"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Fritz Saxl ‘interprete’ di Mnemosyne

Convergenze tematiche e metodologiche tra il Bilderatlas di Warburg e i saggi del suo più stretto collaboratore 

Marta Grazioli

English abstract

In un seminario svoltosi nel mese di marzo 2004 a Venezia sulla recente fortuna dell’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg, alcuni studiosi dello storico amburghese e della sua opera maggiore si sono confrontati sul tema: stabilire un approccio metodologico al Bilderatlas, ovvero delineare un metodo di analisi e di lettura per questa opera complessa e pluritematica.

Martin Warnke nel suo intervento ha fissato due questioni: la prima generale e fondamentale, vale a dire il carattere sintetico e riassuntivo dell’Atlante, che “riflette in realtà il lavoro di ricerca di una vita” (Warnke [2000] 2002, XV); la seconda metodologica e interpretativa, cioè lo sviluppo del percorso tematico illustrato in ciascuna tavola in senso orizzontale oppure verticale, in sequenze di immagini piuttosto ordinate e lineari. L’intervento di Gioachino Chiarini era invece volto a esemplificare una metodologia di lettura specificatamente tematica e capace di coordinare all’insegna di un unico basilare riferimento, in questo caso il tema ‘ascensione e caduta’, un ampio e armonico spettro di tavole, di immagini e di soggetti.

La problematica inerente all’interpretazione dell’Atlante della Memoria sembra essere quella di trovare non solo criteri metodologici, ma anche riferimenti critici attendibili che suppliscano all’incompiutezza dell’opera e alla mancata elaborazione, se non sotto forma di asistematici appunti e isolate riflessioni, di un apparato esegetico e didascalico da parte dello stesso Warburg. Il nostro tentativo vorrebbe fornire qualche elemento per attribuire questo ruolo di attendibile apparato critico-descrittivo di riferimento all’opera del più stretto collaboratore di Warburg: Fritz Saxl, che Ernst Gombrich ha indicato come l’ideatore stesso di Mnemosyne, attribuendogli l’idea a partire dalla quale sarebbe scaturito l’intero progetto dell’Atlante.Secondo lo studioso, infatti, al ritorno di Warburg ad Amburgo nel 1924, dopo la lunga assenza dovuta al ricovero presso la clinica di Kreuzlingen, Saxl gli fece trovare in una sala della sua casa:

Un allestimento di riproduzioni fotografiche delle opere d’arte che figuravano nelle sue ricerche, nella giustificata attesa dell’effetto che questa visione panoramica avrebbe avuto su uno studioso il cui unico desiderio era di riprendere i fili del suo lavoro. Ampie e leggere cornici di legno, sulle quali erano tese delle tele nere, servivano da fondo per le fotografie appese con semplici fermagli. Warburg si mostrò subito d’accordo e usò questo sistema per riunire insieme tutti i motivi che lo interessavano (Gombrich [1970, 1983] 2003, 224).

L’Atlante nascerebbe dunque come una sorta di omaggio al maestro, un originale ‘bentornato’ offerto da Saxl a Warburg dopo sei anni di malattia e di lontananza dalla biblioteca e dai suoi studi, e verrebbe accolto e trasformato dallo storico amburghese nel progetto che lo impegnò negli ultimi anni della sua vita, tra il 1924 e il 1929. Warburg infatti adottò l’idea del suo assistente e la sviluppò, facendone dapprima un abituale supporto illustrato per le sue conferenze1 e in seguito, a partire dal dicembre 1927, definendo un unico specifico progetto con il titolo di Mnemosyne, presentato pubblicamente per la prima volta a Roma nel gennaio 1929 e rimasto incompiuto alla sua morte, avvenuta nello stesso anno.

Nella sua prefazione all’edizione italiana dell’Atlante, Nicholas Mann accoglie l’ipotesi di Gombrich; individua nell’iniziativa di Saxl la nascita formale del primo progetto del Bilderatlas e afferma che essa:

Sembra aver svolto una funzione catalizzatrice in un momento particolarmente critico nella vita dello studioso, contribuendo in modo decisivo a ’razionalizzare’ alcune sue idee e a riscoprire metodi forse sepolti nella sua memoria adattandoli alle esigenze di una nuova e più matura fase dell’attività scientifica (Mann 2002, VIII).

