"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Ernst H. Gombrich, Geburtstagsatlas für Max M. Warburg
(5 giugno 1937)

Una prima edizione digitale

Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni, Anna Fressola, Maurizio Ghelardi, con Victoria Cirlot, Giacomo Calandra di Roccolino, Simone Culotta, Francesca Dell’Aglio, Silvia De Laude, Anna Ghiraldini, Clio Nicastro, Alessandra Pedersoli, Sergi Sancho Fibla, Martin Warnke

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Il Geburtstagsatlas für Max M. Warburg di Ernst H. Gombrich (1937)

Londra, 1937: il giovane Ernst Gombrich, entrato da poco in contatto con gli studiosi del Warburg Institute – ancora insediato a South Kensington sotto la direzione di Edgar Wind – riceve l’incarico di confezionare un’edizione privata del Mnemosyne Atlas in occasione del settantesimo compleanno di Max Warburg, fratello maggiore di Aby Warburg: il Geburtstagsatlas für Max M. Warburg. L’operazione, pensata come un dono privato, prese l’avvio con tutta probabilità dalla sollecitazione di Gertrud Bing e di Fritz Saxl, ovvero su indicazione dello stesso Max: andava comunque, evidentemente, incontro a un desiderio della famiglia che, a quasi dieci anni dalla morte di Aby Warburg e dopo l’avventuroso trasferimento in Inghilterra, continuava a credere nella possibilità di un esito editoriale dell’‘impresa Mnemosyne’.

Conservato in due copie dattiloscritte – una al Warburg Institute di Londra, una al Warburg-Haus di Amburgo – il Geburtstagsatlas è a tutt’oggi inedito, ed è rimasto per decenni nell’oblio quasi assoluto (v. la pagina dedicata nel sito The Warburg Institute e, nella Nota bibliografica qui in calce, la scarna rassegna dei contributi critici).

In questo numero di Engramma presentiamo una edizione completa del Geburtstagsatlas, ottenuta grazie alla collazione tra i due esemplari dattiloscritti; per ora si tratta della semplice riproduzione delle copie in forma di immagini, ma il Seminario Mnemosyne sta lavorando a una versione digitalizzata che sarà l’editio princeps dell’“Atlante del compleanno”.

Nonostante si tratti di una sorta di menabò preparatorio, realizzato per un’edizione che doveva restare privata, l’opera riflette, nell’impianto generale, la struttura che era stata originariamente pensata per la pubblicazione del Mnemosyne Atlas, un insieme di tavole corredate da sintetici testi, ma nel contempo si discosta considerevolmente dai pannelli realizzati da Warburg e collaboratori nel 1929.

Il testo Zur Mnemosyne posto come Introduzione e tutti i testi di corredo delle singole tavole sono redatti in lingua tedesca, dattiloscritti con una macchina per scrivere di fabbricazione inglese, non dotata del set di caratteri tipografici con segni diacritici tedeschi (vocali con Umlaut; scharfes S).

1 | Bozza preparatoria dell’incipit del Geburtstagsatlas in cui, oltre alle correzioni a penna, si nota il ricorso a una macchina per scrivere priva dei segni diacritici peculiari della lingua tedesca (Ueberbegriffe pro Überbegriffe; dass pro daß ...).

Da segnalare in sostanza, accanto ad alcuni patenti refusi dovuti al carattere ‘artigianale’ del lavoro, l’obbligata traslitterazione dal tedesco che suona come una cicatrice grafica, spia della delicata condizione di esilio che in quegli anni viveva il Warburg-Kreis, e delle difficoltà che i profughi da Amburgo incontravano nel trovare una degna sistemazione nella capitale inglese, che pur aveva accolto generosamente gli studiosi e i loro preziosi materiali.

Come premessa, Gombrich propone una breve e densa Introduzione e già per questo testo si pone una rilevante questione critica: pur avendo a disposizione l’Einleitung al Bilderatlas che Warburg aveva redatto nel 1929, Gombrich si discosta in modo reciso, sul piano concettuale e terminologico, dall’impostazione che Warburg aveva voluto per il suo opus (v. in questo numero di Engramma, Ernst H. Gombrich, Zur Mnemosyne. Introduzione al Geburtstagsatlas, 1937). In particolare, dell’Introduzione, esistono due testimoni: la bozza preparatoria, dattiloscritta, con correzioni e marginalia a penna [WIA.III.109.4] e la versione definitiva, dattiloscritta, che registra parzialmente gli emendamenti presenti nella bozza [WIA.III.109.5.1].

