"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

4 | dicembre 2000

9788898260980

La serie botticelliana e la “ventilata veste”

Saggio interpretativo di Mnemosyne Atlas, Tavola 39

a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni e Katia Mazzucco, con la collaborazione di Sara Agnoletto, Maria Bergamo, Lorenzo Bonoldi, Giulia Bordignon, Claudia Daniotti, Giovanna Pasini, Alessandra Pedersoli, Linda Selmin, Daniela Sacco, Valentina Sinico

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Materiali Tavola 39 | appunti di Warburg e collaboratori e didascalie

Lettura aggiornata di Tavola 39 (marzo 2014)

Come annunciato dalle figure dei Trionfi della dea dell’amore (figg. 2 e 5) e dalla centralità dell’immagine di Venere, la Tavola 39 è pervasa dal demone di Eros. Cupido cieco (fig. 6), in gloria con la madre (figg. 2, 5) o logo del patto d’amore tra i due giovani della fig. 9, ispira gli allacciamenti e gli scambi di effusioni erotiche, così come il ratto passionale e violento nelle figure della fascia superiore della Tavola (figg. 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9). Effetto estremo dell’incontro trasfigurante con Eros è il ritorno alla Terra della femmina bramata o rapita, nella metamorfosi in elemento vegetale – fecondo per Chloris-Flora (figg. 6, 7), infecondo per la casta Dafne che rifugge dal compiersi dell’atto d’amore con Apollo (figg. 12, 20, 21, 22).

Amore, invadente presenza, pare assente nell’incipit e nell’explicit. La Tavola si apre con l’immagine di un simulacro: la statua su piedistallo del giovane Icaro (fig.1), caduto dal superbo volo per aver osato avvicinarsi troppo a Helios-Apollo, viene indicata dalle due figure a sinistra del tondo di Palazzo Medici-Riccardi, mentre la figura a destra, per la postura malinconico-dolente, allude alla disperazione del padre Dedalo. La Tavola si chiude con un’altra immagine funeraria: un rilievo del monumento Della Torre che rappresenta i Campi Elisi (fig. 23). La figura iniziale e finale sono dunque apparentemente eccentriche sotto il profilo tematico rispetto al corpus della Tavola. In realtà un primo segno di parentela formale con le altre immagini si ravvisa nella figura del giovane genio alato – Icaro in fig. 1 e genio psicopompo in fig. 23 – assimilabile morfologicamente alle molte immagini dei demoni che aleggiano tra le figure della Tavola, Cupidi o Venti. Esiste anche un forte legame tematico tra incipit ed explicit nel segno della gloria: in fig. 1 assistiamo alla consacrazione di un gesto di superbo valore (il volo di Icaro) attraverso l’opera d’arte (la statua del giovane sul piedistallo); in fig. 23 è rappresentato il luogo dell’Ade dove dimorano le ombre di chi in vita ha meritato gloria.

Questo suggerimento tematico, la gloria della virtus celebrata dall’arte, fornisce una chiave di accesso privilegiato alla lettura del meccanismo della Tavola: al tema della forza d’amore si intreccia e si incrocia il tema dell’arte come medium di immortalità. Platonicamente – o meglio neoplatonicamente – mania erotica e mania poetica sono espressioni dello stesso enthousiasmos ma anche i percorsi di un possibile ricongiungimento del mortale – amante o artista – con il divino. Amore, Gloria e Immortalità precipitano e si concentrano nell’immagine del giovane alato di fig. 23: ipostasi di Eros che ispira amore e la danza delle Grazie (presenti anche in questo Elysium); demone che congiunge mondo a oltremondo; genio che suggella la vittoria contro la morte e la perpetuazione della gloria del valore con il suono della sua tromba.

Dalla complessità di queste prospettive ermeneutiche viene ancora confermata la centralità del botticelliano Regno di Venere (fig. 6) che catalizza tutti i temi della Tavola e ne presenta le immagini-guida: il demone alato Cupido nell’atto di scoccare la freccia fatale; il genio alato di Zefiro che irrompe ispirato dall’estro della passione; la Ninfa fatta preda e trasformata da amore; il coro armonioso delle Grazie; la regia di Venere e la rapsodia tessuta dalla sua potenza.

