"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

213 | giugno 2024

97888948401

Architectus ludens 

Giochi di costruzioni/scatole di montaggio

Guido Morpurgo

English abstract

Copertina di “Meccano Magazine” Vol. XIV, IV (aprile 1929).

Imparare dal piccolo: giochi di costruzione e modernità

L’esercizio della costruzione è nella modernità l’espressione di un mondo sintetico che riorganizza le relazioni tra la forma dell’utile e la realtà, così come tra architettura, tecnica e finalità. Esso si rappresenta attraverso le procedure del montaggio di parti connotate da morfologie e misure ricorrenti: unità, moduli e componenti assemblabili secondo sequenze, procedure e logiche precise per dare forma a un edificio o a un prodotto industriale. Al tempo stesso i diversi pezzi possono essere utilizzabili liberamente per comporre ulteriori forme, ‘cose’ altre e oggetti attraverso combinazioni virtualmente infinite. Ciò anche mediante la loro parziale modifica e variazione interna allo scopo di migliorarne caratteristiche e qualità.

La connessione tra gioco e lavoro individuata da Dewey appare evidente nel parallelismo che i due universi – solo apparentemente speculari – presentano tramite il duplice rapporto tra invenzione-norma e montaggio-libertà, condensato nell’esprit mechanique dell’architettura del ferro che, a partire dalla fine del XIX secolo, rivoluziona il modo di progettare e realizzare l’architettura (Dewey [1916] 1949, 237-241).

Lo sviluppo dei giochi di costruzione che si invera all’inizio del XX secolo, sembra tradurre l’affermazione mitica “Mechanization takes Command” (Giedion 1948) in “Mechanics Made Easy”. Ciò grazie alla produzione ampia di sempre più complesse e articolate scatole che raccolgono insiemi di unità modulari facilmente combinabili. Il loro assemblaggio guidato da istruzioni e manuali dà luogo alle microstorie dell’epopea del montaggio e delle sue tecniche che ordinano in maniera sistematica gli iconici pezzi che trasformano il gioco in atto del costruire, in scala, architetture essenziali, così come ponts transbordeur, gru, veicoli e macchine dei più svariati generi.

È questo il celebre caso del copiatissimo e più volte riprogettato Meccano – nome forse derivato dal principio ludico del ‘Make and Know’ (O’Shea s.d.) – brevettato nel 1901 da Frank Hornby (Meccano Limited, Liverpool 1908-1980). Come noto, si tratta di un gioco di costruzioni e marchio-programma che riassume emblematicamente la propria natura tecnica. Ciò anche grazie al sofisticato linguaggio di rappresentazione teso tra iconicità dei componenti e packaging commerciale, oltre che universo micrologico che ha generato una propria forma di rappresentazione ‘letteraria’ grazie agli svariati manuali d’istruzioni e al “Meccano Magazine” (1916-1963).

Märklin Metallbaukasten 1, 2, 3, Göppingen 1925.
Märklin Metallbaukasten, Göppingen 1930.

Copertina di “Meccano Magazine” Vol. XIII, 12 (dicembre 1928).
El Lissitzky, copertina per R. Ginsburger, Frankreich, “Neues Bauen in der Welt” 3 (1930).

Il piccolo come metodo

I giochi di costruzione come universo quintessenziale del “piccolo come metodo” (Finessi 1997) costituiscono tutti insieme un fantasmagorico catalogo combinatorio che riordina in forma micromeccanica o compositiva – come nel caso dei giochi progettati in ambito steineriano – le unità semantiche del paradigma della realtà costruttiva del moderno. È in particolare evidente l’affinità più o meno diretta con il metodo stesso con cui si legano progetto e costruzione nelle architetture-manifesto ideate dai Maestri: lo smontaggio analitico e il rimontaggio sintetico della forma grazie alla sua coincidenza con la struttura.

Nel caso del Meccano ciò si traduce in una collezione di pezzi modulari alleggeriti, dimensionati in base a perforazioni il cui passo standardizzato di 1/2 pollice corrisponde ad assi calibro 8 SWG (British Standard Wire Gauge). L’assemblaggio dei pezzi è imperniato sul principio del giunto ridotto al solo impiego di viti con filettatura 5/32 di pollice BSW (British Standard Whitworth).