Sia Mann sia Mazzucco, che ha ricostruito la storia di Mnemosyne e le sue complesse fasi di sviluppo, pur attribuendo a Saxl l’invenzione dei pannelli come originali e funzionali supporti per le fotografie e pur riconoscendo l’importanza della sua idea, scaturita dalla passione per l’educazione visiva e dall’esperienza in fatto di allestimenti espositivi, evidenziano come Warburg stesso avesse sempre creduto “nel potere documentario, strumentale, evocativo delle immagini“ (Mazzucco 2002, 56) e si fosse costantemente avvalso nei suoi appunti di schemi, disegni, diagrammi e soluzioni comunicative e riassuntive di tipo grafico-visivo. Saxl è dunque il riconosciuto inventore di quella che potremmo definire l’‘unità primaria’ dell’Atlante, vale a dire del telaio ligneo ricoperto di stoffa nera, e il sostenitore della tecnica espositiva del montaggio come sistema per l’organizzazione e la presentazione delle fotografie; inoltre, l’allestimento preparato per il rientro di Warburg ad Amburgo, la selezione e la disposizione delle immagini, risultarono tanto soddisfacenti per lo studioso da indurlo ad adottarli: sono quindi indiscusse sia la sua familiarità con il pensiero e l’opera del maestro, sia la sua competenza contenutistica e metodologica. Saxl dimostra infatti una notevole abilità e capacità nella scelta delle immagini, nell’ideazione di corrette associazioni visive e nella realizzazione di percorsi tematici che riassumono e valorizzano le ricerche warburghiane.

Egli sembra dunque meritare un ruolo privilegiato di ’interprete di Mnemosyne’, titolo in favore del quale convergono anche numerosi altri fattori e innanzitutto i molteplici ruoli svolti al fianco di Warburg: come studente nei primi anni della loro amicizia e come interprete durante gli anni della sua malattia, come assistente e successore, collaboratore e suggeritore, come segretario e prosecutore della sua opera e della sua biblioteca. Diversi scritti di Saxl si prefiggono esplicitamente lo scopo di presentare e spiegare il lavoro dello storico e il valore della sua ricerca, il metodo innovativo da lui introdotto e il significato nonché l’importanza dell’attività della biblioteca da lui fondata: Das Nachleben der Antike: zur Einführung in die Bibliothek Warburg (1920), Die Bibliothek Warburg und ihr Ziel (1922), Rinascimento dell’Antichità: Studien zu den Arbeiten A. Warburgs (1922), Die kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg in Hamburg (1930), Warburgs Mnemosyne-Atlas (1930), Warburg’s Visit to New Mexico (1930).

Questi testi ci sembrano costituire e testimoniare una sorta di auto-investitura da parte di Saxl del ruolo di interprete e propagatore della produzione warburghiana, il cui intento è incrementare la conoscenza del sapere occidentale tramite la presentazione e l’esposizione delle sue componenti storico-culturali fondamentali, sia quelle originali e archetipiche sia quelle derivate e adattate. Saxl, fautore di una ’storia delle immagini’ impegnata nell’individuazione delle rappresentazioni significative per la cultura occidentale e nella ricostruzione iconologica e interdisciplinare della loro migrazione geografica, cronologica e culturale, dimostra di aderire fedelmente all’insegnamento di Warburg, adottandone anche le due nozioni basilari ­ la nozione di simbolo e la nozione di continuità culturale, che accompagnano costantemente la sua ricerca. Saxl afferma infatti che “lo studio della storia delle immagini è uno dei grandi problemi che riguardano tutti gli studiosi delle discipline umanistiche“ (Saxl [1947] 1990, 4), che “la storia europea potrebbe essere scritta in termini di simboli” (Saxl [1938] 1990, 199) e che non gli sembra esserci “compito più importante per l’odierna ricerca storica della raccolta di materiale per una storia delle credenze: sono esse infatti a sorreggere, a mo’ di tessuto murario, il ponte della nostra continuità culturale, dall’antichità al nostro tempo” (Saxl [1929] 1985, 185).

Questa dichiarata adesione al pensiero e al metodo warburghiano e la documentata partecipazione alla realizzazione dell’Atlante, prima, e alla sua sistemazione in vista della pubblicazione, poi, fanno di Saxl un esponente privilegiato di quella che non è semplicemente un’opera “inventario delle pre-coniazioni anticheggianti che hanno concorso, in epoca rinascimentale, alla formazione dello stile della rappresentazione della vita in movimento” (Warburg [1929] 2002, 3), ma che si configura come un progetto di vastissima portata, il quale, come si desume da un titolo provvisorio appuntato da Warburg nel suo diario e citato da Gombrich (Gombrich [1984] 1985, 147), è volto a indagare “la creazione dello ‘spazio di riflessione’ come funzione culturale” e si profila come un “saggio di psicologia dell’orientamento umano, basato sulla storia universale delle immagini”.