Già nella dissertazione del 1892, Warburg dedicava ampio spazio alla questione della committenza medicea dei dipinti botticelliani: il contesto della vita di corte, nei suoi diversi aspetti – intellettuale, filosofico, letterario, cerimoniale, mondano – viene presentato nella Tavola attraverso la varietà di oggetti – il tondo scultoreo di fig. 1, le stampe di figg. 2, 5 10, i dipinti di figg. 3, 6, 13, il disegno per il coperchio per un “bossolo da spezie” di fig. 9 – tutti considerati manufatti artistici senza pregiudizi di valore sulla tipologia, tutti documenti utili e preziosi per la rievocazione storica. Per quanto riguarda le opere pittoriche, Warburg fu il primo a connettere la Nascita di Venere, il Regno di Venere [Primavera], la Pallade e il centauro in un ciclo e a mettere in relazione l’opera botticelliana con gli eventi che, negli anni ’70 del Quattrocento, segnarono profondamente la storia politica e imaginale della Firenze dei Medici. Le morti traumatiche e premature dei due celebri amanti – Giuliano e la ‘ninfa’ Simonetta Cattaneo maritata Vespucci – insieme alla celebrazione della pace ristabilita da Lorenzo dopo la congiura dei Pazzi – come indicato da Warburg e nuovamente argomentato da Wind – sono i temi ispiratori delle tre opere botticelliane commissionate dal Magnifico per la Villa di Castello. La committenza Medici, chiaramente segnalata dall’emblema laurenziano sulla veste di Pallade (fig. 13), è confermata, nel Regno di Venere (fig. 6), anche specificatamente riguardo al tema della fatale storia d’amore di Giuliano e Simonetta, dall’emblema giulianeo: il broncone che si riaccende, tessuto nella clamide di Mercurio-Giuliano. Proprio la differenza tra la qualità delle vesti dei diversi personaggi, può suggerire una nuova, ulteriore, traccia ermeneutica utile per analizzare i diversi livelli tematici e compositivi dell’opera.

I veli sottili e ariosi che svelano i corpi delle Grazie, di Chloris e di Cupido, così come quelli colorati che fanno drappeggio sulle membra di Zefiro, collocano queste figure sul piano del mito (v. il brano del Trattato di Leonardo citato da Warburg) (Lettura di Tavola 46); queste, per altro, sono tutte le figure del quadro puntualmente riferibili a una fonte mitografica classica. Un passo avanti rispetto alla scena del mito, i ‘fantasmi dell’antico’ si incarnano nelle due figure reali in primo piano: i protagonisti storici della composizione. I personaggi di Giuliano e la ninfa Simonetta compaiono nelle vesti mitologiche di Mercurio e Flora, vesti all’antica ma confezionate con i reali e preziosi tessuti fiorentini del tempo. Nel terzo piano del fondale, incorniciata da un’aureola di mirto, la figura stante che domina nel giardino, indossa la veste nuziale – che si ritrova identica in altre opere botticelliane – ed è avvolta dal manto double-face, rosso e azzurro-stellato. Questa terza tipologia di veste è indice di un’ulteriore dimensione figurale: dietro la realtà storica, dietro l’orizzonte mitologico, il senso complessivo della composizione è retto e sostenuto dalla figurazione allegorica principale. La Sovrana del giardino, sopra cui aleggia Cupido, è Venere – in quanto figura divina della sposa – ma è anche la doppia Afrodite della teorizzazione ficiniana – sacra e profana, rossa e stellata. L’alma Venus nel suo regno-pomerio ha fatto crescere e fiorire gli alberi d’arancio, ancora teneri nella scena della Nascita, e ora dirige la scena con il gesto della mano destra e invita il polizianesco Julo-Giuliano a convertirsi, da selvatico e casto, ed entrare nel regno d’amore. Nella sintassi del dipinto si ritrovano, in contrazione iconografica, le diverse fasi della storia d’amore troncata dalla morte ma restituita all’immortalità dalla glorificazione dell’arte: la conversione di Giuliano a Venere e alla danza delle Grazie, l’incontro con Simonetta, il gesto seducente della Ninfa e l’accendersi della passione, infine le nozze celebrate post mortem nello stesso fatale giorno d’aprile.

La composizione della Tavola suggerisce un altro discorso sulle vesti, esplicitamente teorizzato da Warburg: l’evoluzione, tutta rinascimentale, dall’abito alla ‘franzese’ della “larva burgundia” (fig. 2), all’abito all’antica delle diverse epifanie della Ninfa (la ventilata veste delle figg. 3, 4, 5, 6, 9, 10, 11, 13, 15, 17, 18, 19, 22 ), che ha la sua deriva, alfine, nell’elaborazione ‘geroglifica’ della veste teatrale barocca. Così scrive Warburg nel saggio sui costumi del Buontalenti del 1589 (fig. 19):

Ogni Sirena portava una sottana di raso colorato e sopra una sottanella dello stesso colore, sbiadito ricordo del panneggiamento del chitone greco.

E ancora:

Certamente in quest’epoca si fa meno sentire il ricordo già abbastanza debole dell’arte antica; così l’abito in prima semplice e succinto alla vita, si è cambiato in una serie di sopravvesti capricciosamente guarnite, mentre rimangono sempre i veli e gli svolazzi, quasi per ricordare il costume dell’agile cacciatrice, anche quando la ninfa ebbe preso più il carattere della pastorella sentimentale. L’autore […] tentò di caratterizzare psicologicamente i suoi diversi personaggi usando un addobbo esteriore, simbolico e vistoso quale era noto al pubblico erudito come attributo degli esseri mitologici. Ma per il troppo zelo di andare dietro agli attributi, si cadde in combinazioni arbitrarie ed oscure.