L’“Atlante del compleanno” raccoglie 24 rifacimenti di una parte delle 63 tavole presenti nell’ultima versione del Mnemosyne Atlas (fotografate prima del trasbordo dei materiali in Gran Bretagna e che quindi Gombrich aveva a disposizione). La numerazione delle singole tavole è la seguente:

A • B • C • I • II • III • IV • V • VII • VIII • XX • XXI • XXII • XXIII • XXIV • XXV • XXVII • XXVIII • XXX • XXXI • XXXVII • XLI • XLII • LV

Ogni tavola è accompagnata da una spiegazione, succinta ma densa: una sorta di lunga didascalia che dà il senso del ‘tema’ trattato nel pannello.

Considerando le singole tavole, la numerazione di Gombrich corrisponde alla numerazione dei corrispondenti pannelli della versione Mnemosyne del 1929 e rispetta anche le lacune nella numerazione continua (tra Tavola VIII e Tavola XX, per esempio). La corrispondenza della numerazione dunque è puntuale, o quasi – un’eccezione è la tavola dedicata a Laocoonte: 41 per Gombrich; Tavola 41a in Mnemosyne (1929), ma come si evince dalla formula 41a, si trattava evidentemente di una numerazione tutt’affatto provvisoria.

Comunque nella versione di Gombrich, almeno nella confezione dattiloscritta a cui si fa riferimento, la scelta delle inclusioni e delle esclusioni non è esplicitata: come si vede nel Geburtstagsatlas sono incluse le tavole di apertura – Tafeln A, B, C – realizzate da Warburg e collaboratori soltanto tra il settembre e l’ottobre 1929 (sulla genesi del blocco ABC del Mnemosyne Atlas v. S. De Laude, “Symbol tut wohl!”. Il simbolo fa bene! Genesi del blocco ABC del Bilderatlas Mnemosyne di Aby Warburg, “La Rivista di Engramma” 125, marzo 2015). L’ultima tavola della selezione proposta da Gombrich – Tafel 55 – è il pannello dedicato alle ricerche di Warburg su Manet. Il Geburtstagsatlas copre così un arco storico e geografico più ristretto rispetto all’ultima versione di Mnemosyne (che negli ultimi gruppi di pannelli, passando per Rubens e Rembrandt, arriva fino alla stretta attualità) ma che purtuttavia coincide con l’arco cronologico di cui scrivono Warburg e Bing nel Diario romano, “da Babilonia fino a Manet”:

Il pomeriggio ho allestito Mnemosyne su due supporti di tela di iuta. Ora si ha una visione d’insieme di tutta l’architettura da Babilonia fino a Manet: così la si può sottoporre a una critica spietata.
A. Warburg, 10 febbraio 1929 (A. Warburg, G. Bing, Diario romano (1928-1929), a c. di M. Ghelardi, Torino 2005, 53).

Non è chiaro, comunque, perché siano escluse quasi tutte le tavole dedicate al Rinascimento fiorentino: la XXXIX, ad esempio, dedicata ai temi botticelliani, poteva trovare un riscontro testuale nel saggio su Botticelli dello stesso Warburg (Sandro Botticellis “Geburt der Venus” und “Frühling”. Eine Untersuchung über die Vorstellungen von der Antike in der Italienischen Frührenaissance, Hamburg-Leipzig 1893), che sarebbe risultato utile per la ‘didascalia’ di corredo. Insomma, il significato delle scelte di Gombrich, e il fatto che la sua versione dell’Atlante si fermi a Manet, merita senz’altro ulteriori approfondimenti che auspichiamo siano condotti presto sui materiali di archivio.

Un taglio considerevole è operato sul numero delle immagini – 280 nelle 24 tavole della versione Gombrich rispetto alle circa 2.000 immagini che Warburg progettava di includere nel Mnemosyne Atlas nell’aprile del 1929:

Mnemosyne: il risveglio degli dei pagani nell’epoca del Rinascimento europeo come valore espressivo energetico.
Un tentativo di una scienza storico-artistica delle civiltà.
Due volumi di testo. Inoltre, un atlante con circa 2.000 illustrazioni a cura di A. Warburg. Indici di Gertrud Bing.
A. Warburg, 8 aprile 1929 (A. Warburg, G. Bing, Diario romano (1928-1929), a c. di M. Ghelardi, Torino 2005, 98).

