"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Le Muse

Saggio interpretativo di Mnemosyne Atlas, Tavola 53

a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni e Katia Mazzucco, con la collaborazione di Sara Agnoletto, Maria Bergamo, Lorenzo Bonoldi, Giulia Bordignon, Claudia Daniotti, Giovanna Pasini, Alessandra Pedersoli, Linda Selmin, Daniela Sacco, Valentina Sinico

Materiali Tavola 53 | appunti di Warburg e collaboratori e didascalie

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Un primo e immediato elemento di orientamento all’interno di Tavola 53 è rappresentato dalle immagini che costituiscono l’incipit e l’explicit del montaggio (rispettivamente Fig. 1 e Fig. 13). In entrambe le opere, una miniatura del 1476 e un dipinto di Tintoretto del 1545, riconosciamo le figure delle figlie di Mnemosyne.

All’inizio della Tavola, Erato compare sola, come ‘dama servente’, in una pagina del manoscritto che descrive le nozze di Costanzo Sforza e Camilla d’Aragona: la musa è raffigurata con uno strumento musicale, il mirto e il cigno, attributi canonici che la tradizione umanistica le ha assegnato per rivestire il ruolo di protettrice festosa dell’unione coniugale; così la descrive Guarino da Verona: “Erato coniugalia curat vincula”. In chiusura del pannello [Fig. 13], sfondato lo spazio astratto della pagina miniata e quello mondano della festa per la cerimonia nuziale, le Muse compaiono in un contesto campestre, impegnate in una gara dopo la sfida lanciata loro dalle Pieridi.

Due, quindi, i primi possibili fili da seguire, intrecciati, nel corso della visione di questo pannello: i termini cronologici e la ‘scena’ delle Muse, protagoniste dirette o indirette di tutta la Tavola, in un gioco alternato di ambientazione interna o en plein air.

Al fianco e al di sotto – puntualmente – della Erato di Fig. 1, Musa graziosa nelle vesti di dama di corte, il vento gonfia le vesti alle figure femminili dipinte da Filippino Lippi (Fig. 2, Erato) e Raffaello (Fig. 5, Galatea, 1513 ca.). Legate da un gioco di opposizioni concatenate (Fig. 1 speculare rispetto a Fig. 2; Fig. 2 speculare rispetto a Fig. 5), la compostezza tutta mondana della prima Erato si scioglie nel movimento sinuoso della musa di Lippi, che volge con grazia il capo verso il cigno e gli eroti ai suoi piedi. Il movimento esplode poi nella torsione della Galatea della Farnesina, coperta solo dal drappo ventoso, svolazzante sopra il capo rivolto all’indietro, che ripete specularmente il movimento del manto drappeggiato sulla veste che copre la pudica figura dipinta da Lippi. Questo aprirsi delle figure femminili a un progressivo dinamismo coinvolge e attrae anche le immagini 3 e 6, delineando un gruppo compatto (1-6) all’interno del montaggio di Tavola 53.

Nel rilievo bronzeo del Lorenzetto di Fig. 6, con Gesù e la Samaritana (1520 ca.), oltre alla figura a sinistra che ripete quasi identica la torsione di Galatea (o viceversa), emerge quasi con prepotenza la marca più forte della figura femminile dal movimento enfatizzato, ovverosia la Ninfa gradiva. Figura pagana per eccellenza, questa Menade fuggita dai rilievi di un sarcofago antico è qui intrappolata e frustrata nel ruolo evangelico della Samaritana.

Sovrapposto al bassorilievo della Cappella Chigi, possiamo osservare nuovamente, tra le figure dei finti rilievi di Filippino Lippi nella Cappella Strozzi (Fig. 3, 1502), torsioni flessuose dei corpi e vesti gonfie drappeggiate. La riproduzione di quest’opera, però, apre altri importanti suggerimenti d’analisi del pannello. Le Figure 3 e 6 rappresentano infatti le uniche opere di soggetto cristiano in tutta la Tavola: le figure classicheggianti, estrapolate direttamente dal repertorio iconografico e tematico ‘pagano’, sono naturalizzate in scene di contesto prettamente religioso attraverso un procedimento di non forzata interpretatio christiana. Questo procedimento coinvolge palesemente la figura della Menade-samaritana di Fig. 6, ma riguarda anche le due figure affrontate dialoganti di Fig. 3, schema e cifra di un ulteriore gioco oppositivo, formale e semantico.