La Tavola 39, nelle sue ramificazioni formali e tematiche (percepibili allo sguardo nella pervasività dell’elemento vegetale che erompe dalle figure) è un buon esempio dello scarto di complessità che avviene tra la scrittura di un saggio di Warburg e la composizione di una sua tavola a partire dagli stessi spunti.

Nel saggio sui dipinti botticelliani, in particolare, non viene sviluppato uno spunto, l’assimilazione Venere-Pallade, che invece disegna un tracciato portante nella fascia inferiore della Tavola a partire dalla fig. 13, Pallade con il centauro. La confusione iconografica tra due figure divine, originariamente così distanti – Afrodite/amore, Pallade/castità – è avviata, già nella numismatica imperiale romana, dall’unica zona di sovrapposizione simbolica delle due timai divine: l’esibizione delle armi come trionfo della pace sulla guerra – Pallade contro Ares – o come trionfo dell’amore sulla guerra – Afrodite vincitrice su Ares. L’identificazione allegorica Venus Pax, Minerva Pax, introduce lo slittamento della figura di Venere nella figura di Pallade, presente esplicitamente nella diretta ripresa dall’antico della Venere-Pace proposta da Francesco Laurana nella medaglia del 1463 di fig. 16. A partire dalla fig. 3 Venere, alla nascita nuda, compare al centro del suo giardino in vesti allegoriche (fig. 6), per poi riapparire in veste di Lorenzo-Pallade nella fig. 13. 

Da qui si dirama un percorso attraverso il quale l’immagine dell’Alma Dea, sempre mantenendo la postura stante (un braccio lungo il fianco e l’altro gesticolante), si presta a interpretare la figura dell’Abbondanza con cornucopia (figg. 11, 18, 19), della Pace che esibisce l’ulivo e le armi come trofeo – armi deposte, sottratte o appese a un arbusto (figg. 14, 15, 16, 17); e in ciò l’immagine di Venere viene a fondersi con le immagini di Fortuna e di Pallade.

La liceità dello slittamento simbolico e figurale è garantita storicamente dal dato, riportato da diverse fonti, secondo cui sull’impresa di Giuliano nella famosa giostra del 1475 compariva una Pallade Citerea – ovvero una Minerva Venere – su bronconi accesi, suo emblema: immagine protettrice ma anche evocazione sublimata di Simonetta.

La trama della Tavola non si tesse soltanto per immagini che cambiano veste, ma anche per vesti che trasfigurano le identità primarie: in fig. 4 la “ventilata veste” fa di Achille una ninfa, indistinguibile dalle altre fanciulle di Sciro. Non è tanto l’episodio mitologico, quanto la veste, la chioma ariosa, e la postura – ancora una volta la figura stante P1, leggermente ruotata – che determinano la pertinenza dell’immagine di Achille tra le ninfe. Anche Dafne, nell’istante in cui viene afferrata da Apollo (fig.12), è investita dal soffio vitale che gonfia la veste della Ninfa; la prepotente vitalità semantica di questo engramma è tale da non arrestarsi neppure nell’attimo del passaggio alla rigidità vegetale: quando sta già mettendo radici nel grembo dell’accogliente Madre Terra, e già dalle sue braccia lignee germogliano le prime fronde (figg. 20, 22), l’immagine della fanciulla è ancora agitata nel movimento delle vesti e dei capelli.

Ancora da uno spunto della Pallade con il centauro dipende un percorso di progressione dinamica che si dipana attraverso le figure della sezione in basso a destra della Tavola (e che ancora una volta scavalca e smentisce la rigida distinzione di genere maschile/femminile): il gesto di Pallade-Lorenzo, che doma la bestia afferrandola per i capelli (fig. 13), prosegue nello slancio erotico di Apollo verso Dafne, ormai incatturabile (fig. 20), ancora più esasperato, retoricamente enfatico e vano nella posa successiva in sequenza della fig. 22.

Anche in altre sequenze presenti nella Tavola, le figure sono associabili tra loro per le movenze delle braccia; ma, mentre il braccio sinistro sembra funzionalmente deputato a delineare la postura, il braccio destro è attore del gesto eloquente. Tra le figg. 3, 6, 13, 11, 14, 15, 17, 19 la progressione dinamica procede dalla seducente compostezza della Venere cosiddetta ‘pudica’ – pudicizia smentita dal contesto erotico in cui è iscritto lo stesso gesto in fig. 5 – all’invito della Signora del giardino in fig. 6, alla determinata prepotenza sul centauro della Pallade (fig. 13); e ancora la presentazione della cornucopia delle figg. 11, 19, diventa esibizione dell’elmo guerresco in figg. 15, 16, 17.

A questo punto dell’analisi si va delineando in modo sempre più chiaro una distinzione necessaria all’interno dell’inventario di forme gesti posture raccolte nell’Atlante, in particolare si rende necessaria un’articolazione tipologica che parta dall’idea warburghiana di Pathosformel ma che dia ragione della diversità di intensità semantica e di registro comunicativo tra Pathosformel (F), postura (P) e gesto eloquente (G).

