"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

210 | marzo 2024

97888948401

L’incontro mancato

I CCCP e Aldino Togliatti

Ivan Carozzi

English abstract

Una copia del “Renmin Ribao”, quotidiano del Partito comunista cinese.

Una frase si staglia sulla copertina del primo album dei CCCP. È il titolo del disco 1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età. Che cosa vollero fare e dire i CCCP, andando a ricostruire con tanta cura ed esattezza un frammento del lessico della tradizione comunista, plagiandone lo stile marziale e burocratico tipico dei vecchi documenti del Cominform, con i quali si dettava la linea del movimento comunista mondiale?

Per trovare una risposta occorre tornare nella Cina di Mao Tse Tung e aprire la copia del 31 dicembre 1962 del quotidiano “Renmin ribao”, organo del Partito comunista cinese. Quel giorno il quotidiano pubblicò un editoriale molto ostile a Togliatti, dal titolo “Le divergenze fra il compagno Togliatti e noi”. L’editoriale era la replica risentita del Partito comunista cinese (forte dell’avallo di Mao, probabilmente) al dibattito che si era aperto agli inizi di dicembre a Roma, nel contesto del X congresso del Pci (l’ultimo a cui partecipò Togliatti). Nel corso del congresso il Pci aveva confermato la propria fedeltà al Pcus e a Mosca nella controversia che vedeva opposte la Cina e l’Unione Sovietica, laddove la prima accusava la seconda di revisionismo. L’articolo iniziava con una carezza: “Il Partito comunista italiano è un partito con una gloriosa storia di lotte nelle file del movimento comunista internazionale”. Per poi mostrare i propri sentimenti feriti:

Con nostro dispiacere e contro le nostre speranze, il compagno Togliatti e certi altri dirigenti del Partito comunista italiano hanno attaccato brutalmente il Partito comunista cinese e altri partiti fratelli, su una serie di importanti questioni di principio (Gabriele, Gallerano, Savelli 1963).

La stampa cinese tornò ad attaccare Togliatti nel febbraio del 1963 con un secondo editoriale, Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi. Da parte dei CCCP non vi fu certo l’intenzione di posizionarsi all’interno di una disputa tra marxismi, per di più a distanza di vent’anni. Il proposito dei CCCP, in realtà, non poteva che essere di natura mitopoietica, avendo scelto di cominciare il proprio percorso nel segno di Togliatti, vedendo in Togliatti la forza particolare di un’icona e di un sigillo.

La prima pagina del quotidiano “l’Unità” il giorno del funerali di Palmiro Togliatti.

La storia dei CCCP inizia quindi sotto l’egida di Palmiro Togliatti. Della figura di Togliatti vengono evocate la centralità, il prestigio, l’autorità, il rilievo, nonché l’effigie. Il volto di Togliatti, infatti, è ritratto in copertina. Si trova all’interno di un tondo che domina il resto dell’immagine. Nei testi delle canzoni non c’è traccia di Togliatti, in realtà, così come non si danno campionamenti della sua voce, dei comizi o delle tribune televisive, eppure titolo e copertina sono sufficienti a evocarne lo spettro e a rendere la sua presenza immanente all’oggetto discografico. L’ombra del Migliore avvolge l’album di debutto del gruppo. È al cospetto della ieratica e carismatica icona di Togliatti che i CCCP nascono e inaugurano il proprio discorso poetico.

Quando Palmiro Togliatti muore a Yalta, nel 1964, durante un’ultima missione in Unione Sovietica, Annarella e Fatur dormono ancora nelle loro culle, mentre Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti sono un po’ più cresciutelli. Ferretti ha undici anni e Zamboni sette. Sembra di vederli con i pantaloni corti, nell’agosto 1964, mentre in una piazza di Reggio Emilia, o sull’Appennino tosco-emiliano, sfogliano una copia de “l’Unità”, turbati e rapiti di fronte alla grande foto in prima pagina dei maestosi funerali romani di Togliatti e al titolo Eravamo un milione a dargli l’estremo addio.

