"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Delio Cantimori e il Warburgkreis

Monica Centanni e Silvia De Laude

English abstract

§ Appendice | | La corrispondenza dell’Archivio Cantimori alla Scuola Normale Superiore di Pisa

Lettera di Edgar Wind a Delio Cantimori del 2 ottobre 1937. ©Archivio della Scuola Normale Superiore di Pisa.

Cantimori, il Warburgkreis e la retorica

Tra i corrispondenti del primo Warburgkreis, in contatto con i più stretti collaboratori di Aby Warburg, troviamo il nome di Delio Cantimori, normalista dal 1924 e futuro professore di Storia alla Scuola Normale di Pisa. Studioso di difficile classificazione ideologica, Cantimori era stato inizialmente, per tradizione familiare, mazziniano, poi fascista, quindi discepolo di Giovanni Gentile e infine simpatizzante del Partito Comunista, al quale si era avvicinato già negli anni Trenta, pur senza rendere pubblica la sua posizione almeno fino al 1944 (per ripercorrere l’itinerario intellettuale di Cantimori, utili Ciliberto 1977; Ginzburg 1988; Simoncelli 1994; Prosperi 1992; Pertici 1997; l’intelligente Bibliografia ragionata di Lavenia 2002; e ora Cantimori [1946-1965] 2019, a cura di Francesco Torchiani).

È del 21 gennaio 1944 una lettera di Giovanni Gentile a Cantimori, conservata all’Archivio della Scuola Normale (Fondo Cantimori), in cui si invita l’amico e collega, che evidentemente non aveva fino ad allora esplicitato il suo dissenso al regime, a collaborare alla “Nuova Antologia”, rivista fatta rinascere dallo stesso Gentile nell’intenso “appello dell’amicizia” con il quale il filosofo cercava complicità intellettuali e umane nell’ora più buia e disperata della storia italiana.

Nel dopoguerra sarà proprio Cantimori, con Gertrud Bing, il promotore di quella che per decenni sarà l’unica edizione in campo internazionale degli scritti dello studioso di Amburgo (Warburg 1966; traduzione di Emma Cantimori Mezzomonti, moglie dello storico), che dopo una lunga gestazione uscirà per i tipi della Nuova Italia postuma sia rispetto a Bing che a Cantimori (sul tema v. la lettera di Ernst Gombrich a Cantimori in questo stesso numero di “Engramma”: Centanni 2020). Già nel 1937, però, il nome dello storico trentatreenne, ancora formalmente fascista, figura in apertura del secondo numero del “Journal of the Warburg Institute”, come autore di un saggio dal titolo Rhetoric and Politics in Italian Humanism (Cantimori 1937b), che in una prospettiva tutta originale affronta il tema capitale della valenza politica della retorica (v. Centanni, De Laude 2016).

Pochi anni dopo l’uscita sul “Journal” del saggio di Cantimori, l’aspetto politico della retorica umanistica sarà oggetto di una formulazione complessiva da parte Paul Oskar Kristeller, esule della Germania nazista e accolto come lettore di tedesco presso la Scuola Normale di Pisa (Kristeller 1944-1945). Cantimori lo anticipa: l’intento del saggio apparso sul “Journal of the Warburg Institute” è di rovesciare lo stereotipo dell’Umanesimo italiano come un movimento “puramente letterario, verboso, vuoto”, “retorico nel senso peggiore del termine”, e di farlo senza perdere di vista “il fenomeno della propaganda nelle società di massa contemporanee” (Ginzburg [1993] 2000, 75).

Già da studente, al secondo anno di Scuola Normale, Cantimori aveva pensato a uno studio sulla ‘retorica’ dell’Umanesimo, e prendendo spunto da un lavoro accademico sul “caso Boscoli” ne aveva scritto da Pisa il 21 marzo 1926 a Benedetto Croce, in una lettera conservata all’Archivio Croce di Napoli:

Il progetto era vecchio; se ne trova traccia nella prima lettera che Cantimori, studente a Pisa, aveva inviato a Benedetto Croce per ringraziarlo di una lettura e di suggerimenti per il saggio sul Boscoli. Il benevolo giudizio di Croce lo aveva spinto a sottoporgli i suoi programmi di lavoro: da un lato, un disegno di storia della cultura romagnola dal 1860 al 1900 (o al 1914) e, dall’altro, uno studio sulla retorica (Prosperi 1992, LIV).