Warburg definisce in modo esplicito la Pathosformel (F) come identificazione nell’immagine di forma e contenuto in una superiore unità di valenza espressiva, al di là delle modificazioni stilistiche: “gesto al grado superlativo” che trova proprio in quella forma – non in altre – la sua rappresentazione esemplare (Introduzione a Mnemosyne). Pathosformel, secondo Salvatore Settis, è parola ossimorica in quanto fonde nello stesso termine il movimento del pathos e la rigidità della formula-schema. Pathosformel è dunque una marca impressa e riemergente nella tradizione culturale occidentale e, in quanto tale, se non istintiva, pur tuttavia sempre facilmente leggibile. Le formule di pathos coinvolgono tutto il corpo e hanno un significato costante all’interno di un codice culturale: saranno, ad esempio, le formule iconografiche dell’ingresso della ninfa, dell’estasi della menade, della depressione del malinconico, della disperazione della dolente, dell’aggressione violenta.

Altra cosa sono le posture (P), insistentemente ricorrenti nelle stesse composizioni anche cronologicamente distanti, che designano uno status e non un pathos e in cui si può notare un protagonismo del corpo nella sua icasticità, fino al limite dell’esibizione anatomica: ad esempio, convenzioni posturali saranno quella della maestà (del sovrano come della Vergine), la figura stante attorno a cui ruota la sintassi dell’opera, la figura maschile in posa, di scorcio o di spalle, il vecchio curvo nelle scene funerarie.

Una definizione più puntuale e semanticamente contestualizzata andrà conferita invece al gesto eloquente (G) actio pro verbo che ha una dote comunicativa contingente, e può desemantizzarsi fino a risultare inintelligibile. Il ‘gesto eloquente’ non coinvolge tutto il corpo ma, sia esso allegorico, rituale, cerimoniale o convenzionale, si concentra sui movimenti della mano: ad esempio, gesti eloquenti saranno l’invito espresso dal palmo della mano rivolto verso l’esterno, l’offerta o l’accoglienza del braccio proteso, l’indicazione del dito puntato, l’insegnamento segnalato dalle tre dita della mano destra.

Si nota come spesso il gesto eloquente, deputato alla mano destra, può conferire dinamismo e significati diversi a una stessa postura: nella Tavola 39 l’esempio più chiaro è ancora il caso della progressiva ‘animazione’ della figura femminile stante, proprio in forza dei movimenti del braccio destro: la Venere nuda, che in fig. 3 alla sua nascita tiene il braccio destro ripiegato sul seno (a significare la seduzione, mimando la famosa statua della ‘Venere Medici’, cosiddetta ‘pudica’); in fig. 6, mantenendo la postura grazie all’identica posizione del braccio sinistro (che viene ad avere proprio funzione posturale), muove il braccio e la mano destra nel gesto invitante-ammaestrante della Signora del Giardino; ancora nello stesso assetto posturale, in fig.13 – divenuta Pallade-Lorenzo – allunga ancor più il braccio destro nel gesto con cui doma il centauro; medesima postura mantiene slittando verso le immagini della Pace e dell’Abbondanza (figg. 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19), laddove la mano destra ostenta armi o cornucopia, gesto semantizzante la figura mediante l’attributo.

Relazioni con le immagini del pannello precedente e seguente

La Tavola 38 e la Tavola 40 confermano alcuni dei temi-guida della 39, ripresentandoli attraverso immagini nuove, varianti della stessa luce di senso.

Il protagonismo della famiglia de’ Medici è nuovamente ribadito e palesato dall’effige del Magnifico che campeggia in cima alla Tavola 38 (in alto al centro): se la tav. 39, nel suo montaggio, concentra i momenti più significativi e drammatici dell’esistenza di Giuliano, il busto del giovane Lorenzo, realizzato nella bottega del Verrocchio (38.3), e quello presumibilmente tratto dalla sua maschera funebre, opera del Pollaiuolo (38.4), marcano, anche nella Tavola 38, l'arco temporale teso tra la giovinezza e la morte del Magnifico. Nella sezione sinistra del montaggio possiamo ritrovare ancora i manufatti della vita cortese dei principi Medici: lo stemma mediceo diviene gioco nell’incisione per il coperchio da “bossolo” (38.14) mentre due giovani danzano per gli effetti d’amore (38.15) in un’altra incisione della stessa serie di fig. 39.9. Eros è quindi presente anche in questa Tavola, al centro della combinazione di figure, ma prima di essere celebrato in un’illustrazione del calendario Baldini (38.23), sulle cui pagine fiorisce la Ninfa di fig. 39.5, il demone è costretto a subire disarmo e punizione (38.8, 38.9, 38.12).

Amore trionfa anche in apertura del montaggio che segue della Tavola 40, nel tondo di palazzo Medici-Riccardi (40.1); ma il clima di compiaciuta seduzione in cui danzavano i figli di Venere è turbato dalla rumorosa presenza di Dioniso (40.16, 40.17). Come se il pathos annunciato dai rapimenti, nella sezione destra di tav. 39, proseguisse nella tavola successiva: attorno alla figura centrale con l’affresco di Dafne e Apollo di Baldassarre Peruzzi (40.6), vediamo dispiegarsi scene di aggressione violenta. La bestialità del centauro – immagine che compare in un tondo di Palazzo Medici-Riccardi (40.2) – in tav. 39 domata da Pallade-Lorenzo, qui non ha freni, e il gesto del braccio teso che afferra non è più il gesto pacificatore della dea della sapienza bensì l’atto feroce dei soldati della Strage degli innocenti (40.19, 40.21, 40.8).