È grazie alla riduzione in scala delle componenti di acciaio naturale e smaltato nei colori primari – synthesis takes command – quale materiale quintessenziale della rivoluzione industriale, che la serie di pezzi perforati di uguale foggia, ma di differenti misure e forme, rappresenta essa stessa l’esito miniaturizzato delle tecniche costruttive reali. Ad esempio, quelle che presiedono alla realizzazione di due casi studio emblematicamente opposti: i telai che costituiscono le ossature metalliche del misterioso innesto della Maison de Verre di Chareau e Bijvoet in un hôtel particulier del XVIII secolo (Parigi 1928) e i profili alleggeriti della casa in struttura di acciaio di Pagano, Albini, Camus, Palanti e Mazzoleni, realizzata nel parco Sempione per la V Triennale (Milano 1933). Questi ultimi erano stati costruiti dalle Officine di Savigliano, specializzate in locomotive, ponti e pensiline in ferro, come quelle ‘a grandi luci’ della stazione Centrale di Milano.

Copertina di S. Giedion, Bauen in Frankreich, Bauen in Eisen, Bauen in Eisenbeton, Leipzig-Berlin 1928.

L’imperativo “Bauen in eisen (Giedion 1928) che risuona nel moderno, trova quindi corrispondenza anche nella logica mini-meccanica che presiede alla riduzione scalare che i giochi di costruzioni come Meccano o Märklin offrono quali ‘palestre creative’, propedeutiche all’esercizio del costruire. Ma i giochi di costruzione rappresentano anche sistemi di corrispondenze ‘sicure’ sotto il profilo del significato, perché sono ordinati in base alla relazione bilanciata tra tecnica e cultura. La natura dei materiali, a esempio – oltre al ferro – il legno, utilizzato in declinazioni più o meno descrittive, fino a raggiungere l’astrazione scompositiva-ricompositiva degli iconici Bauhaus-spiele. Nonostante le differenze morfologiche, materiche e linguistiche, essi traducono in forme compiute la finalità di un processo ludico-costruttivo, al contempo logico e inventivo, garantendo così l’efficacia pedagogica oltre che commerciale dei giochi di costruzioni.

In maniera analoga, ma ben più rigida perché priva del connotato della variazione, ovvero della combinabilità delle sue componenti costitutive, l’ampia produzione di scatole di montaggio di oggetti in scala (in primis aerei, navi e treni, ma anche Dampfmaschinen) che ne deriva, sia in plastica, sia Diecast, sembra rappresentare essa stessa la declinazione complementare della quintessenza di quello stesso “mondo sintetico” che caratterizza le costruzioni ‘al vero’.

I giochi di costruzioni sono infatti riconducibili a due principali famiglie combinatorie. Da un lato il Meccano quale essenziale forma-struttura, dall’altro il sistema LEGO (contrazione del danese leg godt - gioca bene) inventato nel 1949 da Ole Kirk Kristiansen. Quest’ultimo è, come noto, una sorta di allegoria in acetato di cellulosa della più antica unità costruttiva minima prefabbricata: il mattone. La sua traduzione ludica in miniatura è il risultato di un progetto basato sul principio della ‘Automatic Binding Bricks’. Il LEGO è una sorta di forma simbolica ‘a secco’, che trasla l’idea senza tempo della solidità del volume architettonico quale evento plastico nella forma del giocattolo variamente colorato.

Nella vicenda dei giochi di costruzioni, la formula semplificata del LEGO sembra aver preso il sopravvento sul realismo costruttivo che il Meccano e i suoi derivati proponevano, anche grazie al ricorso a materiali nobili come l’acciaio, l’ottone e l’alluminio. Tuttavia, queste diverse declinazioni dell’idea del gioco di costruzioni che rappresentano universi ludico-morfologici in scala ridotta, nonostante la reciproca specularità semantica, sono entrambi basati sul medesimo principio di rapporto tra norma e forma. Quest’ultimo è garantito dalla precisione progettuale delle loro componenti uniformate e coordinate, la cui identità è determinata dalle specifiche caratteristiche materiche e dimensionali dei singoli pezzi: il Meccano secondo l’idea del giunto, il LEGO mediante il principio dell’innesto automatico.