Il saggio su Pietro Paolo Boscoli era allora un vient-de-para (Cantimori 1926), e si ricava dalla lettera a Croce che proprio la riflessione sul caso dell’umanista fiorentino giustiziato per aver partecipato alla congiura del 1512 contro i Medici, nella quale era stato coinvolto anche Machiavelli, aveva spinto il giovanissimo studioso ad affrontare in modo più approfondito la questione della tutt’altro che pacifica ‘retorica’, oggetto di un’altra lettera al filosofo scritta pochi giorni dopo da Forlì (1° aprile 1926):

[…] quei concetti che avevo trovato ed elaborato per spiegare quel caso, mi si sono, nei tre anni da allora trascorsi, allargati quasi a teoria generale (ivi, LIV).

Fra tre mesi, finito il lavoro per la scuola, comincerò, se all’atto pratico non mi accorgerò di aver ancora bisogno di riflessione, a lavorare e a scrivere sulla retorica (ivi, LIV n. 99).

Fermo, dunque, il proponimento. Il giovane Cantimori aveva già allora chiarissimo il rapporto fra la retorica” e la “pratica”, e una decisa insofferenza nei confronti dell’idea di un Rinascimento inteso come “vita estetica”. Il ‘caso Boscoli’ gli aveva rivelato come “ci fosse nella cultura del Rinascimento lo spazio per ricavare dall’imitazione dell’antico modelli di condotta morale e di azione politica: e questo lo interessava” (Prosperi 1992, LIV).

Non conosciamo la risposta di Croce a questi progetti. È evidente comunque che Cantimori ha già in mente di far rientrare nella “retorica” ogni forma di propaganda e di comunicazione fra intellettuali e popolo – e proprio Appunti sulla propaganda scriverà in seguito su “Civiltà fascista” (Cantimori 1941). La vecchia eloquentia appare al suo sguardo spregiudicato come il viatico per un percorso di ricerca particolarissimo, ritagliato come uno slalom fra i suoi modelli e maestri. Mentre Federico Chabod, “quel professore alto e severo, con la sua Leica, […] procedeva sicuro per la sua strada di storico, e andando in Germania non perdeva tempo con la pubblicistica e le inquietudini dei gruppi giovanili o con gli scritti di Jünger”, lui “si aggirava inquietamente nella terra dei miti, della propaganda, dove scelte morali e azione politica animavano la vita della società e fondavano dal basso la vita dello Stato”; fino all’apparente paradosso di “portare la storiografia fascista dello stato sulle colonne della rivista dell’Istituto Warburg, da poco costretto per motivi razziali a emigrare a Londra (e il gusto cantimoriano degli accostamenti insoliti dovette avere la sua parte in questo)” (Prosperi 1992, LIII-LV).

Fa impressione – anche se il 1937 non è il 1938, quando come conseguenza del Patto d’acciaio tra Hitler e Mussolini in Italia si consuma la decisione di promulgare le leggi razziali. E prima della stretta che porterà all’alleanza fatale tra i due paesi si può riconoscere una misura della differenza di clima culturale tra il cielo italiano e quello tedesco, come ancora nella pagina di Mario Praz sulla migrazione coatta degli studiosi da Amburgo, in chiusura della sua recensione all’edizione Teubner delle Gesammelte Schriften di Aby Warburg:

Quando gl’israeliti tedeschi cominciarono a cercar rifugio in Inghilterra, gl’inglesi, popolo quant’altri mai attaccato alla propria razza, di fatto il solo popolo del mondo che ancor conservi una concezione aristocratica all’antica, decisero di ospitarli, poiché sapevano che quegl’israeliti portavano con sé come fardello d’esilio non i luridi stracci e gli avari forzieri e i leggendari sacrifici umani dei ghetti, ma le più feconde idee scientifiche e i più vasti tesori di cultura del mondo germanico. E si parlò allora dei greci che migrarono da Bisanzio nel Rinascimento, e aprirono nuovi orizzonti all’Occidente. Ora la Biblioteca Warburg risiede al pianterreno di un modernissimo palazzo di Westminster, Thames House, a pochi minuti dal Parlamento. Forse la riva del Tamigi non è così diversa dalla riva dell’Elba; anche qui il traffico fluviale si svolge sotto un grigio cielo, e gli studiosi israeliti tedeschi ospitati da Thames House potranno sentir meno la nostalgia della patria che li ha ripudiati (Praz [1934] 2014).

