"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

150 | ottobre 2017

9788894840261

Ares vs. Ares

Pathosformeln e ipostasi marziali dal video No Church in The Wild

Alessandra Pedersoli

English abstract

Human being to the mob
What's a mob to a king?
What's a king to a god?
What's a god to a non-believer?
Who don't believe in anything?
(Jay-Z, Kanye West)

1. Praga

Il 29 maggio 2012 viene presentato il videoclip promozionale di No Church in the Wild, settimo e ultimo singolo dell'album Watch the Throne, che vede la collaborazione del rapper Jay-Z e del musicista americano Kanye West. Il brano era stato pubblicato qualche settimana prima (il 20 marzo) e registrato l’anno precedente con la collaborazione musicale di Franc Ocean per alcune delle linee vocali. Il testo, che alterna la linea melodica del ritornello di Franc Ocean con due brani rappati di Jay-Z e di Kenye West, affonda sin dalle prime battute nel tema della religione e del difficile rapporto che l’uomo intraprende con la divinità, in sistemi religiosi più o meno organizzati.

Il brano ottenne un discreto successo, sia da parte del pubblico, sia dalla critica; il ritmo trainante delle linee melodiche divenne una sorta di tormentone, forse anche perché fu scelto come track song dagli autori del trailer dell’attesissimo film di Baz Luhrmann in uscita l’anno seguente: The Great Gatsby, così come per il trailer di Safe House di Daniel Espinosa e per il promo del match del campionato mondiale dei pesi piuma UFC 189 - Mendes vs. McGregor tenutosi a Las Vegas nel 2015. Il brano venne anche premiato in occasione dei Grammy Awards 2013 nella sezione “Miglior collaborazione con un artista rap”.

1 | Still iniziale dal video No Church in the Wild (USA 2012).

La regia del video di No Church in the Wild è affidata a un giovane regista francese di origini greche, Romain Gavras; produttore è Mourad Belkeddar. Le riprese del video si sono svolte nell’aprile del 2012 a Praga; le principali location sono state le strade nei pressi del Teatro Nazionale e di piazza Jan Palach, con oltre duecento comparse, divise in due gruppi in lotta tra loro. Del making of del videoclip esistono numerosi contributi online, dove si può riconoscere il setting della capitale ceca.

La trama del videoclip non segue un filo narrativo definito: non compare nessuno dei musicisti che hanno collaborato al brano, e nemmeno traduce in immagini il testo della canzone; presenta unicamente due schieramenti in lotta tra loro. Il tempo del racconto si svolge verosimilmente lungo un’intera giornata, dalle luci del giorno alla notte. Nelle sequenze video sono raccontati alcuni momenti dello scontro tra il gruppo dei manifestanti e la polizia – una cruenta guerriglia urbana nel suo svolgersi, in un crescendo di violenza brutale. Nello svolgimento dello scontro, dove i poliziotti sono in tenuta antisommossa e i manifestanti prevalentemente a viso coperto, compaiono una dopo l'altra tutte le forme di guerriglia urbana: lancio di molotov, sassaiole, fumogeni, gas urticanti, scontri diretti a colpi di manganelli e spranghe, distruzione di auto, vetrine. La polizia impiega persino cani e cavalli per sedare la rivolta. Gli scontri nel video sono così brutali che i volti tumefatti e insanguinati assumono espressioni deformi, i corpi si articolano in posture scomposte, il sangue appare così realistico da sembrare vero.

