"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

205 | settembre 2023

97888948401

Sette a Tebe: una dichiarazione necessaria, di amore e di guerra

Teatro Olimpico di Vicenza, LVI Ciclo di Spettacoli classici (2023), Sette a Tebe, regia di Gabriele Vacis | PEM

Lorenzo Tombesi e Erica Nava (PEM), con una presentazione di Monica Centanni e Daniela Sacco

English abstract

Una presentazione dello spettacolo 

Monica Centanni e Daniela Sacco

“Chi potrà lavarli quei due?” (Eschilo, Sette contro Tebe, v. 739).
Da sinistra: Pietro Maccabei, Lucia Corna, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Davide Antenucci, Edoardo Roti, Andrea Caiazzo, Lorenzo Tombesi, Lucia Raffaella Mariani, Eva Meskhi, Letizia Russo, Gabriele Valchera.
Sette a Tebe, di Gabriele Vacis | PEM, prove ai Cantieri Teatrali Koreja. Fotografia di Eduardo de Matteis.

Quest’anno a inaugurare il LXXVI Ciclo dei Classici al Teatro Olimpico di Vicenza è Sette a Tebe, con la regia di Gabriele Vacis, e la scenofonia di Roberto Tarasco. Sul palco dello storico teatro rinascimentale dodici allievi, tra giovani attrici e attori, dell’“impresa sociale” PEM (Potenziali Evocati Multimediali) restituiscono alla sensibilità attuale la tragedia eschilea. Al centro della scena il vissuto corale dei cittadini di Tebe fa da cassa di risonanza a quanto accade al di là dalle mura della città e fa accadere in scena i rumori dell’assedio, i colori e le immagini terrificanti del nemico, dell’estraneo, dell’altro che da fuori spinge, e minaccia l’ordine della città dalle sette porte. Ma l’“altro” – come ci rivela l’inaspettato scontro alla porta settima tra i fratelli nemici Eteocle e Polinice – ha sempre le sembianze del fratello: la guerra è, sempre, guerra civile. 

“Voi della città di Tebe. Dire le parole giuste in quest’ora è il dovere di chi governa” (Eschilo, Sette contro Tebe, 1-2).
Sette a Tebe, di Gabriele Vacis | PEM, Teatro Olimpico di Vicenza (21-23 settembre 2023). Fotografia di Roberto de Biasio.

Il copione è costruito incastonando nel testo di Eschilo brani di voci attuali, che portano sulla scena dati tecnici sulle armi in uso nel nostro tempo, ma anche considerazioni storico-culturali sull’immanenza della guerra a ogni latitudine, geografica e cronologica, della nostra civiltà. Sulla trama di un testo così costruito, i giovani attori/autori di PEM si prendono la responsabilità di rappresentare, di far accedere alla realtà aumentata del teatro, i desideri, i punti di forza e di debolezza della generazione dei ventenni: in scena riflettono l’esperienza della guerra nei pensieri, nei gesti, sui corpi dei giovani loro coetanei. In questo la tragedia di Eschilo si dichiara come “necessaria”, la matrice giusta che genera una presentazione adeguatamente complessa del nostro tempo. In un’altalena che oscilla tra le parole di Eschilo e le domande del presente su cosa sia, allora come oggi, la guerra, si attiva un cortocircuito energetico tra antico e contemporaneo, complici molti autori, di epoca e cultura diversa, chiamati in causa: Henri Laborit, Sun Tzu, Franklin J. Schaffner, Bertolt Brecht e, soprattutto, James Hillman che orienta la prospettiva mai retoricamente buonista sul tremendo impasto di amore e di ferocia che ha il nome divino di Ares, e innesca la concentrazione di uno sguardo e la direzione di un pensiero mai scontato sulla terribile vitalità di ogni guerra*.

La scenofonia di Roberto Tarasco produce la magia sinestetica di restituire allo spettacolo le immagini che il testo evoca: è un esercizio di filologica coerenza con la poetica eschilea che traduce l’evocazione dei rumori in estetica visiva (Sette contro Tebe, v. 103: κτύπον δέδορκα “questo rumore... l’ho negli occhi”), ottenuta scenofonicamente ribaltando la gerarchia vista/udito. La direzione di Gabriele Vacis fa emergere maieuticamente non solo la dimensione corale del gruppo ma anche il protagonismo delle singole voci. Lo spettacolo sembra cucito sulla pelle dei giovani autori/attori di PEM, elaborato dalle loro esperienze di vita e, attraverso il loro filtro, ricongiunto alla storia collettiva. 

Per questo abbiamo pensato di accogliere in questo numero di Engramma le testimonianze dei veri protagonisti di questo spettacolo, due per tutti: Lorenzo Tombesi e Erica Nava che con le loro parole e con i loro corpi  parlano in scena, a voce alta, della nostra contemporaneità.