In Fig. 3, infatti, il gruppo in alto a destra, accanto alla figura centrale di Fides incorniciata nel piedistallo della colonna, è composto da una figura femminile con il capo rivolto a sinistra, la veste drappeggiata, la gamba sinistra leggermente piegata – esattamente come Erato di Fig. 2 – e da un’altra, sempre in vesti classicheggianti, con il volto appoggiato a una mano e il busto piegato in avanti. Il dialogo tra queste due posture si ritrova anche in due tra le figure di muse nella copia da Peruzzi di Ugo da Carpi con Ercole che scaccia l’Invidia dal Tempio delle Muse (Fig. 10, inizi XVI sec.); nel disegno a penna della cerchia di Bandinelli (Fig. 11, 1530); nella copia di Raimondi da Raffaello con Apollo e le Muse. Gli indizi disseminati tra le immagini della Tavola portano a leggere anche le due figure classicheggianti di Fig. 3 come proiezioni dell’immagine della coppia di Muse dialoganti. Inoltre, lo schema che potremmo definire nei termini di ‘Musa graziosa’/‘Musa pensosa’ richiama a distanza le Figure 1, 2, 5 – riconducibili alla prima tipologia – e 8, 9 (Naasson e la moglie, Michelangelo) – riconducibili alla seconda.

Dai sarcofagi tardo-antichi deriva, direttamente o indirettamente, il modello per la postura delle Muse - e più in generale per l’intera serie delle nove Muse, ciascuna con i singoli attributi e il proprio carattere specifico. L’esempio ‘canonico’ è il sarcofago conservato al Louvre, datato al II secolo d.C., in cui compare in fila la serie completa con attributi e posture del tutto convenzionali. Nell’importante testo figurativo si può notare la ricerca di una ratio compositiva che rispetto alla figura centrale pensosa (Polinnia) allinea, partendo da sinistra, figure di Musa composta (Clio, Calliope), figure di Musa festosa (Talia, Tersicore, Euterpe, Erato), figure di Musa pensosa (Urania, Melpomene).

Nel lungo corso della tradizione e nelle alterne vicende di fortuna e oblio, però, le caratterizzazioni delle Muse non restano fisse e sono soggette a variazioni e fluttuazioni semantiche e iconografiche. Già al tempo della convenzione ellenistico-alessandrina, le figlie di Mnemosyne sono disoccupate per declino di quasi tutti i generi poetici di riferimento, e infatti verranno presto rimpiazzate, e successivamente affiancate, dalle emergenti sette Arti. Ma anche il numero delle Muse subisce variazioni: dall’Unica Musa originariamente invocata da Omero, alle variabili Mousai della tradizione antica (tre, sette, nove) fino alla fissazione ellenistico-alessandrina del numero di nove. Poi, dopo la stagione di oblio, ritornano nel Tempio Malatestiano in gruppo di 9 + 7 Arti, mescolate alla decima Musa (o Ottava Arte) Architettura (v. Tavola 25 dell’Atlante con le immagini del ciclo decorativo del Tempio Malatestiano).

Nella composizione di Tavola 53 Warburg mette dunque in luce la polarizzazione tra il carattere e la postura di una ‘Musa graziosa-festosa’ (1, 2, 3, 5, 7, 10, 11, 12, 13) e una ‘Musa pensosa’ (3, 8, 10, 11, 12). Nelle Figure 10, 11, 12 compaiono entrambe le tipologie, mentre in Fig. 3 si instaura un vero e proprio dialogo e le due figure vengono prese come esemplari e uniche di due versioni della ‘Musa’, nel suo doppio carattere lieto-giocoso e contemplativo-meditativo.

Quindi, nell’allegoresi del Rinascimento maturo, nuovamente le Muse recedono – per difetto ormai secolare di materia – lasciando il posto alle vecchie e nuove Arti; ma resistono in una sorta di contrazione iconografica che riduce l’intera serie da nove a due, come figure allegoriche della sapienza in una coppia esemplare che dà espressione alla doppia facies, malinconica e gioiosa, della poesia. Al centro, come in Fig. 12, sta l’armonia: la discordia concors, imposta da Apollo.