Lo scontro tra le due parti alterna momenti in cui paiono prevalere prima i poliziotti, poi i manifestanti; lo svolgimento di ogni singola scena di combattimento è realisticamente presentato nel suo essere, senza alcuna forma di presa di posizione, nessun intento di critica o denuncia. Nel finale, quando ormai è buio pesto, la polizia è dotata di una nuova arma: pistole a raggi laser verdi, in grado di emanare un raggio accecante (oggi in dotazione presso alcuni distretti di polizia in Nord America), ma i manifestanti ancora in lotta paiono avere la meglio: conquistano le guglie del Teatro Nazionale e dall’imponente scultura raffigurante la Triga, scagliano di sotto l’ultimo poliziotto che vi si era arroccato. Le mani alzate in segno di vittoria sembrano quindi decretare la loro vittoria quando, in un ulteriore cambio di scena, si riaccendono le sorti della guerriglia: il lancio dell’ennesima molotov e un uomo in fiamme (forse un poliziotto, ma potrebbe trattarsi anche di un manifestante) che si scaglia nel caos del combattimento (significativamente proprio nella piazza dedicata a Jan Palach); infine un elefante che si erge sulle zampe posteriori proprio nel mezzo dei due schieramenti. Il video si conclude con gli scontri ancora in corso.

Anche il videoclip è stato apprezzato dalla critica e ha ricevuto una nomination ai Grammy Awards 2013 per la sezione “Miglior video musicale”.

2. Parigi

Ma, oltre la musica e il testo, cosa rende le sequenze del video di No Church in the Wild così efficaci e potenti? L’assenza di trama, lo sviluppo sequenziale di azioni riportate in una chiave realistica, il mantenimento di un'estetica lineare sono elementi che conferiscono coerenza al video, ma che da soli rischiano di condurre a una noiosa trasposizione di vicende già viste nei servizi di cronaca giornalistica televisiva su rivolte e scontri armati. Ciò che differenzia il videoclip da un servizio giornalistico è la presenza nel montaggio di immagini di sculture classicheggianti, a contrappunto dello svolgimento delle singole azioni. Gavras inserisce nella lineare narrazione che descrive gli scontri tra polizia e manifestanti alcuni particolari di opere d’arte che appaiono in figure evocative – fantasmi di un passato che pare rivivere nella cruenta azione contemporanea.

Dalla lettura iconografica delle sculture citate – interamente o per fragmenta – si possono riconoscere alcune statue conservate a Parigi nel Grand Carré del Giardino delle Tuileries. Il giardino, divenuto parco pubblico dopo la rivoluzione francese, ha subito importanti interventi e ampliamenti sia nel XIX che nel XX secolo; il Grand Carré è la ‘piazza’ a est, dove tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento sono state collocate una quindicina di statue, per lo più di soggetto mitologico.

2 | Still del video a confronto con Charles-François Nanteuil-Leboeuf, Alessandro combattente, 1836, Parigi, Giardino delle Tuileries.

La prima scultura evocata nel video all’inizio degli scontri – nel momento in cui il rivoltoso sta per scagliare la molotov ai poliziotti schierati in assetto antisommossa – è un’opera di Charles Nanteuil del 1836: Alessandro combattente. La figura di Alessandro appare per pochi secondi, avvolta da una nube di fumo; lo stesso fumo che si insinua nella strada che sarà teatro della battaglia. La scelta di Gavras è quella di riprendere la parte superiore della scultura [Fig. 2]: non si vedono il ginocchio destro puntato a terra e nemmeno il piede sinistro proteso in avanti; tutta l’attenzione è concentrata sul busto e sul movimento delle braccia (entrambe monche), con la sinistra sollevata e la destra a terra. La postura di Alessandro, nella ripresa tagliata di Gavras, anticipa la dinamica del gesto del rivoltoso nel movimento del lancio della bottiglia infuocata.

3 | Still del video a confronto con Laurent Honoré Marqueste, Il Centauro Nesso rapisce Deianira, 1892, Parigi, Giardino delle Tuileries.

Due sequenze ravvicinate e molto rapide presentano in successione, in un’atmosfera sospesa tutta avvolta dal fumo, il particolare di una mano che affonda con i polpastrelli nella pelle di un torso e un’altra che si copre il volto. Anche in questo caso si tratta di due citazioni da sculture presenti nel Giardino delle Tuileries. Nel primo caso [Fig. 3] si tratta del gruppo scultoreo con il Centauro Nesso che rapisce Deinaira di Laurent Honoré Marqueste; dell’opera, che risale al 1892, Gavras sceglie un’inquadratura che decontestualizza la scena, spostando il focus sul gesto prepotente di una mano virile eloquentemente forte. Nel video viene meno il riferimento alla figura femminile, ma la forza plastica del gesto permane.