Definire Mnemosyne un’opera si rivela riduttivo e improprio se si considerano sia il suo carattere di incompiutezza, che caratterizza molta parte del lavoro warburghiano e che sembra esserne in una certa misura una qualità costitutiva, sia la gestazione dell’impresa che si protrasse per cinque anni e vide una notevole quantità di evoluzioni e rivisitazioni, varianti e riadattamenti. Mnemosyne è in effetti un vastissimo repertorio di immagini che rifiuta una sistematizzazione fissa per aprirsi a una ‘configurazione in movimento’, plasmata su un definito gruppo di tematiche, che non solo Warburg stesso visualizzò e coordinò in modi differenti e secondo diverse sequenze2 e associazioni di immagini, ma che anche il lettore-spettatore è invitato ad approfondire, ampliare e completare.

Il lavoro di Warburg, interamente caratterizzato da lunghi tempi di elaborazione e di gestazione, si avvale infatti di un impianto teorico e metodologico, ideato dallo studioso e sotteso alle sue ricerche come alla sua biblioteca, che si delinea come un ‘sistema aperto’ e rifiuta la nozione di una storia sistematica che pone problemi e li risolve in modo definitivo e quindi necessariamente semplificato.

Questo impianto teorico, che Warburg ereditò da Burckhardt, si avvale di uno studio progressivo e ’indefinito’ delle tematiche storiche e culturali, che, proprio aprendosi agli influssi di altre discipline e curandosi di analizzare i dettagli e le singolarità, rinuncia a una pretesa di verità assoluta e predilige una conclusione ‘aperta’ in grado di provocare altre riflessioni e di incrementare ulteriormente l’indagine. In tal senso Warburg e la sua opera impostano una metodologia peculiare e una rete di contenuti specifici che richiedono costantemente un’attività di rivisitazione e rimodellamento, ma anche una forte componente di collaborazione esterna.

Nella prefazione a Mnemosyne Nicholas Mann definisce il Bilderatlas come “un testo aperto che non ammette chiusure, una sorta di sky-line dietro il quale pulsa una intera metropoli di figure, pensieri, intuizioni” e afferma che Warburg:

Era solito parlare del “nostro Atlante”, intendendo con ciò l’aiuto che aveva ricevuto non solo da Saxl e dalla Bing, ma da Cassirer, da colleghi, assistenti e perfino dalla moglie Mary e dalla figlia Frede. […] L’Atlante, scrive a Ernst Robert Curtius il 23 maggio 1929, è il risultato di una kollegiale Hilfbereitsschaft, di una disponibilità collettiva della respublica literarum del tempo, e deve moltissimo a quella ampia rete di studiosi e studenti collegati alla straordinaria Biblioteca della amburghese Heilwigstrasse (Mann 2002, X).

Katia Mazzucco definisce il lavoro intrapreso da Warburg per la realizzazione dell’Atlante “un progetto corale” (Mazzucco 2002, 62), che coinvolgeva attivamente e assiduamente tutti i collaboratori e i più assidui frequentatori dello storico e della sua biblioteca. Questa collegialità, che caratterizza in parte la storia dell’Atlante e che Warburg prediligeva ed esigeva per l’impostazione generale della ricerca condotta nel suo istituto, ha facilitato il sorgere e il permanere della nozione di una ’scuola warbughiana’. Autori come Ginzburg e Bing hanno però criticato questa definizione applicata quasi indistintamente al gruppo di studiosi e ricercatori che si raccolsero intorno allo storico amburghese nei primi decenni del Novecento e presso il Warburg Institute nella seconda metà del XX secolo. Nei loro scritti emerge la necessità di distinguere la cosiddetta ed eterogenea ‘scuola warburghiana’ dalla originaria metodologia warburghiana:

Per parlare di ‘metodo warburghiano’ occorre innanzi tutto accordarsi sulle caratteristiche specifiche di esso, e chiarire fino a che punto, e in che modo, l’opera di Warburg sia stata continuata dai suoi seguaci (Ginzburg [1966] 1986, 29).

Le indagini che si richiamano, direttamente o indirettamente, a lui, e che solo in parte emanano dell’Istituto, si estendono su troppi campi e son troppo eterogenee fra di loro per essere poste tutte sotto un comun denominatore. Le linee di demarcazione non sono più nette come prima. […] Si parla di un metodo warburghiano o di un ciclo di temi warburghiani con molta sicurezza e con altrettanta indeterminatezza. […] Se non vogliamo accontentarci di giudicare il Warburg secondo l’influenza che egli ha esercitato, bisogna mettersi all’opera per rendere di nuovo accessibile la fonte, mediante la ricostruzione del testo (Bing [1966] 1996, XI-XII).