L’“emorragia della pertinenza” (l’espressione è del musicologo Giovanni Morelli), fenomeno tipico della mitografia post-rinascimentale, trascina le Muse, già verso la metà del Cinquecento, alla deriva del significato, fino a diventare un gruppo di generiche fanciulle musicanti, come già appaiono nell’opera di Tintoretto posta in chiusura della Tavola (Fig. 13). L’opposizione ‘Musa graziosa-Musa pensosa’ in Fig. 3 offre un ulteriore ampliamento dei percorsi di lettura di Tavola 53 attraverso l’immagine di un dialogo non più tipologico, ma costituito da uno scambio di sguardi e di gesti eloquenti. In questi termini si potranno quindi rivedere tutte le opere riprodotte e appuntate sul pannello.

Un dialogo è in corso tra i puttini ed Erato, che volge il volto verso di loro e verso il cigno legato con il nastro (Fig. 2); lo stesso vale per Galatea e gli amori che puntano le frecce pronti a scoccarle, ma anche per le figure del seguito, impegnate in abbracci e scambi di sguardi (Fig. 5). In maniera molto più evidente una conversazione, concatenata tra distinti gruppi di persone, si sta svolgendo tra Cristo e le figure in piedi di fronte a lui (Fig. 6), tra i filosofi della Scuola di Atene (Fig. 4) – e nel dialogo gestuale centrale fra Platone e Aristotele – e tra le divinità del Parnaso (Fig. 7). I gesti eloquenti che intessono queste conversazioni si ripetono, con maggiore o minore peso semantico, all’interno delle diverse scene rappresentate, svolgendo il ruolo di puri ‘ganci’ compositivi tra le figure o di nodi di senso delle intere composizioni. In quest’ultimo modo andranno allora intesi il gesto deittico di Platone nell’opera di Raffaello, di valore quasi ‘mistico’, e quello di Apollo nell’incisione dal Peruzzi: gesto eloquente ma anche efficace mirato ad allontanare Invidia e a incitare Ercole all’aggressione – un gesto ripetuto pressoché identico, ma con valore semantico e compositivo diverso, dalla figura di spalle seduta in primo piano a sinistra nell’opera di Tintoretto (Fig. 13).

Dopo aver seguito i cerchi concentrici, o meglio la spirale, che dalle prime impressioni dettate dall’osservazione di incipit ed explicit si dipartivano per coinvolgere e legare attraverso nessi profondi tutte le immagini di Tavola 53, i due punti di partenza, le immagini 1 e 13 appunto, non appariranno più come i termini estremi di un percorso cronologico o i due poli ambientali dei modi della rappresentazione, ma due esempi di una estetica dell’antico che, all’inizio e alla fine del Rinascimento, ripropone la stessa sensibilità per la citazione di un’auctoritas convenzionalmente riconosciuta, ma semanticamente poco caratterizzata. Nelle opere riprodotte in apertura e in chiusura del pannello, infatti, il mito, pur nella distanza formale e cronologica, è comunque usato in modo repertoriale, funzionalmente ad un contesto d’occasione: in Fig. 1 Erato è immagine della celebrazione delle nozze; in Fig. 13 Muse e Pieridi, nello stesso ruolo che potrebbe essere di figure reali o allegoriche, sono pretesto per la rappresentazione della scena di genere di un concerto campestre.

Tra l’inizio e la fine della Tavola – seguendo un ordine di lettura convenzionale – possiamo quindi tracciare non un filo ma un cerchio, che unisce due esiti diversi di un atteggiamento di generico uso dell’antico. All’interno di questo circolo si svolge il confronto e l’agone serrato con il modello classico che coinvolse, con ben altra tensione semantica, gli artisti del Rinascimento, in Tavola 53 rappresentati dagli esempi più celebri di Raffaello e di Michelangelo.

Il pannello 53, preso ad esempio di uno dei meccanismi di funzionamento dell’Atlante intero, dimostra, in rapporto alle tavole precedenti ma soprattutto a quelle successive, come il discorso di lettura di montaggio e impaginazione valga tanto per le immagini all’interno dei singoli pannelli quanto per le tavole all’interno di Mnemosyne.

Se è vero infatti che arduo appare – inizialmente – il nesso tra le Muse di Tavola 53 e i cavalieri del pannello precedente, Tavola 52, evidente è invece il rapporto con le immagini dei cosiddetti tarocchi mantegneschi della Tavola 50/51.

