"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

“Purtroppo non abbiamo trovato molto tra le carte della nostra cara amica Gertrud Bing che si potrebbe salvare”

Testo e contesto di Ernst Gombrich, Lettera a Delio Cantimori, 29 ottobre 1964

Monica Centanni

English abstract

Lettera di Ernst H. Gombrich a Delio Cantimori del 29 ottobre 1964. ©Archivio della Scuola Normale Superiore di Pisa.

Presso l’Archivio della Scuola Normale Superiore di Pisa è conservata una lettera – che pubblichiamo in trascrizione integrale in Appendice I – che Ernst Gombrich in data 29 ottobre 1964 invia a Delio Cantimori. Gertrud Bing è morta da pochi mesi, il 3 luglio 1964, e Gombrich ringrazia Cantimori per “il bellissimo elogio della nostra cara amica Bing”. Come noto, Delio Cantimori e la moglie Emma da anni stavano collaborando strettamente con Bing alla confezione de La Rinascita del paganesimo antico, la prima raccolta di scritti di Warburg, dopo la pubblicazione per Teubner delle Gesammelte Schriften nel 1932. La Rinascita vedrà la luce, per i tipi de La Nuova Italia, soltanto due anni più tardi (Warburg 1966) e né Bing né Cantimori (che morirà nel settembre del 1966) riusciranno a vedere pubblicato quel lavoro che era costato tanto tempo e tanto impegno.

In memoriam: la pubblicazione del Warburg Institute per Gertrud Bing

La lettera di Gombrich si apre così:

Caro Professore,
La prego di scusarmi per non avere mandato prima i miei ringraziamenti sinceri per il Suo bellissimo elogio della nostra cara amica Bing. Lo trovo così commovente, giusto ed intimo che le vorrei domandare la sua permissione di ristamparne un estratto in memoriam della bene merita.

Il primo movente della lettera è quindi la “permissione” che Gombrich chiede di ripubblicare il necrologio di Gertrud Bing che Cantimori aveva pubblicato, a ridosso della morte dell’amica, in una rivista italiana (Cantimori 1964).

Il testo di Cantimori – che pubblichiamo in Appendice II – sarà in effetti compreso nell’opuscolo In memoriam Gertrud Bing 1892-1964, pubblicato a Londra l’anno seguente (Gombrich 1965). La pubblicazione comprende: una Introduction di Ernst Gombrich (1-3); il necrologio uscito anonimo sul “Times” del 6 luglio 1964 (4-5); la riproduzione del testo di Delio Cantimori (6-10); un bello scritto di Donald J. Gordon (che aveva curato con Bing l’edizione degli scritti di Saxl) che prende spunto da una serie di immagini fotografiche di Bing e degli ambienti della sua casa, riprodotte nell’opuscolo, per ricostruire il suo stile di vita e di pensiero (11-22); la riproduzione anastatica di un biglietto del musicista Otto Klemperer, datato aprile 1965 (23); la riproduzione di uno scritto di Arnaldo Momigliano, già pubblicato nella “Rivista Storica Italiana” LXXVI, 3 1964 (24-28); una breve nota di ricordo di Edna Purdie (29-30). In calce, una succinta Bibliography of Gertrud Bing che registra le quattro curatele a lei ascrivibili – le Gesammelte Schriften di Warburg del 1932; l’edizione delle Lectures e degli Studies of the Warburg Institute di Saxl del 1957-1963; l’edizione degli Oxford-Warburg Studies del 1963 – e un elenco di otto pubblicazioni, compresa la tesi (si veda invece la ben più completa e accurata bibliografia di scritti e curatele di Gertrud Bing pubblicata a cura di P. Despoix e M. Treml in Bing [1958-1964] 2019, 257-259). Si tratta di un volumetto di poco più di una trentina di pagine, comprese le immagini, nel quale soltanto i contributi di Gordon e di Purdie risultano scritti appositamente per l’opuscolo commemorativo. L’omaggio che Gombrich, a nome del Warburg Institute, riserva a Gertrud Bing è insomma alquanto scarno.

A riprova dell’esiguo impegno profuso per mettere insieme l’opuscolo commemorativo, si noti che la riproduzione del testo di Cantimori – che si può leggere qui in Appendice II – consiste nel taglio di un brano di una lettera che lo stesso Cantimori aveva inviato al direttore della rivista “Itinerari”: la lettera fa parte di un gruppo di “strane epistole” in cui lo storico sceglie il formato della missiva per ragionare di metodologia degli studi storici (la serie di queste lettere sarà raccolta e ripubblicata post mortem dell’autore nella raccolta Conversando di storia, uscita per i tipi di Laterza nel 1967). Il brano dell’epistola è riprodotto senza neppure eliminare l’intestazione “Caro Rossi”. Allo stesso modo, anche nella riedizione dello scritto di Arnaldo Momigliano, si rileva che in un passaggio lo storico fa riferimento al “profilo di Warburg, da lei [Bing] pubblicato nel 1958 e apparso in una nuova versione nella nostra Rivista”, dove evidentemente per ‘nostra Rivista’ Momigliano intende la “Rivista Storica italiana” in cui Bing aveva pubblicato il ritratto di Warburg (Bing 1960); nella riedizione per l’opuscolo In memoriam dell’anno seguente, però, il riferimento, riprodotto tal quale rispetto alla sede di pubblicazione originale, risulta incongruo e fuorviante, dato che la sede della nuova pubblicazione non era più la rivista diretta da Momigliano. Una conferma che Gombrich ha ritenuto che la striminzita ed ‘economica’ pubblicazione assemblata nel 1965 come omaggio a Gertrud Bing, non meritasse neppure una ripassata minima di editing per aggiornare i riferimenti interni.

In sostanza, si può affermare che l’opuscolo che sarà prodotto dal Warburg Institute nel 1965 – e che costituisce l’unica pubblicazione che il Warburg Institute dedica a Bing, allora e nei decenni a venire – fu messo insieme con poco sforzo e con scarsa cura. E anche dal punto di vista dei contenuti, da notare che il contributo di Gombrich – che apre come Introduction quella che lui stesso definisce una “small anthology” – è focalizzato sul ruolo ‘di servizio’ di Gertrud nell’ambito delle attività dell’Istituto, sulla sua disponibilità a dare consulenze e suggerimenti a tutti gli studiosi che frequentavano l’Istituto, sul fatto che – come riportato in apertura dell’Introduction da un passaggio del biglietto di Klemperer – “Über alles konnte ich mit ihr sprechen”. Di fatto, la stessa Bing è presentata più come una persona culturalmente vivace e molto generosa, nonché come la solerte e appassionata custode di un passato glorioso, che come una intellettuale a tutto campo (Gombrich 1965, 2-3). Gombrich per altro non elude, neppure in questo contesto celebrativo, il profondo disaccordo che lo separava da Bing sul fronte metodologico e concettuale, prima, e piuttosto che umano:

The subject of my book Art and Illusion lay somewhat outside her main preoccupations; with her love of the concrete and the individual she may even have slightly disapproved of my concern with the theory of style. But it was she who brought me the cutting from the New Yorker of the cartoon I used for the opening of the argument (Gombrich 1965, 1).