Il ‘ritorno alle origini’ auspicato da Gertrud Bing si sta compiendo negli ultimi anni grazie a un rinnovato interesse per Warburg e per i suoi studi e grazie alla conseguente archiviazione, pubblicazione e traduzione dei suoi scritti, ma questa impresa rimane tuttora incompiuta e non potrà mai dirsi veramente conclusa, visto il carattere frammentario, provvisorio e asistematico della produzione warburghiana.

Emerge pertanto la necessità di trovare un affidabile riferimento critico ‘esterno’, e intento di questo contributo è suggerire un’ipotesi interpretativa di Mnemosyne che consideri il lavoro di Saxl come una sorta di ‘propaggine’ indipendente ma complementare dell’opera warburghiana e che si avvalga di esso come di un sostituto organico dell’apparato critico-descrittivo assente nell’Atlante. Gli itinerari iconologici che si snodano attraverso i pannelli di Mnemosyne ci sembrano infatti trovare in taluni casi significativi un’appropriata documentazione e riformulazione negli studi di Saxl, in particolare relativamente ai seguenti grandi temi: l’astrologia e la trasmissione dei simboli astrologici, la tradizione classica e la propagazione dei suoi modelli e simboli nel sapere occidentale e rinascimentale in particolare, l’arte di Rembrandt e il suo rapporto con la cultura classica.

L’esplicita comunanza di temi e di intenti tra Warburg e il suo più stretto collaboratore a nostro avviso non è ancora stata adeguatamente sottolineata né sfruttata a vantaggio della lettura e della comprensione di Mnemosyne. L’intera ricerca di Saxl, come risulta evidente anche da una superficiale analisi della sua bibliografia, rivela in molte occasioni una forte affinità con gli scritti del maestro: non solo i temi da lui studiati si intrecciano e si sovrappongono con quelli di Warburg, ma gli apparati iconografici dei suoi testi rivelano fondamentali convergenze e comunanze con le immagini appartenenti all’Atlante. Nei numerosi casi in cui la comprensione del Bilderalats non è agevolata e completata dagli scritti dell’autore, perché non esiste una corrispondenza effettiva tra il contenuto delle tavole e quello dei saggi e perché questi ultimi non trattano le complesse tematiche visualizzate invece sui pannelli, crediamo che un’interpretazione adeguata e attendibile possa scaturire dall’interazione e dal confronto con le ricerche e gli studi compiuti da Saxl, in virtù della sua manifesta adesione ai principi metodologici e ai contenuti warburghiani.

Al fine di esemplificare questa ipotesi interpretativa, abbiamo scelto uno dei temi che permettono di dimostrare il rapporto di chiara convergenza ed evidente complementarità tra i percorsi visivi di Mnemosyne e le ricerche storico-artistiche di Saxl: sottoponiamo ad analisi la Tavola B dell’Atlante facendo riferimento al saggio intitolato Macrocosmo e microcosmo nelle illustrazioni medievali come a un compendio e a una sintetica ricostruzione in forma scritta della tematica protagonista della tavola, vale a dire il rapporto tra micro e macrocosmo.

La Tavola B appartiene al primo gruppo di tavole di Mnemosyne, i pannelli del quale, a differenza di tutti gli altri, sono contrassegnati con lettere anziché con numeri e si propongono come una sorta di introduzione all’intero Atlante e di esposizione dei principali temi in esso illustrati (vedi Appendice).

La Tavola A si compone di tre grandi immagini, rispettivamente le costellazioni celesti, la mappa delle trasmigrazioni dello scambio culturale tra Nord e Sud, Est e Ovest e l’albero genealogico della famiglia Medici-Tornabuoni. Tramite tali soggetti il pannello rappresenta i “diversi sistemi di relazioni alle quali l’uomo è vincolato: cosmiche, terrestri, genealogiche. […] 1) orientamento 2) scambio 3) ordinamento sociale“ (titolazione riportata in Warburg [1929] 2002, 8 e assegnata alla tavola in base agli appunti redatti da Gertrud Bing).

La Tavola B approfondisce il primo di questi sistemi, vale a dire quello dell’armonia cosmica, che la Tavola C sviluppa ulteriormente “attraverso esempi della sua degradazione negli oroscopi e della sua glorificazione nelle teorie di Keplero, grazie alle quali l’uomo poté comprendere le leggi del cielo“ (Gombrich [1970, 1983] 2003, 248). Saxl espone chiaramente le tematiche visualizzate su questo pannello:

Keplero, che ponendo al posto del cerchio l’ellissi geometrica ha determinato l’orbita di Marte, è per Warburg il simbolo di quelle forze che creano la spazio del pensiero. In una delle tavole più suggestive del suo Atlante [tavola C] egli ha posto l’una accanto all’altra l’immagine di Marte degli astrologi tratta da un manoscritto medievale, in cui il demone planetario è raffigurato come un feroce guerriero e i suoi figli come briganti e fornai, quella del Mysterium Cosmographicum del primo Keplero, in cui questi tenta ancora di rappresentare le orbite dei pianeti al modo antico, e infine quella della soluzione kepleriana ellittica dell’orbita di Marte (Saxl [1930] 2002, 138).

