"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

175 | settembre 2020

97888948401

Gio Ponti. Espressioni

Editoriale di Engramma n. 175

a cura di Francesca Romana Dell’Aglio, Anna Ghiraldini

English abstract

Una lettera di Gio Ponti per Walter Ponti. Cento Lettere, Milano 1987, 104.

Nel racconto editoriale che accompagna la recente riedizione di Amate l’Architettura, Salvatore Licitra e Paolo Rosselli spiegano come un libro, per l’architetto, non fosse solo una pubblicazione ma anche un oggetto. È un richiamo importante a osservare il corpus artistico di Gio Ponti come una raccolta di “espressioni”, dove diventa difficile – e forse vano – distinguere le opere per disciplina, separando arte, pittura, architettura, design e scenografia.

Partendo da queste premesse, “Engramma” ha deciso di ricordare l’architetto milanese, a poco più di quarant’anni dalla sua scomparsa, con un numero monografico dedicato ad alcune delle sue “espressioni”, facendo eco a una importante serie di tributi editoriali e non: fra i più recenti, le due grandi mostre “Tutto Ponti. Gio Ponti Archi-Designer”, a cura di Sophie Bouillet-Doumos, Dominique Forest e Salvatore Licitra al Musée Des Art Décoratifs di Paris (ottobre 2018/maggio 2019) e “Gio Ponti. Amare l’architettura”, a cura di Maristella Casciato e Fulvio Irace al MAXXI di Roma (novembre 2019/settembre 2020). Ma è anche un tentativo di raccontare la sua figura poliedrica, per riscoprire il profilo di una personalità che è stata molto più di un semplice architetto: un pittore, un paesaggista, un urbanista, un osservatore, un mentore, un artista, un amico. Perché Gio Ponti era tutto questo, come ci ricorda il memoir dell’amico Joseph Rykwert che chiude, con una sigla preziosa, questo numero monografico di Engramma.

Nell’organizzare il Sommario abbiamo prosposto un’articolazione in tre ‘rubriche’: l’architetto, l’editore e l’amico. Tuttavia, il lettore si renderà conto, una volta di più, che nessuna classificazione rigida dell’opera di Ponti funziona e che l’impegno dell’architetto, dell’urbanista, del designer, si intrecciano continuamente con il lavoro dell’editore, e con la cura degli affetti più intima, del maestro e dell’amico. Questo emerge dal contributo di Lucia Miodini, che riannoda i fili dell’interesse e del rispetto per il paesaggio in alcune opere costruite o rimaste sulla carta, frutto della collaborazione con diversi architetti e mediate attraverso le pagine di “Domus”. La devozione verso l’educazione e l’insegnamento di giovani architetti è tangibile nel saggio di Sarah Catalano che tratta dell’esperienza di Lina Bo Bardi, rivelando un rapporto esemplare, dal quale Ponti emerge come un mentore, quasi un padre, nella disciplina e nel metodo di Lina e di Carlo Pagani. La collaborazione riguardava principalmente l’attività editoriale e la ricerca della casa mediterranea, un tema che ritorna nella ricerca di Fernanda De Maio sull’architetto milanese nel Golfo di Napoli. 3 alberghi e 1 villa sono i progetti documentati di Gio Ponti nel capoluogo campano, tra i quali si annoverano la proficua collaborazione con Bernard Rudofsky nella ricerca dell’“albergo diffuso” o gli interni per Villa Arata-Grimaldi, che ricordano gli studi per la “casa per tutti” pubblicati nelle riviste “Domus” e “Stile” – interventi riletti in modo chiaro e brillante da Maria Teresa Feraboli

Un momento cruciale della carriera artistica di Gio Ponti viene ricordato nel saggio di Guia Baratelli, che rilegge la famosa Scuola di Matematica dell’Università Sapienza di Roma come spazio evocativo e, insieme, profondamente compatibile con le esigenze della biblioteca contemporanea, ma anche come uno tra i primi progetti che si distacchi dalle ricerche sull’abitare. 

Ponti ricorre alle sue riviste per accendere dibattiti nazionali e internazionali, come quello tra la Torre Velasca e il Grattacielo Pirelli: su questo verte il contributo di Serena Maffioletti che propone una galleria sul grattacielo in Italia, concettuale, prima ancora che per exempla, che intende ‘tirare un filo’ per colmare il divario tra i due prototipi più famosi, rivisitando i modelli realizzati dallo studio Ponti-Rosselli-Fornaroli, protagonisti delle preziose foto dell’amico Giorgio Casali (conservate presso l’Archivio progetti dell’Università Iuav di Venezia). L’uso della maquette come strumento di progettazione diventa, dunque, un tema urgente e fino ad ora sottovalutato come metodo progettuale, ma qui proposto nel testo di Anna Ghiraldini che si concentra sui progetti delle città di Autilia e Colorado Dream