Due versioni dello stesso saggio (o quasi): Rhetoric and Politics in Italian Humanism (1937), e Retorica e politica nell’Umanesimo italiano [1937] 1992

Dalla corrispondenza fra l’Istituto Warburg e Delio Cantimori, di cui riportiamo gli estratti più significativi qui in Appendice, risulta che l’invito a collaborare al secondo numero della rivista era arrivato dall’Istituto allo storico all’inizio del 1937. I temi proposti da Cantimori erano stati due: Retorica e politica nell’Umanesimo italiano, oppure L’umanesimo di Gioberti e il concetto del Risorgimento politico italiano. La scelta del primo era venuta dalla redazione, in particolare dal sempre lucidissimo Edgar Wind. In giugno, dopo diversi rinvii nella consegna del saggio, Cantimori annuncia che manderà il testo non in tedesco, come da accordi precedenti, ma in italiano.

Sarà questa la versione di Retorica e politica nell’Umanesimo italiano pubblicata postuma da Adriano Prosperi per la prima volta nella terza edizione di Eretici italiani (Cantimori [19391,19672] 1992, 483-511), con l’aggiunta nel titolo di un rinvio ad “altri scritti” (Eretici italiani del Cinquecento e altri scritti), visto che le due edizioni precedenti di Eretici italiani erano uscite sempre da Einaudi nel 1939 (due anni dopo la pubblicazione di Rhetoric and Politics in Italian Humanism sul “Journal of the Warburg Institute”) e nel 1967, entrambe prive di quello scritto.

Triste osservare che senza consultare il curatore, il saggio su retorica e politica nell’Umanesimo italiano risulti omesso senza spiegazione nelle ristampe di Eretici italiani proposte dallo stesso editore dopo il 1992: Eretici italiani del Cinquecento e Prospettive di storia ereticale del Cinquecento nella collana “Einaudi Tascabili”, 2002, e Eretici italiani del Cinquecento e Prospettive di storia ereticale del Cinquecento, nella “Piccola Biblioteca Einaudi”, 2009. L’operazione editoriale non tiene conto del fatto che l’Introduzione di Prosperi, che resta immutata nelle ristampe, contiene una citazione di Retorica e politica nell’Umanesimo italiano che rinvia addirittura al numero di pagine del saggio nell’edizione precedente del volume. In coincidenza a questo riferimento, a partire dal 2002, il saggio è sostituito da una pur utilissima Bibliografia ragionata degli scritti di Cantimori ad opera di Vincenzo Lavenia, anche lui non consultato sul nuovo assetto del libro (Lavenia 2002).

Il testo italiano pubblicato da Prosperi porta in calce la data “Roma, I° luglio 1937 XV” e costituisce la base della traduzione-revisione compiuta da Frances Yates, la grande studiosa e lettrice anticonvenzionale del Rinascimento e in particolare del Quattro e Cinquecento, da lei inteso come irripetibile frutto dell’interazione fra Illuministi e Illuminati, epoca attraversata da sotterranee correnti esoteriche e intrisa di misticismo neoplatonizzante. Futura Reader in the History of the Renaissance al Warburg Institute (dal 1956 al 1967), la Yates aveva pubblicato da poco una biografia di Giovanni Florio (Yates 1937), e fin da allora era entrata in rapporto, grazie a Edgar Wind, con i primi allievi e seguaci di Warburg (Jones [2008] 2014), ai quali più tardi si sarebbe aggiunto Ernst H. Gombrich, al quale la studiosa nella Prefazione a L’arte della memoria dedica un ritratto affettuoso e pieno di gratitudine:

Il direttore E.H. Gombrich ha sempre dedicato uno stimolante interesse alla mia fatica e molto debbo ai suoi consigli. Credo che egli per primo mi abbia posto in mano L’Idea del Theatro di Giulio Camillo (Yates [1966] 1972, XX).

