"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Gassman, Pasolini e i filologi

saggio-documentario (video, Italia 2005, 30’)

Monica Centanni e Margherita Rubino

English abstract

AVVERTENZA: questo saggio è stato riedito, in versione più ampia con introduzione e pubblicazione integrale dei testi del video, in Engramma  n. 133 (febbraio 2016)

Nel 1960 Vittorio Gassman affidò a Pier Paolo Pasolini la traduzione dell’Orestea di Eschilo per l’allestimento che aveva in mente per il Teatro greco di Siracusa. Gassman, in sintonia con l’impresa culturale e politica che in quegli anni andava compiendo con il Teatro popolare italiano, aveva concepito per la tragedia antica una messa in scena di assoluta novità e di rottura con la tradizione classicistica.

Per dichiarazione dello stesso Pasolini, l’esperienza di traduzione dell’Orestea segnò in modo importante il suo riavvicinamento al mito greco, sul percorso che lo condurrà alla realizzazione di opere cinematografiche come Edipo Re (1967), Medea (1970) e l’incompiuta Orestiade africana (1969).

I dati oggi dimostrano che la versione di Pasolini di Orestea è in assoluto la più accreditata e utilizzata nei teatri italiani negli ultimi decenni del XX e ancora nei primi anni del XXI secolo.

Ma intorno a quegli anni sessanta, la commissione della traduzione di Orestea a un poeta, contestato seppure già noto, e comunque a un non-grecista, scatenò campagne di stampa e anche una raffica di attacchi da parte di una fazione del mondo accademico, che reagì rabbiosamente contro Pasolini e la sua incursione nel campo disciplinare delle scienze filologiche. Attacchi e polemiche ingenerarono al tempo una grande confusione sul valore effettivo della traduzione di Pier Paolo Pasolini.

Il saggio-documentario segue e mostra, in una prima fase, documenti e lettere dove si scorge l’ambizione di molti grecisti determinati a ottenere l’incarico che ebbe poi Pasolini, e la sequela di pressioni e di piccole bugie di alcuni autocandidati eccellenti. Gli organi dirigenti del Dramma Antico dichiarano (in un documento pubblicato qui per la prima volta):

Questo Istituto poteva opporsi come in realtà in un primo momento ha fatto, ma in questo caso doveva rinunciare alla presenza di Gassman.

Praticamente costretti ad accettare la versione-novità del poeta friulano, grecisti e filologi si scatenarono presto in articoli e recensioni stroncatorie. Tra i più accaniti Enzo Degani (al tempo giovane promessa della filologia italiana) che arrivò a scrivere, tra l’altro, su una prestigiosa rivista di studi filologici: “Pasolini [...] nell’insolito ruolo di grecista [...] traduce dal francese, grossolanamente ignorando la lingua. Che conosca anche il greco, nessuno lo aspetta, ma il suo parto tutt’altro che laborioso (egli vanta una gestazione canina di tre mesi) distorce in maniera troppo irriverente il vecchio poeta”.

A Degani rispose a caldo Nadia Fagioli, ribattendo ai feroci attacchi punto per punto, anche sul piano dell’ermeneutica linguistica. Ribatterà anni dopo anche Umberto Albini: sul piano della correttezza formale chiarirà che nessuna traduzione teatrale, meno delle altre quella di Pasolini, si può analizzare scindendo le componenti e “atomizzando” le parole, dal momento che esiste un discorso poetico, e va preso nella sua interezza. Sul piano più generale della lettura culturale e politica di Orestea ’60 scriverà Albini:

Per la prima volta dopo tanti anni il teatro greco usciva in Italia dai binari accademici, troppo riduttivi, anche se meritori, entrava in contatto con la letteratura militante e con i sentimenti e le idee di un nuovo, inquieto momento […]. Si dissolve l’Olimpo come teatrino lontano, limitato e letterario, deborda dalla cornice che per tanto tempo l’aveva inquadrato e viene a contatto, in modo salutare, con una pratica quotidiana di culto, così come il movimento di una società verso un regime di uguaglianza sembra una metafora del progresso tanto desiderato da Pasolini nel suo presente.

Infine, negli anni novanta, interviene Massimo Fusillo che, da grecista e studioso di teatro, restituisce pienamente a Pasolini su carta quel trionfo che i teatri di mezzo mondo già gli tributavano.

Il saggio-documentario Gassman, Pasolini e i filologi è stato presentato per la prima volta all’interno della mostra “Vittorio Gassman, Elena Zareschi: due protagonisti al Teatro greco di Siracusa” (Siracusa, Palazzo Greco, Museo e Centro studi INDA, giugno-dicembre 2005).

Errori e acrimonie, accuse e difese contro e pro Pasolini, ragioni delle scelte e delle critiche: si dà qui una documentazione precisa di un evento importante della cultura italiana, attraverso lettere e cronache teatrali, testate giornalistiche e filmati dell’epoca, testimonianze orali registrate e materiale documentario inedito proveniente dall’Archivio del Museo e Centro studi INDA di Siracusa.

   

Orestiade 1960. Foto AFI (Archivio Fotografico Inda, Siracusa)

video documentario (Italia 2005, 30')

Riferimenti bibliografici essenziali

English abstract

In 1960 Vittorio Gassman assigned the task of translating Aeschylus' Oresteia to Pier Paolo Pasolini, and planned to stage it at the Greek theatre in Syracuse. Gassman had planned to break with the classical tradition and stage the ancient tragedy in a totally modern way. Commissioning the translation of the Oresteia to a poet who was well-known but also controversial, and who was also a non-classicist scholar, unleashed press campaigns and storms of abuse from academic world, that reacted angrily against Pasolini and his inroads into the disciplinary arena of Philological Science. This essay-documentary examines an important event in the history of Italian culture via letters, theatre chronicles, newspapers, films, TV interviews of the time and unpublished material from the Archive of the Museum and the Centro Studi INDA in Syracuse.

keywords | Oresteia; Pier Paolo Pasolini; INDA. 

Per citare questo articolo / To cite this article: M. Centanni, M. Rubino, Gassman, Pasolini e i filologi; saggio-documentario (video, Italia 2005, 30’), “La Rivista di Engramma” n. 49, giugno 2006, pp. 51-54 | PDF


doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2006.49.0001