"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Alias. Miti còlti sul (manu)fatto

Editoriale di Engramma n. 183

Monica Centanni, Maurizio Harari

English abstract

Κατερίνα Κακούρη nel ruolo di Io nel Prometeo di Eschilo, II edizione delle Δελφικές Εορτές 1930, promosse da Άγγελος Σικελιανός ed Eva Palmer. Foto di Nelly (Νέλλη Σουγιουλτζόγλου), Μουσείο Δελφικών Εορτών, Δελφοί.*

Alias – ‘altrimenti’ rispetto alle consuetudini disciplinari, ‘altrove’ rispetto alle collocazioni accademiche e specialistiche. È un punto di prospettiva e, insieme, una presa di posizione e un’opzione di metodo. L’obiettivo – recita il titolo di questo numero di Engramma – è cogliere i miti “sul fatto”, in forma di parole poetiche nel corpo vivo dei testi letterari e teatrali, in forma di immagini che animano l’iconografia dei più diversi manufatti, dalle pitture vascolari del V e IV secolo a.C. alle opere d’arte del XX-XXI secolo. La via metodologica da ribadire in modo puntuale e severo è la necessità del ricorso alle più affilate strumentazioni tecniche e critiche proprie delle specifiche discipline; ma la scelta è, contemporaneamente, di compiere un’esplorazione multiprospettica, a tutto campo, con l’occhio all’esito ermeneutico finale, ma condotta con il passo lento e circospetto di un’indagine indiziaria. Si tratta d’investigare la natura del mito nella sua variegata poligenesi, attrezzandosi a ‘sorprendere’ le sue forme – testi e figure – nella loro continua disponibilità a prestarsi a diverse declinazioni: a camuffarsi, più o meno consapevolmente, per ibridazione e manipolazione, fino alla mutazione genetica dei nuclei originali. Più in generale, indagare sui miti e cercare di coglierli “sul fatto” è un modo per riflettere sui meccanismi della tradizione classica e sulla strategia di sopravvivenza adottata nelle modalità di trasmissione giocate su mutazioni e deviazioni – una strategia che risulta vincente, considerata la vita continuata del mito, nei suoi diversi rinascimenti, dall’antichità ai nostri giorni.

Una sezione di questo volume di Engramma riavvia con un nuovo capitolo gli studi del Seminario Pots&Plays, culminato nella pubblicazione del volume Scene dal mito (Rimini 2015): un gruppo di ricerca così denominato in omaggio allo studio di Oliver Taplin del 2007 che ha inaugurato una nuova stagione di indagini sulla relazione tra pittura vascolare e testi teatrali, tra V e IV secolo a.C. Il dibattito, ben presente nella storia degli studi sin dalla fine del XIX secolo, negli ultimi vent’anni è stato rivitalizzato dall'approccio sistematico di Taplin e poi rilanciato dal lavoro di filologi, studiosi di teatro antico e archeologi: il filone di ricerca trova ora nuovi sviluppi sia sul piano teorico-metodologico sia nella casistica indagata.

Lo stesso Taplin, nel contributo che pubblichiamo in questo numero – A Clue to the Riddle of the Dareios krater /vaso di Dario? – richiama il dibattito sui “signals”, i possibili criteri indicatori della relazione che coinvolge teatro scritto, teatro performato e immagini; ma nel suo contributo Taplin lancia anche un’importante suggestione relativa alla possibilità di un collegamento indiretto e ‘politico’ tra il Vaso di Dario, conservato al Museo Archeologico di Napoli, e i Persiani di Eschilo, basato sulla presenza di un attore gesticolante poggiato su un basamento su cui spicca la scritta ΠΕΡΣΑΙ, che pare minacciare Dario in trono.