*Sul tema rimandiamo in Engramma: alla recensione del volume di Hillman Un terribile amore per la guerra; all’antologia dei passi più significativi del libro di Hillman, Ares e quel terribile amore per la guerra; al numero monografico pubblicato in occasione dello scoppio della guerra Russia-Ucraina, nel marzo 2022 Figli di Marte 2022 | Immagini in guerra.

Come leggere i classici

Lorenzo Tombesi

“Taci donna, devi proprio dirlo a tutta la città?” (Eschilo, Sette contro Tebe, v. 250). 
Sette a Tebe, di Gabriele Vacis | PEM, prove ai Cantieri Teatrali Koreja. Fotografia di Eduardo de Matteis.

Non più tanto “perché leggere i classici” ma “come leggere i classici”. Per tutto il Novecento si è fatto a meno delle introduzioni, delle didascalie. Anzi, qualora fossero state presenti, le didascalie diventavano a loro volta astrazione e poesia. Penso a Heiner Müller, a Sarah Kane.

Non più “perché leggere i classici” perché Calvino ci ha illustrato sufficienti ragioni e perché i classici, come classici, si legittimano da soli: ma difenderli da certe derive antidemocratiche, questo sì. E per difenderli è necessario che a considerarli un bene dell’umanità non siano i pochi migliori, ma chiunque e senza distinzioni.

“Chi mai ci salverà, chi ci proteggerà? Chi degli dei, chi delle dee?” (Eschilo, Sette contro Tebe, vv. 92-93). 
Sette a Tebe, di Gabriele Vacis | PEM, prove ai Cantieri Teatrali Koreja. Fotografia di Eduardo de Matteis.

Mia madre che si è fermata alla terza media perché le urgenze quotidiane erano altre, ha bisogno di Wedekind e di Eschilo come ne avranno bisogno le ragazze e i ragazzi che verranno.

Tutto questo non significa: “Bene, aprite il libro a pagina 178: si sta come d’autunno su gli alberi le foglie… parafrasi!”, “parafrasi” che quando andavo a scuola rifiutavo di fare, “parafrasi” che ha significato sempre e soltanto riduzione del pensiero e semplificazione…

Perciò, come “leggere” o “rileggere” i classici?

Antigone e Creonte durante il Terzo Reich, Teseo come Che Guevara, le Baccanti con le tasche piene di cocaina. È questo che si vede a teatro, la tragedia che si avvicina a noi soltanto cronologicamente. La si ricolloca nello spazio senza tenere conto delle ragioni di un’epoca e dell’altra, e le lancette del tempo sbattono tra loro e Crono e Kairos si domandano: “Ma cosa stanno facendo?”. E mia madre lo stesso.

“I carri, le armi… sento il rumore, tutto intorno alla città” (Eschilo, Sette contro Tebe, vv. 150-151).
Sette a Tebe, di Gabriele Vacis | PEM, Teatro Olimpico di Vicenza (21-23 settembre 2023). Fotografia di Roberto de Biasio.

Qualcuno sostiene che i nostri spettacoli siano didascalici, troppo, troppo esplicativi. Ma ho l’impressione che tante volte, a dire questo, siano professoresse e professori, critici, quei pochi migliori che non si occupano di condividere il sapere ma si preoccupano di difenderlo, il loro sapere, che non è saggezza ma privilegio o fortuna.

“Hanno manomesso Eschilo!”, ma quello che di Eschilo, di Sofocle, di Euripide abbiamo, non è forse il frutto di manomissioni e contaminazioni avvenute nel corso dei secoli e che puntano all’eterno? È vero, internet rende la conoscenza accessibile, ma non è come raggiungere i biscotti in cima alla credenza, bisogna coltivarla la voglia di sapere, il bisogno, la fame: la necessità.

E allora sorgono altre domande: da “I sette a Tebe” di duemilacinquecento anni fa, cosa è cambiato? Cosa è rimasto uguale? Per rispondere è servito guardarci attorno e leggere un testo di James Hillman dal titolo Un terribile amore per la guerra; Hillman tenta di tracciare una strada attraverso la storia, per cercare di capire dove e quando è nato in noi, specie umana, questa voglia, questo amore che pare irrazionale, per il conflitto. E poi ancora, La colomba assassinata di Henri Laborit, L’arte della guerra di Sun Tzu, e poi i film come “Patton, generale d’acciaio”…

Ci siamo resi conto che la lunga sezione centrale del testo di Eschilo, la strategia che Eteocle deve preparare per rispondere all’assalto del fratello Polinice, è per noi quasi incomprensibile.

È qualcosa che somiglia agli schemi calcistici, Melanippo e Ippomedonte come Ronaldo o Dybala. Chi ascoltava le parole di Eschilo conosceva quello di cui parlava, i riferimenti alla mitologia e alla politica. Per questo è stato indispensabile trovare un legame con il presente, e ci siamo serviti dei nomi delle armi: nomi che sono codici, sigle e suoni che i più giovani hanno conosciuto attraverso i videogiochi ma che significano qualcosa: morti, che dovremmo avere sulla coscienza perché quelle armi le costruiamo e le vendiamo, le spacciamo noi. 