Anche rispetto alla composizione delle singole tavole Gombrich compie un’operazione di netta selezione. Da ciascuna elimina diversi materiali, in particolare le immagini che non gli sembravano chiaramente connesse al ‘tema’ della tavola, riducendo il numero delle figure a circa 10 per pannello: risultano epurati tutti i materiali che a Gombrich risultavano eccentrici, ma è anche quasi sempre evitata la ripetizione dei dettagli ingranditi delle immagini, un dispositivo che potremmo definire di ‘zoom & focus’ a cui Warburg ricorre spesso, a volte complicandolo con la variante di ritagliare il dettaglio non dall’opera originale ma da una sua copia (e.g. in Tavola 46, le immagini della Nascita di San Giovanni Battista del Ghirlandaio in Santa Maria Novella a Firenze; e il dettaglio della ‘ninfa canefora’ da una copia di bottega [Fig. 2]).

2 | Mnemosyne Atlas, Tavola 46: Domenico Ghirlandaio, Nascita di San Giovanni Battista, affresco, 1486, Firenze, Chiesa di Santa Maria Novella, Cappella Tornabuoni; bottega del Ghirlandaio, Portatrice di frutta, copia del dettaglio della canefora dalla Nascita di San Giovanni Battista, Pisa, Museo Civico.

L’effetto che Warburg ottiene con questo tipo di dispositivo è un doppio movimento ermeneutico: non solo concentrare l’attenzione sul particolare da cui passa, e intorno a cui si dipana, il filo tematico del montaggio, ma anche richiamare il tema, sempre sotteso al discorso warburghiano, della fortuna delle immagini, non solo nella ripresa dei modelli a livello erudito ma apprezzabile anche, soprattutto, nella loro diffusione seriale.

Quanto al fondale Gombrich impagina su fondo bianco, in modo ordinato, composto e gerarchico le immagini superstiti, modificando decisamente relazioni spaziali e formati. Il ridimensionamento regolare e la posizione ordinata delle immagini può ricordare le tavole ‘tematiche’ come le vediamo proposte nei primi allestimenti al Warburg-Haus di Amburgo (1925), in quei primi pannelli che costituiscono una sorta di “incunabolo” di Mnemosyne [Fig. 3]. Ma comunque, sin dall’inizio, il fondale dei montaggi di Mnemosyne è nero, e tale rimarrà in tutte le successive versioni.

3 | Hamburg, 1925: incunabolo del Mnemosyne Atlas.
Da sin. veduta di insieme dei pannelli nella Sala Ovale del Warburg-Haus; ‘Mänade und Satyr’; ‘Klage’.

La scelta del fondo bianco è, quindi, tutta da attribuire alla generale operazione di schiarimento – concettuale e grafico insieme – che Gombrich opera sui materiali del Bilderatlas.

Come è chiaro dai testi di accompagnamento, ciascuna tavola è concentrata su un singolo tema, a creare una struttura lineare e sequenziale che ripercorre la storia dell’“evoluzione culturale” che vede l’uomo – così scrive Gombrich nella sua Introduzione – costituire il mondo che lo circonda ponendo segni e in questo modo “distanziando il suo ‘Io’ dall’ambiente che lo circonda, il ‘non io’”: un processo di “presa di distanza” che, specifica Gombrich, Warburg chiama Denkraum e che egli interpreta come “l’atto costitutivo della creazione di uno spazio del pensiero di ogni sviluppo ontogenetico e filogenetico”, nel senso di un “conseguimento della distanza rispetto al mondo circostante”.

Nel Mnemosyne Atlas Warburg traduceva graficamente il concetto dello ‘spazio del pensiero’ in una inquadratura del pannello e in una spaziatura fra immagine e immagine che non risultano mai omogenee né regolari. A quanto si vede dal Geburtstagsatlas, invece, Gombrich adotta uno stile di impaginazione in cui il Denkraum tra l’individuo e gli oggetti del mondo, ma anche, in modo più appariscente, la spaziatura tra immagine e immagine, hanno misure prestabilite, regolari e ordinate. Di fatto, già nell’impaginazione dei pannelli del 1937, Gombrich riproduce un pregiudizio che intriderà Aby Warburg: An Intellectual Biography (Londra 1970): l’idea di un Warburg non solo psicologicamente scosso e scisso, ma metodologicamente frammentario, inintelligibile senza un’operazione di ri-ordinamento dei suoi montaggi, e delle sue idee.