Senza bisogno di spiegazioni è infatti l’accostamento del disegno dal sarcofago romano con Pan, Dioniso e una Baccante e la Musa Erato dei tarocchi, associazione che immediatamente evoca non tanto la figura della Musa formosa che abita anche Tavola 53, quanto piuttosto la Menade-Samaritana di Fig. 6. Presentando l’altra faccia dell’immagine della Musa, quella pensosa, incarnata nella Poesia, il pannello 50/51 si lega anche a tutte le figure ‘malinconiche’ con la mano al volto di Tavola 53, ma allarga ulteriormente la riflessione sul ‘riutilizzo’ delle figure classiche della mitologia presentando le invenzioni, raffrontabili a quelle di Raffaello e Michelangelo, di un campione del primo Rinascimento, Andrea Mantegna – Il Parnaso, Minerva scaccia i vizi.

Spostandosi ai pannelli che seguono, la figura semidistesa apparentemente secondaria di Tavola 53 (Fig. 10), acquista il ruolo di immagine guida di un percorso che, dal pannello 4 a quello 58 – e oltre – presenta la Pathosformel del ‘dio fluviale in lutto (depressivo)’ in contrapposizione a quella della ‘ninfa estatica (maniacale)’.

Sulla Tavola 54, che potremmo chiamare ‘Tavola Chigi’, campeggiano le immagini delle opere che decorano la cappella funeraria e la Loggia della villa del committente romano, proseguendo la presentazione del ‘paganesimo’ rinascimentale – cristianizzato, se si guarda alla cupola di Santa Maria del Popolo, mondanizzato invece nelle libere figure della Loggia di Galatea – attraverso l’opera di Raffaello e Peruzzi. Una figura emerge tra quelle appuntate nel pannello 54, presentata in Fig. 3 e poi ingrandita e zoomata in Fig. 5. Si tratta di Eridano, il dio fluviale che assieme alla ninfa semidistesa è protagonista della riflessione sulla ‘scena campestre’ – e sul sentimento della Natura – proposta nuovamente nella Tavola 55 tra antichità, Rinascimento e modernità dell’opera di Manet.

Esito estremo e aspetto tragico del dio fluviale, nella Tavola 56 – che ripropone tra le opere michelangiolesche anche Naasson e sua moglie (Figg. 53.8 e 53.9) – Eridano accoglie nelle proprie braccia lo sventurato Fetonte che precipita dopo lo scellerato volo sul carro del padre, scena magistralmente resa da Buonarroti nei tre disegni appuntati sul pannello.

Né maschile né femminile – come già anticipato dalla Tavola 4, ribadito attraverso tutto l’Atlante e poi palesato nella Tavola 58 dedicata a Dürer – la polarità della figura semidistesa estatico-depressiva e le sue derive sono assieme segni e origine della melancolia dell’intellettuale con il volto poggiato alla mano; della ninfa che guarda fuori del quadro e interroga lo spettatore; della ‘Musa pensosa’ (Fig. 53.12); di Girolamo che legge nello studio (appuntato in chiusura della Tavola 43); delle Marie e di Giovanni abbandonati al cordoglio che scuote le figure del lutto di Tavola 42.

  

  

 

Latina versio | TABULA LIII De Musis

In Tabula LIII figurae incipitaria [Fig.1] et explicitaria [Fig.13] sicut lumina sunt, qui totam tabulam illustrant: utraque – altera opera miniata anno 1476, altera opera a Tintoretto picta circa 1545 – Mnemosynes filias figurant.

In figura incipitaria quae pertinet ad librum de nuptiis Constantii Sforza cum Camilla Aragonensi, Erato sola, ut ancilla, cum instrumento, myrto et cycno effingitur [Fig. 1]: sic Musa Erato cum suis symbolis, per tempestatem rinascimentalem reinventis, laeta et festiva custos nuptiarum fit. In figura autem explicitaria [Fig. 13], Musae ultra spatium paginae miniatae ultraque spatium curtensem, in spatium agreste egressae, certantes cum Pieridibus delineantur. Dum in Tabula LIII duo itinera thematica, inter se contexta, patent: alterum temporale iter, alterum ad Musas, figuras principes, modo intra moenia modo in aperto effictas, pertinens.