Nel loro contributo, ἅπαξ δρώμενα. Un criterio per la relazione tra testi teatrali e iconografia vascolare (V-IV sec. a.C.), Monica Centanni e Alessandro Grilli riprendono il filo del Seminario Pots&Plays, discutendo e sottoponendo a nuovo vaglio critico i possibili criteri indicatori della relazione che coinvolge teatro e immagini e mettendo a fuoco la definizione della categoria dell’ἅπαξ δρώμενον – a definire drammi con una trama mitografica in tutto o in parte originale, non ripresa da altri tragediografi del V secolo a.C. – come parametro significativo per misurare la suggestione che la versione teatrale del mito proietta sulle iconografie vascolari. La proposta metodologica è applicata a quattro casi di studio, indicati come esemplari per la loro significativa evidenza: l’‘atto delfico’ di Eumenidi; il volo sul carro del Sole di Medea; la scena del matricidio in Coefore; l’assassinio di Neottolemo a Delfi in Andromaca.

Nel saggio Dal mito tragico all’immagine su vaso. Nuclei d’azioni e dinamiche trasmediali, Alessandro Grilli compie un affondo sul tema teorico delle modalità della veicolazione del mito che, a differenza di quanto avviene nella cultura contemporanea, nel mondo antico si trasmette più per via di racconto che mediante la circolazione delle immagini. Interrogarsi sui modi di trasmissione del mito e insistere sui complicati meccanismi di formazione di un mitema o di un iconogramma, comporta la rimessa in discussione delle teorie del mito e un importante recupero della cura per il ruolo dell’oralità nella trasmissione di racconti e immagini, non solo nel mondo antico.

Concetta Cataldo e Rocco Davide Vacca, in Metamorfosi e peregrinazioni di Io. Dalla pittura vascolare alla tragedia, e ritorno, indagano il caso di studio di un repentino cambio dell’iconografia di Io nella pittura vascolare del secondo quarto del V secolo a.C., da vacca a fanciulla/vacca: uno scarto sul quale potrebbe aver avuto influenza una versione teatrale del mito della metamorfosi di Io. L’esito del ragionamento, che chiama in causa la versione teatrale del mito di Io nel Prometeo incatenato, potrebbe avere conseguenze molto rilevanti anche sul tema della datazione e dell’autorialità di quella discussa tragedia.

Ludovico Rebaudo, nel contributo Il sileno e Dioniso. Un cratere campano con attore comico in costume, analizza un vaso inedito conservato presso il Museo d’Antichità J.J. Winckelmann di Trieste, che presenta una scena di dialogo tra Dioniso e un sileno. Rebaudo mette in evidenza come nella pittura vascolare di IV secolo spesso il sileno sia rappresentato non secondo l’iconografia convenzionale del personaggio mitico, ma piuttosto come un attore ‘in veste di’ sileno (o satiro, o papposileno – anche su questo il saggio sottolinea il non chiaro limite di definizione delle tre figure). Lo statuto patentemente attoriale, anche in contesti non direttamente teatrali, in relazione all’iconografia di un personaggio che fa parte del corteggio dionisiaco, apre a interrogativi di rilevante momento teorico.

Ancora sulla relazione tra mito antico e teatro – in questo caso teatro contemporaneo – pubblichiamo, per la cura di Alessandra Pedersoli, l’aggiornamento del Regesto degli spettacoli INDA al Teatro greco di Siracusa, dal 1914 al cartellone dell’anno in corso, in occasione della riapertura del Teatro di Siracusa dopo l’horribilis annus della pandemia che ha bloccato le attività teatrali in Italia e in tutto il mondo.

I saggi di Claudio Franzoni e di Maurizio Harari condividono una strategia di lettura continuistica delle immagini e del loro riuso anche metaforico nella longue durée della cultura occidentale. In La donna e il cavallo: persistenza di un paragone, Franzoni prende spunto da una pubblicità di primo Novecento per valorizzare persistenza e declinazioni semantiche, simboliche e iconografiche, della coppia donna-cavallo, a partire dalla fonti letterarie antiche. Giorgio de Chirico, Le printemps de l’ingénieur è il titolo del saggio in cui Harari propone la decodificazione di un olio di De Chirico del 1914, in cui la ripresa di un'iconografia classica ha risonanze non solo legate alle vicende biografiche e alla poetica individuale dell’artista, ma sembra rispondere a una percezione epocale, restituendo una suggestione ben presente nella temperie della cultura europea dei primi decenni del Novecento.

