I film di Guido Ucelli
Film, fotografie e documentazione preservati nell’Archivio del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia di Milano
Ilaria Grippa, Paola Redemagni*
English abstract
*Le osservazioni qui presentate derivano da un’indagine archivistica in corso condotta dalle autrici sul Fondo Carla e Guido Ucelli di Nemi, conservato presso l’Archivio del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. In particolare, si segnala che il paragrafo introduttivo Guido Ucelli tra tecnica, immagini e memoria storica è frutto del lavoro congiunto delle autrici. Il paragrafo Documentare l’impresa, costruire la memoria. Il Fondo Carla e Guido Ucelli di Nemi e il Fondo Navi di Nemi è attribuito a Paola Redemagni, mentre il paragrafo Propaganda, educazione e divulgazione. L’uso dei film di Guido Ucelli è attribuito a Ilaria Grippa. Infine, le Conclusioni, a cura delle autrici, raccolgono le riflessioni emerse dall’indagine e le ipotesi discusse nel contributo, con l’auspicio di proseguire la ricerca e approfondire ulteriormente il tema.
I. Guido Ucelli tra tecnica, immagini e memoria storica

1 | Corrado Ricci illustra l’impresa archeologica al principe ereditario di Svezia Gustavo Adolfo. A desta Guido Ucelli con la cinepresa in mano e sullo sfondo le alte strutture della prima nave, da Ucelli [1950] 1996, fig. 53, p. 59. In ASMUST, Archivio fotografico, Fondo Navi di Nemi, 1928-1929.
Guido Ucelli, figura di spicco nel panorama tecnico e culturale del Novecento italiano, riconobbe fin da subito il valore dello strumento visivo – cinema e fotografia – non soltanto come mezzo di documentazione, ma come veicolo privilegiato per la comunicazione e la divulgazione del sapere scientifico e tecnico. Fin dalla giovinezza, questa attenzione per le immagini si intrecciò profondamente con la sua attività di ingegnere e promotore culturale, in un’epoca – soprattutto quella degli anni Venti – segnata da radicali trasformazioni industriali, sociali ed economiche. Convinto che l’immagine dovesse essere esteticamente controllata e narrativamente efficace, Ucelli ne fece uno strumento di mediazione tra linguaggio tecnico, culturale e pubblico. Questo equilibrio tra documentazione e divulgazione emerge chiaramente dai materiali conservati presso l’Archivio del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano (d’ora in poi ASMUST), che raccoglie, tra questi, anche strumenti a lui appartenuti – macchine fotografiche, cineprese, pellicole – accanto a un corpus eterogeneo di fotografie (diapositive, album, stampe) (Pietrangeli, Redemagni 2023; Pietrangeli, Redemagni 2024).
La passione per la fotografia e l’interesse per il mezzo fotografico e cinematografico, infatti, accompagnò Ucelli lungo tutto il corso della sua vita assumendo, di volta in volta, aspetti differenti. Dai racconti della figlia Pia tramandati alla nipote Giovanna Majno[1] sappiamo che durante gli anni di frequenza del Politecnico di Milano aveva convinto la padrona di casa a lasciargli allestire nell’appartamento una vera e propria camera oscura in cui sperimentare le tecniche di sviluppo e stampa. Già alla guida di un’importante industria – la Costruzioni Meccaniche Riva – comprendendo il valore di una efficace comunicazione visiva d’impresa, investì in campagne fotografiche affidate allo Studio fotografico Sella, che oltre a illustrare le pubblicazioni aziendali, andarono a costituire un importante archivio visivo dei prodotti Riva[2]. Ucelli si preoccupò anche di documentare attraverso riprese cinematografiche sia i processi produttivi che l’abbattimento della vecchia sede aziendale, fortemente danneggiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, e la costruzione del nuovo impianto, arrivando fino ad affidare nel 1957 a un giovane Ermanno Olmi la realizzazione di uno dei più noti film industriali italiani: Costruzioni Meccaniche Riva.