   
Tabula XXXIX

a Giacomo Dalla Pietà latine versum

Triumphus Amoris (figg. 2, 5) atque imago Veneris in figuris eminens indicant tabulam XXXIX ab Erotis daemone perfusam: Cupidus apparet caecus (fig. 6), vel gloriosus in curru cum matre (figg.2, 5), vel ut sigillum de amore pacto inter nobiles iuvenes (fig. 9); daemon inspirat omnibus figuris in superiore tabulae ordine positis (figg. 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9) complexus effusasque cupidines, sed etiam raptum ac vim. Contactus eroticus corpora transfigurat; denique erotica virtute perfecta, effectus extremus est physica metamorphosis in rem naturalem: foemina rapta (Chloris), vel cupidius sed inaniter insecuta (Daphne) autem, transfiguratur. At Chloris, Flora facta, amplexum in fecunditatem perficit; Daphne, Apollinis cupidine deserta, ad Terram confugit et in arboream sterilitatem spiritum amoris convertit.

Cupidus, per totam tabulam XXXIX pervagus, absens in incipitaria et in explicitaria figura adest. Tabula incipit a tondo Medici-Riccardi, quo in medio collocatur cuiusdam simulacri imago, id est statua Icari a volo superbo deiecti quoad voluisset ad solem Apollinem nimis appropinquari.

Icari imago (fig.1) a laevo demonstrata est digito a duo viribus, a dextero autem tertia imago virilis humi sedens in melancholico habitu significat patrem Daedalum et eius desperationem. Et figura explicitaria, e monumento funebri Della Torre, proponit imaginem Elysii (fig.23). Dum incipit et explicit in re discordare videntur ab aliis figuris in tabula positis. Verum exstit nexus primarius morphologicusque inter extremas et reliquas figuras: iuvenis alatus (Icarus in fig.1, daemon psychopompus in fig.23) est formaliter similis plurimis daemonibus inter tabulae figuras volitantibus, sive Erotes sive Ventos. Interest autem et valida iunctura in re, inter incipitariam et explicitariam figuram: in fig.1 superba Icari virtus opere artificiali, id est simulacro Icari, glorificata est; in fig.23 figuratum est Elysium, id est Inferorum fines ubi umbrae, quae in vita viri illustres fuerant, receptae sunt. Ergo virtutis gloria arte celebrata proponitur ut clavis hermeneutica ad aperiendam tabulae machinam: argumentum de amore eiusque vis et virtus cum argumento de immortalitate per artem consecuta implicantur. Platonice, vel potius neoplatonice — manìa erotiké et manìa poietiké — eandem divinam inspirationem exprimunt et itinera consimilia delineant ad coniunctionem inter mortalem amantem vel poetam cum divinitate.

Amor, Gloria, Immortalitas praecipitant in figuram unam, maxime symbolicam: iuvenis alatus in fig.23 est simul hypostasis Erotis, inspirans cupidinem et Charitum chorum (etiam in hoc Elysio Gratiae adsunt); daemon qui mundum cum Inferis iungit; genius tuba signans victoriam adversus mortem et perpetuam gloriam virtutis.

Ut figura capitalis – in medio posita hac in textura hermeneutica – eminet botticellianus Regno di Venere (fig. 6). In ea tabula picta, lineae thematicae capitales in tabulae ratione, omnes componuntur et in imaginibus exhibentur: alatus Cupidus telum fatalem missurus; genius alatus Zephirus irrumpens estro cupiditatis pulsus; Nympha ut praeda ab amore transfigurata; Charitum harmoniosus chorus; Venus regina et domina sua virtute rythmicam rapsodiam intexens.

Iam in dissertatione in 1892 exposita, Warburg illustrabat mandatum mediceum in operibus botticellianis: vita curtensis, sub specie intellectuali, philosophica, poetica, rituali, urbana, patet in tabula per realia – sculptura in fig. 1, imagines impressae in figg. 2, 5, 10, tabulae pictae in figg. 3, 6, 13, arcula aromathica in fig. 9: omnia opera ex artificio confecta, quibus auctoritas aequaliter attribuitur; omnia documenta pretiosa ad evocandam historiam atque temporum illorum tempestatem.

Nam Warburg, disserens de tabulis a Botticelli pictis, primus connexit Nascita di Venere, Regno di Venere (id est Primavera) et Pallade e il Centauro, in serie una et continua et seruit operam botticellianam cum factis eventibusque quibus circa 1470 Florentiae mediceae historia politica et imaginalis signata est. Circa 1476-1478 Giuliano de’ Medici et nympha Simonetta Cattaneo maritata Vespucci, celebri ac celebrati amantes, repente et praecociter morte rapti sunt; tandem pax a Lorenzo restituta, post Pactianam coniurationem, celebrata est in serie botticelliana, Magnifici mandato: tabulae pictae donatae sunt Lorenzo di Pierfrancesco in eius domo apud Villa di Castello. Warburg fontibus testimoniisque argumentatus est hanc recognitionem ab Edgard Wind postea confirmatam.