Nel frattempo, in apertura del numero 27 del “Journal” datato 1964, si trovano due pagine che, pur nella loro brevità, costituiscono un omaggio più ricco e sentito di quello che sarà pubblicato l’anno successivo a cura di Ernst Gombrich. Il breve contributo porta lo stesso titolo dell’opuscolo che uscirà l’anno seguente – In memoriam Gertrud Bing 1892-1964 – ed esce anonimo. Si registra l’“appalling shock” che ha colpito colleghi e amici per la repentina scomparsa della studiosa, e il fatto che fino a poco più di un mese prima della morte, Bing fosse al suo posto, al lavoro in Istituto:

Her last visit to the Institute was on Monday, June I. She was taken ill on the following day, and died a month later, on July 3, in University College Hospital (Journal 1964).

L’omaggio continua con l’elenco dei titoli di Gertrud, dalla laurea universitaria al dottorato, svolto sotto la guida di Ernst Cassirer su Leibniz e Lessing, al suo ingresso alla Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg ad Hamburg nel 1922, nel ruolo di bibliotecaria, fino a passare a diventare nel 1927 “assistant director and personal assistant” di Aby Warburg; si ricorda poi come alla morte di Warburg nel 1929, Bing si fosse ritrovata naturalmente ad essere “literary executor” degli scritti di Warburg e che a lei era stata affidata la cura delle Gesammelte Schriften che saranno pubblicate per Teubner nel 1932. L’omaggio continua ripercorrendo le vicende che seguono la migrazione da Amburgo, in cui cruciale era stato il suo ruolo nel primo trasferimento a Londra, nel trasferimento definitivo in Woburn Square e poi nell’incorporazione dell’Istituto nell’University of London. Direttore dell’Istituto dal 1955 al 1959, e chiamata a insegnare “History of the Classical Tradition” all’Università di Londra, nel 1959 lascia la direzione a Gombrich.

Nella nota si sottolinea lo strettissimo legame tra la vita e l’opera di Bing e la vita dell’Istituto e si tratteggia un profilo della studiosa perfuso da una tonalità commossa e partecipata, e perciò scritto evidentemente da chi l’aveva conosciuta da vicino: la luce del discorso è posta sulla ‘profonda umanità’ unita a un’eccezionale generosità intellettuale (Journal 1964). In particolare si riconosce a Bing il merito di aver giocato un ruolo importante nella difesa della civiltà europea negli anni più bui della sua storia:

She played a part, none the less essential because anonymous, in the history of European civilization during one of its darkest and most dangerous hours.

“In expression of Warburg’s aims and mind”: il tratto che caratterizza il profilo intellettuale di Bing è la grande curiosità e disponibilità intellettuale, unita alla mancanza assoluta di qualsiasi traccia di narcisismo e di esibizionismo personale. Di fatto l’opera di Gertrud Bing coincide con il formidabile lavoro della conservazione e del potenziamento della Biblioteca, fino alla definitiva collocazione in Woburn Square che avvenne sotto la sua direzione, ma anche con l’investimento sulle attività di ricerca e sulle pubblicazioni dell’Istituto.

Se dunque, nel complesso, la “small anthology” del 1965 si presenta come un omaggio tutt’affatto modesto, le due pagine anonime che aprono il numero XXVII del “Journal” pubblicato alla fine del 1964, emergono come il riconoscimento più affettuoso e sentito che il Warburg Institute riserva a colei che aveva retto le sorti dell’Istituto, insieme a Fritz Saxl e Edgar Wind nel travagliato passaggio da Amburgo a Londra, aveva lottato nei difficili anni ’30 e durante la guerra, per trovare la sistemazione definitiva all’istituzione in Woburn Square, realizzata più di vent’anni dopo la migrazione dalla Germania, proprio sotto la sua direzione. Per altro la disattenzione da parte del Warburg Institute verso l’opera e la figura di Gertrud Bing si riflette sulla rarefazione degli studi: è notevole che la “small anthology” curata da Gombrich nel 1965 sia l’unica pubblicazione dedicata a Gertrud Bing dal Warburg Institute da quegli anni fino ad oggi, e che la prima raccolta di scritti della studiosa sia stata pubblicata soltanto nel 2019, a Montreuil (Paris) per iniziativa dell’Institut Nationale d’Histoire de l’Art, per il meritevole impegno di Philippe Despoix e Martin Treml (v. in questo stesso numero di Engramma la presentazione del prezioso volume Fragments sur Aby Warburg). Nella Bibliografia pubblicata in calce a quel volume – che oltre che essere la prima antologia di scritti della studiosa è anche, di fatto, la prima monografia su di lei – l’elenco di tutti gli studi critici, saggi e contributi diversi, su Bing comprende in tutto 12 voci (Bing [1958-1964] 2019, 160-161).

Gli appunti (perduti?) di Bing per la biografia di Warburg

Tornando alla lettera inviata a Cantimori dell’ottobre 1964, Gombrich dopo aver chiesto il permesso di ripubblicare l’omaggio a Bing nell’opuscolo che uscirà l’anno successivo, risponde a Cantimori che lo interrogava sul destino della biografia di Warburg alla quale, come ben sapeva chiunque in quegli anni a Londra e non solo, Bing stava lavorando da molto tempo. La travagliata genesi del progetto di Bing di una biografia su Warburg è stata ricostruita in un bel contributo pubblicato di recente da Philippe Despoix e Martin Treml, Gertrud Bing, la bibliothèque Warburg et le projet d’une biographie intellectual de son fondateur (Despoix, Treml 2019, in particolare le pagine 32-39).

Nella recente pubblicazione canadese è compresa anche la riproduzione di una lettera che Bing scrive alla fine del dicembre del 1960 al nipote di Aby, e figlio di Max, Eric Warburg in cui prospetta “die Biographie von Professor A.M. Warburg in der Form von ‘Life and Letters’”. La studiosa, nel presentare il progetto a Eric, mette in luce l’importanza di Aby nel panorama degli studi, un ruolo che va ricordato e confermato, in quanto risulta ancora misconosciuto, recuperando anche importanti frammenti del pensiero di Warburg dagli appunti inediti e dal suo epistolario:

Seine Briefe sind witzig, anspielungsreich und in demselben ausgesucht schönen Stil geschrieben wie seine wissenschaftlichen Arbeiten; und was hier besonders in Betracht kommt, er hat sie benutzt, um seinen Freunden und Fachgenossen seine wissenschaftlichen Resultate und Ideen, die damals durchaus nicht überall verstanden wurden und erst im Laufe der Zeit so revolutionär gewirkt haben, nahe zu bringen. Ich glaube daher, daß sich an einer solchen Darstellung, die Autobiographisches mit dem kritischen Urteil einer späteren Generation verbindet, ein Stück deutscher Wissenschaftsgeschichte wird ablesen lassen; damit wird sie für eine Nachwelt, die in Gefahr ist, sich von ihren eigenen Voraussetzungen weit zu entfernen, aufbewahrt. Denn es kann kein Zweifel darüber bestehen, daß Warburg auf dem Gebiete der Kulturgeschichtsschreibung heute zu den wichtigsten Exponenten der deutschen Wissenschaft von 1890-1930 gehört und – zum mindesten – in Amerika, Deutschland und Italien auch so angesehen wird. Darüber hinaus haben wir es mit einer ungewöhnlichen Persönlichkeit zu tun, die sich in allen seinen Äusserungen manifestiert und zu der sich aus der Erinnerung viele lebendige und herausfordernde Züge hinzufügen lassen. Ob man in der Darstellung einer solchen Gestalt auch das historische und das kunstwissenschaftliche Interesse suchen will, muß dahin gestellt bleiben (Bing [1960b] 2019, 93-94).

