"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Ernst H. Gombrich, Zur Mnemosyne. Zur Erkenntnistheorie und Praxis der Symbolsetzung

Introduzione al Geburtstagsatlas (1937), con Note e appunti di lessico

Testo originale e traduzione italiana
a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni, Anna Fressola, Maurizio Ghelardi, con Victoria Cirlot, Giacomo Calandra di Roccolino, Simone Culotta, Francesca Dall’Aglio, Silvia De Laude, Anna Ghiraldini, Clio Nicastro, Alessandra Pedersoli, Sergi Sancho Fibla

English abstract

§ Zur Mnemosyne di Ernst H. Gombrich: testo originale e traduzione italiana
§ Note e appunti di lessico

Il Seminario Mnemosyne presenta il testo inedito dell’Introduzione che apre il Geburtstagsatlas für Max M. Warburg di Ernst H. Gombrich. Si tratta dell’edizione privata e rimaneggiata dal giovane studioso del Bilderatlas Mnemosyne, confezionata nel 1937 in occasione del settantesimo compleanno di Max Warburg e pensata come dono privato (v., in questo numero di Engramma, Ernst H. Gombrich, Geburtstagsatlas für Max M. Warburg (5 giugno 1937). Una prima edizione digitale). Del testo esistono due testimoni: la bozza preparatoria, dattiloscritta, con interventi autografi di Gombrich [WIA.III.109.4] e la versione definitiva, dattiloscritta, che registra parzialmente gli emendamenti presenti nella bozza [WIA.III.109.5.1]. L’Introduzione di Gombrich è affiancata dalla prima traduzione italiana – lavoro a più mani, frutto delle ultime due tappe del Seminario Mnemosyne (giugno 2017, Palazzone di Cortona, Scuola Normale Superiore; novembre 2017, Warburg-Haus, Hamburg).

Zur Mnemosyne

I. Zur Erkenntnistheorie und Praxis der Symbolsetzung

Per Mnemosyne

I. Per una teoria della conoscenza e una prassi della simbolizzazione

Der Begriff Orientierung hat für Warburg im Anschluss an Kants Aufsatz "Was heisst sich im Denken orientieren?” sehr allgemeinen Charakter.

Il concetto di orientamento ha per Warburg un carattere molto generale, in relazione al saggio di Kant “Cosa significa orientarsi nel pensiero” [Appunto Gombrich III, 109.1: il riferimento è all’edizione di Kant a cura di Ernst Cassirer].

Er ist ihm der Überbegriff für jede bewusste Beziehungnahme [sic!] des Menschen als eines Individuums mit der Umwelt im engeren oder weiteren Sinn.

Per Warburg si tratta di un sovra-concetto per indicare ogni relazione consapevole che l’uomo come individuo instaura con il mondo che lo circonda, in senso ampio e in senso stretto.

Erst dadurch, dass der Mensch eine Umwelt durch Zeichensetzung konstituiert — vermag er sein Ich von diesem “nicht Ich" zu distanzieren. Dieser Distanzierungsprozess, der das Bereich des Bewusstseins von dem der Aussenwelt scheidet und jedem seine immanente Gesetzmässigkeit zuweist, ist ihm das wesentliche Agent und Ziel der Phylogenese wie es das der Ontogenese ist.

Proprio per il fatto che l’uomo costituisce il mondo che lo circonda ponendo segni, egli è in grado di distanziare il suo ‘io’ dal ‘non io’. Questo processo di presa di distanza, che separa l’ambito della coscienza di sé dal mondo esterno e assegna a ciascuno la propria legge immanente, è per Warburg il principio agente essenziale e la finalità sia della filogenesi che dell’ontogenesi.

“Denkraum” nennt Warburg diese gewonnene Distanz zur Umwelt, Denkraumschöpfung den konstituierenden Akt jeder ontogenetischen und phylogenetischen Entwicklung.

Warburg chiama “Denkraum” la distanza conseguita rispetto al mondo circostante, e “creazione del Denkraum” l’atto costitutivo di ogni sviluppo ontogenetico e filogenetico.

