Ombre e lumi. È in scena la pittura
Recensione degli allestimenti di Luca Ronconi Sebastiano del Piombo 1485-1547 e di Peter Greenaway Leonardo's Last Supper
Sebastiano del Piombo 1485-1547, Roma, Palazzo Venezia (8 febbraio - 18 maggio 2008), allestimento a cura di Luca Ronconi e Margherita Palli, mostra e catalogo a cura di Claudio Strinati, Motta, Milano 2008; Peter Greenaway, Leonardo's Last Supper, Milano, Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi (16 aprile - 4 maggio 2008), evento e catalogo a cura di Franco Laera, Charta, Milano-New York 2008
Katia Mazzucco
Due registi - teatro e cinema - alle prese con due maestri del Rinascimento: uno di fama sino a ora incerta, l'altro icona classica dell'arte italiana (su questo tema v. Valentina Rachiele, Leonardo? Un classico! in "Engramma" n. 62; Giulia Bordignon, Katia Mazzucco, Mettere in moto i classici, in "Engramma" n. 53).
Luca Ronconi e Peter Greenaway mettono in scena l'opera, rispettivamente, di Sebastiano Del Piombo e Leonardo Da Vinci. Le similitudini tra le due imprese sembrano finire qui, se si esclude il brusio della polemica con cui sono state accolte nelle città di Roma, per l'allestimento in Palazzo Venezia, e di Milano, per la progettata installazione in Santa Maria delle Grazie.
Grazie a prestiti internazionali e recenti attribuzioni, la mostra romana restituisce a (parziale) unità l'opera dispersa di un maestro 'minore' del Rinascimento italiano, se con minore intendiamo tutti coloro che - non oggetto di canonizzazione ex Vite vasariane - sono stati indelebilmente adombrati, nella storia dell'arte italiana, dallo splendere dei 'veri' Maestri. Questa prima mostra monografica ripercorre la carriera di "Sebastiano Veniziano" attraverso alcuni nuclei fondamentali: Venezia, la scoperta e l'apprendimento del Rinascimento (romano), il disegno alla scuola di Michelangelo, la fortuna postuma presso la corte di Spagna (si veda la recensione alla mostra pubblicata in questo numero di "Engramma").
Colore e disegno: le macro-categorie che innervano la lettura delle scuole pittoriche italiane. E se di Sebastiano si stigmatizza da sempre lo scarso talento grafico - e il diretto intervento michelangiolesco in alcune delle sue opere più note - è proprio con il colore che il discorso dell'allestimento Ronconi-Palli sembra rendere giustizia alle qualità del pittore. Le opere di Sebastiano sono protette da una bassa struttura perimetrale che si apre con finestre all'interno delle sale di Palazzo Venezia: rivestita di caldo tessuto, la struttura invita lo spettatore ad affacciarsi, letteralmente, sulle opere. Il colpo d'occhio complessivo si perde - al contrario di quanto dichiarato dagli allestitori - e solo dal centro della sala sono visibili, non integralmente, tutte le opere.
Ma, assieme, il problema espositivo delle altezze delle sale è risolto con un effetto luminoso che nulla toglie alla visione dei quadri, la cui illuminazione è studiata ad hoc opera per opera. Fasci di luce colorata - una sala verde, una rossa, una blu - ridisegnano le altezze, sottolineando le partiture architettoniche dipinte sulle pareti e ritmando i tre spazi maggiori del palazzo inclusi nel percorso. Non sarà un caso, forse, se all'eccesso spettacolare della sala rossa, risponde la massima efficacia del primo ambiente espositivo, dai verdi riverberi alle pareti: sono gli anni giovanili, gli anni della scuola veneta del colore, gli anni in cui vediamo scorrere la linfa di un talento che - è innegabile - sembrerà poi non essere in grado di sbocciare in pieno nell'innesto con la cultura visiva romana.
HAL9000 - qualcuno ricorderà uno dei protagonisti di 2001 Odissea nello spazio - è il nome del sofisticato sistema di riproduzione fotografica adottato per la realizzazione del film di Greenaway dedicato al Cenacolo leonardesco.
Venti minuti di spettacolo nella bellissima Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale; un'architettura fittizia che riproduce lo spazio del refettorio di Santa Maria delle Grazie; la copia dell'Ultima Cena di Leonardo (prodotta da Factum Arte - si pensi all'eccezionale esperimento delle Nozze di Cana alla Fondazione Cini di Venezia) collocata sulla finta parete; il tavolo della Cena, riprodotto imbandito a grandezza reale in resina bianca, al centro dello spazio; musica composta per l'occasione. Il pubblico che tra il 16 aprile e il 4 maggio ha potuto accedere in questi spazi di Palazzo Reale, ancora segnati dai bombardamenti del '43, non ha rimpianto le fantascientifiche procedure (queste sì kubrikiane) per l'accesso e la fruizione dell'originale leonardesco.