[Le sue lettere sono spiritose, brillanti di allusioni, scritte nello stesso stile ricercato e bellissimo dei suoi lavori scientifici; e, cosa che qui si deve tenere in ancora maggior considerazione, se ne serviva per avvicinare i suoi amici e colleghi ai suoi risultati scientifici e alle sue idee, che a quei tempi non erano affatto universalmente compresi, e dei quali, nel tempo, è emersa la portata rivoluzionaria. Ritengo pertanto che una tale presentazione, che combina l'autobiografia con il giudizio critico di una generazione successiva, sarà rivelatrice di un pezzo di storia della scienza tedesca e tutto ciò sarà preservato per i posteri che corrono il pericolo di perdere il contatto rispetto a quel che è venuto prima di loro. Perché non vi è dubbio che Warburg sia uno dei più importanti esponenti della scienza tedesca dal 1890 al 1930, nell’ambito degli studi di storia culturale, ed è riconosciuto per tale quanto meno in America, in Germania e in Italia. Per di più, abbiamo a che fare con una personalità fuori dal comune che si manifestava in ogni sua espressione, la cui memoria può essere arricchita di molti tratti vivaci e stimolanti. Quanto all’istanza di ristabilire l’interesse di una tale figura nel campo storico e storico-culturale, non serve che dica di più (traduzione di chi scrive)].

Nel 1960, dunque, Bing caldeggiava il progetto della biografia presso Eric M. Warburg, mettendo in evidenza, presso lo stesso nipote, la crucialità della figura di Aby, e ciò suona a conferma del fatto che il profilo del fondatore non era al centro degli interessi della direzione dell’Istituto. A quanto risulta dall’epistolario di Erwin Panofsky, già nel 1955 Eric Warburg era stato interpellato prima da Gertrud (Lettera di Gertrud Bing a Eric M. Warburg del 22 febbraio 1955 Panofsky 2011, 689-691) e poi dallo stesso Panofsky, per collaborare al finanziamento della biografia su Aby, un lavoro che – nota Panofsky – poteva essere affidato soltanto a Bing, “l’unica persona in grado di scrivere la biografia” (così nella Lettera di Panofsky a Eric, del 10 maggio 1955: Panofsky 2011, 746-749). Sulla biografia a cui stava lavorando la Bing e sulla necessità di finanziare il progetto, l’epistolario di Panofsky fornisce una serie di tracce importanti: fra le altre, la lettera di Panofsky a Eric Warburg, del 16 maggio 1955 (Panofsky 2006, 746-749); la lettera di Panofsky a Alfred Neumeyer del 17 maggio 1955, (Panofsky 2011, 756-757); la lettera di Eric Warburg a Panofsky del 5 marzo 1956, in cui Eric scrive “our plan of the biography on A.M. Warburg to be written by Gertrud Bing will become a reality” (Panofsky 2011, 756-757).

E su questo stesso fronte altre prove, molto significative, sono emerse di recente. Nel 1962, sembrando arenate altre trattative in corso, Gertrud Bing scrive una lettera a “Miss Vaun Gillmor”, Segretaria della Bollingen Foundation di New York, per chiedere un finanziamento per la sua biografia su Aby Warburg. Il contesto in cui si colloca questa richiesta è stato ben ricostruito nella pubblicazione recente degli scritti di Bing (Despoix e Treml in Bing [1958-1964] 2019, 99-100). Nel 1958, quando Bing era ancora alla direzione del Warburg Institute, Sigfried Kracauer era stato in missione ufficiale all’Istituto a Londra per conto della Fondazione Bollingen di cui era consulente; Kracauer, che viveva in esilio a New York dal 1941 e che negli USA aveva intrattenuto rapporti con Erwin Panofsky, era tornato per una seconda visita a Londra all’Istituto nel 1960 e aveva incontrato il nuovo direttore Gombrich, ma aveva anche fatto visita a Gertrud Bing nella sua casa di Dulwich. Tra il 1960 e il 1962 si era svolto uno scambio epistolare con la fondazione newyorkese, nell’ambito del quale Gombrich scrive a Gillmor che il Warburg Institute non può cofinanziare il progetto di Bing (Despoix e Treml, in Bing [1958-1964] 2019, 100).

È in questo quadro, alquanto sconfortante, che il 22 marzo 1962, Bing scrive alla segretaria della fondazione newyorkese per perorare il finanziamento per la biografia di Warburg e spedisce una copia in carta carbone della lettera a Kracauer. I toni e gli accenti di Bing sono appassionati e insieme commoventi:

Dear Miss Gillmor,
This letter is in the nature of a personal enquiry from me to you and I should be glad if you would answer it on that understanding. [...] It concerns, simply, the question whether an application from me for a grant from the Bollingen Foundation would, in your opinion, have a chance of success. I am at present engaged on two undertakings. One is an obligation of long standing, namely the writing of a biography of our Institute’s founder Aby Warburg. In my own, and in a number of other people’s opinion, this is a worthwhile project because Warburg was a representative of much that was characteristic and has remained valid of 19th and early 20th century scholarship; a pioneer in many fields, including the study of astrology and magic as factors in European cultural history, and besides, a very attractive and interesting personality. It is a long-term job because it involves a thorough study of the enormous amounts of Warburg’s correspondence with scholars all over the world and of his scholarly notes consisting of begun and discarded research projects, formulations of results which went through many stages of development, and his lifelong attempts to arrive at some basic concepts of a philosophy of culture. All these materials are preserved at the Warburg Institute. The other work on which I am engaged is of a smaller scope, and will, I hope, go to the press within this year. On the face of it, it is an analysis of Warburg’s language [...] (Bing [1962] 2019, 102).

Una richiesta – si noti bene – avanzata a titolo ‘personale’ in cui la studiosa, all’epoca settantenne, per poter portare a compimento il progetto di una biografia sul fondatore del Warburg Institute, è costretta dalle circostanze avverse a presentare una “application for a grant”, raffigurando alla segretaria della fondazione americana a cui si rivolge l’importanza del suo lavoro e, prima, della figura di Warburg.

Secondo quanto Bing dichiara, il fallimento delle trattative con Amburgo per un finanziamento del progetto sarebbe stato motivato dalla lingua in cui intendeva confezionare il testo, che era l’inglese anziché il tedesco – la lingua richiesta dai potenziali finanziatori amburghesi:

I had hoped to receive some financial help from Warburg’s native city Hamburg, but this seems to have met with difficulties. Moreover, a grant from that side would, not unnaturally, carry with it the obligation to write the biography in German. I am reluctant to comply with this condition in view of the present-day position of scholarship and of the fact that the Warburg Institute now belongs to the English-speaking world. Warburg’s ideas have found an international audience and much of the work following his lead is carried out in England and the United States. It is in my opinion desirable that a personality from whom so much modern research in the humanities has sprung should come alive to a generation of English-speaking students who know him only from the influence which he exercised (Bing [1962] 2019, 104).

