"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Giambologna al Bargello, una mostra che mantiene le promesse

Recensione di: Giambologna, gli dei, gl​i eroi. Genesi e fortuna di uno stile europeo nella scultura, Firenze, Museo Nazionale del Bargello 2 marzo-15 giugno 2006

Alberto Salvadori

English abstract
 

giambologna mercurio

Giambologna dopo Michelangelo, come osservava John Pope-Hennessy più di quaranta anni fa in un fondamentale saggio sulla scultura italiana (Italian High Renaissance and Baroque Sculpture, London 1963), fu il più grande scultore del suo secolo, l’oramai mitico Cinquecento italiano. La caratteristica che ha reso giustamente celebre Giambologna, artista un po’ trascurato dagli studiosi per molto tempo, è l’aver reso, attraverso i prodotti della sua bottega, tra cui sopra a tutto i famosi bronzetti, il suo stile un idioma universale. Questo è vero sia per ciò che concerne il linguaggio dell’arte, e della scultura in particolare, sia per la celebrità raggiunta da alcune sue opere, come il famosissimo Mercurio, divenuto emblema di un corpo speciale dell’esercito inglese – e chiamato affettuosamente Jimmy – e addirittura delle poste australiane, racchiudendo in sé i simboli di velocità, eleganza ed efficienza.

Finalmente a Firenze, sua città d’elezione e d’adozione, viene reso omaggio a uno dei suoi più illustri ospiti e rappresentanti. Al Museo del Bargello, luogo favoloso per ammirare tutta la scultura e la cultura del Rinascimento toscano – e naturalmente fuori dalle rotte obbligate dei portolani sbagliati di un turismo sempre più becero e inopportuno – è in corso una bellissima mostra dedicata allo scultore fiammingo: Giambologna, gli dei, gli eroi a cura della direttrice del museo fiorentino Beatrice Paolozzi Strozzi e Dimitrios Zikos. Sono esposte circa cento opere, grazie anche alla generosa collaborazione della Kunstkammer di Vienna chiusa in questo momento, che permettono di ripercorrere tutta la vicenda artistica del grande scultore. Da segnalare il catalogo (edito da Giunti) con delle belle illustrazioni e altrettanto ricchi testi e apparati; da chiedersi però il motivo di una grafica così brutta e di una carta così leggera e di bassa qualità!

Nel cortile del palazzo accoglie il visitatore lo stupendo Bacco, magistrale e coraggiosa prova di confronto con quello del grande Michelangelo presente nella collezione del museo fiorentino: qui lo scenografico allestimento, con quinte che racchiudono le opere in scene privilegiate, invita poi a continuare la visita attraverso le diverse sezioni, nelle quali si evincono chiaramente le qualità delle opere esposte. Le differenti tipologie della scultura di Giambologna, dalla dimensione colossale pensata per gli spazi pubblici e dei giardini, al piccolo formato e alla statuaria equestre, fino alle commissioni di corte per i granduchi medicei, sono perfettamente documentate in mostra, anche con delle perle quali i bozzetti in terracotta per il gruppo di Firenze che soggioga Pisa, eccezionalmente concessi dal Victoria and Albert Museum di Londra.

La visita alla “Wunderkammer”, così è chiamata una sezione della mostra, dopo che ci siamo confrontati con delle creazioni quali l’Oceano, pensato per la più grande delle fontane di Boboli, e il Nettuno, alloggiato a Bologna nei pressi di Piazza Maggiore, ci porta immediatamente a riflettere sulla grande capacità di questo artista di poter modulare la materia e il pensiero in ogni tipo di formato, raggiungendo sempre livelli sublimi.

