"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

127 | maggio/giugno 2015

9788898260720

Warburg ‘sotto il cielo di Marte’: materiali di approfondimento

Raccolta di voci e di immagini: una “rivista istruttiva” sulla guerra del 1914-18

Friedrich Overbeck, Italia e Germania, 1828, München, Neue Pinakothek.

Tra l’agosto del 1914 e il maggio del 1915 Warburg concepisce e promuove il progetto di una “rivista istruttiva” (così la definisce nel suo epistolario): l’obiettivo era evitare che l’estensione della guerra coinvolgesse l’Italia nel fronte nemico della Germania.

L’intenzione della rivista era di “squarciare la nebbia della propaganda bellica attraverso un cross-reading di quotidiani, corrispondenze e telefonate, quindi attraverso una attiva e critica ricerca di informazioni” (Ulrich Raullff). La rivista doveva fare contro-informazione, smontare la propaganda, e far presente agli italiani il punto di vista tedesco: “A chi desideri conoscere/ il pensiero e l’azione della Germania/nella sua guerra/ questa raccolta di voci e d’immagini/ dedicano gli editori/ Amburgo 1° novembre 1914”. La rivista raccoglieva e traduceva in italiano articoli già apparsi in altre lingue, indicandone le fonti. Warburg figura nel colophon come “editore”, insieme a studiosi suoi amici conoscenti (il prof. Thilenius, il dott. Giulio Pancocelli-Calzia e il dott. Hübner).

Il lavoro preparatorio consisteva nella lettura quotidiana di dieci autorevoli testate internazionali. Gli articoli venivano ritagliati, commentati e ordinati in varie rubriche. Di questo lavoro compulsivo, durato oltre otto mesi, dà conto anche Ernst Gombrich nella sua Biografia intellettuale di Warburg: “Coerentemente con la sua formazione e il suo temperamento di studioso, cominciò a raccogliere ritagli di giornale e a ordinarli in rubriche. La sua famiglia dovette collaborare a questo sforzo di Sisifo, che tuttavia non portò ad alcun chiarimento”.

Warburg considerava questo suo impegno come una “attività scientifica”. Il materiale doveva essere collazionato per comporre una sorta di “Manuale della menzogna” (così una lettera alla “Frankfurter Zeitung”, 2 febbraio 1915): dopo lo scoppio della guerra, infatti, la “lotta contro la menzogna” doveva essere “intrapresa scientificamente con tutte le energie” (lettera alla “Norddeutschen Allgemeinen Zeitung”, 27 febbraio 1915).

Già il 14 novembre 1914, Aby scriveva al fratello Paul:

Una informazione non tendenziosa è amaramente necessaria, quando la diretta rottura del tessuto della menzogna è resa impossibile dallo stupro praticato dal filo telegrafico.

Così leggiamo negli appunti per la conferenza tenuta alla Hamburger Gesellshaft für Bücherfreunde del 15 luglio 1919:

Parole e immagini diffuse attraverso la stampa sono da interpretare proprio come le vere armi per il combattimento in quella guerra civile dell’intelletto che l’Italia doveva combattere per la salvaguardia della neutralità nell’inverno 1914-15.

Della rivista uscirono soltanto due numeri, nel 1914 e nel 1915: “La guerra del 1914. Rivista illustrata dei primi tre mesi, agosto settembre ottobre” e “La guerra del 1914-15. Rivista illustrata dei mesi novembre dicembre gennaio”. L’entrata in guerra dell’Italia, il 23 maggio 1915, rese vano il senso dell’operazione.

L’espressività umana al grado superlativo: Pathosformel e ‘engramma’

Donatello, Giuditta e Oloferne, 1446-1460, Firenze, Piazza della Signoria (Mnemosyne, tavola 47).

La campionessa di golf Erika Sellschopp in una fotografia degli anni Venti (Mnemosyne, tavola 77).