Nel 1953, quando aprì finalmente al pubblico quello che allora venne chiamato Museo della Scienza e della Tecnica, che Ucelli progettava da oltre vent’anni, egli si preoccupò di dotarlo fin da subito di un’ampia sala cinematografica, un unicum nel panorama museale italiano: dotata di ben 653 posti, possedeva due differenti proiettori per pellicole da 35mm e 16mm e un moderno sistema audio. Alla realizzazione del progetto per il cinema museale contribuirono diversi esponenti della borghesia milanese e amici personali di Ucelli, fra i fondatori del Museo. La sala fu progettata dall’architetto Piero Portaluppi (1888-1967), che con Ferdinando Reggiori ed Enrico Griffini aveva restaurato il monastero olivetano di San Vittore, sede del museo. Lo stesso Portaluppi, professore al Politecnico di Milano, era anche un prolifico cineasta amatoriale (Casonato, Canadelli 2018, 77-93). Il presidente di Cinemeccanica – azienda leader nella produzione di proiettori cinematografici ancora oggi in attività[3] – che fornì il sistema audio e il proiettore 35mm, era Francesco Mauro (1887-1952): poliedrico ingegnere, già compagno di studi di Ucelli al Politecnico di Milano, che si interessò tra l’altro di pedagogia cinematografica (Mauro [1961] 2018). Tutti loro erano interessati al grande potenziale del cinema come strumento efficace per l’educazione, la divulgazione e la ricerca, in dialogo con altre competenze e campi del sapere (Casonato, Canadelli 2018, 77-93; Casonato, Canadelli 2019, 119-126). La sala cinematografica fu inaugurata ufficialmente il 13 aprile 1954, alla presenza del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, con la proiezione del documentario Sesto Continente, opera prima del ventiquattrenne Folco Quilici, il primo film a colori nella storia della cinematografia subacquea italiana che mostrava le riprese della Spedizione Subacquea Nazionale nel Mar Rosso. La programmazione cinematografica stabile ebbe inizio nell’autunno del 1954. Da quel momento, il museo offrì quotidianamente un’ampia selezione di proiezioni cinematografiche, incluse nel biglietto d’ingresso, rivolte sia al pubblico delle scuole che ai visitatori generici. Le proiezioni si svolgevano sei giorni alla settimana.
Questa attività ha lasciato al museo un fondo archivistico che conserva la corrispondenza con le case di produzione, l’attività relativa a programmazione e pubblicità, i registri SIAE (1961-1979) e i registri di carico e scarico dei biglietti per le imprese di pubblici spettacoli (1962-1977), materiali che consentono di ricostruire l’intera programmazione (l’inventario della documentazione è interamente consultabile online nel sito dell’archivio del museo).
Gli archivi conservano anche un fondo di oltre 280 pellicole in nitrato e acetato depositate dal 2023, grazie a una convenzione, presso l’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa di Ivrea. Testimoniano la ricchezza dell’offerta: documentari scientifici e d’arte, cortometraggi e film industriali riconducibili a realtà quali Ansaldo, Breda, Fiat, Impregilo, Italsider, Montecatini, Olivetti, Shell; numerose pellicole dedicate alle missioni spaziali Apollo, Gemini, Voyager ma anche film di finzione. A partire dal 1960 il museo organizzava, infatti, anche vere e proprie rassegne cinematografiche dedicate ad autori italiani e stranieri (Luchino Visconti, Mario Monicelli, Ingmar Bergman), al cinema internazionale (francese, svedese, polacco, giapponese e sovietico), a temi storici (Risorgimento e Resistenza) e sociali (le problematiche giovanili) ma anche rassegne tematiche (Vecchia America, Favola e magia nella fantascienza, Tendenze del giallo americano), oltre a ospitare l’importante “Mostra Internazionale del film scientifico”. Per poter informare adeguatamente il proprio pubblico, si cominciò dapprima a stampare e distribuire un semplice volantino contenente l’indicazione delle rassegne in programmazione, comprensiva di titoli e date, poi, a partire dal 1961, “Museoscienza”, il notiziario mensile gratuito dalle cui pagine critici e divulgatori commentavano le rassegne, e che in seguito sarebbe diventato la rivista del museo (Buridan 1962, 14-31).