Un doppio intento, dunque, guida la convinzione di Bing che la biografia di Warburg debba essere confezionata in lingua inglese: la cura istituzionale – “the fact that the Warburg Institute now belongs to the English-speaking world” – e la preoccupazione della accessibilità del testo nell’orizzonte internazionale degli studi nel quale Bing pensa sia giusto attivare la disseminazione del pensiero di Warburg. La forma dell’istanza passa per l’ammissione che le attuali condizioni in cui versa la studiosa non le consentono di affrontare il lavoro senza un sostegno economico:

My retirement pension is sufficient for my personal needs. But it does not leave me completely free to devote myself exclusively to the job in hand and allows nothing for the secretarial assistance needed to organize the vast legacy of papers. If you think my case is good enough I should like to ask for a grant of $4,500 annually, over a period of five years. This amount would relieve me of personal worries and cover my requirements of assistance. At the end of that period I should hope to have a book ready consisting of two parts: a biography supported by Warburg’s letters, and an analysis of his thought on the lines of the paper I am trying to write now (Bing [1962] 2019, 104).

Bing dunque dichiara che il ‘grant’ le servirà per pagare un assistente, data l’ingente quantità di materiali d’archivio che deve governare, e chiede un finanziamento di 4.500 sterline. Nel frattempo, Bing non rinuncia al tentativo di avere un co-finanziamento dall’amministrazione di Amburgo: nell’episolario di Panoksky risulta che in data 10 luglio 1963, Bing aveva scritto a Hans Harder Biermann-Ratjen (capo dell’ufficio della cultura di Amburgo) una lunga lettera, per richiedere il finanziamento per la biografia di Warburg. Si tratta di una lettera molto particolareggiata di 6 pagine (Panofsky 2011, 356-361).

Nel quadro della nostra ricostruzione, significativa risulta la chiusura della lettera, relativa al rapporto di Gombrich con il progetto e con la richiesta rivolta alla fondazione americana:

The reason for putting this in a personal letter to you is my reluctance to involve Professor Gombrich sooner than necessary. I can of course count on his support if your answer is encouraging and I know that he would even now gladly answer any question you might wish to ask him (Bing [1962] 2019, 106).

Nella riluttanza a coinvolgere Gombrich nella richiesta del finanziamento, è evidente la consapevolezza che era stato proprio Gombrich a negare il sostegno del Warburg Institute al progetto. Ma da queste righe traspare la lealtà, la correttezza formale e il garbo che contraddistinguono il tratto della studiosa, nonché il rispetto istituzionale verso il direttore dell’istituzione di riferimento, sul cui sostegno – afferma Bing con splendida ingenuità – sa di poter contare e che sarà certo felice di rispondere a qualsiasi domanda, qualora la fondazione decidesse di finanziare il lavoro (Bing [1962] 2019, 106).

La ‘borsa di studio’ sarà accordata a Gertrud Bing dalla Bollingen Foundation nel 1963, a pochi mesi dalla sua morte (Despoix e Treml in Bing [1958-1964] 2019, 100).

Questa la cornice in cui si inserisce il documento che pubblichiamo qui per la prima volta. Nella lettera a Cantimori conservata nell’Archivio della Scuola Normale di Pisa, Gombrich afferma che il materiale sulla biografia di Warburg è andato del tutto distrutto:

Purtroppo non abbiamo trovato niente tra le sue carte che si potrebbe salvare. La biografia del Warburg che noi tutti speravamo tanto di vedere scritta dalla sua espertissima mano è certamente perduta per sempre. Ne [sic!] esistono nemmeno appunti. Nemmeno il saggio sulla lingua e lo stile del Warburg e rimasto intatto perche volendo rifarlo lo tagliava in pezzi qualche giorni [sic!] prima della malattia.

In realtà, almeno per quanto concerne “il saggio sulla lingua e lo stile del Warburg”, sappiamo ora che Gombrich riferisce a Cantimori un dato quanto meno inesatto. Si tratta del lavoro che Bing così presentava alla Fondazione Bollingen:

[...] An analysis of Warburg’s language. This is a type of examination which has, as far as I know, not been carried out in the case of any historian because historians are generally expected to write “as it comes”, that is to say, to state their results factually without much regard to verbal niceties. Warburg does not conform to this pattern. Not only is his language unusually concise and stimulating: he has also coined a number of terms and phrases which have gone into modern art-historical terminology and influenced historical thinking. And I hope to be able to show that this so-called ‘method’ is to a large extent the outcome of his gift for creative formulation, which led him to discover connections in cultural phenomena up till then considered as belonging to different fields of study and amenable only to separate treatment (Bing [1962] 2019, 102-104).

Un consistente frammento in lingua tedesca – che consiste in 32 pagine manoscritte e in corrispondenti 31 pagine dattiloscritte – è conservato presso The Warburg Institute Archive nel fascicolo ‘Gertrud Bing Papers’ e porta il titolo apposto a mano sul faldone “On Warburg’s language”. Il testo è stato di recente pubblicato – e tradotto in francese – nell’encomiabile edizione canadese degli scritti della studiosa, con il titolo Gertrud Bing “Letztes Manuskript” (Bing [1962] 2019, 183-231; al testo dedicheremo un’analisi accurata in un numero di Engramma di prossima pubblicazione).

Pare strano che, a distanza di più di tre mesi dalla morte della studiosa che aveva avuto un ruolo così centrale nella storia del Warburg Institute, Gombrich scrivendo a Cantimori che lo interroga proprio sul punto, non si fosse premurato di verificare la consistenza dei materiali che Bing aveva lasciato e che entrano nell’Archivio dell’Istituto.

Altrettanto strana la notizia, così dettagliata nella lettera a Cantimori, sul fatto che Bing avrebbe tagliato “in pezzi” nei giorni precedenti la malattia le bozze del suo lavoro su Warburg, per evitare – a dar retta alla ricostruzione di Gombrich – che le sopravvivesse una versione parziale di cui non era soddisfatta.

Dunque, a quanto Gombrich scrive a Cantimori, tutto quanto l’ingente materiale predisposto per la biografia di Warburg e per il saggio sulla lingua e lo stile – lavori per i quali, si ricordi, dal 1963 Bing godeva del grant della fondazione americana – sarebbe andato distrutto per mano dell’autrice. Dato che, almeno per il frammento del saggio “Sul linguaggio”, così non è, c’è da chiedersi se Gombrich dia informazioni esatte riguardo al – più consistente – materiale relativo alla biografia di Warburg. Anche ammesso che il 29 ottobre 1964 Gombrich non fosse a conoscenza dei materiali che Bing aveva lasciato alla sua morte, nella più benevola delle interpretazioni avrebbe peccato, quanto meno, di leggerezza.