Ci siamo resi conto che non è cambiato il modo in cui gli uomini si rivolgono alle donne, e allora Eschilo è già abbastanza; che la pace è solamente un sogno e che la nostra, in particolare, quella degli ultimi ottant’anni di cui i governi si gloriano e che i giornali santificano, è guerra che facciamo a noi stessi: andate a fare un giro nelle galere, o semplicemente sul web, a contare i giovani suicidi.

Questo ha significato per noi leggere e rileggere Eschilo, nel 2023, a vent’anni: una dichiarazione necessaria, d’amore e di guerra.

Perchè qualcosa accada, di nuovo

Erica Nava 

“Dei e dee che tutto potete, non consegnate al nemico questa città” (Eschilo, Sette contro Tebe, vv. 166-169).
Sette a Tebe, di Gabriele Vacis | PEM, Teatro Olimpico di Vicenza (21-23 settembre 2023). Fotografia di Roberto de Biasio.

“Schiererò sette guerrieri e me stesso per settimo” (Eschilo, Sette contro Tebe, v. 282).
Sette a Tebe, di Gabriele Vacis | PEM, Teatro Olimpico di Vicenza (21-23 settembre 2023). Fotografia di Roberto de Biasio.

Quando sei nata tu era già finito tutto, mi hanno detto un giorno.

Ho sempre invidiato i ragazzi e le ragazze che non se ne sono andati da Genova nel 2001, e gli artisti che hanno occupato il Teatro Valle; i giovani che hanno fatto la rivolta degli ombrelli a Hong Kong.

Un nemico astratto – il capitalismo, il sessismo o la disuguaglianza – non ci basta. Non sappiamo come gestire il tormento di quei momenti: la seduzione dell’esperienza universale, da cui ci si attende una sensazione singolare o personale, un po’ di se stessi, senza trovarsi.

È inutile scendere in piazza. Le battaglie che conduciamo sono senza corpo, e perciò insoddisfacenti. Quelli nelle manifestazioni sono spesso corpi morti, che presenziano per poi andare a bersi uno spritz. Perché quando i corpi sono vivi, e partecipano alla lotta, rischiano le mazzate.

C’è bisogno nella battaglia di coinvolgere i corpi, così come poi si fa nell’amore, per trarne una soddisfazione appagante.

L’omicidio oramai spesso lo si compie da lontano, con le armi da fuoco. Allora possiamo andare avanti anziché tornare indietro, e trovare l’appagamento più in Afrodite che in Ares. Più nella bellezza che nella guerra. Non serve arrivare ad ammazzarsi per riscoprire che siamo vivi. Basta ricordarsi di avere un corpo.

Noi contro la guerra manifestiamo così. Trovando un modo per stare insieme più eccitante che spararci.

Muovendo insieme i corpi, le voci e la fantasia. Troviamo lo spazio per “quei momenti”, che solo i giovani hanno, in cui compiere atti inconsulti. Avendo qualcuno con cui lottare abbiamo smesso di cercare qualcosa per cui morire.

Ritornare a usare il corpo, e farlo insieme agli altri, è il primo passo per smettere di desiderare la guerra.

Dopo mesi di prove siamo arrivati al Teatro Olimpico di Vicenza. Sette a Tebe ha debuttato giovedì 21 settembre e parla anche di questo. Forse quando siamo nati noi era già finito tutto, e per questo ci siamo incontrati: perchè qualcosa accada, di nuovo.

English abstract

The LXXVI Cycle of Classics at the Teatro Olimpico in Vicenza saw the staging of Aeschylus' Seven Against Thebes, directed by Gabriele Vacis, and with phonic design by Roberto Tarasco. On the stage of the historic Renaissance theatre, twelve young actresses and actors from the "social enterprise" PEM (Potenziali Evocati Multimediali) restore the Aeschyllean tragedy to contemporary sensibility. In this article we publish two testimonies by the protagonist actors – Lorenzo Tombesi and Erica Nava – and, as an introduction to the performance, a presentation by Monica Centanni and Daniela Sacco.

keywords | Aeschylus’ Seven Against Thebes; Gabriele Vacis; PEM; Olimpic Theater of Vicenza.

Per citare questo articolo / To cite this article: L. Tombesi e E. Nava (PEM), M. Centanni, D. Sacco, Sette a Tebe: una dichiarazione necessaria, di amore e di guerra. Teatro Olimpico di Vicenza, LVI Ciclo di Spettacoli classici (2023), Sette a Tebe, regia di Gabriele Vacis | PEM, “La Rivista di Engramma” n. 205, settembre 2023, pp. 227-232 | PDF of the article

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.205.0014