Di fronte al testo di un Cantimori poco più che trentenne, assunto grazie a Giovanni Gentile all’Istituto Germanico di Roma come direttore della Biblioteca e redattore della rivista dell’Istituto, la più matura collega si rivela editor formidabile. È lucida, generosa, sensibile alle pieghe della lingua e alle intenzioni, appassionata e abilissima nell’adattare il saggio dello storico a un pubblico di cultura inglese, risparmiando polemiche inutili, eliminando note, tagliando citazioni troppo lunghe (a costo di sacrificare passi dell’amato Giordano Bruno), smontando e rimontando il testo italiano con pragmatismo e intelligenza (alcuni esempi puntuali si trovano in Centanni, De Laude 2016), oltre che dividendo l’argomentazione, per comodità del lettore, in sette paragrafi numerati, con titoli efficaci e sintetici:

I. The Humanistic Background of Machiavelli and Guicciardini
II. The Conversations of the Orti Oricellari
III. Antonio Brucioli’s Dialogues
IV. The Distribution of Property
V. The Training of the Militia
VI. The Teaching of Language
VII. Language and Arms as Political Instruments

Per la versione del saggio apparsa sul “Journal of the Warburg Institute” Carlo Ginzburg ha parlato di una “traduzione abbreviata”, e posto l’accento su qualche isolata scelta lessicale che va nel senso dell’“attenuazione”: “il termine ‘ideologia’ è precisato, e attenuato, in “aesthetico-moral ideology” (Ginzburg [1993] 2000, 75, n. 11). Già Adriano Prosperi, aveva alluso all’“alleggerimento” della redazione inglese rispetto all’originale:

Il testo italiano, finora inedito, è riprodotto qui alle pp. 483-511. La traduzione, di Frances Yates, modifica e alleggerisce in più punti la redazione originale (Prosperi 1994, LIV n. 97).

In realtà, se la si considera con attenzione, l’edizione inglese non ci sembra né una redazione abbreviata né una revisione che miri all’alleggerimento ideologico della versione originale. Nell’insieme, il lavoro operato dalla Yates produce tutt’altro che un effetto di sordina e conserva a volte, addirittura enfatizzandole, le due componenti del testo di Cantimori: l’aspetto politico della “retorica” umanistica e la viva attenzione per il fenomeno della propaganda nelle società di massa contemporanee (su cui vedi peraltro Ginzburg [1993] 2000, 75): i due termini ‘politica’ e ‘propaganda’ segnano le coordinate del saggio apparso inglese sul “Journal”, e non per niente si incontrano in scritti precedenti e successivi dello stesso Cantimori, dalla recensione al libro di Ernesto Codignola Il rinnovamento spirituale dei giovani (Cantimori 1934), ai successivi Appunti sulla propaganda (Cantimori 1941).

L’operazione della Yates risulta evidentemente convincente per l’autore, che mai comunque, in seguito, prese personalmente l’iniziativa di riproporre a un pubblico italiano la versione originale del suo saggio. A tutti gli effetti, la versione inglese rispetto alla prima redazione italiana del saggio risulta essere un testo che presenta diverse diffrazioni, complicate dall’ – inalienabile – apporto della Yates che agisce più da editor che da mero traduttore. Al punto che non sembra solo un imbroglio mercuriale quello per cui chi digiti insieme in Google i due nomi ‘Yates’ e ‘Cantimori’ se li ritrova insieme come coautori di Rhetoric and Politics in Italian Humanism (“Delio Cantimori e Frances Yates”).

