"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

125 | marzo 2015

9788898260706

Iter per labyrinthum: le tavole A B C

L’apertura tematica dell’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg

a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Giulia Bordignon, Monica Centanni, Silvia De Laude, Daniela Sacco con la collaborazione di Maria Bergamo, Emily V. Bovino, Nicole Cappellari, Lucia Coco, Flavia Culcasi, Simone Culotta, Enkli Doja, Bianca Fasiolo, Alberto Giacomin, G. Olmo Stuppia, Silvia Urbini

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Le tavole incipitarie dell'Atlante Mnemosyne

A B C sono le sigle apposte sui primi tre pannelli del Bilderatlas Mnemosyne, che si distinguono dalle tavole successive in quanto contrassegnate da lettere alfabetiche anziché da numeri. Posizione incipitaria e cifra alfabetica (anziché numerica, come le successive, da 1 a 79) rivelano l’omogeneità del gruppo e insieme la sua alterità rispetto agli altri pannelli: A, B, C si presentano come una introduzione tematica a tutto il complesso dell’Atlante, una sorta di soglia da cui ci si può affacciare per penetrare nel labirinto di Mnemosyne, avendo le coordinate di ingresso all'intera opera. Anche la genesi di A B C, probabilmente più tarda rispetto alla composizione del tutto (su questo si veda il saggio di Silvia De Laude in questo stesso numero di Engramma), conferma la funzione riassuntiva ed esplicativa dell’intero progetto. Pertanto sul gruppo delle prime tre tavole, è possibile fare una riflessione unitaria, prodromica all’analisi specifica di ciascuna di esse. 

In A B C si possono leggere tre diverse modalità di schematizzazione dei fili tematici che attraversano tutto l’Atlante, e quindi il lungo tracciato della tradizione occidentale di cui l’Atlante stesso si presenta come repertorio esemplare. In tavola A, per schema, si presentano tre forme di mappatura: astro-cosmografica, topografica, genealogica. In tavola B, per soggetto, si presenta lo sviluppo del rapporto tra micro e macrocosmo attraverso l’antropocentrismo e la figura dell’homo cosmicus, in un percorso che va dall’antropopatia astrologica medievale, all’antropopoiesi rinascimentale, fino al riemergere dell’antropopatia magica in età moderna. In tavola C, per tema, si presenta il percorso che ha condotto l’uomo a orientarsi nel cosmo grazie alle conquiste della scienza astronomica (le scoperte di Keplero in particolare) e, contemporaneamente, la traiettoria che porta all’acquisizione del sapere tecnologico come arma di conquista e di sapere, che ha insieme efficacia costruttiva e potenza distruttiva.

I disegni compositivi di A B C – per schema, per soggetto, per tema – offrono tre griglie che sintetizzano, in forma apparentemente semplificata, la complessa evoluzione della civiltà occidentale: le tre tavole incipitarie sembrano promettere la possibilità di tracciare un metodo, e quindi traiettorie praticabili, nella selva di simboli, temi, miti e figure che nelle loro peregrinazioni costituiscono il corpus della tradizione classica.

Il tema che innerva l’Atlante, ed è tratteggiato nel blocco A B C, è la “distanza tra l’io e il mondo esterno”, come esplicitato da Warburg nella sua Introduzione al Bilderatlas del 1929 (si veda, in Engramma, la lettura commentata di Giulia Bordignon e la prima edizione elettronica del testo originale). Si tratta di considerare il rapporto tra uomo e cosmo e, di conseguenza, la relazione tra libertà e necessità; un rapporto che a tratti, in età medievale ma anche nell’epoca post-rinascimentale, si fa vincolo opprimente, che muta in modo decisivo nel passaggio tra Medioevo e primo Rinascimento (l’epoca su cui si concentrano in particolare gli studi di Warburg), e che infine viene colto di riflesso anche nel momento storico in cui nasce il progetto dell’Atlante Mnemosyne – gli anni in cui l’equilibrio tra uomo e cosmo è sconvolto e poi ridefinito a seguito dell’evento deflagrante della Prima guerra mondiale.