In serie botticelliana Lorenzo de’ Medici apparet in vestibus Palladis: nam ipsius emblema ornat divinam vestem in fig.23; in Regno di Venere praesentia figuralis gentis mediceae confirmata est symbolo quo clamis Mercuri exornatur: trunculus reviridans, Giuliano de'’Medici emblema. Ipsa variatio in genere vestium in Regno di Venere ulteriorem operis interpretationem postulat: nam in lectura hermeneutica plurimi et compositi gradus videntur.

In tabula tria sunt vestimentorum genera: velamina mythologica, vestes mythologicae, allegorica vestis. Velamina subtilia ac aerea, quae corpora Charitum, Chloridis, Cupidi supra volitantis detegunt, vel velamina tincta quibus membra Zephiri teguntur, denuntiant mythologicas figurationes: nam sive Charites, sive Chloris, sive Cupidus sunt omnes imagines recta via deductae e fontibus antiquis.

Ante gradum mythologicum, phantasmata antiquitatis incarnata invenimus in iuvenum imaginibus, e scaena eminentibus: Giuliano et Simonetta ipsi finguntur in mythologicis vestibus Mercurii et Florae, vestibus antiquiis sed textilibus florentinis eorum aetatis confectis. Reducta in scaena, myrto aureolata, domina stat, pomerii regina, induta nuptiali veste eadem quae in aliis operibus botticellianis invenitur; amictus quo domina involvitur est duplex, ruber et caeruleus atque stellis distinctus. Haec est vestis tertia in genere, denotans aliam figuralem significationem: post limen reale historicumque, post limen mythologicum, compositio a figura allegorica dominanti regitur. In horto concluso domina, super quam Cupidus volitat, est Venus ut figura nuptialis; sed etiam duplex Aphrodite ex neoplatonica speculatione, sacra et profana, rubra et caelestis. Alma Venus in pomerio, id est temenos suae virtutis, effecit ut arbores in Nascita di Venere adhuc tenelli, crescerent et florerent; nunc scaenam dirigit dexterae manus gestu invitans Giuliano – a Poliziano Julo vocatus – ut convertatur in regnum amoris, mutando ex inculto castoque in ardentem amantem. Nobiles iuvenes a morte truncati sed ad immortalitatem per artis gloriam restituti sunt. Omnia momenta eorum amoris in operis compositione conferuntur: conversio Giuliano ad Venerem et ad Charites, congressus cum Simonetta, suavis Nymphae gestus et deflagratio cupidinis, denique nuptialia concelebrata eodem fatali die quo ambo amantes vitam amiserunt.

A tabulae ipsa dispositione oritur quaestio altera de vestibus, a Warburg theorice expressa: evolutio, in Rinascimento perfecta, ex vestimento ‘a la franzese’ (fig. 2) ad vestem ‘all'antica’ qua Nympha induitur, usque ad hieroglyphicam elaborationem in veste theatrali barocca. Sic Warburg de Buontalenti imaginibus [1589] (fig.19):

Ogni Sirena portava una sottana di raso colorato e sopra una sottanella dello stesso colore, sbiadito ricordo del panneggiamento del chitone greco (italica versio).

Et etiam:

Certamente in quest’epoca si fa meno sentire il ricordo già abbastanza debole dell’arte antica; così l’abito in prima semplice e succinto alla vita, si è cambiato in una serie di sopravvesti capricciosamente guarnite, mentre rimangono sempre i veli e gli svolazzi, quasi per ricordare il costume dell’agile cacciatrice, anche quando la ninfa ebbe preso più il carattere di pastorella sentimentale. L’autore [...] tentò di caratterizzare psicologicamente i suoi diversi personaggi usando un addobbo esteriore, simbolico e vistoso quale era noto al pubblico erudito come attributo degli esseri mitologici. Ma per il troppo zelo di andare dietro agli attributi, si cadde in combinazioni arbitrarie ed oscure.

Inter tabulae XXXIX figuras, intercurrunt racemi: id est, in methaphora arboricola, rami late patentes inter se complectentes. Difficultates in itinere per selvam interpretativam paradigmaticae videntur ad cernendum discrimen inter scriptum warburgianum et tabulam quandam de iisdem argumentis.