Tali sistemi di unità costruttive coordinate rappresentano l’anima dei principi di assemblaggio virtualmente combinabili all’infinito, studiati per “imparare dal piccolo” (Gregotti 1997) facendo, quindi anticipando il principio largamente diffuso nella didattica del progetto del “Learning by Doing”.

Le scatole di montaggio sono, in ultima analisi, delle raccolte ordinate di frammenti di costruzioni risolti in loro stessi, quindi virtualmente autosufficienti, variamente assemblabili attraverso la procedura del montaggio. Grazie alla sua precipua logica interna, quest’ultima non si riduce necessariamente a un processo di costruzione predefinita, quindi rigida e unidirezionale. Essa, infatti, contiene in sé le condizioni stesse della libertà-plasticità del principio della variazione sul tema con cui una collezione di pezzi preordinati può essere creativamente interpretata, modificata, traslata su piani diversi del significato e dell’uso virtuale o reale, producendo così forme nuove.

Copertina di “Meccano Magazine” Vol. XV, 4 (aprile 1930).
J. Gubler, Cartolina / Postcard 76, dettaglio della Tour Eiffel, Esposizione Universale di Parigi del 1900, in id. Cara Signora Tosoni. Le Cartoline di Casabella 1982-1995 / Dear Signora Tosoni. Postcards to Casabella 1982-1995, prefazione di V. Gregotti, Milano 2005, 84. Originariamente in “Casabella” 567 (aprile 1990), 64 (immagine in b/n).

Sub specie ludi: giochi di costruzioni al vero

La condizione ‘costruttiva’ che lega l’architettura come lavoro con il gioco quale attività della fantasia creatrice supera ogni apodittica opposizione tra serietà e gioco stesso. Parallelamente si libera dalla supposta coincidenza tra gioco e suo carattere puerile, essendo appoggiata, in entrambi i casi, sulla comune idea di scopo, di finalità. La direzione con cui si stabiliscono le regole dell’atto del costruire si traccia grazie a una sequenza di azioni logico-deduttive o liberamente creative, rappresentando queste ultime una sorta di ‘arbitrio ben temperato’ dalla riduzione modulare in unità costruttive predeterminate.

Secondo Dewey “Il gioco e il lavoro […] comportano il perseguimento di un fine, la selezione e l’adattamento dei materiali necessari a raggiungerlo. La differenza è principalmente nella durata del processo che influisce in maniera più o meno diretta tra mezzi e fini” (Dewey [1916] 1949, 237-241). I giochi di costruzioni come declinazioni in termini spaziali di uno specifico filone di “immagini della fantasia” (Neri 1959) sono le premesse stesse della costruzione tout court quale attività diretta a uno scopo che lega morfologia e uso.

Se da un lato è stato dimostrato come il gioco esistesse ben prima di ogni attività definibile come culturale, come atto del pensiero in sé, quindi quale forma priva di materia, dall’altro è sostanzialmente impossibile separare il gioco dal principio di operatività per un fine pratico che è alla base di ogni costruzione. Quindi se “il gioco ha sempre uno scopo, un’idea direttrice che regola il succedersi degli atti” (Dewey [1916] 1949, 237-241) è pur vero che la differenza tra il costruire un giocattolo e utilizzarlo, giocandoci, quindi assegnandogli un ‘uso’ virtuale, sembra essa stessa riducibile a un problema di equilibrio tra mezzi e fini. Tale equilibrio scongiura il rischio che la tecnica divenga essa stessa il fine del gioco.

Il rapporto tra gioco di illusione e oggetto immaginario quale finzione, introduce ulteriori elementi che hanno a che fare con il simbolo rappreso dalla forma di quello stesso oggetto. D’altro canto, se è vero che l’architettura per essere tale è pur sempre una forma simbolica, quale imago mundi è anche l’espressione di un processo costruttivo.

In ultima analisi, i giochi di costruzioni sono essi stessi forme simboliche, per così dire, semplificate, esiti di un ‘istinto della forma’ connaturato nell’atto stesso del costruire che produce strumenti e processi operativi sintetizzabili in gesti “senza scopo, ma pieni di senso” (Huizinga [1938] 1949).