Quando nel 1970, sarà pubblicata a Londra la biografia di Warburg a firma di Gombrich, l’autore nella Introduction dichiarerà che uno degli scopi del volume era pubblicare “a conspectus of many unpublishing things” dello studioso amburghese. Nelle stesse pagine introduttive, Gertrud Bing è presentata come “assistant” di Warburg. Gombrich riconosce a Bing un serio rigore filologico nella realizzazione delle Gesammelte Schriften del 1932, una “intimate understanding of Warburg’s trends of thought”, nonché “her scholarly devotion to his field of research”: propone insomma la rappresentazione di una figura ancillare di fedele assistente e segretaria che, avendo collaborato con Warburg, a stretto contatto del maestro negli ultimi anni della sua vita, “had entered into his ideas to the point of identification” (Gombrich 1970, 1-2). Gombrich per altro ricorda che la missione per cui era stato assunto al Warburg Institute nel 1936 era tra l’altro quella di occuparsi della pubblicazione dell’Atlante, proprio sotto la guida di Bing:

Under the guidance of Gertrud Bing who introduced me to the author’s intentions, I was to write commentaries on the individual plates and was to write them in English, though my English was very inadequate to such a task (Gombrich 1970, 2-3).

Ma non si tratta di un problema di lingua, come abbiamo cercato di dimostrare pubblicando la versione dell’Atlas Mnemosyne che Gombrich mette insieme nel 1937 (il cosiddetto Geburtstagsatlas; v. in Engramma, Gombrich [1937] 2018a). Il punto è che Gombrich affronta obtorto collo il compito di mettere le mani nei materiali inediti di Warburg, un lavoro che ritiene “spaventoso” – come ribadirà nell’Introduction alla Biografia intellettuale – e, al fondo, del tutto insensato; tant’è che, nella versione del Geburtstagsatlas del 1937, riesce a tradire sia la forma che il concetto dell’opera, a partire dal formato dell’impaginazione (Gombrich [1937] 2017; Gombrich [1937] 2018b).

Per la traccia della sua Biografia intellettuale, Gombrich riconosce il debito nei confronti di un lavoro che era stato iniziato, e poi abbandonato, da Saxl, il cui materiale avrebbe in parte incorporato nel volume (Gombrich 1970, 3). Afferma poi di aver messo insieme gran parte del volume tra il 1946 e il 1947, al suo rientro all’Istituto dopo la pausa forzata dovuta al suo arruolamento presso la British Broadcasting Corporation durante la Seconda guerra mondiale. A questo punto, secondo la ricostruzione proposta nel 1970 da Gombrich, inizia il conflitto con Gertrud Bing:

The renunciation of the original project which my proposal implied did not come easily to Gertrud Bing, and when I submitted the drafts of my chapters to her she was not always happy to notice the critical detachment in these presentations. It was in the nature of things that I could not share the identification with Warburg’s outlook and research which for her was a matter of course (Gombrich 1970, 4).

Una totale distanza di idee, e di metodo, con Bing questa che Gombrich denuncia apertamente, anche se si dichiara soddisfatto di averle fatto in qualche caso cambiare idea sulla sua interpretazione del pensiero di Warburg.

Stando a quanto si evince dalla ricostruzione che Gombrich propone nel 1970, il lavoro sulla biografia avrebbe invece continuato positivamente il suo corso, in collaborazione – e parrebbe di capire in sintonia – con Fritz Saxl, fino alla sua morte, nel 1948. A questo punto, sempre secondo la ricostruzione di Gombrich, il progetto editoriale si sarebbe sdoppiato:

It was decided that any presentation of Warburg’s ideas would be incomplete without a picture of his personality, without a biography. It was clear from the outset that only one person was fitted to write this biography – Gertrud Bing. My presentation, so it was thought, should therefore be shelved until it could be published as a second volume to accompany Gertrud Bing’s authorative Life (Gombrich 1970, 4).

In questa macchinosa ricostruzione della genesi dell’opera, Gombrich afferma dunque che, pur avendo il lavoro praticamente pronto dal 1948, avrebbe fatto elegantemente un passo indietro, rimandando la pubblicazione a un momento successivo all’uscita di un primo volume su Warburg che doveva essere l’“authorative Life” di Gertrud Bing. Ma, sempre a stare a questa complicata versione, gli impegni di assistente del direttore in carica Henri Frankfort, e successivamente, alla morte di lui, l’assunzione del ruolo di direttrice dell’Istituto negli anni del trasferimento definitivo a Woburn Square, avrebbero distratto su altri fronti Bing, fino al momento del pensionamento in cui la studiosa sarebbe stata finalmente libera di dedicarsi alla “vera opera della sua vita”:

On her retirement, in 1959 she looked forward to continuing and completing what she considered to be her true life’s work and she started to lay the foundation for herself with a large programme of reading which was to enable her to place Warburg’s achievement firmly in the context of intellectual history (Gombrich 1970, 4).

Bing muore nell’estate del 1964, senza aver portato a termine la stesura del saggio sul linguaggio warburghiano che, secondo Gombrich aveva promesso all’Akademie der Wissenschaften di Heidelberg, e dopo aver “fatto a pezzi” la bozza di quello scritto perché ne era insoddisfatta:

The biography for which we had all been waiting had not been written (Gombrich 1970, 4).

A quel punto, dopo la morte di Bing, Gombrich avrebbe ripreso il filo del suo proprio lavoro, aiutato per il materiale dell’epistolario da Max Adolf Warburg, figlio di Aby.

Ho stimato fosse utile ripercorrere fin qui pedantemente la ricostruzione della genesi dell’opera proposta da Gombrich perché non pare che, a oggi, la questione della complicata relazione Gombrich/Warburg sia stata affrontata con sufficiente coraggio e libertà di pensiero: nell’unico lavoro dedicato specificamente al tema, la ricostruzione della relazione di Gombrich con i materiali di Warburg è molto prudente, per non dire reticente e opaca (Mazzucco 2011; la studiosa aveva già affrontato il tema, in modo cauto e circospetto, nella prefazione alla biografia di Gombrich che le era stata affidata per la riedizione pubblicata da Feltrinelli nel 2003, ed è tornata di recente sul tema in una breve e generica nota nella ristampa della Biografia intellettuale per i tipi di Abscondita nel 2018). Ora, pare che i dati che emergono dal confronto tra la versione dei fatti proposta nell’introduzione della Intellectual Biography del 1970, la lettera dello stesso Gombrich a Cantimori del 1964 che qui pubblichiamo per la prima volta, e i materiali del fondo Bing dell’Archivio del Warburg Institute, di recente pubblicati da Despoix e Treml, siano sconcertanti e suscitino una serie di domande.

“The biography for which we had all been waiting...” scrive Gombrich nel 1970 con tono di rammarico per il mancato completamento della biografia da parte di Gertrud. Ma è vero che c’era una attesa così fervente, almeno da parte sua, per la pubblicazione del lavoro di Bing? Se fosse stato vero che, come afferma Gombrich, egli stava aspettando fin dalla fine degli anni ’40 che Bing ultimasse la sua pubblicazione sulla biografia di Warburg per poter pubblicare il suo ‘secondo volume’, perché non sostenere la domanda di finanziamento presentata dalla stessa Bing alla Bollingen Foundation? Perché costringere la studiosa, ormai anziana, a inoltrare a titolo personale una – ai nostri occhi umiliante – richiesta di sostegno alla fondazione americana?