Musae in Figuris 1, 2, 5 fictae, inter se internectuntur sed etiam opponuntur. In Figura 1, Erato compos sui, curtensis domina videtur; in Fig. 2 Musa a Lippi picta, habitu flexo, ventilata veste, capiteque declinato ad cycnum et erotes mirandos, in motu sinuoso effingitur; denique in Fig. 5 nuda Galatea a Raffaello picta quasi conversa in motu, pallio ventilato et volitanti post caput obtortum, apparet. Itaque Erato, modesta pallioque amicta in Fig. 2, habitum specularem pro Erato in Fig. 1 habet; sic ut Galatea nudata vestibus habitum specularem pro Erato in Fig. 2 habet. Dum habitus rigiditas e Fig. 1 ad Fig. 2, 5 gradatim in dynamismum convertitur, usque ad involvendas imagines muliebres in Figg. 3, 6, motu tumultuoso commotas. Eundem Galateae habitum conversum obtortumque figura muliebris in opere a Lorenzetto sculpta habet [Fig. 6]: illa imago Maenadis, e sarcophagis paganis erepta – iam “Nympha gradiva”, gentilis quidem et dynamica nympha – nunc imago evangelicae Samaritanae facta est. In figura 3 alios obtortos habitus et vestes ventilates, in caelaminibus en grisaille a Filippino Lippi anno 1502 confectis, conspicimus.

Haud est obliviscendum tota in Tabula LIII unas Figg. 3 et 6 imagines christianas ostendere. Divinitatum demonumque simulacra e thesauro antiquitatis erepta scaenis evangelicis naturaliter intersunt ut mos erat in tempestate rinascimentali per facilem interpretationem christianam de figuris, mythis, symbolique paganis. Ut vidimus in Fig. 6 Maenas, christianiter interpretata, ipsa Samaritana facta est. Sed Figurae 3 quoque, pictura omnino christiana, imagines gentiles adsunt: duae imagines, apud simulacrum quo Fides figuratur, superiore loco collocatae - altera capite converso ad laevum, veste ventilata et altero cruri flexo; altera, proclinans, manum ad vultum tenens: ipsae Musae sunt, ut per comparationem cum Figg. 10 et 11 testatur. Inde oritur alium iter thematicum: geminae Musae in iunctione oppositioneque, altera Musa gratiosa festivaque [Figg. 1, 2. 5], altera meditans Musa [Figg. 8, 9].

Ex antiquis sarcophagis romanis, recta vel obliqua via, exempla habituum symbolorumque Novem Musarum deducuntur. Clarissimus ex omnibus sarcophagus in Musée du Louvre servatus (II saec. p.Chr.n.) totam seriem Musarum cum symbolis habitibusque e formula ac in ordine ostendit. In hac dispositione exquisita ratio compositionis percipitur: ad medianam figuram meditantem (Polimniam), convertuntur a laevo prima et secunda Musa – Clio et Calliope – gravibus habitibus, et ante eas tertia et quarta – Thalia, Terpsichore – hilares figurae; post medianam Polimniam meditantem ad dexterum eadem ratione sexta et septima Musa – Euterpe et Erato – festivis habitibus et post eas cogitabundae Urania et Melpomene ultimae ordinatae sunt. Per varia itinera traditionis, Musae alterna fortuna nunc illustres nunc obscurae, notis habitibusque mutatae sunt. Nam in aetate alexandrina, Mnemosynes filiae cum genera poetica quibus coniunctae erant iam declinata essent, a muneribus suis vacuae erant: propterea Septem Artes in locum Musarum successerunt.

Sed etiam Musarum numerus permutabilis videtur: ex una Musa ab Homero evocata, usque ad tres, vel septem vel novem Musae numerandae sunt; tandem in alexandrina aetate numerus novem Musarum definitus est.

Per intervalla oblivionis, in Templo Malatestiano (circa 1450) insigni opere rinascimentali, una cum Decima Musa - vel potius Octava Arte: Albertiana Architectura – novem Musae commixtae cum septem Artibus in scaenam redeunt (vide lecturam Tabula 25 Atlantis). In compositione Tabula LIII oppositionem inter animum habitumque Musae gratiosae ac festivae (1, 2, 3, 5, 7, 10, 11, 12, 13) et animum habitumque Musae meditantis (3, 8, 10, 11, 12) Warburg illustrat. InFfiguris 10, 11, 12, uterque modus nobis conspiciendus, dum in Figura 3 inter se Musa festosa cum Musa meditanti loqui videtur. Itaque ex omnibus Musis duplex animus habitusque duabus tantum figuris eminent: altera hilaris ac festiva, altera cogitabunda facies.