giambologna sabina

Lo studio della figura viene affrontato senza indugi, che si tratti di una Venere o di Morgante, il nano di corte preferito da Ferdinando I, in questo caso con tutte le implicazioni del deforme, o del Ratto della Sabina, divenuta secondo Sherman, forse eccedendo un po', sintesi perfetta della figura serpentinata e canone di riferimento di uno dei precetti del Manierismo. Si arriva poi al celeberrimo Mercurio volante dove l’idea di velocità e leggerezza viene risolta attraverso il movimento a spirale di scatto verso l’alto, trovando sempre quella perfezione della forma espressa attraverso riferimenti iconografici consoni alla rappresentazione che lo scultore voleva dare. Giambologna, in questo caso, ha conferito alla divinità non il significato più antico di dio dei pastori e delle greggi, ma quello di protettore delle vie, di compagno dei viaggiatori e soprattutto di messaggero divino e personificazione della sapienza.

Superata questa sezione e visitato il cortile si sale al loggiato del palazzo dove vi sono i bronzetti degli animali per la grotta della villa medicea di Castello. Ancora una volta il maestro fiammingo ci impone una lezione: gli animali sono riprodotti perfettamente seguendo i principi naturalistici dei ritratti dal vero. Peccato che tale magnificenza trovi alloggio in un allestimento a dir poco imbarazzante: nell’illusione di ricreare il contesto della grotta, i poveri animali sono stati sistemati su delle rocce di plastica, degne di un presepe – ma non napoletano – e circondati da felci ed edera in plastica. Davvero un dispiacere in una così bella mostra vedere mortificati tali capolavori.

Tornando invece al pian terreno entriamo nella sala della grande scultura del Rinascimento e la presenza, in questo caso, ingombrante del Bacco ebbro di Michelangelo ci accoglie, stordendoci con il suo incedere incerto. Le ultime due sezioni della mostra, molto belle e di straordinario interesse, sono dedicate alle commissioni per Francesco I e Ferdinando I, e in particolare l’ultima dedicata al monumento equestre. Proprio questa tipologia di rappresentazione del condottiero a cavallo risulta una delle più geniali invenzioni di Giambologna, al pari del riferimento per eccellenza, il Marco Aurelio del Campidoglio. Presenti anche modelli dei successivi monumenti equestri, da quelli di Pietro Tacca e quello del Bernini, non capito dalla grandeur francese al tempo di Luigi XIV che lo relegò in un angolo del parco di Versailles.

Uscendo dalla mostra ci sentiamo certamente più ricchi di prima e felici di non essere stati tratti in inganno, come sempre più spesso accade quando i nomi di grandi artisti fungono da specchietti per le allodole. Nonostante il grande afflusso di visitatori, quasi mille al giorno, la visita a uno dei musei più belli d’Italia – accanto a Giambologna sfilano di fronte a noi opere di Donatello, Verrocchio, i della Robbia, Michelangelo, quel grande scultore non ricordato da molti che è Vincenzo Danti e altri ancora – risulta un’esperienza che rimarrà impressa a lungo nella nostra memoria.

Per una volta utile e ben fatto è anche il sito della mostra, che assieme a informazioni tecniche generali su catalogo e visite, e alla presentazione dell’evento, offre una selezione di schede delle opere esposte, con discrete immagini di corredo e strutturata secondo il criterio delle “stanze” espositive (Il confronto con i maestri, Wunderkammer, Giambologna scultore di Francesco I, Nel giardino del principe. Giambologna inventore di fontane, Giambologna al servizio di Ferdinando I).

English abstract

Review of the exhibition entitled Giambologna, the gods, the heroes. Genesis and fortune of a European style in sculpture, held in Florence, at the Bargello National Museum, from 2 March to 15 June 2006.

 

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Per citare questo articolo / To cite this article: A. Salvadori, Giambologna al Bargello, una mostra che mantiene le promesse. Recensione di: Giambologna, gli dei, gl​i eroi. Genesi e fortuna di uno stile europeo nella scultura, Firenze, Museo Nazionale del Bargello 2 marzo-15 giugno 2006, “La Rivista di Engramma” n. 48, maggio 2006, pp. 13-16. | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2006.48.0002