Zeichensetzung ist es, die diese Denkraumschöpfung einleitet, Missbrauch oder Verkennung der Zeichenfunktion die Gefahr, die der Kultur immer wieder drohte und droht.

Il porre segni è ciò che introduce questa creazione di uno spazio del pensiero, laddove l’abuso o il disconoscimento della funzione dei segni costituisce il pericolo che minaccia, e continua a minacciare, la cultura.

Denn das ursprüngliche Zeichen, das Bild wie der Name, birgt in sich selbst die Gefahr der Hypostasis. Der Bildzauber wie der Namensfetischismus ist ein solcher denkraumzerstörender Kurzschluss des Denkens, in dem die orientierende Funktion des Abbildes verlorengeht: Zeichen und Bezeichnetes verschwimmen im magischen Weltbild zur furchterregenden Einheit.

Giacché il segno originario, sia esso immagine o nome, cela in se stesso il pericolo dell’ipostasi. La magia dell’immagine così come il feticismo dei nomi è una sorta di cortocircuito del pensiero, che distrugge il Denkraum, e nel quale si perde la funzione di orientamento della rappresentazione: nella concezione magica del mondo, i segni e ciò che è stato designato svaniscono in una spaventosa unità.

Aneignung des Bildes — Kenntnis des Namens verleiht nicht mehr Distanz zum Bezeichneten, sondern Macht ueber das Bezeichnete.

L’assimilazione dell’immagine – la conoscenza del nome non consente più una distanza rispetto a ciò che è stato designato, ma è invece un potere su ciò che è stato designato.

Das Bild gewinnt über seinen Zeichen-Charakter hinaus oft drohende Wesenheit, der Name kündet geheimnisvollen Sinn des Benannten. Es muss hier schon erwähnt werden, dass für Warburg nicht nur Wort und Bild solche orientierende Funktion zukommt, sondern jeder Menschlichen Ausdrucksleistung, die sich eben bewusst an ein Aussen richtet.

L’immagine, al di là del suo carattere-segno, acquista un’entità spesso minacciosa; il nome annuncia un senso misterioso di ciò che è nominato. Dobbiamo qui già dire che per Warburg la funzione di orientamento non pertiene soltanto a parola e immagine, ma a ogni forma di espressione umana che si rivolga consapevolmente verso l’esterno.

Vor der Zeichenschöpfung im Bild, vor der Alloplastik, steht die Autoplastik der urtümlichsten Sprache: die Gebärde. Hier wird der anthropologische Ansatz in Anschluss an Darwin so tief angesetzt, dass nicht nur die eigentliche Ausdrucksgebärde, der Gestus im engeren Sinn darunter begriffen wird, sondern auch ausdruckstragende Handlungen, die in ihrer Triebnähe zu “Urworten leidenschaftlicher Dynamik” werden; gemeint ist etwa der Griff nach dem Kopfe des Opfers, der triumphale Gestus, der den Unterworfenen mit Füssen tritt, und wie in der Sphäre des Bildes die Kulturentwicklung dahin tendiert, den Namen und das Benannte, Bild und Abbild in ihrer wechselseitigen Funktion klarzustellen, so ist die Kulturentwicklung der Geste darauf gerichtet, die Handlung von der Ausdrucksgebärde zu lösen.

Prima della creazione del segno nell’immagine, prima dell’atto di plasmare ciò che è altro da sé, c’è l’atto autoplastico del linguaggio primordiale: il gesto. Qui l’approccio antropologico è da intendere in una relazione così stretta con Darwin, che sotto quel concetto ricade non solo il gesto propriamente espressivo – il gesto in senso stretto –, ma anche tutte le azioni latrici di espressione, in quanto prossime all’impulso, si convertono in “parole originarie della dinamica delle passioni”; con ciò si intende per esempio l’afferrare la vittima per la testa o il gesto del trionfatore che calpesta i sottomessi. Come nella sfera delle immagini, l’evoluzione culturale tende a mettere in luce una funzione reciproca tra nome e ciò che viene nominato, tra immagine e rappresentazione, così l’evoluzione culturale del gesto tende a separare l’azione dal gesto espressivo.