In studio de operibus botticellianis, exempli gratia, neglectum est iter quod capitale in tabula XXXIX videtur, initium capiens a figura 13, Pallade e il centauro: adsimulatio Veneris in Palladis speciem. Iconographica confusio inter duo divinitates omnino diversas – Aphrodite id est Cupido, Pallas id est Chastitas – oritur iam in nummorum romanorum symbologia ex uno loco finitimo inter fabulas mythologicas duarum divinitatum: Pallas vincit Martem et arma exhibentur ut pacis signum triumphale; Venus vincit Martem et arma exhibentur ut cupidinis signum triumphale. Adsimulatio allegorica Venus-Pax, Minerva-Pax instituit felicem lapsum iconographicum imaginis Veneris in imaginem Palladis, expresse figuratum in fig. 16 ubi, in medalia a Francesco Laurana in 1463 impressa, imago Veneris-Pacis ab exemplari romano deducta conspicitur.

In eo itinere progrediendo, Deae variae imagines perspicue examinandae sunt: Venus, nuda in sua Nascita in figura 3, inde in fig.6 in veste allegorica aspicitur ut regni sui domina; tum, in figura 13, sub specie Palladis-Lorenzo rursus apparet. Deinde Almae Deae imago, habitum stantem tenens (alterum brachium ad latus porrectum; alterum in actione iactans) concedit ad figurandam imaginem Abundantiae cum cornucopia (figg.11, 18, 19), vel imaginem Pacis exhibentis virgulam oleastri atque arma triumphalia porrigentis: arma sive exuta, sive Marti praerepta, sive e frutice quodam suspensa; quo modo Veneris imago cum Fortunae et Palladis imagine funditur.

Transitus symbolicus et figuralis licitus videtur: ex enim plurimis fontibus accipimus in Giostra anno 1475 edita et a Poliziano in praeclaris versibus celebrata, Giuliano emblema exhibebat imaginem ‘Palladis Citaraeae’, id est ‘Minervae-Veneris’, super trunculos inflammatos, apotropaicum equidem signum sed etiam Simonetta imago sublimata in divina allegoria.

Tabula contexta est non solum imaginibus vestem mutantibus, sed etiam vestibus imaginum qualitates primas transfigurantibus: in fig. 4 Achilles per ventilata veste nympha fit, inter alias puellas Scyrias permixtus ac indistinctus. Non tantum fabula mythologica de Achille in insula Scyro, sed potius vestis, crines soluti atque habitus — idem habitus figurae stantis P1, parum rotatus — convenientiam imaginis Achillis cum aliis in tabula nymphis instituunt. Ita cum Daphne ab Apollo arreptura sit (fig. 12), eodem spirito impetuque, nymphae vestis inflata agitatur, cuius engrammatis vis ne recedens quidem videtur in transitu ad arboream rigiditatem: cum iam radices immitteret in Matris Terrae gremio, cum brachia iam lignia frondescerent (figg. 20,22), imago puellae in vestium et comae motu adhuc quatitur.

Alius itineris cursus incipit a Pallade e il centauro: dynamicus gradus progrediens per figuras in sectionis inferioris ordine, cum rigidum discrimen inter masculinum et femininum sexum infitietur. Gestus a Pallade-Lorenzo actus, centauri comam arripiens ad beluam domandam (fig. 13), continuatus est in Apollinis cupidum impetum versus Daphnem numquam arripiendam (fig.20), usque ad inanem concitationem divinam in actione sequenti figuratam (fig. 22).

Ex aliis itineribus per tabulam designatis, figurae consociandae sunt brachiorum actionis gratia: brachium laevum delineaturum habitum videtur, a brachio dextero eloquens gestus agitur. Inter figuras 3, 6, 11, 13, 14, 15, 17 19, motus dynamicus progreditur e venustate modestiaque deae, id est Venus vocata ‘pudica’ (sed quae dicitur 'pudicitia' negata est in ambitu erotico quo idem gestus inscribitur in fig .5 ), ad Dominam invitantem in fig. 6, usque ad violentam actionem Palladis adversus Centaurum (fig. 13); tandem, in activa progressione, additur ostentatio cornucopiae (figg. 11,19) quae galeae exhibitio triumphalis fit in figg.15, 16, 17.

Nunc, in hoc methodologicae exquisitionis articulo, in repertorio formarum, habituum gestuumque e Mnemosyne collecto, distinctio quaedam necessaria videtur. Praesertim necesse discernere inter formulas patheticas a Warburg inventas et Pathosformeln nominata, et habitus gestusque alio genere ac ratione. Nam vis semantica et communicationis facultas differt inter Pathosformeln (F), habitus (sive Statusformeln P), gestus eloquentes (G). Pathosformel definita a Warburg ut congressio in imagine formae et rei, in significationis unitate, variationibus sive in modo sive in genere invalidis: ‘gestus superlativus in gradu'’(sic Warburg) qui, in ipsa ac una forma, expressionem exemplarem invenit. Pahosformel est ‘verbum oxymoricum’ (ita Salvatore Settis) cum in uno verbo composito motus patheticus et formalis immobilitas fundantur. Tum Pathosformel definienda ut stigma impressum et semper e memoriae occidentalis textura emergens, itaque nisi naturale, attamen semper expedite perspicuum. Pathos totum corpus commovit, informat habituum expressiones, et in eodem codice culturali constantem significationem tenet: Pathosformeln sunt, exempli gratia, formulae iconographicae quae designant ingressum nymphae, exstasin bacchae, malinchoniam, desperationem, raptum. Ab iis differuntur habitus (P), continui etiam per intervalla aetatis, quibus status non pathos designatur: in habitibus (ut Rex vel Maiestas, vel figura stans sive in medio opere sive a latere, vel senex curvatis membris) notabilis est praestantia corporis, icastice expressa, usque ad exhibitionem anatomicam. Denique, eloquens gestus (G) distincte definiendus: ‘actio pro verbo’, virtutem communicativam habens fortuitam et fragilem, subiecta gradatim inopiae significationis ac tandem intelligendi ultimae imbecillitati. Allegoricus, ritualis, cerimonialis, formularis, gestus totus in manuum actione contractus est: exempli gratia, gestus eloquentes sunt invitatio manu aperta ad extrinsecum versa; brachium protendens sive in largiendum sive in accipiendum; digitus index protentus; manus dexterae tres digiti aperti ad praeceptorem significandum.