Questo numero di Engramma accoglie inoltre ‘Tradizione’, fra memoria e oblio, la risposta di Salvatore Settis alla multirecensione, nel numero di marzo/aprile, del suo Incursioni. Arte contemporanea e tradizione, che diventa un’altra occasione di confronto sul grande tema warburghiano della memoria dell'antico, sorretta da una casistica molto puntuale, allargata attraverso i confronti di un coro di lettori variamente competenti e motivati.

Come Settis dichiara all’inizio della sua risposta, l’idea di una lettura corale d’Incursioni era stata di Pino Pucci – “voce acuta e serena” –, e averla attuata è anche un modo di onorare nel ricordo l’amico ‘incursore’, sempre disponibile a dare agio a un’inesauribile curiosità intellettuale. Perciò presentiamo in questo numero di Engramma anche una scelta degli scritti pasolinianamente “corsari” per il domenicale de “il manifesto”, intelligentemente antologizzati e presentati da Roberto Andreotti. Sempre come omaggio all’amico archeologo, che ci ha lasciato nel marzo di quest’anno, presentiamo una Bibliografia completa delle sue pubblicazioni a cura di Mara Sternini.

Alias, come tutti sanno, è il titolo del supplemento de “il manifesto”, zona franca di libertà in cui si incrociano diversi sguardi e pensieri – uno spazio raro nel panorama editoriale italiano. Alias, che vuol dire ‘altrimenti’: la parola-chiave di Pino Pucci. Altrimenti nel tempo, altrimenti nei luoghi, altrimenti dall’accademia, altrimenti da uno specialismo di vista corta, altrimenti dai pregiudizi ideologici. Altrimenti in tutto.

English abstract

Engramma issue No. 183, “Alias. Miti còlti sul (manu)fatto” (a word pun with Italian police language “colti sul fatto”, caught in the act), edited by Monica Centanni and Maurizio Harari, is conceived as a homage to the memory of Giuseppe Pucci. Giuseppe (Pino) Pucci was a professor in Archaeology and Classics, but also a brilliant reader of the classical tradition in contemporary culture. The title includes the word “Alias” (in latin meaning “altrimenti”/otherwise – otherwise in time, otherwise in places, otherwise in academy, otherwise from a short-view specialistic discipline, otherwise from ideological prejudices; otherwise in all senses) – the style-cypher of Pucci’s intellectual work. Otherwise, “Alias” is the special weekly issue of the Italian newspaper “il manifesto” where he published his last contributions concerning classics and the classical tradition. All the essays in this issue of Engramma relate to the theme of the relationship between texts and images, from Antiquity to Contemporary culture. The contributions by Oliver Taplin, Monica Centanni, Alessandro Grilli, Ludovico Rebaudo, Concetta Cataldo and Rocco Davide Vacca are related to the topic “Pots&Plays”, the analysis of the interactions between Greek theatrical texts and V and IV Century vase paintings. Maurizio Harari and Claudio Franzoni in their essays have focused on the mechanism of the Classical tradition through specific XX Century iconographies. In this issue, we also publish the response by Salvatore Settis to the “Lettura corale”, a choral reading of his book Incursioni that was issued in Engramma No. 180, and was promoted and curated by Giuseppe Pucci himself. In addition, this issue includes Giuseppe Pucci’s bibliography and the list of the classical dramas performed by the Istituto Nazionale del Dramma Antico (INDA) since 1914.

keywords | archaeology, classical tradition, Giuseppe Pucci.

*per la scelta dell’immagine e la sua acquisizione Engramma ringrazia Gilda Tentorio e Sabrina Castellaneta.

Per citare questo articolo: Alias. Miti còlti sul (manu)fatto. Editoriale di Engramma 183, a cura di M. Centanni e M. Harari, “La Rivista di Engramma” n. 183, luglio/agosto 2021, pp. 7-11 | PDF dell’articolo 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2021.183.0004