Nella conferenza su Dürer e l’antichità italiana tenuta il 5 ottobre 1905 ad Amburgo, Warburg utilizza per la prima volta il termine Pathosformel, ‘formula di pathos’. Con questa definizione lo studioso indica un topos – una forma figurativa convenzionale e riconoscibile – che entra nel repertorio artistico per rappresentare l’espressività umana, il movimento e la passione, messo a punto nell’antichità e in seguito tramandato e ripreso nel Rinascimento. In questa direzione, l’Atlante Mnemosyne si configura in primis come una classificazione delle Pathosformeln coniate dalla civiltà greco-romana e accolte nella tradizione figurativa europea. Scrive Warburg:

L’Atlante, nella sua base materiale di immagini, vuole essere innanzitutto solo un inventario delle preformazioni anticheggianti che caratterizzano, concorrendo a plasmare lo stile, la rappresentazione della vita in movimento nell’età rinascimentale.

Tale classificazione trova un parallelo nella linguistica: le formule di pathos equivalgono alle radici supplettive che ritroviamo in alcuni verbi e aggettivi, come ad esempio ‘buono/migliore/ottimo’, cui la lingua ricorre per potenziare la valenza semantica del comparativo e del superlativo. Allo stesso modo le diversificate Pathosformeln sono un dispositivo utile a dire in immagine il ‘grado superlativo’ della gestualità:

Lo scatenamento sfrenato del movimento espressivo corporeo include l’intera scala delle manifestazioni vitali cinetiche di una umanità fobicamente scossa. Si tratta di una scala che abbraccia lo sprofondamento assorto e inerme fino all’ebbrezza omicida. Aby Warburg, 1929

L’estasi dionisiaca, l’annichilimento della vittima, l’orgiasmo del vincitore, il ripiegamento luttuoso si manifestano in schemi figurativi dotati di energia dinamica e capaci di riemergere come costanti espressive. Con il concetto di Pathosformel Warburg immette nel panorama degli studi storico-artistici una categoria ermeneutica inedita: lungi da una trattazione puramente formale ed estetizzante, lo studioso intende le immagini “come un prodotto umano biologicamente necessario, a metà fra la religione e la pratica artistica”. I modelli archeologici sono “non soltanto un tema d’atelier d’interesse puramente formale, ma un’esperienza vissuta appassionatamente” dagli artisti del Rinascimento.

Le formule di pathos si configurano anche come ‘engrammi’: segni impressi nella memoria culturale dell’Occidente, che riaffiorano fin nel cuore della contemporaneità sui supporti più disparati, dalle fotografie ai francobolli. È il caso, ad esempio, della figura antica della ninfa e della menade che, mutuata dai rilievi romani, ricompare come ancella o angelo nel milieu della Firenze medicea, ma anche come ‘fanciulla in fiore’ nelle immagini pubblicitarie del Novecento.

In virtù della loro carica espressiva, gli engrammi possono cambiare di segno a seconda del campo energetico in cui tornano a riattivarsi:

I dinamogrammi dell’arte antica sono lasciati in retaggio in uno stato di tensione massima ma non polarizzata, rispetto alla carica energetica attiva o passiva, all’artista che può reagire, imitare o ricordare. È solo il contatto con la nuova epoca a produrre la polarizzazione. Questa può portare a un radicale rovesciamento (inversione) del significato che essi avevano nell’antichità classica. Aby Warburg, 1927

Così, ad esempio, l’ebbrezza della menade al seguito di Dioniso si polarizza nell’orgiasmo luttuoso della Maddalena sotto la croce, e la grazia della ninfa diviene la dynamis delle bibliche ‘cacciatrici di teste’ Salomè e Giuditta.

“Inutile dire quale effetto ebbe la guerra su uno che era abituato a essere comandato dalle idee”

Albrecht Dürer, Melencolia I, 1514, Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle.

Nei suoi Ricordi personali di Warburg, Carl Georg Heise ha a lungo insistito sulla “sofferenza indescrivibile” che Warburg provava davanti a quella che chiamava Weltkatastrophe, la “catastrofe del mondo” della prima guerra mondiale (Carl Georg Heise, 1947).

L’8 settembre 1918 Warburg scrive al suo medico, Heinrich Embden:

Dopo 4 anni di accanito lavoro sulla guerra, con un ritmo di 9-10 ore al giorno, mi ritrovo in un tale stato di eccitazione latente che ho dovuto prendermi almeno tre settimane di “vacanza dal mondo” e perciò non avrei dovuto avere contatto con persone e giornali di nessun genere, affinché il trauma della guerra non si ripresentasse sempre di nuovo nella mia fantasia.