Wenn wir etwa mit Piderit annehmen, dass der Ausdruck des Behagens urpsrünglich die Muskel-Konstellation des Reflexes auf Süsslachgeschmack gewesen, dass das Faustballen des Zornigen urpsrünglich Totschlag bedeute, dann vollzieht sich in diesem Ablösen dieselbe Distanzierung, Denkraumschöpfung, die auch am Material bildhafter Orientierung dargelegt werden soll.

Se per esempio con Piderit assumiamo che l’espressione del piacere derivi originariamente dall’apparato muscolare che risponde con un riflesso di sorriso al sapore dolce, e che il pugno chiuso dell’uomo adirato è segno di un atto in origine omicida, allora in tale separazione si compie lo stesso processo di presa di distanza, di creazione di un Denkraum, che deve presentarsi anche attraverso materiali di orientamento imaginale.

Sie ist eng verknüpft mit der Loslösung von triebhafter Reflexbewegung, wann die Pause zwischen Antrieb und Handlung der besonnenen Vernunft Einfluss gewährt.

La creazione del Denkraum è strettamente connessa al distacco dal moto di riflesso istintivo, nel momento in cui la pausa tra uno stimolo e l’azione derivante dalla ragione ponderata esercita la sua influenza.

Note e appunti di lessico

Nella stesura della sua Introduzione all’“Atlante del compleanno”, Gombrich, pur avendo a disposizione l’Einleitung al Bilderatlas redatta da Warburg nel 1929, si discosta in modo reciso, sul piano concettuale e terminologico, dall’impostazione che Warburg aveva voluto per il suo opus. Il filtro interpretativo di Gombrich pare avere l’obiettivo, in prima istanza, di livellare la complessità di Mnemosyne. Tale intento, che si fa evidente nella scelta e nella composizione delle immagini delle 24 tavole che costituiscono il Geburtstagsatlas, si manifesta prepotentemente già in queste prime pagine introduttive intitolate:

Zur Mnemosyne. I. Zur Erkenntnistheorie und Praxis der Symbolsetzung.
[A Mnemosyne. I. Per una teoria della conoscenza e una prassi della simbolizzazione].

Il termine Symbolsetzung è qui inteso come ‘assestamento del mondo in simboli’, una modalità di ordinamento del mondo. È peraltro questo l’unico caso, in questa breve ma densa introduzione, in cui Gombrich fa ricorso al termine Symbol, poi sostituito da Zeichen (segno), che a sua volta è un termine che non si riscontra nell’Einleitung al Bilderatlas di Warburg. Rispetto a Symbol, Zeichen indica il segno collegato a un significato chiaro e preciso.

Gombrich apre il suo Atlante con un discorso centrato sul ‘concetto di orientamento’, richiamando il saggio di Kant del 1786 Was heisst sich im Denken orientieren? (Che cosa significa orientarsi nel pensiero?):

Der Begriff Orientierung hat für Warburg im Anschluss an Kants Aufsatz “Was heisst sich im Denken orientieren?” sehr allgemeinen Charakter.
[Il concetto di orientamento ha per Warburg un carattere molto generale, in relazione al saggio di Kant “Cosa significa orientarsi nel pensiero”. (Appunto Gombrich III, 109.1 il riferimento è all’edizione di Kant a cura di E. Cassirer)].

Allo stesso scritto di Kant faceva esplicito riferimento Warburg in un appunto datato 14 marzo 1927, riferito alla traccia della presentazione di 20 pannelli allestiti provvisoriamente nella Biblioteca di Amburgo in occasione della mostra, mai realizzata, per il nuovo Museo della Scienza e delle Tecnica di Monaco, commissionata e in gran parte finanziata da Oskar von Miller:

Sui venti pannelli saranno esposti materiali riguardanti la storia della concezione cosmologica del mondo dai primitivi adoratori delle stelle fino all’astronomo che usa la matematica. Questi pannelli dovrebbero costituire la storia delle evoluzioni dello spirito umano che si occupa dell’orientamento (Kant). Essi saranno limitati contenutisticamente più o meno in questo modo, anche se si tratta solo di un raggruppamento provvisorio che ci riserviamo di cambiare durante la preparazione del materiale (A. Warburg, Opere, vol. II, La rinascita del paganesimo antico e altri scritti (1917-1929), a c. di M. Ghelardi, Torino 2012, 691-736).