Appendice | La corrispondenza dell’Archivio Cantimori alla Scuola Normale Superiore di Pisa

La corrispondenza tra Delio Cantimori e il Warburg Institute conservata all’Archivio Cantimori della Scuola Normale Superiore di Pisa inizia prima dell’offerta a collaborare al “Journal” e, a partire dal marzo del 1936, riguarda la pubblicazione dei volumi della Bibliographie der Nachleben der Antike. Interlocutore di Cantimori è un “Sehr verehrter Herr Doktor” da identificare quasi sicuramente con Hans Meier. Cantimori aveva avuto notizia della pubblicazione del primo volume della Bibliographie e il 10 marzo 1936, su carta intestata dell’Istituto Germanico, aveva offerto la sua collaborazione per indicare pubblicazioni italiane (e no) da inserire nell’elenco, promettendo solo una settimana dopo una recensione al volume per il “Giornale storico della filosofia italiana” diretto da Giovanni Gentile, lo stesso sul quale due anni prima aveva pubblicato l’importante saggio sul ‘caso Boscoli’.

Seguono lettere di elogio e garbate punzecchiature per la lingua da impiegare per le segnalazioni. Cantimori preferisce il tedesco, e non nasconde il suo disappunto per il fatto che la pubblicazione esca in inglese: già il 24 marzo loda il titolo Bibliographie der Nachleben der Antike (il corrispettivo inglese, A Bibliography of the Survival of the Classics, gli piace molto meno, e lo dichiarerà senza mezzi termini il 18 dicembre 1938).

Di una collaborazione al “Journal” si comincia a parlare nel 1937. In una lettera del 27 febbraio 1937 indirizzata a Rudolf Wittkower, Cantimori ringrazia dell’invito e propone due temi:

Empfangen Sie meinem verbildlichsten Dank für Ihr Schreiben vom 16.d. Mts. und für die ehrenvolle Aufforderung, and der Zeitschrift des Warburg Institutes mitzuarbeiten. Überaus gerne nehme ich Ihre Einladung an. Innerhalb zweier Monate ungefähr könnte ich Ihnen einen Artikel über das Thema “Rhetorik und Politik des italienischen Humanismus” übersenden, in dem ich es versuchen würde, die Bedeutung des Elements ‘Eloquentia’ und der rhetorischen Motive für die prämachiavellischen politischen Lehren klarzulegen. Andernfalls könnte ich eine Artikel über “Giobertis Humanismus und den Begriff des italienischen politischen Risorgimento” senden und darin die Beziehungen zwischen den humanistischen Motiven der italienischen Tradition einerseits und den klassizistischen, vom französischen Klassizismus und durch die französische Revolution übernommen Motive andrerseits untersuchen.

[Accolga il mio ringraziamento più sentito per la sua lettera del 16 di questo mese e per l’invito, che mi onora, di collaborare alla rivista dell’Istituto Warburg. Accolgo molto volentieri la sua proposta. In circa due mesi potrei mandarvi un articolo su Retorica e politica dell’Umanesimo italiano, in cui vorrei riconsiderare il significato del termine ‘eloquentia’ e chiarire il tema della retorica per gli studiosi per gli scrittori politici prima di Machiavelli. Altrimenti potrei farvi avere un articolo su L’umanesimo di Gioberti e il concetto del Risorgimento politico italiano e perciò esaminare i rapporti fra la tradizione italiana, umanistica e classicistica, e il classicismo francese, anche attraverso i noti motivi della Rivoluzione francese].

La scelta, a quanto risulta da una lettera della redazione del “Journal” (25 marzo 1937), cade sulla prima proposta, e il saggio su Retorica e politica dell’Umanesimo italiano è atteso a Londra entro l’1 giugno. La stesura si rivela però più lunga del previsto, e l’1 aprile dello stesso anno, insieme a segnalazioni a Hans Meier per la bibliografia sulla sopravvivenza dell’antico, Cantimori si rivolge a Rudolf Wittkower per chiedere di procrastinare la consegna fino al 15 giugno. Disattenderà anche questa scadenza. Il 19 maggio, lo storico mette le mani avanti, annunciando che il saggio arriverà alla fine di giugno, e sarà in italiano:

Ich ziehe es daher vor, Ihn statt auf Deutsch kurzerhand auf Italienisch zu schreiben.

[Anziché una redazione ridotta in tedesco, preferisco scriverlo in italiano].