Compreso nel progetto di una serie di film ispirati a grandi dipinti della storia - La ronda notturna di Rembrandt, Las Meninas di Velasquez, Le Nozze di Cana di Veronese, Guernica di Picasso, La Grande Jatte di Seraut, le Ninfee di Monet, One: n. 13 di Pollock, il Giudizo Universale di Michelangelo - il (la copia del) dipinto è fondale di una proiezione che plasma l'icona leonardesca evidenziandone dettagli - la luce che irradia dalle aperture alle spalle di Cristo, la complessa partitura gestuale dei volti e delle mani - alterando il sistema del chiaroscuro sino a fare apparire il dipinto come una terracotta dipinta, nello stile delle scene dei teatri devozionali, oppure un candido gesso, o ancora azzerando il colore al grado del bianco e nero bidimensionale.
La messa in scena comprende altro: una proiezione parallela scorre sulla parete opposta, un'indagine visiva su altre opere leonardesche (e di leonardeschi) e su dettagli ad altissima risoluzione del film pittorico del Cenacolo, che si anima, si sfalda, si ricompone in un gioco visivo da materia dell'Informale - così nel catalogo, costituito dalla riproduzione integrale degli astratti riquadri di scansione 3d del Cenacolo, a grandezza naturale.
La partitura musicale di Marco Robino guida lo sguardo attirando l'attenzione dei visitatori, grazie a un complesso sistema di punti di irradiazione sonora. Il tavolo riprodotto al centro della sala subisce alterazioni di illuminazione e così di percezione da parte del pubblico, sino a uno stillare di macchie rosso sangue. I telamoni e le cariatidi alle pareti del Palazzo, come i busti della fascia di coronamento, si rianimano e vengono ritmicamente chiamati (illuminati) ad assistere alla scena, 'convitati di gesso' di una cena spettacolare.
Una drammatizzazione in piena regola, senza troppe novità sul fronte della poetica di Greenaway, ma perfettamente sull'onda - luminosa? - della discussione sulla fragilità dell'opera d'arte, del concetto di originale in arte, della messa in scena dell'arte.
Scheda tecnica a cura di Stefano Scarani
Peter Greenaway, Leonardo's Last Supper, 2008; progetto della Soprintendenza per i Beni architettonici e Paesaggistici di Milano, Change Performing Arts, V-Factory con la direzione artistica di Franco Laera; installazione Stereomatrix, visual design Reinier van Brummelen; luci Marcello Lumaca; musica Marco Robino, sound editing Elmer Leupen
Il sistema del film Leonardo's Last Supper è composto da una complessa rete di proiezione video - diversi canali su varie pareti - tra cui la riproduzione del dipinto a dimensione originale. Questa proiezione aggiunge in forma fittizia una serie di elementi (ombre, colori, luci) che appaiono come reali e in movimento, dando vita al dipinto; altre immagini sono legate maggiormente alla visualizzazione macroscopica dei pigmenti e di altri particolari. Le luci create da Marcello Lumaca sono editate con la proiezione e la musica. La musica di Marco Robino è stata adattata (da Stefano Scarani e Peter Greenaway, con l'aiuto di Giulia Chinel) al ciclo di 20 minuti precisi (in un secondo momento dilatati a 30) di durata della performance, compresi ingresso e uscita del pubblico. La diffusione è dislocata su 6 canali audio e spazializzata (distribuita con movimenti locali specifici) secondo le necessità di concentrare l'attenzione del pubblico verso un punto o un altro. Tutto il materiale è stato prodotto in studio e ritoccato in loco utilizzando una piattaforma mobile Digidesign (Protool 7.3 su Digi002r); il sonoro è stato infine trasferito su un HDr Fostex D2424 che oltre a gestire l'audio invia i segnali di sincronizzazione a tutti i computer dedicati ai video e al mixer luci, creando un unico sistema a ciclo continuo.
Per citare questo articolo / To cite this article: K. Mazzucco, Ombre e lumi. È in scena la pittura. Recensione degli allestimenti di Luca Ronconi Sebastiano del Piombo 1485-1547 e di Peter Greenaway Leonardo's Last Supper, “La Rivista di Engramma” n. 65, giugno/luglio 2008, pp. 71-74 | PDF