At liberae figurae antiquitatis ad vitam revocatae post felicem tempestatem rinascimentalem mox regressurae in allegoricas figuras erunt et iterum Musae recedent veteribus novisque Artibus. At medio in Rinascimento - ut Warburg in Tabula LIII indicat - a novem ad duas praecipuas figuras, summae sapientiae imagines, quae laetam maestamque duplicem faciem poeticam effingunt, Musarum series reducta est. Harmonia medio in loco ponitur, sicut in Fig. 12: harmonia id est apollinea discordia concors. Iam medio in saeculo XVI Musae, sua ipsa significatione symbolica desistentes, vagae puellae musicae factae sunt, sicut in Tintoretto opera La gara tra le Muse e le Pieridi quae in Tabula ut figura explicitaria collocatur [Fig.13].

Oppositio inter Musam festivam et Musam meditantem, in Figura 3 dialogo gestibus acto inter duas Musas exprimitur: dialogus Musarum habitibus atque earum gestibus eloquentibus totus constat. Cum hanc novam rationem in pervestigatione Tabulae itinera secuti simus, omnes tabulae figurae iterum nobis revisendae sunt. In Fig. 2 cum Erato pueri colloquuntur quae eos et cycnum aspicit; sicut Galatea cum amoribus, et inter se comitantes figurae oculis, amplexibus, prorsus gestibus colloquuntur [Fig. 5]. Multo eloquentius est, in figura 6, Christi colloquium cum figuris pro eo stantibus [Fig. 6]; expressius etiam colloquium inter Athenarum philosophos (Fig. 4) atque eloquentissimus omnium mutus ille dialogus a Platone cum Aristotele actus [Fig. 7]. Eloquentes gestus, vel magni vel minoris momenti, repetuntur in scaenis diversis per varias tabulae figuras ita ut plurimae imagines nexibus formalibus vinculentur.

Hac ratione Platonis gestus in La scuola di Atene indicativus, sed etiam quasi mysticus nobis apparet; sicut Apollinis motus in tabula a Peruzzi incisa eloquens quidem gestus ac indicativus est, sed etiam gestus efficax ad Invidiam a Parnaso amovendam adque Herculem incitandum. Idem gestus sine eadem significatione, actus est a figura aversa, eminens a laevo, in Tintorettiano opere (Fig.13).

Cum eos circulos concentricos secutus sis, vel potius volubiles spiras quae ab incipitaria atque explicitaria figuris observatis discesserint ita ut connecterent ac per nexus omnes Tabulae LIII imagines ligarent, Figurae 1 et 13 - prima et extrema in Tabulae compositione – haud videbuntur vel fines temporales vel duo modi idem effingendi, sed liminares figurae ac affines erunt propterea quod eandem aestheticam de auctoritate antiquitatis eiusque usu receptioneque exprimunt: quae aesthetica tamen topica videtur at parum explanata quoad significationem. Ita in operis in Tabula incipitaria et explicitaria (prima et extrema), mythus quamvis explicetur secundum formarum temporisque differentiam, tamen ad eundem usum affectatum adhibetur ut occasio opportunitasque postulaverant: in Fig.1 Erato imago allegorica est nuptiarum celebrationis; in Fig. 13, Musae quasi humanae puellae et eaedem personae allegoricae, voce, tibiis, nervis concinunt et quandam fabulam agrestem componunt.

Dum inter incipitariam et explicitariam figuram haud filum continuum, sed circulum datum est nobis delineare, qui usum affectatum in receptione antiquitatis iungit. Medio in circulo (id est in corpore tabulae) collatio et certamen fecundum intenditur inter Rinascimentales artifices et exemplaria classica, quod in Tabula LIII exprimitur in clarissimis operibus a Raffaello et Michelangelo confectis. Tabula LIII exemplum machinationis ususque totius Atlantis manifeste demonstrat, quomodo haec componendi collocandique ratio pertineat tam ad figuras in singulis tabulis positas quam ad unasquasque et easdem omnes tabulas in Atlante collatas.