Anche soltanto dal confronto interno alle tre tavole di apertura emergono intrecci e snodi che si dipaneranno per immagini attraverso tutte le tavole dell’Atlante. In questo senso A B C come apertura di Mnemosyne indicano, in figura, l’ambito culturale, geografico e storico dell’intero Atlante: l’oscillazione tra polo magico-religioso e polo razionale-matematico, e le linee evolutive che dalla superstizione astrologica arrivano alla conquista tecnologica del cielo, e che attraversano il cuore della cultura europea, dal bacino del Mediterraneo al Nord Europa.

2 | Mnemosyne Atlas, tavola A: “Diversi sistemi di relazioni in cui l’uomo si trova inserito, cosmico, terrestre, genealogico. Coincidenza di tutte queste relazioni nel pensiero magico, dato che la distinzione tra discendenza, luogo di nascita e posizione cosmica presuppone già un atto del pensiero. 1) Orientamento; 2) Scambio; 3) Ordinamento sociale” (Appunti di Warburg & collaboratori, 1929).

Interprete fedele del pensiero di Warburg, Fritz Saxl, nella prima commemorazione pronunciata pochi giorni dopo la morte del Maestro, afferma che l’“atto fondamentale della conoscenza umana è orientarsi di fronte al caos attraverso la posizione di immagini o di segni” (Saxl 1929). Lo schema-griglia di tavola A presenta l’astrologia come disegno astrale, una cosmografia che si riflette poi anche sulla topografia e sulla genealogia: modi diversi di controllare il cielo, lo spazio, l’evoluzione umana, dando loro un senso e un disegno. 

La tavola, che è forse la più enigmatica del blocco incipitario, propone una parentela metodologica tra diverse applicazioni della medesima ratio cartografica: cercare di riconoscere nel cielo le costellazioni, riunendo i puntini luminosi delle stelle in forme di uomini e animali; disegnare mappe e itinerari sulla terra; tracciare alberi genealogici che rappresentano le relazioni fra i membri di una famiglia, scelta come caso esemplare.

In pratica quindi, dall’alto al basso, una rappresentazione del cielo popolato da figure mitologiche; una mappa che, per illustrare le trasmigrazioni fra Nord e Sud e Est e Ovest, dopo la partenza da Cizico e Alessandria, si conclude (forse con un pizzico di autoironia) ad Amburgo, la città di Warburg; in fondo alla pagina, l’albero genealogico della famiglia rinascimentale Medici-Tornabuoni. 

3 | Mnemosyne Atlas, tavola B: “Diversi gradi di influenza del sistema cosmico sull'uomo. Corrispondenze armonicali. In seguito, riduzione dell’armonia alla geometria astratta invece che a quella determinata cosmicamente (Leonardo)” (Appunti di Warburg & collaboratori, 1929).

In tavola B l’astrologia è compresa nel rapporto tra micro e macro-cosmo che, dalla concezione pagana tardo-antica, torna assorbita e trasfigurata in epoca medievale nel linguaggio figurale cristiano (la prima immagine del pannello è l’illustrazione di una visione di Ildegarda van Bingen), per poi riemergere, recuperando parzialmente il significato antico, in epoca rinascimentale. Nel pannello sono rintracciabili tre percorsi tematici: il primo cosmologico, il secondo antropometrico, il terzo magico-apotropaico. In tavola B l’astrologia si presenta dapprima come astropatia, declinata nelle pratiche derivate dell’astrodiagnostica e dell’astroterapia, fino a ridursi alla magia esoterica dell’astrofilia, non senza però aver incontrato, significativamente al centro del montaggio, le figure della hominis dignitas rinascimentale: l’uomo di Leonardo e l’uomo di Dürer, le uniche figure libere dalla religio astrale, che, con moto inverso, impongono al cosmo le loro proporzioni e la loro misura. Nell’emergenza delle due immagini rinascimentali l’uomo non è concepito come vittima passiva di un conflitto tra forze demoniche che si contendono l’influenza sul suo corpo, ma interviene attivamente nella contesa a riequilibrare il rapporto di soggezione rispetto alle potenze cosmiche. La conquista dell’equilibrio però non è mai definitiva e nella collocazione a fine tavola delle due immagini tratte dal De occulta philosophia di Agrippa von Nettesheim possiamo ritrovare una deriva verso l’astropatia e le sue cure magico-esoteriche. Il discorso che si svolge in tavola B racconta perciò anche l’oscillazione incessante tra la dimensione della razionalità classica, a cui Warburg dà il nome di ‘Atene’, e ‘Alessandria’, nome della dimensione spazio-temporale della irrazionalità ellenistica. Così scrive Warburg nel saggio sulla Divinazione antica pagana nell’età di Lutero:

Siamo nell’età di Faust, nella quale lo scienziato moderno, oscillando fra pratica magica e matematica cosmologica, cerca di conquistare al proprio pensiero lo spazio fra se stesso e l’oggetto per una contemplazione spassionata. Occorre sempre, di nuovo, salvare Atene da Alessandria. (Warburg 1920)

In tavola B, quindi, le relazioni tra il corpo umano e il cosmo raffigurate nel passaggio dal Medioevo all’età moderna si presentano come corrispondenze e scambi di energie che, se pure faticosamente sostenibili e governabili, svelano il mondo come potenzialmente catturabile, misurabile, rappresentabile. Se il microcosmo del corpo celeste è collegato al macrocosmo del corpo umano, e il cielo è popolato da mostri e potenze demoniche, purtuttavia la soggezione uomo/cosmo è sempre reversibile, grazie alle scienze e alle tecniche (astrologiche, magiche, mediche, nel medioevo e nell’età post-riformistica; geometriche in età rinascimentale) inventate dall’uomo per conoscere le modalità delle “corrispondenze tra uomo e cosmo” e sfuggire, grazie alla “geometria” leonardesca, al determinismo dell’“influenza del sistema cosmico sull'uomo”.

4 | Mnemosyne Atlas, tavola C: “Evoluzione della concezione di Marte. Distacco dalla concezione antropomorfica. Immagine – sistema armonicale – segno” (Appunti di Warburg & collaboratori, 1929).

La scoperta della matematica astronomica, e la compresente sopravvivenza dell’aspetto magico-demonico degli influssi planetari è il tema di tavola C, dedicata in particolare alla potenza di Marte. Il montaggio si apre con incisioni che raffigurano le orbite planetarie e in particolare l’orbita elittica del pianeta della guerra che smentisce la compostezza della rappresentazione a sfere concentriche del cosmo. Le incisioni accostate alle immagini tratte da tabloid contemporanei delle imprese di circumnavigazione del globo del dirigibile Zeppelin raccontano il tentativo dell’umanità per misurare il cielo, conquistarlo, governarne le rotte. Contemporaneamente l’inserzione della miniatura tratta da un manoscritto tedesco della seconda metà del Quattrocento, che rappresenta Marte e i suoi bellicosi figli (gli “sbandati figli di Marte”, nella didascalia), ricorda che, a dispetto delle conquiste tecniche e scientifiche, è sempre necessario fare i conti con l’influsso irrazionale e distruttivo del carattere marziale. Nella fase di montaggio di questa tavola, Warburg aveva pensato di inserire un’altra figura che avrebbe richiamato la potenza dell’astrologia, e la sua deriva luminoso-superstiziosa, che non desiste nell’era della tecnica: l’immagine di un grande pesce in cielo (accostabile formalmente all’immagine dello Zeppelin), tratta da un’edizione del pronostico di Lonhard Reymann che annunciava per il 1524 il Diluvio Universale, un pesce “dalla pancia stellata (sono i pianeti in congiunzione) […] dalla quale l’uragano distruttore si abbatte su di una città” (Warburg 1920, 336).