4 | Still del video a confronto con Henry Vidal, Caino, 1896, Paris, Giardino delle Tuileries.

La sequenza successiva è nuovamente una ripresa tagliata che isola un singolo gesto [Fig. 4]: il particolare, si tratta della parte superiore del busto della statua di Henry Vidal raffigurante Caino del 1896. Seguendo una linea estetica che propone le due mani virili in una sorta di sequenza iconografica, Gavras pare qui sottolineare e percepire la brutalità degli scontri violenti che seguono nella tessitura drammatica del video, con un crescendo di violenza brutale.

5 | Still del video a confronto con Étienne-Jules Ramey, Teseo uccide il Minotauro, 1821, Paris, Giardino delle Tuileries.

Nel video lo scontro diretto tra le due parti è nel vivo quando compare un’altra citazione scultorea: nella medesima luce sospesa imperniata di nuvole di fumo, Gavras inserisce il particolare del gruppo scultoreo di Étienne-Jules Ramey, sempre del Giardino delle Tuileries, raffigurante Teseo mentre colpisce con una clava il Minotauro [Fig. 5]. Della scultura – datata 1821 – anche qui è utilizzata un’inquadratura della parte superiore del corpo dell’eroe ateniese, dove è posta in evidenza la posizione di sopraffazione sull’ibrido mostro cretese e il gesto violento che sta per compiersi. Nelle sequenze successive del video l’azione in potenza diviene atto quando un poliziotto colpisce a colpi di manganello un ragazzo.

6 | Still del video a confronto con François Rude, La Marsigliese, o La partenza dei volontari del 1792, 1833-1836, altorilievo, Paris, Arco di Trionfo (lato est).

Il dialogo tra fiction e citazioni iconografiche continua nella narrazione della guerriglia: quando il gruppo dei poliziotti sembra avere quasi sedato i rivoltosi immobilizzando qualcuno di loro, ecco riemergere un altro fantasma marmoreo dai tratti classicheggianti. Gavras inserisce il busto di una donna avvolta da una luce rossa, raffigurata con bocca e braccia spalancate; si tratta del particolare della parte superiore dell’altorilievo che François Rude scolpisce tra il 1833 e il 1836 per l’Arco di Trionfo a Parigi [Fig. 6]. L’imponente gruppo scultoreo, alto oltre 10 metri rappresenta una Vittoria alata che incita e indirizza con la spada un gruppo di uomini, di età e condizioni diverse, composti nella porzione inferiore del rilievo. La Marsigliese, o La partenza dei volontari del 1792, è nell'insieme un’opera carica di retorica patriottica: dopo la sua apprizione nel video le schiere dei rivoltosi riaccendono il combattimento come ispirati dall’imperioso gesto allegorico.

Figura 7 | Still del video a confronto con Antoine Étex, La Pace del 1815, 1833–1837, altorilievo, Paris, Arco di Trionfo (lato ovest).

Dall’Arco di Trionfo, che visivamente è la chiusa scenografica delle Tuileries, spunta un'altra citazione allegorica avvolta dalla medesima, irreale, luce rossa, poi nuovamente illuminata di verde nelle ultime battute del video; Gavras riprende due particolari della raffigurazione allegorica della Pace, che Antoine Étex realizza negli stessi anni dell’opera di Rude per il lato ovest dell’Arco di Trionfo [Fig. 7]. Il taglio registico si focalizza prima sull’intero, poi, separatamente, sulle due figure: quella femminile con gli attributi della dea Atena e il volto del soldato che ha appena inguainato la spada.

L’austera immagine allegorica della Pace e il gesto eloquente di riporre le armi nella fictio non preludono alla cessazione delle ostilità, che non si placano nemmeno col sopraggiungere della notte. Il velo di fumo che accompagnava le prime apparizioni fantasmatiche delle opere parigine, ritratte sotto luci notturne, aumenta la tensione drammatica dell’ultima parte del videoclip. Lo scenario non è più solo quello della strada e lo scontro non è più solo frontale: polizia e rivoltosi ora si battono per assicurarsi la Vittoria. Del tutto inaspettatamente nel setting praghese è incluso nella narrazione un edificio noto, il Teatro Nazionale: il profilo della costruzione è riconoscibile grazie soprattutto alla grande scultura che diviene obiettivo strategico nel combattimento.