Il saggio di Kant è quello in cui compare il famoso esempio della camera oscura in cui l’uomo, al buio, circondato dalle tenebre, trova nel pensiero un modo per orientarsi:

Nell’oscurità sono in grado di orientarmi in una stanza a me nota toccando un unico oggetto di cui ricordo la posizione. Ma è chiaro che in questo caso mi giovo esclusivamente della facoltà di determinare le posizioni in base a un criterio di distinzione soggettivo, dal momento che non vedo affatto gli oggetti di cui devo determinare la posizione; e se per scherzo qualcuno li avesse disposti tutti nello stesso ordine fra loro, collocando però a sinistra quelli che prima erano a destra, non riuscirei più a raccapezzarmi nella stanza, anche se per il resto tutte le pareti fossero assolutamente identiche. Ma in tal caso mi oriento ben presto in base al puro sentimento della differenza fra i miei due lati, destro e sinistro. Lo stesso mi accade di notte, quando sono costretto a camminare e a svoltare al punto giusto per strade che conosco, ma in cui al momento non distinguo nemmeno una casa (I. Kant, Che cosa significa orientarsi nel pensiero [Was heißt: Sich im Denken orientiren?, “Berlinische Monatsschrift”, Oktober 1786, 304-330], tr. it. di P. Dal Santo, a c. di F. Volpi, Milano 1996, 48-49).

Il tema dell’orientamento fu sviluppato da Warburg, in stretta collaborazione con Fritz Saxl, nel corso degli anni, a partire dalle due conferenze astrologiche del 1913; in alcuni scritti del 1924 risalenti al periodo del ricovero nella clinica a Kreuzlingen; nella conferenza sulla Sphaera barbarica di Franz Boll del 1925; e infine nel 1927 in occasione dell’esposizione a Monaco. L’orientamento emerge come il tema di apertura del Mnemosyne Atlas con l’aggiunta delle Tavole A, B e C nella sua ultima elaborazione, sicuramente dopo la conferenza alla Biblioteca Hertziana di Roma del 19 gennaio 1929 in cui era previsto un inizio sul tema della polarità e dell’inversione energetica (v. A. Warburg, Die römische Antike in der Werkstatt Ghirlandaios. Traccia della conferenza alla Biblioteca Hertziana di Roma (19 gennaio 1929), con una Nota al testo (e ‘agenda warburghiana’), a c. di S. De Laude, “La Rivista di Engramma” 119, settembre 2014; Mnemosyne Atlas: the incunabulum. Panels exhibited at the Bibliotheca Hertziana (January 19th, 1929), eds. M. Centanni and S. De Laude, “La Rivista di Engramma” 135, aprile/ maggio 2016).

Secondo l’interpretazione di Gombrich, per Warburg il concetto di orientamento è un “sovra-concetto” (Überbegriff) indicante “ogni relazione consapevole che l’uomo come individuo instaura con il mondo che lo circonda, in senso ampio e in senso stretto”. L’uomo infatti, scrive Gombrich, “costituisce il mondo che lo circonda ponendo segni”: ossia attraverso un’operazione razionale di assestamento (Zeichensetzung) che richiama il Symbolsetzung del titolo. In questo modo, prosegue Gombrich, “egli è in grado di distanziare il suo ‘io’ dal ‘non io’”: un “processo di presa di distanza che separa l’ambito della coscienza di sé dal mondo esterno e assegna a ciascuno la sua propria legge immanente”. Una “legge immanente” (Gesetzmässigkeit) intesa qui come legalità naturale, ovvero i meccanismi autonomi, processi e regolarità propri e immanenti della natura, che per Hegel regola tutta la realtà in se stessa (alle Wirklichkeit ist an ihr selbst gesetzmässig), e che Gombrich interpreta come “un’unità interiormente necessaria di determinazioni distinte” (eine innere notwendige Einheit unterschiedener Bestimmungen).