Placare Marte, il pianeta più feroce, era stata la sfida che dovette affrontare Keplero per trovare le nuove regole della cosmografia matematica che gli avrebbero permesso di calcolare l’orbita dei pianeti. Tavola C si apre con due illustrazioni tratte da opere di Keplero: se nel Mysterium Cosmographicum del 1596 lo scienziato ancora si basava su quella che, fino ad allora, era accettata come la legge indiscussa che regolava il Sistema Solare – l’uniformità, la regolarità, la circolarità del moto dei corpi celesti, governato da leggi fisiche concepite come subordinate a un principio divino e trascendente – nell’Astronomia Nova del 1609 verificò l’inconciliabilità della teoria con i dati empirici dell’osservazione astronomica. Keplero decise allora di studiare il moto del pianeta Marte avendo il coraggio di “superare un primitivo timore applicato alla matematica, che impediva di costruire i corpi celesti in maniera disforme dagli ideali o esigenze della commensurabilità umana terrestre” (Warburg, 1925, 100-101), e introdusse una nuova e risolutiva unità di movimento dell’orbita: l’ellisse. L’antagonista della rappresentazione sferica, composta e perfetta, del cosmo è quindi Marte e la scoperta della sua traiettoria ellittica, che ruota su due fuochi, non più intorno a(ll’)uno, rivoluziona l’idea platonica della armonia delle sfere. Proprio la figura dell’ellissi è la costante figurativa implicita di tavola C, dalla forma dell’orbita del pianeta al profilo del dirigibile; gli eroi di questa storia, che con le loro competenze scientifiche e il loro coraggio riescono a domare il cielo, sono Keplero, il conte von Zeppelin e l’aviatore-imprenditore Hugo Eckener, protagonisti, gli ultimi due, delle immagini di congedo di tavola C.

Con la presenza del dirigibile Warburg ci racconta la storia di un’invenzione meravigliosa evocando però la sua natura prismatica: la tecnica può essere al servizio della distruzione (il dirigibile fu utilizzato come bombardiere nella Prima Guerra Mondiale) e al contempo può essere strumento per la comunicazione tra i popoli e per la conoscenza (Eckener nel 1929 circumnavigò il globo mettendo in contatto paesi un tempo nemici, superando procelle, comunicando con la terra attraverso la radio ecc.). 

Coordinate della memoria: i temi dell’Atlante introdotti da A B C

Il tema principale proposto dalla prime tre tavole del Bilderatlas è la necessità di un ‘orientamento’ – Orientierung è quasi un termine tecnico nel lessico di Warburg – il tentativo di inventare disegni, nel cielo o sulla terra, che consentano all’uomo di tracciare rotte, ma anche la ricerca di un ordine interiore, oltre che esteriore, che dia una forma e una misura alla spaventosità del mondo e al turbamento di fronte ai demoni che non popolano soltanto il cielo sopra di noi, ma, dentro di noi, disturbano la nostra psiche (sulle tavole A B C come dispositivo per dare coordinate all’Atlante, ma anche come rimedio alla disforia di Warburg, dopo Kreuzlingen e dopo il ritorno dall’ultimo suo viaggio in Italia, si rimanda, ancora, al saggio di Silvia De Laude in questo stesso numero di Engramma).

A B C, poste in apertura dell’Atlante, insegnano che orientarsi è necessario anche per conoscere il senso del viaggio che è, sempre, moto di migrazioni e di ritorni. Warburg mutua dal saggio di Kant Che cosa significa orientarsi nel pensiero (1786), l’idea che orientarsi è “determinare a partire da una certa regione del mondo (una delle quattro in cui suddividiamo l’orizzonte) le altre, in particolare l'oriente”. Orientarsi è quindi decidere dove sia oriente e, di conseguenza, riflettere sull’incessante andirivieni tra Oriente e Occidente tra una sponda e l’altra del bacino del Mediterraneo, il cui disegno, come territorio liquido in cui si muovono i flussi della tradizione classica, è al centro di tavola A. Ma questo viaggio, già in antico, sborda dai confini del mare nostrum. Figura del vincolo tra Oriente e Occidente era il mitico nodo di Gordio, che teneva magicamente bloccata la comunicazione tra Asia ed Europa. Alessandro il Grande – nell’Atlante figura emblematica del viaggio e della trasmigrazione dei miti e dei simboli oltre i confini spaziali e temporali della cultura greco-romana – diventa signore del cosmo perché risolve il problema tagliando con un colpo netto di spada il viluppo inestricabile; ovvero, secondo una variante presente già nelle fonti antiche, perché scopre il punto di sutura in cui la correggia era collegata al timone, e ‘semplicemente’ lo scioglie. L’atto decisivo conferma la fluidità del confine tra Oriente e Occidente, precariamente serrata dal nodo, e inaugura un nuovo flusso, perché Alessandro è capace di vedere che “la contrapposizione geografica tra Oriente e Occidente è qualcosa di fluttuante e indeterminato: è soltanto un contrapposto fluire di una minor quantità di notte e di luce” (Ernst Jünger, Carl Schmitt, Il nodo di Gordio, 1953). In età contemporanea von Eckner, alla guida del suo dirigibile che fa il giro del mondo, si muove sulle tracce del viaggio cosmico Alessandro: nel saggio Aereonave e sommergibile nell’immaginazione medievale (1913) Warburg ricorda all’aviatore moderno che studia il problema d’attualità del raffreddamento del motore, l’episodio della leggenda medievale in cui Alessandro è trasportato in cielo nel primitivo dirigibile alzato in volo da magici grifoni e di come “con spugne intrise cercava di refrigerare i piedi infuocati dei suoi grifoni scalanti il cielo” (Warburg 1913, 282).