La fama internazionale di Ponti era preceduta dalle sue famose architetture, ma le sue scelte editoriali hanno contribuito a ravvivare il dibattito culturale italiano e a spingerlo oltre i confini nazionali. Le numerose riviste cui Gio Ponti contribuisce dimostrano come le sue arti non fossero settoriali ma ambissero a creare un progetto culturale ben più esteso, al quale molte e diverse voci erano chiamate a partecipare. Cecilia Rostagni ci parla di “Bellezza”, una fra le “espressioni” meno note, ma presentata come un’impresa editoriale dotata di alta aspirazione civica, attraverso la quale Ponti cercava di elevare la moda ad arte civica e sociale, alla pari delle altre arti. Siamo a cavallo tra le due guerre in un momento in cui un grande numero di pubblicazioni cerca di mantenere vivace la discussione culturale nel Bel Paese. Michela Maguolo ci guida attraverso vari titoli quali “Casabella”, “Urbanistica”, e altre più tecniche come “Strutture” o “Metron”.

Importante è l’incrocio degli sguardi in campo internazionale, che illumina il profilo di Gio Ponti con diversi tagli di luce, diversi per intensità e cromatismi.

Interessante è la particolare prospettiva da cui Christian Toson nel suo contributo dà conto della particolare ricezione dell’opera di Ponti nell’Unione Sovietica degli anni Trenta e del secondo dopoguerra, con un’analisi attenta e precisa delle censure e delle manipolazioni nell’edizione sovietica di Amate l’ArchitetturaValeria Casali ci offre uno sguardo su un altro legame internazionale, contemporaneamente più istituzionale e più intimo: quello con Joseph Singer, erede del mobilificio M. Singer & Sons, che apre a una collaborazione professionale ma anche a una profonda e duratura amicizia.

Spostandoci all’estremo oriente, Emily Verla Bovino racconta le vicende che vedono coinvolti l’architetto milanese e il magnate Daniel Koo, per il quale Ponti progetta la villa di famiglia a Hong Kong e il famoso centro commerciale Shui Hing, oggi noto come Prestige Tower. 

La necessità di fornire oggi un corretto approccio metodologico alla conoscenza dell’eredità architettonica di Ponti e, in generale, del patrimonio moderno è trattata nel saggio di Andrea Canziani e Sara Di Resta con particolare attenzione verso Villa Planchart a Caracas, che Ponti progetta per i coniugi Planchart negli anni Cinquanta e che è oggetto di elaborazione di un piano conservativo che mira a ottenere una comprensione accurata dei caratteri della sua realtà costruita e dei suoi elementi di fragilità, anche in vista di un programma di conservazione e gestione a lungo termine. 

L’eredità delle “espressioni” di Gio Ponti è un oggetto di studio aperto, sul quale questo numero monografico suggerisce un approccio che scarta dalla settorialità disciplinare ma propone alcuni ‘a fondo’ precisi.

Il lascito pontiano non include soltanto le sue opere costruite ma anche quelle rimaste su carta, come i suoi colorati disegni creati per arricchire quelle corrispondenze tra amici e che diventano oggetto di studio nel testo di Francesca Romana Dell’Aglio. La capacità di Gio Ponti di navigare tra le arti più disparate si nutriva di una profonda socialità, che viene resa esplicita nelle pagine a seguire. La sua inventiva così versatile, i legami tra le sue “espressioni” più disparate diventa evidente nei costanti rimandi tra i saggi di questo numero monografico.

Il motore dell’instancabile produttività di Gio Ponti in fondo è, sempre, l’intenzione di lasciare una traccia, un segno che, minimale come il grafismo giocoso nelle lettere agli amici o imponente e svettante come il grattacielo, si propone, comunque, espressamente come un “progetto di civiltà”.

English abstract

Engramma issue no. 175 Gio Ponti. Espressioni is dedicated to Gio Ponti with particular attention to his eclectic production. The volume includes contributions by Guia Baratelli, Emily Verla Bovino, Andrea Canziani e Sara Di Resta, Valeria Casali, Sarah Catalano, Fernanda De Maio, Francesca Romana Dell’Aglio, Maria Teresa Feraboli, Anna Ghiraldini, Michela Maguolo, Serena Maffioletti, Lucia Miodini, Cecilia Rostagni, Joseph Rykwert, Christian Toson.

Keywords | Gio Ponti; Architecture; Art; Design; Scenography; Magazines.

Per citare questo articolo / To cite this article: Francesca Romana Dell’Aglio, Anna Ghiraldini, Gio Ponti. Espressioni. Editoriale di Engramma n. 175, “La Rivista di Engramma” n. 175, settembre 2020, pp. 7-10 | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.175.0000