E se non è vero – come di fatto è risultato vero non essere – che il frammento del saggio sul linguaggio fu cestinato da Bing (come Gombrich dice a Cantimori e poi ribadisce nel volume pubblicato nel 1970), non sarà lecito pensare che lo stesso materiale inedito, tratto dagli appunti e dagli epistolari che Gertrud aveva faticosamente raccolto per anni, possa essere confluito fra i materiali che Gombrich pubblica nella Intellectual Biography? Edgar Wind, nella sua – del tutto condivisibile e acutissima – recensione alla Biografia intellettuale (che ripubblichiamo in nuova traduzione in questo stesso numero di Engramma) stigmatizza fra l’altro la messe di “frammenti tratti da appunti inediti, abbozzi, lettere, diari, e indiscriminatamente mescolati a passi di opere compiute, strappati dal contesto come se fossero essi stessi dei frammenti” (Wind [1971], 2020). Considerato il senso di repulsione – da lui stesso dichiarato – che Gombrich prova nell’accostarsi al labirinto dei materiali di lavoro di Warburg, è pensabile che si sia immerso, ex novo, in quel immane lavoro di censimento e di vaglio di migliaia di carte? Non sarà che l’effetto di giustapposizione indiscreta di materiali diversi che la Biografia intellettuale suscita è provocato dal fatto che quei materiali – per altro preziosissimi – erano quelli che Bing aveva pazientemente raccolto per anni, e non aveva finito di ordinare?

E dal punto di vista di Gertrud Bing: è pensabile che, dopo aver ottenuto l’agognata borsa dalla fondazione Bollingen – grazie all’intervento di Kracauer, non certo a quello ostruzionistico di Gombrich – la studiosa abbia distrutto ed eliminato i materiali del suo Lebenswerk? Sempre nella preziosa edizione del suo epistolario, leggiamo che il 14 ottobre 1964, a pochi giorni di distanza dalla lettera a Cantimori in cui Gombrich dà per perso tutto il materiale, Erwin Panofsky così scriveva a Eric Warburg, confidando che il progetto della biografia interrotto per la morte di Gertrud potesse essere portato a termine:

I hope that the biography begun by Miss Bing will be completed in satisfactory manner, and though I have given some thought to the matter I could not think of anybody better equipped to shoulder this task than dr. Neumeyer (Panofsky 2011, 531).

Alla luce dei nuovi documenti, la ricostruzione proposta da Gombrich, già in sé contorta e poco convincente, proprio non regge. In particolare si noti il tono assertivo e perentorio con cui Gombrich risponde a Cantimori sulla perdita totale del materiale di Bing e, d’altro canto, il fatto che non faccia il minimo accenno alla biografia sulla quale egli stesso – a dar retta alla sua ricostruzione del 1970 – sarebbe stato impegnato da anni. Sta di fatto che della capziosa – infelice e per altro fortunatissima – Intellectual Biography che Gombrich pubblica nel 1970, quel che resta di più valido sono – a tutt’oggi – i materiali recuperati dagli appunti, dai frammenti e dall’epistolario di Warburg: probabilmente il materiale che Bing aveva gelosamente raccolto e custodito per decenni.

Nell’Avant propos all’edizione canadese degli scritti di Gertrud Bing su Warburg, Carlo Ginzburg conferma e ribadisce, a distanza di più di cinquant’anni, la sua lettura ermeneutica del ruolo positivo che Gombrich avrebbe svolto all’interno della tradizione warburghiana (Ginzburg 1966); così si apre il contributo al volume dello storico italiano:

“ Chaque livre a son destin. ” (“ Habent sua fata libelli. ”) Ces mots du grammairien latin Terentianus Maurus (IIIe siècle après J.-C.), régulièrement cités dans les contextes les plus variés, peuvent aussi s’appliquer à un livre non écrit : la biographie d’Aby Warburg, à laquelle Gertrud Bing travailla pendant des années, jusqu’à la fin de sa vie. On présente ici les matériaux préliminaires à ce projet inachevé. Il fut repris par Ernst Gombrich, en témoignage de sa gratitude envers Gertrud Bing (Ginzburg 2019, 13).

Se il ‘paradigma indiziario’ che abbiamo ricostruito in questa Nota ha un senso, potremmo dire che la ‘gratitudine’ di Gombrich verso Gertrud Bing – per altro non esplicitata con eccessivo fervore – era più che dovuta. E potremmo dire anche che, a interferire con la ruota del Fatum di questo travagliato libellum, non è stato il ‘buon Dio del dettaglio’, ma piuttosto un diavolo che ci ha messo, furtivamente, lo zoccolo.

Appendice I | Ernst Gombrich, Lettera a Delio Cantimori del 29 ottobre 1964

Trascrivo fedelmente il testo della lettera, conservata presso l’Archivio della Scuola Normale Superiore di Pisa nelle carte Cantimori, rispettando la grafia – incluso l’uso delle maiuscole – e gli errori di italiano di Gombrich che non segnalo; a scanso di dubbi su eventuali sviste nella trascrizione, segnalo invece puntualmente con [sic!] i veri e propri refusi ortografici.

Caro Professore,
La prego di scusarmi per non avere mandato prima i miei ringraziamenti sinceri per il Suo bellissimo elogio della nostra cara amica Bing. Lo trovo così commovente, giusto ed intimo che le vorrei domandare la sua permissione di ristamparne un estratto in memoriam della bene merita.

Purtroppo non habbiamo trovato molto tra le sue carte che si potrebbe salvare. La biografia del Warburg che noi tutti speravamo tanto di vedere scritta dalla sua espertissima mano e [sic!] certamente perduta per sempre. Ne [sic!] esistono nemeno [sic!] appunti. Nemeno [sic!] il saggio sulla lingua e lo stile del Warburg e [sic!] rimasto intatto perche [sic!] volendo rifarlo lo tagliava in pezzi qualche giorno prima della malattia.

Vorrei sempre domandare se la Sua Signora forse avrebbe una copia della prima parte di quel saggio che io ho letto qualche tempo fa prima che ritornasse a Bing. Anche ogni altro pezzo coerente che si potrebbe forse pubblicare nel nostro Giornale o altrove sarebbe benvenuto. Crede Lei che l’introduzione agli Scritti sarebbe forse atta per un tale omaggio postumo? Non vorremmo fare nessuna cosa che non sarebbe approvata dalla stessa Bing.

Ringraziandola anticipatamente rimango con molti saluti anche alla Sua Signora
il Suo
E.H. Gombrich

Appendice II | Contributo di Delio Cantimori all’opuscolo In memoriam Gertrud Bing 1892-1964, London 1965

Il testo di Cantimori che Ernst Gombrich pubblica nell’opuscolo commemorativo di Gertrud Bing (Gombrich 1965, 6-10) è lo stralcio di un contributo, in forma di lettera al direttore, pubblicato l’anno prima nella rivista “Itinerari” II, 1964, 89-92, con il titolo, Avventure di un devoto di Clio; il testo sarà ripubblicato in D. Cantimori, Conversando di storia, Roma-Bari 1967, 179-190.