Il conseguimento di questa distanza, specifica Gombrich, è chiamato da Warburg Denkraum, lo spazio del pensiero:

Denkraum nennt Warburg diese gewonnene Distanz zur Umwelt, Denkraumschöpfung den konstituierenden Akt jeder ontogenetischen und phylogenetischen Entwicklung.
[Warburg chiama Denkraum la distanza conseguita rispetto al mondo circostante, e “creazione del Denkraum” l’atto costitutivo di ogni sviluppo ontogenetico e filogenetico].

È l’atto di porre segni (Zeichensetzung) che introduce questo spazio quando invece “l’abuso o il disconoscimento della funzione dei segni costituisce il pericolo che minaccia, e continua a minacciare, la cultura”. Alcune righe dopo Gombrich insiste sul pericolo di distruzione del Denkraum con il collasso, rischioso e caotico, in una “spaventosa unità”:

Der Bildzauber wie der Namensfetischismus ist ein solcher denkraumzerstörender Kurzschluss des Denkens, in dem die orientierende Funktion des Abbildes verlorengeht: Zeichen und Bezeichnetes verschwimmen im magischen Weltbild zur furchterregenden Einheit.
Aneignung des Bildes – Kenntnis des Namens verleiht nicht mehr Distanz zum Bezeichneten, sondern Macht ueber das Bezeichnete.
[La magia dell’immagine così come il feticismo dei nomi è una sorta di cortocircuito del pensiero, che distrugge il Denkraum, nel quale si perde la funzione di orientamento della rappresentazione: nella concezione magica del mondo, segni e designazione svaniscono in una spaventosa unità.
L’assimilazione dell’immagine – la conoscenza del nome, non consente più una distanza rispetto a ciò che è stato designato, ma è invece un potere su ciò che è stato designato].

La funzione di orientamento, prosegue lo studioso, non coinvolge solo la parola e l’immagine, ma ogni “forma di espressione umana che si rivolga consapevolmente verso l’esterno”. In particolare, specifica Gombrich, richiamandosi prima a Darwin e poi a Piderit, si tratta del linguaggio primordiale del gesto, e di tutte “le azioni latrici di espressione” che, prossime all’impulso, “si convertono in “parole originarie della dinamica delle passioni”. Ovvero, come specifica nelle righe finali, “l’azione derivante dalla ragione ponderata” connessa “al distacco dal moto di riflessione istintivo”:

Sie ist eng verknüpft mit der Loslösung von triebhafter Reflexbewegung, wann die Pause zwischen Antrieb und Handlung der besonnenen Vernunft Einfluss gewährt.
[La creazione del Denkraum è strettamente connessa al distacco dal moto di riflesso istintivo, nel momento in cui la pausa tra uno stimolo e l’azione derivante dalla ragione ponderata esercita la sua influenza].

Gombrich porta qui ad esempio il gesto dell’afferrare la vittima per la testa e quello del trionfatore che calpesta i sottomessi, in riferimento al bassorilievo nell’arco di Costantino di Traiano che a cavallo travolge un barbaro. Un episodio trasformato dalla pietas cristiana in un’immagine di giustizia. Ma Warburg, nell’Introduzione al Mnemosyne Atlas, ricorreva al caso del “travolgere cavalcando” di Traiano, ribaltato nel suo contrario, per esemplificare quello che egli per primo identifica e descrive come un dispositivo importante nella vita delle immagini, l’idea di “inversione energetica”:

Nel famoso racconto della pietà dell’Imperatore verso la vedova che implora giustizia, si riflette molto bene il tentativo raffinatissimo di volgere, mediante un’energica inversione del significato, il pathos imperiale in pietà cristiana. In un bassorilievo all’interno dell’Arco, l’Imperatore a cavallo che, galoppando, travolge un barbaro, si trasforma nel garante di una giustizia: egli ordina al suo seguito di fermarsi, perché il figlio della vedova è finito sotto gli zoccoli della cavalleria romana (A. Warburg, Mnemosyne. Einleitung (1929), [B8*]).