La Tavola C accosta tre tipologie di immagini che evidenziano l’evoluzione storico-filosofica dall’astrologia all’astronomia fino alla tecnologia: un’illustrazione della teoria dei figli dei pianeti, alcune rappresentazioni del cielo secondo le teorie di Keplero, caratterizzate dalla coesistenza di ambizione scientifica e credenza astrologica, e infine le immagini del viaggio del dirigibile Graf Zeppelin, divenuto attorno alla fine degli anni venti del secolo scorso un chiaro e imponente simbolo dell’avvento della scienza e della tecnica, discipline razionali e certe, basate sul calcolo e sulla previsione.

La Tavola B funge da raccordo tra i pannelli A e C ed è dedicata alla relazione micro-macrocosmo e alla rappresentazione dell’armonia universale attraverso vari tipi di immagini e vari temi ad esse correlati: la teoria vitruviana delle proporzioni del corpo umano, espressa per mezzo di disegni di Leonardo e di Dürer; l’applicazione delle teorie astrologiche alla medicina, visualizzata sia nell’assegnazione illustrata delle membra ai segni zodiacali sia nella correlazione schematica tra parti del corpo e segni zodiacali ai fini di interventi terapeutici; l’influenza dei pianeti sull’individuo, che emerge dalla rappresentazione dell’uomo nel cerchio delle potenze cosmiche e dalla suddivisione della mano secondo i pianeti.

Nel saggio Macrocosmo e microcosmo nelle illustrazioni medievali Saxl ricostruisce sinteticamente storia, trasmissione ed evoluzione del mito cosmogonico secondo il quale l’uomo (microcosmo) è stato creato a somiglianza dell’universo (macrocosmo). Le tappe fondamentali del processo di formazione della tradizione legata a questa concezione sono puntualizzate da numerosi riferimenti iconografici, alcuni dei quali, ovvero uno per ogni fase storica significativa, sono costitutivi anche della Tavola B di Mnemosyne.

L’apparato iconografico del saggio di Saxl comprende infatti alcune illustrazioni che sono esposte anche sul pannello in esame3; le immagini che compaiono sia in Tavola B sia nel saggio sono:

a. Eracle dominatore del mondo e le sue parti del corpo assegnate ai segni zodiacali, tratto da un manoscritto greco del XV secolo;
b. L’uomo nel cerchio delle potenze cosmiche, tratto dal Liber divinorum operum di Ildegarda di Bingen, prima metà del XII secolo;
c. Uomo zodiacale, tratto da un manoscritto tedesco del XV secolo;
d. Le proporzioni del corpo umano (secondo la concezione di Vitruvio), disegno di Leonardo da Vinci, 1492 circa.

L’origine del mito che descrive la nascita del Primo Uomo a immagine dell’universo è iranica, ma la sua diffusione in Europa è stata enorme e ha caratterizzato sia l’antichità sia il mondo tardoantico. In epoca ellenistica esso è stato tradotto in linguaggio astrologico e ha acquistato un significato completamente nuovo: il corpo umano mortale è pensato come interamente costituito dagli elementi del cielo stellato e l’immagine mitologica del microcosmo da “semplice metafora diviene ora cifra della condizione e del destino umani” (Saxl [1927] 1985, 47). Questa dottrina, che a partire da questo momento è insieme mito e teoria astrologica, costituisce la base testuale delle illustrazioni medievali dell’uomo come specchio dell’universo, ma la ricerca condotta da Saxl oltrepassa le prove filologiche di questa derivazione per dotarla anche di una documentazione iconografica. Un chiaro esempio è l’illustrazione di un manoscritto greco del XV secolo [figura a], il cui modello è siriaco e il cui prototipo è tardoclassico, come indicano gli attributi della figura racchiusa nel cerchio e circondata dai segni zodiacali:

La clava e la pelle leonina sono infatti gli attributi di Ercole, non a caso venerato come divinità cosmica. […] Non si dovrebbe scartare a priori la possibilità che già in antico l’immagine del Primo Uomo racchiuso nel cerchio delle stelle fosse stata scelta per rappresentare la condizione umana. In tal caso Ercole, uomo mortale elevato a rango di eroe, avrebbe costituito per così dire il termine intermedio. Un illustratore tardoantico potrebbe aver attributo al Primo Uomo, sul cui corpo i rapporti tra mondo superiore e mondo inferiore fossero indicati simbolicamente, le sembianze di quell’eroe semiumano che era stato innalzato al cielo (Saxl [1927] 1985, 48-49).