Nota bibliografica

Del tutto rarefatti in bibliografia i contributi che trattano specificamente del Geburtstagsatlas. Qualche informazione si ricava da: Katia Mazzucco, The work of Ernst H. Gombrich on the Aby M. Warburg fragments, “Journal of Art Historiography” 5 (2011); Katia Mazzucco, Images on the Move: Some Notes on the Bibliothek Warburg Bildersammlung (Hamburg) and the Warburg Institute Photographic Collection (London), “Art Libraries Journal” 38/4 (2013). Una ricostruzione attenta del rapporto di Gombrich con l’eredità di Warburg, ma non specificamente mirata sul Mnemosyne Atlas, è stata proposta da Claudia Wedepohl, Critical Detachment: Ernst Gombrich as Interpreter of Aby Warburg, in U. Fleckner, P. Mack (eds.), The Afterlife of the Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg. The Emigration and the Early Years of the Warburg Institute in London, Vorträge aus dem Warburg-Haus, Hamburg, Band 12, Berlin 2015, 131-164. Mancano a oggi confronti puntuali tra le singole tavole del Geburtstagsatlas e i corrispondenti montaggi di Mnemosyne (1929): una nota preziosa è contenuta nel saggio di Salvatore Settis, Aby Warburg, il demone della forma. Antropologia, storia, “La Rivista di Engramma” 100 (settembre/ottobre 2012). In questo numero di Engramma riproponiamo un excerptum dal saggio di Settis, insieme ad altre due note, a cura di Alessandra Pedersoli e Simone Culotta, come primi saggi introduttivi a una lettura sistematica delle tavole del Geburtstagsatlas (1937) a confronto con il Mnemosyne Atlas (1929): Esercizi di confronto tra le Tavole 7, 30, 37 del Geburtstagsatlas di Gombrich e le corrispondenti del Mnemosyne Atlas.

Ernst H. Gombrich, Geburtstagsatlas für Max M. Warburg (1937)

Einleitung. Zur Mnemosyne

Versione definitiva dell’Introduzione del Geburtstagsatlas.

Tafel A

Tafel B

Tafel C

Tafel I

Tafel II

Tafel III

Tafel IV

Tafel V

Tafel VII

Tafel VIII

Tafel XX

Gombrich, prima del commento a Tafel XX, introduce brevemente le tavole dalla XX alla XXVII: Einleitung zu XX - XXVII.

Tafel XXI

Tafel XXII

Tafel XXIII

Tafel XXIV

Tafel XXV

La numerazione riportata in alto a sinistra è “26”. Il montaggio si riferisce però alla Tavola 25 del Mnemosyne Atlas, come la spiegazione successiva a questa tavola.

Tafel XXVII

Tafel XXVIII

Tafel XXX

Tafel XXXI

Tafel XXXVII

Tafel XLI

Tafel XLII

Tafel LV

English abstract

In 1937, Ernst Gombrich, who had just joined the Warburgkreis in London, was commissioned to produce a private edition of the Bilderatlas. Geburtstagsatlas für Max M. Warburg for the 70th birthday of Aby Warburg' brother. The operation, conceived as a private gift, was probably initiated by Gertrud Bing and Fritz Saxl, or Max himself: the undertaking was intended to satisfy the family’s wishes as they continued to believe that the Mnemosyne project could be published. Preserved in two typewritten copies - one kept in London, the other in Hamburg - the Geburtstagsatlas, was for decades consigned to oblivion and still remains unpublished (see the dedicated page in The Warburg Institute website).

Gombrich's modus operandi is very clear: he selects 24 panels (out of the 63 of the latest version of the Bilderatlas of 1929); removes many images from each of the panels; lays out the surviving images on a white background, in a well-balanced and hierarchical order, by modifying original formats and space relations; each of the 24 panels is furnished with a brief but condensed explanation of its main topics. Gombrich introduces his version of the Atlas with a short but charged premise; although a copy of the Einleitung to Mnemosyne to the Bilderatlas written by Warburg in 1929 is available to him, he firmly disassociates himself from it, both formally and conceptually.

An analysis of Gombrich's Geburtstagsatlas throws light on the introduction to his theoretical reflections on Warburg that would be included in his seminal publication: Aby Warburg. An Intellectual Biography (London, 1970). Engramma 153 presents: a first digital edition of Gombrich's Geburtstagsatlas, from the collation of the two typewritten copies preserved at The Warburg Institute in London and the Warburg-Haus in Hamburg.

keywords | Gombrich, Warburgkreis, London, Mnemosyne Altas, Aby Warburg, Geburtstagsatlas. 

To cite this article: Seminario Mnemosyne, Ernst. H. Gombrich, Geburtstagsatlas: Una prima edizione digitale, “La Rivista di Engramma” n. 151, novembre-dicembre 2017, pp. 15-78 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2017.151.0009