Alla guerra tra Italia e Germania, le due patrie di Warburg – “amburghese di cuore, d’anima fiorentino” come egli stesso si era definito – si lega la disforia che lo conduce infine alla malattia mentale:

Sembra probabile che il Warburg fosse consapevole per tutta la sua vita di una minaccia che sovrastava il suo equilibrio mentale: camminava come un uomo che si trovasse in un luogo buio e pericoloso, con le sue facoltà di penetrazione acuite da una insolita sensibilità per i pericoli fisici e morali. I suoi diari degli anni della guerra 1914-18 mostrano come, dal principio alla fine, egli fosse profondamente critico dinanzi al modo di condurre la guerra adottato dalla Germania, e alieno da compromessi nel giudicare le conseguenze che la Germania stessa si era attirata spregiando il diritto internazionale. La sua malattia esplose alla fine della guerra e lo tenne chiuso per sei anni in una casa di salute. Gertrud Bing, 1966

Lo stesso Embden, nel 1920, si sarebbe rivolto in questi termini allo psichiatra Hans Berger:

Egli credeva che una governante francese e amica di famiglia, rimasta durante i primi mesi della guerra ad Amburgo, fosse ‘il capospia di Lloyd George’. E che perciò lui, Warburg, sarebbe stato considerato responsabile e punito per l’esito sfavorevole della guerra. Si aspettava da un momento all’altro una catastrofe (arresto ac sim.), e le agitazioni inerenti a tale complesso portarono all’eclatante e manifesto esordio della sua psicosi.

Warburg, insomma, negli anni del più profondo malessere psichico, proiettava su di sé il peso della responsabilità della guerra.

Il conflitto, la malattia, la guarigione: dopo il ricovero nella clinica psichiatrica di Bellevue, in Svizzera, Warburg trova un mondo radicalmente mutato. Anche da queste esperienze ha origine il progetto Mnemosyne (sul punto si veda il contributo di Silvia De Laude “Symbol tut wohl!” in “Engramma” 125, marzo 2015):

Warburg ritornò a casa e si trovò in un ambiente radicalmente cambiato. Egli trovò il coraggio di pensare a raccogliere i frutti dell’attività svolta durante tutta la sua vita. Progettò un atlante figurativo che illustrasse la storia dell’espressione visiva nell’area del Mediterraneo; doveva avere il titolo di Mnemosyne, nome che aveva scelto anche come motto della sua biblioteca. Gertrud Bing, 1966

In Mnemosyne prendono corpo – a partire dalle formule figurative del pathos antico – i conflitti e le polarità dell’espressività dell’Occidente:

Talvolta ho l’impressione di cercare di dedurre come uno psicostorico la schizofrenia del mondo occidentale dal figurativo e con un riflesso autobiografico: da un lato la Ninfa estatica (maniacale), dall’altra il luttuoso Dio fluviale (depressivo). Aby Warburg, 1928-29

Per monstra ad sphaeram: l’astrologia come spazio del pensiero

Francesco del Cossa, Aprile, 1468-1470, Ferrara, Palazzo Schifanoia; in alto: Minerva circondata dai suoi ’figli’ planetari; in basso: le figure astrologiche che presiedono il mese (a sinistra, il vir niger Perseo).

La conferenza tenuta da Aby Warburg a Roma nel 1912, Arte italiana e astrologia internazionale nel Palazzo Schifanoia, è considerata l’atto di nascita della disciplina iconologica.

Con questa ricerca, che interpreta il significato degli affreschi ferraresi, Warburg non solo offre “la soluzione di un enigma figurato” che si può “soltanto intravvedere cinematograficamente”, ma illumina la restituzione rinascimentale delle figure degli dei pagani di una nuova luce. Gli antichi dei che rivivono nel Rinascimento non sono soltanto campioni di una neoclassica “serena grandezza”, ma sono eredi di una tradizione complessa e stratificata: a Ferrara sono rappresentati, accanto alle divinità olimpiche nella loro veste di figure planetarie (ancora oggi ogni pianeta porta il nome di una divinità), anche una serie di demoni astrologici, neoformazioni orientali dall’aspetto ibrido e mostruoso (si veda in “Engramma” il tema di ricerca Schifanoia. Arte e astrologia nelle corti italiane del Rinascimento).