8 | Still del video a confronto con Bohuslav Schnirch, Triga, 1885 ca., Praga, Teatro Nazionale.

L’azione di guerriglia ha ora due fuochi: la strada e la balconata del Teatro Nazionale. I rivoltosi hanno la meglio quando riescono a conquistare la Triga, una delle dieci imponenti sculture allegoriche collocate agli angoli della facciata e lungo il perimetro dell’edificio. La Vittoria alata, realizzata nel 1885 dallo scultore ceco Bohuslav Schnirch, è raffigurata mentre guida una triga: con la mano destra tiene le redini e con la sinistra solleva una corona di alloro. È proprio qui che i rivoltosi si aggrappano subito dopo aver conquistato il tetto dell’edificio; conquistano Vittoria ma non ottengono vittoria perché gli scontri proseguono ancora più violenti nella strada sottostante.

La scelta delle opere inserite nel montaggio – tutte parigine ad eccezione della Triga del Teatro Nazionale di Praga, e provenienti tutte dal Giardino delle Tuileries e dall’Arco di Trionfo – sottolinea in chiave retorica la bellezza del gesto marziale al servizio dell’eroismo del combattente. Originariamente le sculture, nel loro contesto tardo neoclassico e romantico, rispondevano alle esigenze storiche di chiamata alle armi e di sacrificio per la patria. Il recupero della plasticità e del soggetto classico conferiva la ‘giusta’ auctoritas e ribadiva l’immortalità di Ares.

Nel video le colte citazioni classiche (o pseudo-tali) conferiscono forza e caricano di senso la crudezza degli eventi, ma la scelta del contrappunto con citazioni di opere scultoree in cui l’ipostasi marziale sottolinea l’andamento del conflitto non è fine a se stessa: lo stimolo all'approfondimento analitico con il confronto iconografico, sposta la dinamica percettiva e conduce a una riflessione sulle scelte plastiche delle posture su cui Gavras rallenta il ritmo delle scene, soffermandosi su alcune particolari dinamiche espressive. Così come accade con l’apparizione delle opere scultoree, la scelta di rallentare l’immagine costringe lo spettatore a staccarsi per un momento dal movimento concitato degli scontri; Gavras, con lo stesso espediente, sposta quindi il focus dall’azione alla ‘forma’ che il pathos assume nelle comparse nel video. Non più solo citazioni quindi, ma Pathosformeln che si innescano nello svolgersi dell’azione drammatica.

9 | Still del video a confronto con: Traiano in guerra contro i Daci (in alto) e I soldati mostrano le teste mozzate dei barbari (in basso), bassorilievi in marmo (dal foro di Traiano), 113 d.C. ca., Roma, Arco di Costantino.

Nel crescendo degli scontri – in alcuni fotogrammi del video – si vedono alcuni poliziotti a cavallo, che caricano un rivoltoso in fuga travolgendolo [Fig. 9]. L’azione del ‘travolgere cavalcando’ su cui Gavras indugia in due riprese rallentate, è qui sottolineato il gesto plastico che imprime un forte accento patetico alla scena. L’Überreitens warburghiano, presente come snodo tematico in Tavola 7 e Tavola 52 dell’Atlante Mnemosyne, appare qui come una riemersione engrammatica.

Alcuni exempla scultorei dal mondo classico raffiguranti le gesta militari di Traiano alla conquista dei Daci, presenti come reimpiego sull’Arco di Costantino, sono inseriti da Warburg in Tavola 7 di Mnemosyne per evidenziare alcune Pathosformeln che celebrano ufficialmente la supremazia del vincitore sul vinto, che migrano dall’arte imperiale romana fino a Napoleone. Il pathos del vincitore e del vinto trovano qui diverse declinazioni: oltre al ‘travolgere cavalcando’, Warburg inserisce l‘afferrare per la testa e l’esaltazione attraverso l’esibizione dell’arco trionfale e del carro in ascesa: “preconiazioni antiche” dell’apoteosi imperiale.