Con una lettera del 29 maggio 1937, la redazione gli lascia come termine ultimo i primi di luglio – ultimo, perché il saggio deve essere tradotto dall’italiano in inglese (e il costo della traduzione andrà detratta dall’onorario: condizione accettata da Cantimori in una risposta del 7 giugno). Dopo una lettera della redazione del 14 giugno, che ricorda la scadenza concordata (1 luglio 1937), Cantimori può rispondere, il 2 luglio, che il saggio è pronto, tranne le note:

Meine Artikel ist heute fertig geworden, nur möchte ich ihn nochmals genau dirchsehen und die Anmerkungen ergänzen. Sonntag abends werde ich das Ganze and Sie absenden.

[Il mio articolo è finito, devo solo fare un’ultima revisione e finire le note. Domenica sera vi manderò tutto].

Due giorni dopo (4 luglio 1937), scrivendo a Wittkower, Cantimori ancora si scusa del ritardo, con una classica captatio benevolentiae volta a minimizzare la portata del saggio tanto atteso: “in meinem Artikel findet sich nichts Ausserordenliches” [nel mio saggio non si trova niente di straordinario]. Il passo successivo, il 14 luglio, è della futura editor e traduttrice Frances Yates: il testo è arrivato, ci si metterà subito all’opera per tradurlo; tanti saluti anche da parte del dottor Wind.

Le bozze della traduzione arrivano a Trodena, in val di Fiemme, dove Cantimori aveva chiesto il 31 luglio che gli fossero recapitate. Già il 5 agosto 1937 lo storico ringrazia delle bozze, dei tagli e degli spostamenti apportati al suo testo, che approva in toto:

In aller Eile möchte ich Ihnen nur den Empfang der Fahnen bestaetigen und Ihnen für die grosse Mühe danken, die Sie sich mit einem Aufsatz gegeben haben. Die von Ihnen getroffenen Umänderungen in der Textordnung, sowie die Kürzungen finde ich volkommen zweckmässig. Wie sehr ich mich über Ihr so langes Schreiben gefreut habe un Näheres über mich selbst, will ich Ihnen baldigst, in einem längeren Briefe, sagen. Für heute nur noch viele dank [...]. Die Fahnen folgen morgen abend. Ich werde nur wenige Angaben zu korrigieren haben.

[Mi affretto intanto a confermare la ricevuta delle bozze, e a ringraziarvi del gran lavoro fatto sul mio saggio. Trovo del tutto opportuni gli spostamenti che avete apportato nel testo, e così i tagli. Al più presto vi manderò una lettera più estesa per dirvi come io sia soddisfatto del vostro lungo lavoro di riscrittura, più di quanto non lo fossi della mia stessa versione. Per oggi, intanto, molte grazie. […] Domani sera seguiranno le bozze. Devo solo correggere cose minime].

Si chiude così la parte di corrispondenza relativa al saggio.

Nel 1950, con Gertrud Bing come interlocutrice, comincerà un’altra impresa: quella della traduzione italiana della silloge di scritti di Warburg – La Rinascita del paganesimo antico, che renderà disponibili per la prima volta al pubblico internazionale i saggi pubblicati in Germania nel 1933. Ma questa è – appunto – un’altra storia.

Bibliografia
English abstract

The second issue of the “Journal of the Warburg Institute”, published in London in 1937, opens with an essay by Delio Cantimori Rhetoric and Politics in Italian Humanism, translated into English by Frances Yates. The young historian, a close collaborator of Giovanni Gentile, at the time Director of the Scuola Normale of Pisa and in those years still, formally, fascist, proposed a study with a particular vision – the seminal theme of the political value of Rhetoric – which he undertakes in an entirely unconventional way. In his thesis and in the argumentative articulation of his essay, Cantimori proposes to overthrow the stereotype of Italian Humanism as a “purely literary phenomenon, verbose, empty” and “rhetorical in the worst sense of the term”. After the war, Cantimori himself together with Gertrud Bing would promote what for decades would be the only international edition of Warburg’s writings: La Rinascita del paganesimo antico, printed by the Italian publisher La Nuova Italia in 1966.

keywords | Delio Cantimori; Scuola Normale di Pisa; Edgar Wind; Aby Warburg

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio.
(v. Albo dei referee di Engramma)

To cite this article: M. Centanni, S. De Laude Delio Cantimori e il Warburgkreis, “La Rivista di Engramma” n. 171, gennaio-febbraio 2020, pp. 113-125 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.171.0022