Copertina di “Meccano Magazine” Vol. XLIII, 10 (ottobre 1958).
El Lissitsky, copertina per R. J. Neutra, Amerika, “Neues Bauen in der Welt” 2 (1930).

Riferimenti bibliografici
  • Brosterman 1991
    N. Brosterman, Architecture potentielle: Jeux de construction de la collection du CCA Potential Architecture. Construction toys from the CCA Collection, Toronto 1991.
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    J. Dewey, Democrazia e educazione [Democracy and education, New York 1916], trad. it. di E. E. Agnoletti, Bologna 1949.
  • Dorfles 1971 
    G. Dorfles, Il problema dell’aspetto ludico nell’oggetto industriale, in Id., Marco Zanuso designer, Roma 1971, 37.
  • Faber 1997
    M. Faber, Un cantiere nella camera dei ragazzi, “Rassegna” 69, Grandi macchine (1997), 68-72.
  • Finessi 1997
    B. Finessi, Enzo Mari. Il piccolo come metodo, “Rassegna” 71, Piccoli oggetti” (1997), 58-72.
  • Giedion 1928
    S. Giedion, Bauen in Frankreich. Bauen in Eisen. Bauen in Eisenbeton, Leipzig 1928.
  • Giedion 1948
    S. Giedion, Mechanization takes Command: a contribution to anonymous history, New York 1948.
  • Gregotti 1997
    V. Gregotti, Imparare dal piccolo, in “Rassegna. Piccoli oggetti” 71 (1997), 5.
  • Gregotti 2002
    V. Gregotti, Architettura, tecnica, finalità, Roma/Bari 2002.
  • Huizinga [1938] 1949
    J. Huizinga, Homo ludens [Homo Ludens. Proeve Ener Bepaling Van Het Spelelement Der Cultuur, Groningen 1938], trad. it. di C. von Schendel, Torino 1949.
  • Lewis 1992
    M.J. Lewis, Apprendre de toutes pièces / Toys That Teach, Centre Canadienne d’Architecture / Canadian Centre for Architecture, Toronto 1992.
  • Mertins, Shubert 1993
    D. Mertins, H. Shubert, Les jouets et la tradtion moderniste / Toys and the Modernist Tradition, Toronto 1993.
  • Neri 1959
    R. Neri, Gioco e giocattoli, Bologna 1959.
English abstract

In modernity, the exercise of construction reorganizes the relation between the useful and reality as well as between architecture, technique and purpose. Construction is represented through the assembly of parts characterized by recurring morphologies and measurements. Units, modules and components are assembled according to recognizable sequences that give shape to a building or an industrial product. Those components can also be freely used to compose further forms, other ‘things’ and objects. Through partial modification and internal variation these virtually infinite combinations serve playful purposes. The development of construction toys in the early 20th century translates the noted book Mechanization Takes Command (Giedion 1948) into ‘Mechanics Made Easy’. This transformation is the result of extensive and increasingly complex and articulated boxes containing sets of modular units that can be easily assembled and recombined. Guided by instructions and manuals their assembly produces the micro-stories of an assembly epic. Meccano and LEGO are the most famous examples of this process. These different construction toys create small-scale, playful morphological universes which, despite the difference of their semantic imagination, are both based on the same principle of norm and form. Form is guaranteed by the precision of their uniform and coordinated components. Their identity is determined by the specific material and dimensional characteristics of the individual pieces: Meccano according to the idea of the joint, LEGO through the principle of automatic coupling. These systems of coordinated construction units represent the soul of assembly principles that can be almost endlessly combined. They underpin the notion of ‘learning by doing’, a principle widely used in design education. Construction games are themselves symbolic forms, the simplified outcome of an ‘instinct for form’ something that underpins the very act of building and from which tools and operational processes that represent the extreme synthesis of gestures “without purpose, but full of meaning” are generated (Huizinga [1938] 1949).

keywords | Construction games; Meccano; LEGO; Learning by Doing.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo / To cite this article: G. Morpurgo, Architectus ludens. Giochi di costruzioni/scatole di montaggio, “La Rivista di Engramma” n. 213, giugno 2024.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2024.213.0014