Intimamente connesso con il tema dell’orientamento è in A B C il tema dell’astrologia e alla sua evoluzione scientifica con l’astronomia di Keplero – tema particolarmente caro a Warburg e a Fritz Saxl, che con lui collabora strettamente, nei suoi ultimi mesi di vita, alla messa a punto del progetto: nell’astrologia, infatti, in particolare, si gioca la relazione che lega l’uomo al cosmo e, insieme, l’incessante tentativo compiuto dall’uomo per sottrarsi alla necessità di quel vincolo. Il rapporto tra libertà e necessità rispetto al destino trova espressione nel motto, coniato da Warburg, ‘Per monstra ad sphaeram’. Si tratta di un gioco di parole, riecheggiante un celebre verso di Seneca (Per aspera sic itur ad astraHercules Furens II, 437), da cui era stato tratto, già in antico, il detto proverbiale ‘Per aspera ad astra’. Il motto ‘Per monstra ad sphaeram’ era stato scelto dallo stesso Warburg come ex libris quando, alla morte dell’amatissimo Franz Boll (l’autore di Sphaera. Neue griechische Texte und Untersuchungen zur Geschichte der Sternbilder, Leipzig, Teubner, 1903, testo fondamentale per le ricerche di Warburg su Schifanoia) acquisisce una parte della biblioteca dell’amico. Rispetto alla fonte latina la modifica che Warburg apporta coniando il suo nuovo motto è particolarmente significativa: le asperità attraverso le quali è necessario passare per accedere alle stelle non sono soltanto passaggi difficili e impervi, ma mostri terribili – monstra, la cui demonica potenza l’uomo è chiamato a superare. ‘Per monstra ad sphaeram’: anche l’insieme delle tre tavole dice l’angoscia della soggezione dell’uomo al monstrum, e l’ambigua (perché mai definitiva) liberazione da quel vincolo nella contemplazione ‘scientifica’ degli astri.

Intrecciato con orientamento e astrologia è il tema della polarità, mai risolta, tra tecnica e magia, tra ‘Atene’ e ‘Alessandria’: ovvero, tra il tentativo di dicibilità del mondo nel segno del logos e la tensione del pathos; ma anche tra Apollo e Dioniso, per riprendere i nomi divini delle diverse attitudini dell’umano che Warburg mutua da Friedrich Nietzsche.

Iter per layrinthum

Per chi si addentra nel labirinto dell’Atlante, la possibilità di letture multiple, intrecciate tra di loro e proliferanti, è già annunciata dall’esordio, nel gruppo A B C, che posto come una soglia ideale, da un lato ‘orienta’, introducendo alla selva dell’Atlante, e nello stesso tempo conferma l’irriducibile complessità del meccanismo compositivo e del funzionamento interattivo delle singole tavole e di tutta Mnemosyne. Le tavole A B C si propongono in questo senso come il viatico fornito alla porta di ingresso dell’opera, ma anche, insieme, la dimostrazione in atto della complessità dell’impresa, una mise en abyme dell’opus magnum di cui sono il vestibolo. 

Tutto l'Atlante, avverte in anticipo il blocco A B C, è un viaggio, una selva di percorsi non semplificabili, pena la lacerazione della trama discontinua della memoria, l’interruzione della dissonante rapsodia. Ci è detto per immagini che i confini di irradiazione e la mappa del viaggio non sono rigidi e definiti. Intorno al bacino del Mediterraneo le strade sono disegnate dal continuo confluire e separarsi dei cammini di Oriente e Occidente, che a volte si confondono, diventano un solo sentiero, e poi sono attratti in orbite diverse.