Nam si quidem ab initio obscuri videantur, inter Musas in tabula LIII cum equitibus in Tabula LII nexus relationesque, patefit autem nexus cum Tarocchi a Mantegna discipulisque figuratis in Tabb. L-LI a Warburg expositis. Proxima cognatio enim ostenditur inter romanum sarcophagum cum Pan, Dionyso et quadam Maenade et Musam Erato in Tarocchi figurata (50/51.7.8): quae antiqua imago Maenadis coniungitur sive cum Musae festiva in tab. LIII, sed etiam potius cum Samarithana Maenade in eadem tabula. Tabula L-LI alteram faciem Musae – meditantem Musam – praebet, quae facies illic in imagine Poesia exprimitur (50/51.4). Figurae in Tabula L-LI iunctae videntur ad omnes imagines in tabula LIII collocatas, de imagine melancholica quae tenet manum ad vultum: sed eidem tabulae L-LI inest etiam argumentum de novo usu mythologiae per Rinascimentalem tempestatem, cum praebeantur inventiones quae conferri possunt cum Michelangelo et Raffaello: Il Parnaso (50/51.22) et Minerva scaccia i vizi (50/51.23) opera ab Andrea Mantegna confecta.

In tabulis sequentibus, iterum apparet imago paene distenta (Fig. 53.10): quae, haud magni momenti imago in tabula LIII, facta est imago princeps in itinere quod a tabula IV usque ad tab. LVIII et ultra ducit. Nam haec est Pathosformel dei fluvialis, luctuosa figura remissa et languida ad nympham in exstasi, mania affectam, ab Aby Warburg opposita.

Tabulae LIV – quae appellanda esset “Chigi Tabula” – insunt figurae operum quae ornant sacellum atque porticum in romano Palazzo Chigi: iterum antiquitas classica sive in interpretationem christianam conversa in Santa Maria del Popolo (54.2), sive tota profana in porticu Galateae a Raffaello et Peruzzi picto, more Rinascimentali revocata est. Figura 3 in Tabula LIV eminens maior fit in Tabula LIV (Fig. 54.5): hic est Eridanus, deus qui praeest Eridano flumini, qui una cum nympha paene distenta, primas partes agit in agresti scaena. Progreditur novum animum agreste, nova voluptas et inclinatio ad rusticas delicias: ita in tab. LV eum animum animadvertimus ab antiquitate ad Rinascimentum, usque ad opus a Manet confectum (55.17,18). In Tabula LVI Eridanus in suis fluctibus recipit infelicem Phaetontem praecipitem de infaustu patris curru: extremus tragicusque eventus in imaginibus a Michelangelo delineatis et in tabula a Warburg positis (56.10.11.13). Idem habitus proponitur in alia imagine a Michelangelo picta et iam in tab. LIII collocata: Naasson e sua moglie.

Sexus figurae paene distentae neque masculinus neque foeminus videtur: haec ambiguitas, iam praefigurata in tabula IV, in omni Atlante confirmatur atque tandem explanatur in Tabula LVIII quae dicata est Dürer (58.5,3). Character figurae paene distentae vel in languore (nympha) vel in maestitia (flumen), simul fiunt signa et exempla habitus animique melancholici ad hominem sapientem pertinentis, qui manum ad vultum tenet (58.9). Idem habitus conspicitur in nympha ultra scaenam pictam visu intuenti spectatoremque quasi interroganti et avocanti (55.14). Idem ac Musa meditans (53.12); Ieronymus in studiolo legens (43.14); Iohannes et piae Mariae in maestitia maeroreque prae luctu Christi dimissi (42.5).

English abstract 

This Mnemosyne Atlas’ essay aims to present the evolution of the Muses, that are Mnemosyne’s daughters. These figures, usually found by sarcophagi, were important examples for the renaissance’s authors of twisting bodies and floating garments. The Muses were later reinterpreted in a christian key, as the Maenad-Samaritan figure shows, and the dialogue between pagan culture and Christianity developed, in association with the new importance of gestures and geometric forms, so they no longer were two opposites poles.The Homer’s myths became now a source of inspiration, allowing the development of the Muses themselves, that during centuries weren’t stuck to the single Calliope mentioned by the author, but they transformed into the nine Moousai that we know and that are analyzed in this essay in their artistic path. 
keywords | Muses; paganism; sarcophagi.

keywords | Warburg; Mnemosyne Atlas’ Panel 53: Muses.

Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, Le Muse. Saggio interpretativo di Mnemosyne Atlas, Tavola 53, “La Rivista di Engramma” n. 13, dicembre 2001/gennaio 2002, pp. 23-32 | PDF