A partire dall’anno seguente, la sala cinema fu affiancata da una sezione museale dedicata alla foto-cinematografia, che ne forniva un’introduzione di tipo tecnologico e che era posizionata accanto all’ingresso superiore alla balconata, in perfetta continuità concettuale e spaziale (Curti 1978, 63-70). Si realizzava quindi quanto Ucelli aveva auspicato nel corso dell’incontro International Council of Museums, Musées, film et television, tenutosi a Bruxelles nel luglio 1958: l’inserimento a pieno titolo nell’organizzazione di un museo vivo e moderno dei più aggiornati strumenti di comunicazione, destinati a rivestire una parte sempre più importante nella vita quotidiana, stabilendo un’alleanza mediatica tra scienza, cinema, educazione e museo (Casonato, Canadelli 2018, 77-93; ASMUST, Archivio Icom, Congressi, b. 10 Congresso Parigi 1951, Congresso Bruxelles 1958).
Una delle esperienze più emblematiche in questo senso è rappresentata dal progetto di recupero delle navi di Nemi (1928-1932). In quell’occasione, Ucelli comprese immediatamente l’importanza di affiancare alla narrazione tecnica una documentazione visiva sistematica, promuovendo la produzione di fotografie, filmati e diapositive anche in collaborazione con l’Istituto Luce (Pietrangeli, Redemagni 2024, 68-70). Questo materiale – impiegato in conferenze, lezioni e manifestazioni pubbliche, dai convegni internazionali alle serate del Dopolavoro – fu prodotto e diffuso fino al 1942 e testimonia non solo lo sviluppo del cantiere e le fasi di recupero archeologico, ma anche la costruzione consapevole di un racconto pubblico dell’impresa, calibrato nella composizione estetica e nella sua struttura narrativa.
A distanza di oltre settant’anni, la riscoperta da parte della famiglia – avvenuta nel 2007 – di circa 535 bobine di pellicola cinematografica, conservate in un armadio di legno nell’abitazione milanese dell’ingegnere, ha restituito una documentazione visiva finora inedita e poco nota. In larga parte si tratta di pellicole in nitrato di cellulosa da 35mm, per circa l’80% negativi, datate 1926-1937 (Pavesi 2011, 203-205). Accanto ai materiali filmici, il fondo comprendeva etichette, didascalie manoscritte, appunti tecnici [Fig. 4]: un corredo paratestuale che consente di ricostruire le modalità di produzione, organizzazione e utilizzo del materiale visivo da parte di Ucelli. Il primo censimento fu affidato a Carlo Alzati, che ne documentò lo stato di conservazione: sebbene alcuni contenitori metallici presentassero danni da ruggine, le pellicole risultarono in buone condizioni. Nel 2009 su incarico degli eredi, Alzati e Antonella Bilotto avviarono un accurato lavoro di messa in sicurezza: le bobine furono esaminate sotto luce controllata, riordinate e trasferite in contenitori plastici semiopachi (Alzati 2007). Nel 2009, per volere della famiglia, il fondo fu trasferito in deposito alla Cineteca di Milano, dove venne effettuato, laddove fu possibile per lo stato conservativo, il rimontaggio dei rotoli in bobine da 200 metri e il riversamento digitale in formato betacam attraverso telecinema (Pavesi 2011, 205-206).