Caro Rossi,
come Le ho promesso, continuo a scriverLe di queste curiose epistole. Mi costa un po’. Stamane, 6 luglio 1964, mentre rinnovavo la promessa, benché stanco, ero d’animo sereno, perché avevo parlato con alcune di quelle persone giovani e intelligenti che han voglia di studiare e lavorare sui temi e nel modo che mi son cari: e ciò è argomento sempre di gratitudine e di meravigliata contentezza per un vecchio insegnante, che ha ormai, assieme a molto scetticismo, qualche senso della realtà delle cose; se certe persone, delle quali si intuisce e si capisce il valore genuino, lavorano volentieri con noi, e credono che possiamo dir loro e dar loro qualcosa, ebbene, si può essere contenti e ci si può sentire non inutili. Questa contentezza, e la serenità che ne veniva, sono state turbate, quando, tornando a casa, ho ricevuto la notizia della morte d’una persona amica, che è stata una delle menti piu vive e vigili della cultura di questi ultimi tempi, benché il suo nome non figuri nelle bibliografie delle scienze storiche nel senso più ristretto e convenzionale della parola. Se non fosse per la presenza di quelle strane gioventù, si soccomberebbe alla malinconia, allo sgomento nel constatare il fatto che i nostri anziani e i nostri coetanei se ne vanno, e alla voglia d’andarcene anche noi, o almeno di starcene zitti. Ma – non saprei darne ragione ragionata, eppure è così – agli occhi di queste gioventù, uno sente di dover rispondere: e poterlo fare è l’unico primo e vero conforto. e poterlo fare è l’unico, primo e vero conforto. Certo, lo spirito battagliero s’attenua un po’, s’oscura per un momento l’intelletto e la malinconia ci porta ai ricordi. Permetta due.- que, caro Rossi, che prima di continuare il discorso sulla questione della storia contemporanea e del suo insegnamento, Le parli un po’ della personalità scomparsa ai primi del mese.

Del resto, siamo in non pochi a sapere come Gertrud Bing sia stata una persona veramente molto benemerita degli studi storici. Credo di poter affermare ciò anche se come studiosa poteva sembrar molto lontana dagli studi di storia come s'in- tendono comunemente: il titolo del suo insegnamento all’Università di Londra era “Storia della tradizione classica”, e poi, il nome dell’Istituto Warburg di Londra, da lei per alcuni anni diretto, evoca momenti e aspetti della storia piuttosto lontani da quel che sogliamo chiamare “età contemporanea” o anche “moderna”; ma soltanto chi abbia una concezione molto angusta della storiografia potrà dubitare dell’importanza di quell’Istituto e di quella Biblioteca per gli studi di storia. Come norme di specialista, il nome di Gertrud Bing è conosciuto da pochi altri specialisti; ma molti studiosi dell’Umanesimo e del Rinascimento, di storia dell’arte, di archeologia, di storia della cultura, sparsi in tutto il mondo, ricordano il volto così intelligente della infaticabile e coltissima persona, anima e animo dell’istituto Warburg, ospitalissima per tutti, prodiga di consiglio, di indicazioni bibliografiche, di aiuti. Qualche lettore della “Rivista storica italiana” ricorderà la commemorazione di Aby Warburg che la prof. Bing vi pubblicò nel 1960, concludendola con il motto autobiografico, del Warburg, scritto dal Warburg stesso in italiano: “Ebreo di sangue, Amburghese di cuore, d’animo Fiorentino”; e molti forse ricorderanno il cenno biografico di Giorgio Pasquali su quel grande studioso che fu il Warburg stesso.

Chi abbia avuto la fortuna di poter lavorare nella biblioteca fondata dal Warburg e ampliata e riorganizzata poi da F. Saxl, sa che non c’è iperbole in quel che dico: dalla accessibilità di tutte le parti della biblioteca, all’aiuto dei vari bibliotecari e membri dell’istituto, al loro interessamento per il lavoro degli studiosi, tutto è pensato in quell’Istituto per far lavorare liberamente e seriamente chi sappia e voglia: conosco chi ha ricevuto la chiave dell’Istituto, per poterne uscire più tardi e per potervi entrare più presto delle ore d’ufficio regolamentari, quando il troppo breve soggiorno londinese spingeva a utilizzare tutto il tempo. Gli scaffali dei libri disposti secondo un piano organico e preciso, che risaliva al Warburg, sono stati resi accessibili agli studiosi proprio per il valore riconosciuto agli accostamenti derivanti da un ordinamento sistematico di quel tipo, e perché si pensava che la biblioteca doveva avere la funzione di offrire non solo materiali, ma anche suggerimenti per la ricerca.

Credo che quella biblioteca sia una delle poche non private che tenga anche i libri più rari non sotto chiave, ma al loro posto nel contesto storico che loro spetta. Il Warburg non aveva avuto timore di mettere i francobolli postali nella stessa serie degli Emblemi dell’Alciato e del Giovio, di mettere i giochi delle “sorti” accanto ai libri che trattano di pronostici e del modo di comporli, le superstizioni assieme alle dottrine religiose e filosofiche. Così uno storico che arrivava per studiare, poniamo, un problema di periodizzazione, trovava negli scaffali appositi tutti o quasi i libri generali e particolari: e anche qualcuno che nessun’altra biblioteca avrebbe tenuto, e sembrava messo lì per ammonire del pericolo delle generalizzazioni dogmatiche e superficiali inerenti a tal sorta di problemi. Le mattine seguenti, poi, trovava sul suo tavolino un mucchietto di libri o di riviste, con articoli o capitoli o riferimenti importanti per il suo tema: erano i membri dell’Istituto, bibliotecari, direttore, che portavano così il loro saluto al nuovo arrivato. Se uno studioso avesse avvertito in tempo, per esempio, che voleva esaminare la pedagogia del Quattrocento, quando arrivava trovava sul tavolino la bibliografia, e i libri, anche presi a prestito altrove: dai testi agli studi critici. È noto come il Farinelli, mentre preparava l’edizione del viaggio in Italia del padre di Goethe, ricevesse tutte le note informative ed esplicative dall’Istituto (allora ad Amburgo) in poche settimane ricevesse tutte le note informative ed esplicative dall’Istituto (allora ad Amburgo) in poche settimane; e come, inoltre, i ricercatori dell'Istituto scoprissero per proprio conto che il Viaggio non era affatto opera originale, ma una compilazione tratta dalle guide o annuali del viaggiatore del tempo.

Questo spirito universale, questo senso vivo della storicità della vita culturale, dell’importanza di materiali anche come i libretti astrologici e le effemeridi più elementari,in quanto documentazione storica utile alla comprensione di certi nessi e di certe situazioni, e soprattutto giovevole per comprendere i processi di transformazione subìti dalle tradizioni proprio nel loro tramandarsi e perpetuarsi, e per intendere le situazioni di tendenze, opinioni, credenze, non appariscenti perché non ufficiali ma non perciò meno operanti, è stato impersonato e incarnato per noi nella presenza vivace, attivissima, cordiale, di G. Bing: ninfa egeria modernissima, – pronta a rifare, mentre accompagnava amici a casa guidando con perizia l’automobile, i calcoli che avevano potuto indurre il tale astrologo a un dato pronostico, a discutere dei romanzi di Zola, a consigliare sui precedenti lontanissimi del “contrasto fra il ricco e il povero”, a informare o a chiedere particolari sull’opera del tal diplomatico dell’altr’ieri come dei simboli niellati sull’armatura d’un antico cavaliere: e non Le parlerò della vivacità della conversazione, della sua generosità, semplice e immediata, dell’ironia – sempre precisa e atta a risvegliare menti addormentate, mai pungente o aspra, – della lezione implicita nel suo chieder consiglio e informazioni a tutti come era pronta a dare informazioni e consiglio a tutti.