Nella tradizione occidentale nulla è dato per definitivo e la modalità di apparenza e ricomparsa dei fenomeni è sempre dinamica e reversibile: segni e figure sopravvivono solo se resistono all’esperienza del viaggio, sia attraverso lo spazio che attraverso il tempo: solo in quella trasmigrazione – fisica, concettuale e simbolica – che il confine permeabile tra Oriente e Occidente permette. Nella tradizione occidentale dalla Grecia classica all’Ellenismo, dall’Ellenismo al Cristianesimo, attraverso il Medioevo, fino al Rinascimento e alla modernità, sopravvivono solo figure e segni meticciati e bastardi, in quanto tali selezionatisi come più adatti a quella “lotta biologica per la vita” che, metaforicamente, si ritrova anche nelle dinamiche culturali. Solo il movimento, la posizione e la trasgressione continua del limes – soprattutto del limes tra Oriente e Occidente – permette la trasmissione –tradizione ed è un segnale verificabile della vitalità di segni e figure.

A B C annunciano che, come si imparerà nel labirinto dell’Atlante Mnemosyne, molti segni della tradizione classica non sono scomparsi per esaurimento, ma hanno lasciato tracce consistenti, anche se a volte difficilmente decifrabili, nonostante la varietà delle traslazioni, ma anche degli attacchi frontali: i vari assalti, teorici e pratici, delle iconoclastie; i tentativi di monoteizzazione; le moralizzazioni; la tentazione della riduzione all’univocità di significato; le banalizzazioni e gli oblii. Ma questa sopravvivenza, evidente o carsica, è la prova che la tradizione non va custodita né tanto meno museificata: anche quando i motivi resistono solo sotto forma di engramma, se sono abbastanza forti si difendono da sé. Altrimenti rimangono semi infecondi. Scrive Giordano Bruno, autore determinante per Warburg nell'ultimo periodo della sua vita:

Obiiciuntur nobis res, signa, imagines, spectra vel phantasmata. […] Haud igitur temere oblivionem insensationem quandam appellavit Socrates; qui si eadem ratione et memorabilis iactum semen a memoria non conceptum insensationem similiter quandam appellasset, rem sane protundiorem explicasset. Ni igitur vivacius phantasia sensibilibus pulsaverit speciebus, cogitatio non aperiet, ostiaria quoque cogitatione non aperiente, easdem indignans Musarum mater non recipiet.

Si presentano a noi cose, segni, immagini, spettri, ovvero fantasmi. [...] Non senza motivo Socrate definì l’oblio come una perdita di percezione; ma se per la stessa ragione avesse definito anche il seme del memorabile sparso e non concepito dalla memoria, egli avrebbe certo indagato il tema più in profondità. Se infatti la fantasia non bussa con vivacità sufficiente avvalendosi di immagini sensibili, la facoltà cogitativa non apre le porte e, se la facoltà cogitativa che è la custode non apre la porta, la madre delle Muse, sprezzando simili immagini non le accoglierà. (Giordano Bruno, Sigillus sigillorum ad omnes animi dispositiones comparandas, 11, 19-20)

Per i riferimenti bibliografici vedi, in Engramma, Bibliography. Works by Aby Warburg and secondary literature

Una prima lettura delle tavole ABC è stata pubblicata in “La Rivista di Engramma” 12 (novembre 2001).

English abstract

This paper focuses on the composition and themes of the first three panels of Aby Warburg’s Mnemosyne Atlas. The three panels are headed by the letters A, B and C unlike the panels that follow which are identified by numbers, 1– 79. Their position and identification by number reveal that the panels are a related group, and are distinct from the other panels. Panels A, B and C prove to be an introduction to the themes contained in the Atlas as a whole, a sort of threshold leading to the labyrinth which is Mnemosyne, with all the co-ordinates for making the entire work accessible.

 

keywords | Panel A; Panel B; Panel C; Warburg; Mnemosyne Atlas; Composition.

Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, Iter per labyrinthum: le tavole A B C. L’apertura tematica dell’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg, “La Rivista di Engramma” n. 125, marzo 2015, pp. 6-17 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2015.125.0004