Molti anni più tardi Ferretti lavorerà come operatore psichiatrico a Reggio Emilia. In seguito i CCCP racconteranno di essere stati influenzati dall’amicizia con uno psichiatra reggiano, Benedetto Valdesalici. Valdesalici fu complice dei CCCP in un progetto artistico parallelo, chiamato Sezione Lombroso. La Sezione Lombroso produsse comunicati, fogli volanti, fanzine, cartoline e gadget illustrati con immagini dello psicanalista Bruno Bettelheim e degli psichiatri David Cooper e Ronald Laing. Lo racconta lo stesso Valdesalici in un’intervista. Lo sguardo verso la dimensione dell’angoscia (“mi annoio normalmente mortalmente”) e verso il tema della salute mentale affiora anche nel disco d’esordio dei CCCP, Affinità-divergenze. Il nome di tre psicofarmaci ispira il titolo di una canzone: Valium Tavor Serenase (“il Valium mi rilassa, il Serenase mi stende, il Tavor mi riprende”). Un quarto psicofarmaco, il “Roipnol”, è menzionato nel brano che chiude il disco, Emilia paranoica (“Il Roipnol fa un casino se mescolato all’alcol”). E poi c’è un brano sulla coppia malattia e guarigione: Curami. Tra i diversi e opposti elementi che vengono a frizione nell’originale miscela poetica di Affinità-divergenze, il totem Togliatti convive con la suggestione lancinante del disagio psichico e dello psicofarmaco. Solo un gruppo di punk alienati della disagiata provincia emiliana, vivi nella temperie postmoderna degli anni Ottanta italiani, poteva intuire, vedere, proporre la potenza dirompente e incongruente di questo singolare scontro-abbraccio fra immaginari, così diseguali e distanti, come il comunismo di Palmiro Togliatti e il disturbo psichico, rintracciabile in un pugno di versi scarnificati e lunatici. Considerato questo insieme di circostanze, può essere intrigante procedere come autori di fanfiction e arricchire, complicare, completare, proseguire il lavoro poetico di Ferretti, Zamboni, Annarella e Fatur, tornando su una particolare parabola umana, capace di risuonare nel loro teatro mentale. Di quale parabola umana parliamo? Parliamo qui della vicenda di Aldo, detto Aldino, figlio di Palmiro Togliatti e Rita Montagnana, nato nel 1925 e scomparso a 85 anni nel 2011. Fino al giorno della sua morte, infatti, Aldo aveva vissuto nella Emilia dei CCCP, a Modena, ospite di una struttura per pazienti psichiatrici, Villa Igea, dove era entrato nel lontano 1979.

L’attore James Dean, scomparso nel 1955.

Chi era Aldo Togliatti? Di lui sono rimaste ben poche immagini. Una certa somiglianza fisica tra Aldo Togliatti e il padre è innegabile, per quanto in alcune foto Aldo somigli a qualcuno che invece non somiglia per niente al padre: un simbolo dell’inquietudine e della ribellione, l’interprete di Gioventù bruciata, cioè l’attore americano James Dean. Si può notare una curiosa somiglianza tra i due soprattutto negli scatti dove James Dean indossa un paio di occhiali da vista e posa da intellettuale, probabilmente influenzato dalla sottocultura hipster degli anni Quaranta e Cinquanta e dalla nascente eresia Beat. Come Dean, Togliatti junior indossa un paio di occhiali da vista – la montatura è simile – è sbarbato e porta un bel ciuffo di capelli alto sulla fronte scoperta. Come Dean, anche Aldo nella foto sembra alla ricerca di un contegno, di una maniera, di una propria forma di essere, forse nel malcelato tentativo di darsi un tono e apparire, chissà, come un aspirante intellettuale. Ma in entrambi la spinta ad apparire rivela, più che l’ambizione, un affanno, una mancanza, un tratto di indecisione e vulnerabilità.