Manus dextera gestum eloquentem agens, dynamismum et diversam significationem diversis habitibus confert. In tabula XXXIX exemplum perspicuum percipiendum ex operibus botticellianis a Warburg examinatis, motu progressivo imaginis stantis media in compositione: nuda Venus in fig. 3 (Nascita di Venere) brachium flexum ad sinum habet (figurans clarissimam statuam ‘Venere Medici’ sive ‘Pudica’); in fig. 6, eundem habitum tenens, brachio laevo ad latus porrecto, Domina in regno suo dextero brachio gestit invitans et docens; eodem habito adhuc servato, in fig. 13 Pallas-Lorenzo facta, in domandum Centaurum brachium dexterum longius protendit; eundem habitum imago tenet, labens in imaginem Pacis vel in imaginem Abundantiae (figg. 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19), quae deae in manu dextera arma vel cornucopiam ostentant, et gestus una cum symbolo peculiari imaginem insignit.

Itinera et argumenta reperta in tabula XXXIX reinvenienda sunt in proximis tabulis XXXVIII et XL per alias figuras propositis. Argumentum de principibus Medici committentibus confirmatur in tab. XXXVIII. Ut in tabulae XXXIX compositione, Giuliano in vita et in morte primas partes agebat, sic in tabula XXXVIII Lorenzo eminet et imagines principis conspiciuntur in superiore tabulae ordine: altera, verrocchianum opus, principem iuvenem figurat; altera, a Pollaiolo opus fictum, e persona funeraria exemplata videtur. Magnifici imagines ex iuventute ad mortem arcum figurale intendunt.

Itaque in ipsius tabulae laevo latere, manufacta ad vitam curtensem pertinentia invenimus: emblema mediceum in arculae operculo (38.14); iuvenes erotico impetu saltantes in imagine impressa (38.15) ex eadem serie in qua includitur et figura 39.9. Propterea Cupidinis spirito et tabulam XXXVIII pervaditur; sed daemon, celebratus in imagine ex Calendario Baldini (38.23) una cum eadem nymphae imagine in figura 39.5 eminenti, exarmatus est et poena affectus in figg. 38.8, 38.9, 38.12.

In tabula sequenti, XL numerata, Cupidus triumphalis apparet in incipitaria figura, Tondo dal Palazzo Medici-Riccardi (40.1); sed iucunda amoenitas et Veneris filiorum saltationes a Dioniso tumultuose ingredienti perturbantur (40.16, 40,17). Quasi pathos, in raptibus iam expressum, e tabulae XXXIX dextero margine in tabulam sequentem continuatum laberetur: circa figuram in medio positam – Daphne et Apollo a fresco picti a Baldassarre Perruzzi (40.6) – aggressus ac vis per varias scaenas explicantur. Centauri immanitas (Centaurus et in Tondo da Palazzo Medici Riccardi, fig. 40.2, figuratus), in tabula XXXIX a Pallade-Lorenzo domata, hic effrenata videtur. In tabula LX qui agit gestum raptorium, brachio dextero protento, non est ut in tabula XXXIX dea sapientiae et pacis, sed miles infantium caedem perficiens in Strage degli innocenti (40.19, 40.21, 40.8). 

English abstract 

Panel 39 is pervaded by the demon of Eros that inspires connections and exchanges erotic effusions. The extreme effect of the transfiguring encounter with Eros is the return to the Earth of the craved or abducted female, in the metamorphosis into a vegetable element - fruitful for Chloris-Flora but infertile for the caste Daphne, who avoids the fulfilment of the act of love with Apollo. The Panel opens and closes with two fatal images: one representing the misfortunes of Icarus, the other with a relief of the Della Torre monument representing the Elysian Fields. Both representations suggest the glory of virtue celebrated by art, the force of love that is intertwined with art as a medium of immortality.

keywords | Mnemosyne Atlas; Panel 39; Botticelli; Nymph.

Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, La serie botticelliana e la “ventilata veste”. Saggio interpretativo di Mnemosyne Atlas, Tavola 39, “La Rivista di Engramma” n. 4, dicembre 2022, pp. 31-38 | PDF