L’interesse per l’astrologia è un filo rosso che riemerge in tutte le ricerche di Warburg. Nel saggio del 1920 Divinazione antica pagana in testi e immagini dell’età di Lutero, lo studioso riconosce che nell’astrologia operano contemporaneamente una concezione magico-idolatrica e una concezione scientifico-matematica delle immagini. “Per monstra ad sphaeram”: ancora nell’epoca delle prime investigazioni scientifiche i monstra della tradizione alessandrina presentano una diversa facies della perfezione del cosmo di impostazione platonica. Scrive Warburg:

Le divinità astrali erano esseri demonici dal potere sinistramente antitetico: come segni astrali ampliavano lo spazio, ed erano punti d’orientamento per l’anima in volo attraverso l’universo; come costellazioni erano insieme idoli, con i quali i poveri uomini cercavano di unirsi misticamente in riverenti cerimonie. L’astronomo dell’età della Riforma abbraccia per l’appunto questi poli opposti, che allo scienziato dell’epoca nostra sembrano inconciliabili, fra astrazione matematica e nesso di riverente culto.

La ‘scienza’ della cosmologia pagana incide “sulla configurazione pratica della vita” come strumento di orientamento razionale (le costellazioni come punti di riferimento misurabili) e insieme di vincolo superstizioso (gli dei-pianeti come ‘reggenti’ dei diversi mesi; la melothesia ovvero la corrispondenza tra segni zodiacali e parti del corpo; i pronostici legati alle configurazioni planetarie). I nati sotto il segno dell’Ariete dominato dal pianeta Marte – gli “sbandati figli di Marte” delle illustrazioni astrologiche medievali – possono così figurare ancora legittimamente accanto alla nuova concezione scientifica della sua orbita. Warburg stesso, per altro, negli anni della malattia mentale in cui scrive il saggio su Lutero, si augura in tono giocoso che la costellazione in cui si proietta l’eroe greco Perseo (figura protagonista del suo studio su Schifanoia) giunga “a liberare l’incatenato di Kreuzlingen e questi possa portare a casa un’offerta in ringraziamento alla Minerva Medica” (Warburg 1924).

Gertrud Bing, la devota assistente, vicinissima a Warburg negli ultimi mesi della sua vita, scriverà:

Non è detto che l’umanità sia stata emancipata una volta per sempre dal timore dei demoni e dalla credenza nel potere degli astri. Noi stessi abbiamo fatto l’esperienza che tali timori e credenze tornano sempre a ricomparire ogni qualvolta gli animi siano presi dall’inquietudine. Non abbiamo dimenticato ancora il profluvio di pronostici e di notizie della nascita di creature mostruose che si ebbero al momento della presa del potere di Hitler. E dappertutto i giornali danno oroscopi, e i piccoli settimanali di astrologia vengono letti con grande interesse. Warburg stesso raccontava come, dopo qualche conferenza in cui egli intendeva mettere alla berlina i pericoli della astrologia così com’è esercitata oggi, venisse gente da lui per dire: “Se un uomo dotto come Lei se ne occupa tanto, qualcosa di vero deve pur esserci”. Gertrud Bing, 1960

Il dirigibile Zeppelin e “la tragedia prometeica dell’uomo”: guerra e tecnica

Lo Zeppelin guidato da Hugo Eckener nel giro intorno al mondo: montaggio fotografico in un periodico del 1929.

Leonhard Reymann, Practica per il 1524, Stuttgart, Landesbibliothek: congiunzione planetaria nefasta nel segno dei Pesci.

Nel saggio Aeronave e sommergibile nell’immaginazione medievale (1913) Warburg ricorda all’aviatore moderno “che studia il problema d’attualità del raffreddamento del motore”, la leggenda secondo cui Alessandro Magno vola in cielo in una sorta di primitivo dirigibile sorretto da grifoni, e di come “con spugne intrise cercava di refrigerare i piedi infuocati dei suoi grifoni scalanti il cielo”. L’antichità, secondo Warburg, partecipa in modo vitale all’istruzione dell’uomo contemporaneo intento a domare il mondo.