Anche in Tavola 52 di Mnemosyne l’arte celebrativa traianea – e, di nuovo, il travolgere cavalcando – ritorna per Warburg come esempio di “inversione energetica” e del “rovesciamento etico del pathos del vincitore”.

10 | Still del video a confronto con (dall’alto verso il basso): Centauro contro un lapite, metope XXX e XXXI dal fregio sud del Partenone, seconda metà del V sec. a.C., London, British Museum; Atena contro Alcioneo, altorilievo in marmo, 166-156 a.C., fregio est dell’Altare di Pergamo, Berlin, Pergamonmuseum.

Un’altra Pathosformel ricorrente nel video diretto da Gavras è quella del gesto dell’afferrare: per la testa, per il collo, per i capelli. Numerose scene di guerriglia esibiscono la brutalità del gesto dell’afferrare e trascinare per il capo come atto finale di supremazia sul vinto. Alcune dei rivoltosi sono così puniti con infinita violenza. “Griff nach dem Kopf” è per Warburg un’altra delle “preconiazioni antiche” in cui il pathos del vincitore si manifesta nelle opere d’arte che poi migreranno nella modernità come nel montaggio ancora di Tavola 7 di Mnemosyne, ma anche di Tavola 5, dove le “impronte del pathos” riflettono una gamma importante di sentimenti: panico, difesa, furia, disperazione.

In generale, i primi modelli antichi di riferimento per le rappresentazioni di queste Pathosformeln si trovano nelle metope del fregio sud del Partenone, che raffigurano lo scontro tra centauri e lapiti, ma anche i rilievi che rappresentano la sottomissione di Alcioneo nel fregio dell’Altare di Pergamo [Fig. 10].

11 | Still del video a confronto con: Guarnigioni romane contro i Daci, 113 d.C, bassorilievo, Roma, Colonna Traiana (in alto) e Lapite contro un centauro, metopa XXVI dal fregio sud del Partenone, seconda metà del V sec. a.C., London, British Museum (in basso).

Altri puntuali raffronti si possono evidenziare tra le soluzioni sceniche adottate da Gavras e alcune celebri opere dell’antico: il muro degli scudi levati dai poliziotti richiama lo schieramento a testuggine della fanteria dell’esercito romano in battaglia, come nella decorazione della Colonna Traiana, e in particolare nelle scene della campagna del 106; ma ancora alcune dinamiche posturali nei rilievi del Partenone, come ad esempio la metopa XXVI con il lapite che si scaglia con braccio e gamba protesa contro il petto di un centauro [Fig. 11].

12 | Still del video a confronto con (da sinistra a destra) Atena contro Alcioneo (particolare), altorilievo in marmo, 166-156 a.C., fregio est dell’Altare di Pergamo, Berlin, Pergamonmuseum; Laocoonte, gruppo scultore (particolare), I sec. a.C. - I sec. d.C., Roma, Musei Vaticani; Apollonio di Atene, Torso del Belvedere, I sec. a.C., scultura mutila in marmo, Roma, Musei Vaticani.

Una sequenza piuttosto lunga indugia sul fianco e sul petto nudo di un rivoltoso strattonato dai poliziotti: nella torsione del busto la muscolatura è tesa come In alcuni esempi della statuaria di età ellenistica: nel corpo di Alcioneo dall’Altare di Pergamo, nelle membra di uno dei figli di Laocoonte dal gruppo dei Musei vaticani e infine nel Torso del Belvedere [Fig. 12]. Volendo continuare la ricerca nel video di Pathosformeln o suggestioni dall’arte antica, numerosi sarebbero i raffronti che si potrebbero proporre.