L’infanzia e la giovinezza di Aldo, nato mentre il padre era in carcere, sono state caratterizzate da un singolare cosmopolitismo di stampo comunista e dalla dolorosa lontananza dai genitori, entrambi impegnati nella lotta antifascista. Visse da bambino in Francia, dove imparò il francese, poi a lungo in Unione Sovietica, dove studiò presso l’Interdom, a Ivanovo, un convitto di Stato a 300 chilometri da Mosca, dove studiarono i figli di diversi leader e attivisti comunisti e antifascisti, provenienti da paesi come la Spagna, la Grecia, la Francia e l’Austria. A Ivanovo studiarono i figli di Mao Tse Tung, di Josip Tito, di Zhou Enlai, di Dolores Ibarruri e di altri antifascisti italiani come Domenico Ciufoli. Al momento del rientro in Italia, Palmiro Togliatti e Rita Montagnana non erano più una coppia. Era invece nata una nuova coppia, quella tra Togliatti e la comunista Nilde Jotti, di ventisette anni più giovane del Migliore, nata a Reggio Emilia nel 1920. Togliatti e Jotti nel 1950 adotteranno una bambina di 6 anni, modenese, Marisa Malagoli.

La storia di Aldo Togliatti è stata ricostruita nel libro Un’altra parte del mondo, scritto dallo psicologo e giornalista Massimo Cirri (Cirri 2016). Giorgio Bocca, nella monumentale biografia su Palmiro Togliatti, dedica al figlio Aldo solo qualche capoverso:

Fra Togliatti e la Montagnana al momento del rientro in Italia non esistono quasi più interessi comuni, salvo il dolore per la salute del figlio Aldo. Intelligente, sensibile, colto, ha trascorso una fanciullezza e una gioventù tristissime: quasi sempre solo, affidato a gente che ha altro da fare che curarsi della sua educazione, a collegi sovietici, a famiglie di compagni. La Noce (Teresa Noce, antifascista e fondatrice del Partito comunista italiano, ndr) ricorderà di averlo incontrato un giorno, triste e pensieroso, nella hall dell’hotel Lux. “Cosa c’è Aldino? Perché sei così triste?” “Non so”, risponde lui, “ma dimmi, perché le altre mamme e gli altri papà stanno sempre con i loro bambini e io sono sempre solo?”. Non è l’unico figlio di rivoluzionari ad avere una simile adolescenza. […] Al rientro in Italia Aldino va a Torino presso la zia Maria Cristina, cui Palmiro ha confidato: “Ha letto più libri di me. È bravo, ma non riesco a capirlo. Vorrei che prendesse la laurea, che si facesse una vita, ma ha terrore degli altri, rifiuta la comunicazione”. “Ne parlammo a lungo”, dice il fratello Eugenio, “la prima volta che ci trovammo a passare le vacanze a Cogne. Era il vero dramma della sua vita, ne provava un dolore grandissimo. Sapeva che c’era poco da fare, dopo essere ricorso ai maggiori specialisti italiani e sovietici”. La frequentazione universitaria di Aldino dura poco. Segue le lezioni al Politecnico dal banco più alto e lontano, portandosi un binocolo per riuscire a vedere ciò che scrivono sulla lavagna; solo con le cugine ha qualche momento di tenerezza, di apertura, ma presto ricade nei suoi silenzi. Gli trovano un impiego alla Società idroelettrica piemontese e per qualche tempo lo si vede al ristorante di via Canelli frequentato dai compagni, ma anche i loro saluti lo mettono in imbarazzo. La rivelazione pubblica della malattia avviene a Roma, un giorno che se ne va senza lasciar detto nulla da casa ed è trovato l’indomani a Civitavecchia, smemorato. Il marinaio di una nave olandese dice che il ragazzo gli si è avvicinato per chiedere due o tre volte “di esser portato via” (Bocca [1973] 2014).

L’articolo pubblicato sul settimanale “Il candido”.

Al porto di Civitavecchia, una notte del 1958, pare che Aldino stesse cercando una nave in partenza per gli Stati Uniti. Pare che nel buio facesse avanti e indietro, impaziente, lungo il molo. Il settimanale “Il candido” titola: Il figlio di Togliatti sembra un personaggio di Dostoievski. Gli ex colleghi della Società idroelettrica piemontese, infatti, raccontano al settimanale che Aldo “non scambia mai parola con nessuno, non saluta mai. Nei momenti di buonumore, quando gli altri scherzano o raccontano barzellette, si mette in posizione di difesa, pare che non sappia neanche sorridere. È un personaggio di Dostoievski”. A Roma vive con la madre nella palazzina di via Pavia 4, nel quartiere Nomentano, dove abitano altri funzionari del Pci. Tutti guardano Aldo con curiosità, forse con malizia, lo soppesano, cercano d’indovinare chi è l’alieno, il curioso extraterrestre che incontrano ogni tanto per le scale, provando a capire che cosa avrà preso dal padre, o quale sarà la ragione della differenza dal padre, ma Aldo, ombroso, rade la parete, tira dritto e non parla mai con nessuno. La diagnosi è di “schizofrenia con spunti autistici”.