Queste e altre doti personali, sono difficili da descrivere: solo chi ha avuto la fortuna di conoscerla, può sentire quanto si sia perduto. A volte sembrava di parlare con un volterriano di alta levatura, a volte si sentiva nel suo discorso come un’eco del positivismo naturalistico. Non era un’“anima bella”: il suo gusto per l’arte e le cose belle e genuine non aveva nulla di estetico o decadente; ma era certo una di quelle personalità che fanno sentire immediato il fascino del cosmopolitismo umanistico, che fanno capire cosa possa voler dire essere cittadino della respublica literarum. Soleva dire agli italiani ignari di lingue: “non si preoccupi, qui parliamo italiano o lo capiamo, perché chi non sa l’italiano non è una persona civile”; ma era di cultura e di interessi veramente cosmopolitici e umanistici nel senso pieno e storico della parola.

Ebrea d’Amburgo, aveva studiato a Monaco e ad Amburgo, poi era diventata bibliotecaria dell’Istituto Warburg (1922-27), assistente del Warburg nel periodo del suo insegnamento (27-29); aveva seguito l’Istituto e la biblioteca nella loro emigrazione a Londra, nella riorganizzazione ad opera del Saxl, aveva partecipato alla direzione dell’Istituto e degli Studi, assumendo poi la direzione dell’Istituto stesso.

Non scrivo un necrologio; perciò non racconterò ai Suoi lettori della sua attività, ne dirò qui in quanti e quali comitati G. Bing fosse presente, attiva e lucida consigliera o guida: editrice delle opere del Warburg, di molte opere del Saxl, aveva commemorato il Warburg ad Amburgo, ma aveva tenuto a farne tradurre l’opera in italiano, curando la nuova edizione in tutti i particolari. È morta senza aver potuto rivedere le bozze della traduzione italiana della propria introduzione: controllava tutto, sempre, con scrupolo attentissimo, cercando di rendersi conto di ogni sfumatura di significato e di ogni immagine nuova usata dal traduttore, correggendo errori tipografici ed arbitri del traduttore (o quelli che le sembravano arbitri) con la medesima serena acribia di quelle grandi e lontane generazioni di studiosi positivi che erano convinti, e non avevan torto, dell’importanza della precisione tipografica quanto dell’esattezza filologica, quanto della pulizia nella scelta delle parole e delle paroline.

Dal Burckhardt al Warburg al Saxl al Frankfort alla Bing – per nominare solo i trapassati – c’è una linea ininterrotta: come scriveva la Bing sulla “Rivista Storica Italiana”, “i lavori del Warburg si ricollegano al Burckhardt, e nessun apprendista può essere stato più chiaramente consapevole del proprio debito di riconoscenza verso il maestro della sua arte di quel che sia stato il Warburg nella sua ammirazione per Burckhardt”.

Naturalmente, gli studi, le ricerche, l’invenzione storiografica hanno camminato, e l’immagine del Rinascimento tracciata dal Warburg è differente e più ricca, più approfondita e più completa di quella creata dal Burckhardt. Altri i problemi storiografici e critici dei tanti altri studiosi che da quell’Istituto han preso le mosse, o che entro di esso hanno fatto la loro strada, come il Saxl. La Bing non ha prodotto certo tanti libri e articoli: tuttavia nella sua conversazione, nella sua attività di direttrice, di bibliotecaria, nei suoi consigli, nelle sue discussioni, si sentiva il grande respiro intellettuale e morale del Burckhardt e del Ranke, del Warburg e del Cassirer, dello Schlosser e del Wolffiin: una ricchezza umana fatta non di bei sogni, ma di lavoro quotidiano filologicamente preciso, di curiosità inesauribile per fatti e per idee, per figure e per segni, per uomini e per cose. Si sente di rimanere più poveri, quando questa gente ci lascia…

Bibliografia
Fonti
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    E.H. Gombrich, Geburtstagsatlas. An Index of materials published in Engramma, ed. Seminario Mnemosyne, coordinated by M. Centanni, A. Fressola, and M. Ghelardi; Eng. ed. E. Thomson, “La Rivista di Engramma” 153 (febbraio 2018), 11-12.
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    E.H. Gombrich, Geburtstagsatlas für Max M. Warburg (5 June 1937). First digital edition, ed. Seminario Mnemosyne, coordinated by M. Centanni, A. Fressola, and M. Ghelardi; Eng. ed. E. Thomson, “La Rivista di Engramma” 153 (febbraio 2018), 13-76 .
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    G. Bilancioni, Aby Warburg, il gran signore del labirinto. A proposito dell’edizione italiana di Ernst Gombrich, Aby Warburg. Una biografia intellettuale, “il manifesto”, 15 gennaio 1984; ora ripubblicato in “La Rivista di Engramma” 34 (giugno/luglio 2004), 77-80.
  • Centanni, De Laude 2019
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  • Centanni, Pasini 2000
    M. Centanni, G. Pasini, Aby Warburg e i suoi biografi. Un ritratto intellettuale nelle parole di Giorgio Pasquali (1930), Gertrud Bing (1958), Ernst Gombrich (1970), Edgar Wind (1970), “La Rivista di Engramma” 1 (settembre 2000), 31-54.
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    P. Despoix, M. Treml, Présentation. Gertrud Bing, la bibliothèque Warburg et le projet d’une biographie intellectual de son fondateur, in G. Bing, Fragments sur Aby Warburg, éditès et présentés par P. Despoix et M. Treml, Paris 2019, 21-46.
  • Ginzburg 1966
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    C. Ginzburg, Avant-propos, in G. Bing, Fragments sur Aby Warburg, éditès et présentés par P. Despoix et M. Treml, Paris 2019, 11-17.
  • Mazzucco 2011
    K. Mazzucco, The Work of Ernst H. Gombrich on the Aby M. Warburg fragments, “Journal of Art Historiography” 5 (December 2011).
English abstract

In this paper, we present the edition of an unpublished letter from Ernst H. Gombrich to Delio Cantimori, dated 29 October 1964, kept in the Archive of the Scuola Normale Superiore in Pisa. The document, compared with other sources preserved in The Warburg Institute Archive, previously unpublished and recently made public in a volume printed in France by Philippe Despoix and Martin Treml, sheds new light on the genesis of the Intellectual Biography by Ernst H. Gombrich (London 1970) and on the role, hitherto unknown and denied by Gombrich himself, that Gertrud Bing played in the biography of Aby Warburg.

keywords | Ernst H. Gombrich; Delio Cantimori; Gertrud Bing; Aby Warburg; Scuola Normale Superiore di Pisa Archive; The Warburg Institute Archive

To cite this article: M. Centanni, Purtroppo non abbiamo trovato molto tra le carte della nostra cara amica Gertrud Bing che si potrebbe salvare. Testo e contesto di Ernst Gombrich, Lettera a Delio Cantimori, 29 ottobre 1964, “La Rivista di Engramma” n. 171, gennaio-febbraio 2020, pp. 127-153 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.171.0008