Anche la tavola C di Mnemosyne presenta il progresso della scienza e della tecnica, che pare inverare la credenza positivistica della vittoria dell’uomo sulla superstizione delle influenze demoniche e sulle temibili forze della natura. Nel pannello vediamo l’inserzione di tre ritagli di giornale relativi al dirigibile Zeppelin, strumento della moderna conquista del cielo e dell’etere. Proprio nel 1929, data dell’ultima versione del Bilderatlas, lo Zeppelin capitanato da Hugo Eckener compie la prima circumnavigazione del globo. Warburg era rimasto impressionato dalla manovra che aveva evitato una tempesta, segnalata per tempo dalla strumentazione di bordo, tra cui il barometro; nel suo diario troviamo l’icastico appunto: “La colonnina di mercurio come arma contro Satana Phobos”. L’impresa di Eckener – scrive ancora Warburg – “costituisce uno sviluppo rivoluzionario nell’attitudine dell’umanità verso il cosmo”.

Con la presenza del dirigibile, Warburg ci racconta la storia di un’invenzione meravigliosa, evocando però al contempo la sua natura ambivalente: strumento per la comunicazione tra i popoli e per la conoscenza, lo Zeppelin fu anche al servizio della distruzione. Nella Prima guerra mondiale il dirigibile aveva infatti trovato impiego come bombardiere e ricognitore d’altura. Dopo la guerra, lo Zeppelin fu poi rilanciato come mezzo di trasporto turistico proprio grazie a Eckener che, in quanto giornalista dell’“Hamburger Fremdenblatt” (giornale da cui è tratto uno dei ritagli di tavola C), aveva promosso i progressi dell’aviomobile nella stampa. Eckener, amburghese e amico personale di Warburg, si propone come nuovo eroe dei cieli. Scrive Warburg a proposito della trasvolata atlantica effettuata dallo Zeppelin nel 1924:

Questo procedere, cieco rispetto alla meta e solo consapevole della direzione, contro il vento e le intemperie con la mano sul timone, è allo stesso tempo rinuncia e autolimitazione, che proprio per ciò fa dell’uomo il signore dello spazio.

L’impresa di Eckener accomuna il capitano ai mercanti del Rinascimento studiati da Warburg: anch’essi, la mano al timone, governarono la propria fortuna e orientarono il proprio destino.

Le incisioni di soggetto astronomico, accostate in tavola C alle immagini delle imprese del dirigibile, raccontano il tentativo dell’umanità di misurare il cielo, conquistarlo, governarne le rotte. Contemporaneamente, l’inserzione della miniatura che rappresenta Marte e i suoi bellicosi figli ricorda che, a dispetto delle conquiste tecniche e scientifiche, è sempre e comunque necessario fare i conti con l’influsso oscuro, irrazionale e distruttivo del carattere marziale, che è proprio anche dello Zeppelin. Nella fase di montaggio della tavola, Warburg aveva pensato di inserire anche un’altra figura che avrebbe richiamato l’astrologia e la sua deriva superstiziosa: l’immagine di un grande pesce in cielo – accostabile formalmente all’immagine del dirigibile – tratta da un pronostico che annunciava per il 1524 il diluvio universale, un pesce “dalla pancia stellata [le stelle e i pianeti in congiunzione] dalla quale l’uragano distruttore si abbatte su di una città” (Warburg 1920).

Il pesce volante del XVI secolo è figura profetica della sottomissione dell’uomo a un cosmo incontrollabile: giustapposto alle baldanzose fotografie del dirigibile, avrebbe proposto una facile prefigurazione del nuovo monstrum che appare nel cielo del XX secolo. Ma nell’ultima versione di tavola C il pesce astrale è solo lo Zeppelin: non più demone di Marte, ma macchina progettata per superare con la razionalità la potenza della natura, e per dominare infine i cieli, conquistando finalmente, come anticipato dal leggendario volo di Alessandro, la dimensione aerea del cosmo.