La ripresa medievale di questa dottrina ellenistica basata sull’originario mito cosmogonico orientale si compone di successive e differenti fasi di sviluppo. Durante i secoli XI e XII i concetti pagani di micro e macrocosmo, in quanto ritenuti inconciliabili con la dottrina cristiana, sono o semplicemente riportati e trascritti nei manoscritti oppure rigorosamente conformati all’ordine spirituale del tempo. Soprattutto nel corso del secolo XII la graduale traduzione e diffusione dei testi arabi incrementa la circolazione delle dottrine pagane sull’origine dell’uomo e autori quali Ildegarda di Bingen, Bernardo Silvestre, Onorio di Autun, Alano di Lilla attingono al patrimonio della tradizione cosmologica araba della tarda antichità, conformandone però le immagini allo spirito della teologia altomedievale.

I manoscritti miniati, in particolare le illustrazioni delle visioni di santa Ildegarda di Bingen, ci mostrano la forma esatta in cui la cosmologia pagana riapparve per la prima volta nel Medioevo. Il manoscritto contenuto nel manoscritto di Lucca del Liber divinorum operum di Ildegarda sembra a prima vista un’illustrazione tardoantica [figura b]. […] L’immagine ha le sue radici nell’ellenismo orientale, ma fu completamente assorbita dal linguaggio figurato cristiano. Ildegarda […] anziché suggerire un’illustrazione puramente analogica di una figura centrale circondata da sfere esterne, tenta di rappresentare una serie di relazioni specifiche con l’aggiunta di linee radiali: i raggi del Sole sono connessi alla testa della figura, quelli della Luna ai suoi piedi. Si ha così un’applicazione della dottrina astrologica tardoantica, ed è qui che Ildegarda si allontana dal modello della più antica iconografia cristiana.

Ildegarda ignorava completamente il dinamismo che percorre le dottrine tardoantiche; anche per lei […] le immagini cosmologiche erano semplici simboli rappresentanti gli influssi dell’universo sull’uomo. Fin dalla loro prima scoperta nei manoscritti miniati classici, o meglio nelle copie che ne erano state tratte, quei simboli avevano avuto per lei il carattere statico e inalterabile di mere figure; e come tali ella poteva interpretarle: illustrazioni utili all’insegnamento dei dogmi cristiani e di quell’etica cristiana cui conformava la propria vita. Questa, d’altronde, è la concezione tipica del dodicesimo secolo, almeno fuori dalla Spagna, dove invece l’influenza araba può avere accelerato il processo di sviluppo (Saxl [1927] 1985, p 51-52).

Durante i secoli XIV e XV, grazie alle traduzioni arabe ed ebree della Spagna e dell’Italia meridionale, si diffondono anche le pratiche cosmologiche tardoantiche e i manuali pagani per intenti pratici, i quali si accostano alle dottrine bibliche e danno vita alla rinascita dell’antica cosmologia sul piano della disciplina astronomica, ma anche come pratica astrologica: le dottrine che prima erano state una semplice riserva di immagini “riprendono adesso il loro significato più antico e plasmano di sé la vita ordinaria quasi come insegnamenti della Chiesa” (Saxl [1927] 1985, 56). A questo periodo risalgono i primi esempi di illustrazioni sia dei principi cosmogonici generali sia di tutti gli aspetti del rapporto tra l’uomo e le stelle, illustrazioni che si avvalgono di un’inedita evidenza naturalistica [figura c] e anche di una raffigurazione accurata e fantasiosa, come quella del più grande monumento astrologico esistente, il Salone della Ragione a Padova.

La svolta interpretativa decisiva per la dottrina del microcosmo si verifica nel pensiero rinascimentale: “l’uomo ora non è più vittima passiva di un conflitto tra forze che se lo contendono, ma interviene egli stesso nella lotta” (Saxl [1927] 1985, 58). La nuova concezione dei rapporti uomo-universo incrementa lo sviluppo di una forma di pensiero soggettivo: “L’uomo ora non si considera più semplicemente fatto a somiglianza dell’universo e prigioniero dei suoi raggi, ma si contrappone ad esso come persona” (Saxl [1927] 1985, 59). La Melencolia I di Dürer, nella quale secondo Warburg: “Il demone Saturno è reso innocuo dall’attività propria riflessiva della creatura irradiata; i figli del pianeta cercano di sottrarsi mediante la propria attività contemplativa alla maledizione dell’astro che li minaccia con il temperamento meno nobile (Warburg [1920] 1996, 359)”, si impone per Saxl come simbolo dell’avvenuto cambiamento di prospettiva, vale a dire della mente individuale che ricerca la propria immagine nello specchio dell’universo e riconosce il valore della propria personalità, invece che subire il proprio destino e accettare passivamente il ruolo astrologicamente o divinamente assegnatogli. Per chiarire ulteriormente il valore dell’opera di Dürer, Saxl si avvale delle parole stesse di Warburg, tratte da Divinazione antica pagana in testi ed immagini dell’età di Lutero:

Attraverso un atto di metamorfosi umanizzante, il sinistro demone divoratore dei propri figli, dalla cui lotta nel cosmo con un altro pianeta reggente dipende il destino della creatura soggetta alle sue radiazioni, diviene nell’immagine di Dürer l’incarnazione grafica del pensiero e dell’opera dell’uomo (Saxl [1927] 1985, 59, tratto da Warburg [1920] 1996, 357).

Nella parte conclusiva del saggio di Saxl, che imposta un confronto tra i due orientamenti del pensiero moderno europeo, emerge la prospettiva warburghiana della contrapposizione-interazione tra Nord e Sud dell’Europa:

Da una parte l’idea che l’io sia l’oggetto fondamentale del nostro discernimento, dall’altra la più vasta gamma degli oggetti osservabili e misurabili: sono questi i due punti di vista da cui muove ogni discussione cosmologica nel Rinascimento, e che condussero infine a una nuova concezione dei rapporti tra uomo e universo e con essa al completo distacco dalle speculazioni delle tarda antichità (Saxl [1927] 1985, 62).

Mentre nel Nord Europa Dürer cercava la soluzione dell’armonia tra micro e macrocosmo nell’individuo senziente e pensante, in Italia Leonardo [figura d] si dedicava all’esplorazione della realtà visibile e allo studio empirico della natura, concependo il disegno del microcosmo come studio di proporzioni e frutto di una lunga serie di esperimenti antropometrici e interpretando le leggi della proporzione come l’anello di congiunzione tra necessità cosmica e libertà umana. Secondo Leonardo, infatti, il valore oggettivo e la necessità ineluttabile delle leggi matematiche che operano nel mondo esterno si riflettono nella mente umana, dal momento che esse costituiscono il banco di prova definitivo della sua conoscenza empirica e della sua personale esperienza.

L’origine (figura a), l’evoluzione (figure b e c) e la definitiva trasformazione (figura d) delle antiche dottrine pagane raccontate e illustrate da Saxl si esplicano nella Tavola B di Mnemosyne attraverso l’esposizione delle quattro immagini citate accostate una all’altra a formare un quadrato, al quale si aggiunge una sorta di cornice visiva che si sviluppa sul lato destro e sul lato inferiore e che approfondisce alcuni temi con ulteriori riferimenti iconografici: l’uomo zodiacale (figura 1) e l’uomo pianeta (figura 5), la correlazione schematica tra parti del corpo e segni zodiacali (figure 2 e 6), la suddivisione della mano secondo i pianeti (figura 4), le proporzioni ideali del corpo umano (figura 3) [vedi Appendice].

 

Il gruppo delle tre immagini d, 3 e 5, facenti tutte riferimento allo studio e alla rappresentazione del corpo umano, non solo accosta un disegno di Leonardo a uno di Dürer e suggerisce il confronto descritto da Saxl, ma associa loro un disegno di Agrippa di Nettesheim appartenente alla medesima epoca storica, ma espressione di quell’interpretazione magico-astrologica del rapporto macro-microcosmo che i due artisti contribuirono a superare. La rappresentazione de L’uomo pianeta di Agrippa coniuga la concezione vitruviana delle proporzioni umane, ripresa da Leonardo e da Dürer, con l’antica dottrina delle influenze cosmiche e della suddivisione del corpo e delle sue parti secondo i pianeti (figura 4); in tal modo essa costituisce un raccordo tra l’antica concezione pagana acquisita e sviluppata nel Medioevo e il suo superamento realizzato nel Rinascimento. Questo piccolo gruppo di immagini illustra pertanto in versione sintetica e relativa a un unico periodo storico il tema complessivo dell’intera tavola: la “Riduzione dell’armonia alla geometria astratta anziché a quella influenzata cosmicamente” (titolazione riportata in Warburg [1929] 2002, 10 e assegnata alla tavola in base agli appunti redatti da Gertrud Bing).

