimensione che chiamiamo Bildkritik. Da questo punto di vista si presto molto a incontrare lavori artistici di oggi, in parte come scelta curatoriale in parte come opere create appunto per le sale della mostra, come per esempio i lavori di Malgorzata Mirga-Tas o Akram Zaatari e qualche video di Alexander Kluge.

La mostra è stata organizzata dagli Uffizi con il Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck- Institut e il Warburg Institute a Londra. E per il KHI la nozione di foto come oggetto è molto importante. Nella fototeca dell’istituto, diretta da Costanza Caraffa, non trattiamo le foto come illustrazioni o come elementi bidimensionali, le foto sono oggetti a modo loro, montati e assemblati. Il focus è sulla dinamica di assemblare foto, di creare percorsi che non invitano solo a guardare una singola foto ma confrontarsi  con assemblaggi e costellazioni di immagini. 

La mostra ha tre dimensioni, una si chiama “Luogo” e il luogo principale è Firenze. Il luogo dove si espone l’Atlante è un dato importante, così come il modo in cui questo viene contestualizzato, la metodologia con cui le singole immagini vengono trattate in relazione al contesto in cui il Bilderatlas viene presentato. “Camere con vista” mette in discussione l’esponibilità dell’opera di Warburg, esponendo la sua problematicità e avanzando delle proposte in merito. Ogni volta che una Tavola viene esposta, l’esito è diverso: è un’operazione lecita se viene fatta con sensibilità filologica, ma non bisogna cadere nell’errore di pensare di poter ricostruire filologicamente l’Atlante in modo definitivo. 

GZ | Quale è la lezione di Warburg che un visitatore non specialista può trarre da “Camere con vista”? Cosa ci insegnano oggi Warburg e Mnemosyne?

GW | La mostra è stata pensata con la consapevolezza che verrà senz’altro vista da studiosi ma anche, e soprattutto, da persone che Aby Warburg e il suo lavoro conoscono poco o per niente Aby Warburg. Osservando i visitatori della mostra ho l’impressione che il mondo delle immagini esposte è ai loro occhi qualche cosa di più di singole opere appese a una parete, di capolavori da guardare individualmente. La mostra offre delle stanze assai contemporanee o incontri di immagini attraverso secoli, come nella stanza con i disegni di Kentridge e dei grandi artisti del Rinascimento, che stimolano considerazioni sorprendenti, creano nuove sintassi di immagini ricche e affascinanti, sebbene si tratti solo di una parte della risposta alla questione. 

Il pensiero di Warburg è in un certo senso molto complesso, ma in un altro senso è anche molto accessibile. È facile spiegare come lui veda in una figura femminile una polarità – a un estremo la Ninfa, all’altro la “cacciatrice di teste” – che invita a seguire il passaggio da uno stato energetico di violenza a una canalizzazione dell’energia per esempio nella danza. 

Questo processo può essere reso visibile e comprensibile a chiunque: chi non conosce Warburg vede la Tavola con la Ninfa e di fronte la Giuditta di Botticelli e inizia a intuire le transizioni, le trasformazioni, le traduzioni di una singola figura in tante altre. Mi sento molto ottimista a riguardo, credo che la mostra sia un passo in avanti verso un sapere più diffuso, verso l’accrescersi di una sensibilità nel vedere le immagini non solo come icone che sopraffanno, ma in tal senso appunto di confrontarsi con costellazioni di immagini dinamiche e aperte, come quelle create da Warburg nella sua prassi di scalare e montare fotografie e altri materiali della cultura visuale. 

La mostra è curata da Costanza Caraffa, Marzia Faietti, Eike D. Schmidt, Bill Sherman, Giovanna Targia, Claudia Wedepohl, Gerhard Wolf; il coordinamento scientifico è di Katia Mazzucco, con l’aiuto di Julia Biel; assistenza curatoriale: Lunarita Sterpetti; il catalogo della mostra è a cura di Marzia Faietti, Eike D. Schmidt, Giovanna Targia, Gerhard Wolf, con Bill Sherman, Katia Mazzucco, Lunarita Sterpetti, Claudia Wedepohl (Camere con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini, Firenze 2023).

English abstract

The exhibition “Camere con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini” takes place at the Uffizi Galleries from 19 September to 10 December, curated by the Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut, in collaboration with the Uffizi and the Warburg Institute in London. “Camere con vista” investigates Warburg’s relationship with the city of Florence, from his first stay in 1888 to his last trip to Italy. We present a short interview with Marzia Faietti, co-curator of the exhibition.

keywords | Gallerie degli Uffizi; Kunsthistorisches Institut in Florenz; Camere con vista; Bilderatlas.

Per citare questo articolo / To cite this article: G. Wolf, intervista a cura di G. Zanon, “Una rivisitazione warburghiana delle Gallerie degli Uffizi”. Attorno alla mostra “Camere con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini”, Firenze, Gallerie degli Uffizi, 19 settembre / 10 dicembre 2023, “La Rivista di Engramma” n. 206, ottobre/novembre 2023, pp. 213-217 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.206.0023