Il dispositivo dell’“inversione energetica” è del tutto eluso e omesso da Gombrich; ma non è la sola idea di Warburg sacrificata sull’altare della semplificazione. Il testo Zur Mnemosyne risulta molto tagliato rispetto all’Einleitung scritta da Warburg, e ad essere rimossi da Gombrich sono altri concetti fondamentali nel pensiero di Warburg e presenti nell’Introduzione del 1929, come per esempio ‘Mnemosyne’, ‘Einfühlung’, ‘Zwischenraum’ (sull’occorrenza di Zwischenraum in Warburg e in Gombrich v. il saggio di Victoria Cirlot pubblicato in italiano in questo numero di Engramma). In particolare Gombrich omette il concetto di polarità che tocca l’atteggiamento psichico, “la quieta contemplazione e l’abbandono orgiastico” [A2], e l’atto artistico a cui pertiene una “funzione polare” in riferimento alla questione dell’orientamento che, scrive Warburg nell’Einleitung, “oscilla tra un’immaginazione tendenzialmente identificata con l’oggetto, e una razionalità che cerca invece di distanziarsene” [A3]. L’atto artistico è infatti un “atto equidistante sia dalla comprensione per via immaginativa, sia dalla contemplazione concettuale”: per questo possiede una duplice funzione istituita “tra una funzione anti-caotica – così potremmo dire, dato che l’opera d’arte definisce nettamente il contorno dell’oggetto scegliendone uno unico – e la pretesa di far accettare allo spettatore il culto dell’idolo che gli viene posto di fronte”, e “crea quel disagio all’uomo spirituale che dovrebbe rappresentare l’oggetto proprio di una scienza della cultura che sia una storia psicologica illustrata – una storia capace di mostrare la distanza tra l’impulso e l’azione verso l’oggetto” [A3].

Nelle prime righe dell’Introduzione a Mnemosyne, Warburg parla di “strumento spirituale di orientamento” [A1], esprimendo anche l’autenticità di un originario – ‘infantile’, o proprio di ogni uomo – disagio spirituale nel prendere le misure e orientarsi nel mondo e, insieme, la risposta a quel disagio che non neutralizza la paura originaria. Gombrich sembra risolvere questa inquietudine come un processo di “evoluzione culturale” (Kulturentwicklung) in cui l’unità dei poli opposti è “spaventosa” e minacciosa, e in cui lo spazio del pensiero, il Denkraum, sarebbe il medium e insieme l’esito di un processo di assestamento razionale.

* Il riferimento è ai paragrafi dell’edizione dell’Einleitung a Mnemosyne di Warburg, pubblicata in Engramma: A. Warburg, Mnemosyne. Einleitung (1929). Introduzione al Bilderatlas (1929), nuova edizione critica e traduzione di M. Ghelardi, “La Rivista di Engramma” 138 (settembre/ottobre 2016).

English abstract

Here, we present the original German text with a translation into Italian of Gombrich’s Introduction to the Geburtstagsatlas, edited by Seminario Mnemosyne. It provides the basis for a first attempt at comparing Warburg’s methodology with Gombrich’s, thereby highlighting their different ways of thinking. This translation is the result of the collaboration carried out by the Seminario Mnemosyne at Scuola Normale Superiore in Palazzone di Cortona (June 2017), and at the Warburg-Haus in Hamburg (November 2017).

keywords: Einleitung; Gombrich; Geburtstagsatlas; Warburg

To cite this article: Seminario Mnemosyne, a cura di, Ernst H. Gombrich, Zur Mnemosyne. Zur Erkenntnistheorie und Praxis der Symbolsetzung. Introduzione al Geburtstagsatlas (1937), con Note e appunti di lessico. Testo originale e traduzione italiana, “La Rivista di Engramma” n. 151, novembre-dicembre 2017, pp. 80-89  | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2017.151.0005