Sulla figura di Aldo Togliatti regnerà un assoluto riserbo. È la cortina di silenzio che all’epoca, prima della riforma Basaglia, circonda il disagio psichico. La cortina è resa ancora più fitta dalla circostanza del legame tra il sofferente e un leader politico di caratura internazionale. Nei giorni della morte di Palmiro Togliatti, su “l’Unità” trovano ampio spazio le condoglianze spedite dalle segreterie dei partiti comunisti di tutto il pianeta, dalla Mongolia alla Nuova Zelanda, dal Cile all’Angola, oltre alle decine di telegrammi spediti da tutto il mondo della cultura italiana, mentre, nelle cronache dell’evento, al figlio Aldo “l’Unità” riserva giusto un rigo. Ai funerali Aldo si presenta insieme a Rita, la madre (che non lo abbandonerà mai). I due in seguito si trasferiranno a vivere a Torino, in un appartamento dove gli viene consegnata la “Pravda”, il quotidiano sovietico di cui sono lettori abbonati.

Villa Igea, la clinica di Modena in cui è stato ospite Aldo Togliatti fino alla scomparsa nel 2012.

Poco dopo la scomparsa della madre, nel 1979, Aldo verrà ritrovato – non si sa come ci è finito – al porto di Le Havre, nel nord della Francia, probabilmente di nuovo spinto da una fantasia, da un’improvvisa smania d’imbarcarsi. Dopo l’episodio verrà trasferito a Villa Igea, una clinica privata di Modena, dove resterà per oltre trent’anni, fino alla morte nel 2011, visitato due volte alla settimana da un compagno della federazione locale del Pci, un certo Onelio Pini. Il lontano giorno dei funerali del padre, nell’agosto del 1964, era stata per Aldo l’ultima apparizione pubblica. A Villa Igea passava il tempo giocando a scacchi e riempiendo i cruciverba della “Settimana enigmistica”, due passioni che erano appartenute anche al padre. Dopo la morte di Onelio Pini, Aldo aveva stabilito un legame di amicizia con un’infermiera, una certa Marisa. Forse a causa dell’omonimia, Aldo la scambiava per la sorellastra, la bambina adottata da Togliatti e Nilde Jotti, Marisa Malagoli, la quale, curiosamente, diventerà un’importante neuropsichiatra.

Viste le assonanze in gioco fra la vicenda di Aldo Togliatti e il mondo dei CCCP, viene spontaneo chiedersi se i CCCP, Ferretti, Zamboni, Annarella e Fatur, e magari anche il loro sodale, lo psichiatra Valdesalici, fossero a conoscenza dell’esistenza del figlio del Migliore, paziente affetto da “schizofrenia con spunti autistici”, a lungo degente nel cuore della loro Emilia paranoica. È un peccato che non si siano mai incontrati, magari per una bella foto ricordo.

Riferimenti bibliografici
  • Bocca [1973] 2014
    G. Bocca, Togliatti, Milano 2014.
  • Cirri 2016
    M. Cirri, Un’altra parte del mondo, Milano 2016.
  • Gabriele, Gallerano, Savelli 1963
    R. Gabriele, N. Gallerano, G. Savelli (a cura di), Dossier dei comunisti cinesi, Roma 1963.
English abstract

The figure of Palmiro Togliatti and psychological distress are recurring elements in the poetics of CCCP. That's why it’s a shame that Ferretti, Zamboni, Fatur and Annarella never met Aldino, the son of Palmiro Togliatti who was hospitalized in Modena for a long time.

keywords | Palmiro Togliatti; Aldino Togliatti; PCI; Villa Igea.

questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e all'international advisory board della rivista

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2024.210.0002