All’interno della Tavola B troviamo dunque un sottogruppo di immagini volto ad approfondire la tematica principale, visualizzandone differenti sfumature e suggerendo diverse sue implicazioni. Questa pratica è comune a numerose tavole dell’Atlante e caratteristica dell’impostazione metodologica generale data da Warburg alla sua opera, la quale non si avvale solo di ’rimandi interni’, ma anche di ’rimandi esterni’, che rendono possibile raggruppare tavole differenti in un’unica area tematica. Questo aspetto può essere evidenziato dal fatto che alcune illustrazioni appartenenti all’apparato iconografico del saggio di Saxl si trovano posizionate su diverse tavole di Mnemosyne a sostenere il valore introduttivo della Tavola B e a suggerire lo snodarsi all’interno del Bilderatlas e attraverso un gruppo plurimo di pannelli di un unico, ma complesso, percorso tematico.

Il tentativo di questo contributo e dell’analisi esemplificativa della Tavola B di Mnemosyne, è stato quello di fornire alcuni elementi per impostare un criterio interpretativo dell’Atlante che, al fine di ricostruirne i percorsi visivi, si avvalga dei saggi di Saxl, intendendoli come approfondimenti delle tematiche warburghiane e come naturale completamento dei problemi affrontati dallo studioso. Fritz Saxl è infatti uno degli eredi più prossimi alla lezione dello storico amburghese e ci sembra che lo studio delle sue opere in relazione a quelle di Warburg possa favorire il ’ritorno alla fonte’ auspicato da Gertrud Bing, colmando in alcuni casi significativi le lacune lasciate sia dalla mancata pubblicazione degli scritti warburghiani sia dalla loro problematica incompletezza e strutturale asistematicità.

Se concepissimo l’Atlante della Memoria non solo come l’opera conclusiva e riassuntiva di Warburg e del suo pensiero, ma come la manifestazione più significativa della sua metodologia e come il poliedrico mezzo espressivo e divulgativo dell’intero ampio progetto culturale sotteso all’elaborazione di Mnemosyne, potremmo annoverare tra i suoi sostenitori ed esponenti più fedeli e autorevoli Saxl, il quale ha indubbiamente contribuito al fissarsi concettuale e al codificarsi visivo del Bilderatlas.

Appendice. Elenco delle illustrazioni delle tre tavole introduttive di Mnemosyne

Tavola A

Tavola B

Tavola C

Note
Riferimenti bibliografici
English abstract

The article “Fritz Saxl ‘interpreter’ of Mnemosyne” focuses on thematic and methodological convergences between Warburg’s Bilderatlas and the essays of his closest collaborator. The inherent problems of interpreting Aby Warburg’s Atlas of Memoryappear to be not only finding methodological criteria, but also reliable critical references to make up for the state of incompleteness of his work and, apart from his unsystematic notes and isolated reflections, the lack of exegetical and didactical apparatus by his own hand. This essay exposes a few facts that justify attributing a role of critical and descriptive apparatus to some of the works of Warburg’s closest collaborator: Fritz Saxl. Saxl is the acknowledged inventor of what can be defined as the principal structure of the Atlas - the wooden frame covered in black fabric - and the champion of the techniques employed to display the montages as a system for organising and presenting photographs. He also seems to deserve a privileged role as ‘interpreter of Mnemosyne’. There are many other factors that would support this definition: chief among them the many roles he carried out at Warburg’s side - as a student during the early years of their friendship, and as his interpreter during the years of his sickness, as his assistant and successor, collaborator and advisor, and as secretary and promoter of his works and library. Various writings of Saxl’s between 1920 and 1930 explicitly declare their aim to present and explain Warburg’s work and the value of his research, the innovative method he introduced and the significance as well as the importance of the function of the library he founded. Furthermore, the iconological itineraries that weave through the Mnemosyne Panels, find in several significant instances of Saxl’s studies appropriate documentation and reformulation, especially with regard to the following great themes: astrology and the transmission of astrological symbols; the classical tradition and the propagation of its models and symbols in western learning, particularly during the Renaissance; and the work of Rembrandt and his relationship with the classics. An analysis of Panel B of Mnemosyne provides several examples of instances that justify establishing interpretative criteria for the Atlas using Saxl’s essays as vehicles for close examinations of Warburg’s themes.

keywords | Mnemosyne Atlas; Warburg; Saxl.

Per citare questo articolo / To cite this article: M. Grazioli, Fritz Saxl ‘interprete’ di Mnemosyne. Convergenze tematiche e metodologiche tra il Bilderatlas di Warburg e i saggi del suo più stretto collaboratore, “La Rivista di Engramma” n. 41, maggio/giugno 2005, pp. 15-32 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2005.41.0006