3. Atene

La narrazione degli scontri diviene sempre più serrata nella parte finale del video. Non compaiono più citazione dalla statuaria ottocentesca né altre ipostasi marziali. Lo scontro tra polizia e manifestanti si riaccende dopo che una molotov colpisce un poliziotto e l’uomo prende fuoco. Il corpo avvolto dalle fiamme compie movenze disperate nel tentativo di salvarsi. Anche in questo caso si tratta di una citazione che Gavras inserisce nel tessuto narrativo del video, ma non più derivandola dall’immaginario iconografico del classico – più o meno antico – bensì dalla contemporaneità [Fig. 13].

13 | Still del video a confronto con immagini di cronaca degli scontri in Grecia nel dicembre del 2008.

In questa particolare sequenza il giovane regista – che è francese ma di origini greche – ricrea quanto avvenuto realmente nelle manifestazioni del dicembre nel 2008 in Grecia, quando le fotografie degli scontri tra polizia e manifestanti fecero il giro del mondo. L’immagine è così potente che anche nella fiction crea una climax che arriva fino alla conclusione del video. La sequenza è ancora più impressionante se si considera che la scena è stata ricreata attorno alla piazza dedicata a Jan Palach.

Gli anni che precedono la realizzazione del video registrano numerosi scontri violenti tra polizia e manifestanti: oltre al già citato episodio del 2008, cruente guerriglie urbane, che si prolungano anche per più giorni, si verificano a Londra nel 2011, poi a Roma sempre nel 2011 e, infine, ad Atene nel marzo 2012, due mesi prima della pubblicazione del video e un mese prima delle riprese a Praga. La diffusione di video e immagini degli scontri, amplificata dai social media, è stata tanto dirompente quanto capillare.

14 | Still del video di No Church in the Wild.

Il riferimento diretto alla Grecia – e l’esplicita denuncia dei fatti avvenuti proprio pochi giorni prima delle riprese – emerge chiaramente dal particolare dello stemma sulle divise dei poliziotti, sul quale la camera di Gavras torna frequentemente. L’immagine, pur non essendo realmente quella della polizia greca, riporta una spada tra due rami di ulivo e una scritta in caratteri greci con il (parzialmente distorto) nome del paese: ΕΛΑΣ. La contestualizzazione rende ancora più efficace la sovrapposizione di realtà, finzione e rimando al passato.

Significativamente le due città che prestano la propria immagine al racconto degli scontri in No church in the Wild sono Parigi, con le citazioni fantasmatiche di alcune opere d’arte, e Praga con il setting nelle sue strade; sono proprio le due città simbolo della protesta nel 1968, all'epoca teatro di scontri violentissimi (si veda in Engramma n. 68: Mnemosyne 1968 – Mnemosyne 2008).

Un altro elemento suggestivo nel video di No Church in the Wild è la totale assenza di figure femminili: fanno eccezione soltanto le due fugaci apparizioni delle personificazioni della Vittoria e della Pace nei rilievi dell’Arco di Trionfo. Nel montaggio si manifesta un’epica esibizione della forza di Ares, che non lascia spazio a nient’altro che alla violenza. Violenza, rabbia, ferocia, che non accennano a placarsi, che non si lasciano domare – proprio come la maestosa figura dell’elefante che appare nella chiusa del videoclip.

15 | Still finale del video di No Church in the Wild.

English abstract

The music video No Church in the Wild by Jay-Z and Kanye West directed by Greek-French director Romain Gavras was released on May 29, 2012. It features neither Kanye West or Jay Z but shows two groups - police and rioters - fighting each other. There is no plot or story within the violence and the guerrilla images are similar to a news broadcast. The article discusses Graeco-Roman reliefs shown in the film-editing as quotations of the classical tradition into late Neoclassicism and Romanticism; they focus on some specific Pathosformeln in the video as the fight with no end.

keywords | Music video; No Church; Jay-Z; Kanye West; Romain Gavras; Pathosformeln; Classical tradition. 

Per citare questo articolo / To cite this article: A. Pedersoli, Ares vs. Ares. Pathosformeln e ipostasi marziali dal video No Church in The Wild, “La rivista di Engramma” n. 150 vol. 2, ottobre 2017, pp. 219-231 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2017.150.0065