Il Fondo cinematografico di Guido Ucelli si configura oggi come uno dei più rilevanti esempi di cinema d’impresa e documentazione tecnico-scientifica del primo Novecento. Una prima ricognizione, seguita da uno studio sistematico, ha permesso di distinguere tre sezioni principali: cinema familiare, con riprese di momenti privati, viaggi e vacanze condivise con la moglie Carla, i figli, amici e parenti. Le località spaziano da mete italiane come Paraggi e Sestriere a destinazioni internazionali, tra cui l’Africa e l’Unione Sovietica; cinema d’impresa, che documenta i processi produttivi della Riva-Calzoni e attività ingegneristiche all’estero, come le riprese della diga di Assuan in Egitto, con particolare attenzione alle tecnologie idrauliche per la trasmissione e il controllo della potenza; e infine, documentazione del recupero delle navi di Nemi, forse il nucleo più emblematico perché raccoglie tutte le sequenze che illustrano le fasi dell’impresa archeologica, dal trasporto dei macchinari idrovori (pompe e turbine), alla sistemazione dell’emissario, dall’inaugurazione alla presenza di Benito Mussolini (20 gennaio 1928), fino all’emersione delle navi e alla loro sistemazione provvisoria negli hangar offerti dall’aeronautica militare.
II. Documentare l’impresa, costruire la memoria. Il Fondo Carla e Guido Ucelli di Nemi e il Fondo Navi di Nemi

2 | Alaggio delle navi di Nemi, diapositive di Guido Ucelli, vetro 8x8 cm. In ASMUST, Archivio fotografico, Carla e Guido Ucelli di Nemi.
La maggior parte della documentazione collegata all’impresa di Nemi – documenti, fotografie e filmati – si trova oggi presso l’ASMUST. Si tratta di un articolato complesso documentario, composto da materiali di varia provenienza che si integrano reciprocamente. Il fatto che gli archivi del museo conservino la documentazione relativa all’operato di Guido Ucelli e ai vari aspetti della sua vita professionale e privata, compresa l’impresa di Nemi, non è casuale: infatti lo stesso Ucelli fu al contempo l’ideatore e promotore tanto del museo che del recupero delle navi romane, oltre a ricoprire il ruolo di consigliere delegato della ditta Costruzioni Meccaniche Riva, che rese possibile quel recupero.
Il presente contributo si inserisce all’interno di un’indagine archivistica in corso, con l’obiettivo di evidenziare le molteplici connessioni tra scrittura, immagine e narrazione tecnica e con l’intento di far emergere il dialogo tra i fondi preservati all’ASMUST e in particolare il Fondo Navi di Nemi e il Fondo Carla e Guido Ucelli di Nemi. Questi fondi, messi in dialogo, riescono a restituire l’unitarietà dell’azione di Guido Ucelli in tutte le fasi che hanno caratterizzato una delle imprese di recupero archeologico più importanti della prima metà del Novecento italiano. Inoltre, la complementarità con il Fondo fotografico consente una lettura integrata dei suoi progetti, non solo sul piano operativo ma anche su quello comunicativo e simbolico.
Un primo nucleo documentale Navi di Nemi comprende 45 buste e copre un arco cronologico compreso tra il 1895 e il 1947, ed è articolato in cinque serie: corrispondenza (con il Governo, i Ministeri e le Istituzioni del tempo, con amici e personalità della cultura); materiali preparatori per il volume Le Navi di Nemi – pubblicato in diverse edizioni dal Poligrafico e Zecca dello Stato a partire dal 1940; materiali relativi alle diverse mostre in cui i reperti vengono esposti e alle molte conferenze tenute in contesto nazionale e internazionale; una parte di regesto di documentazione del recupero delle navi, comprensiva di relazioni tecniche, documenti amministrativi, disegni tecnici, preventivi; un’ultima serie comprendente una ricca rassegna stampa. Alla parte documentale si aggiunge una sezione fotografica comprendente circa 200 lastre negative con le relative stampe, coincidenti per la maggior parte con il corredo iconografico presente nel volume.
Un secondo nucleo documentale è rappresentato dalla partizione Recupero delle navi nel lago di Nemi (1926-1957) dell’archivio Carla e Guido Ucelli di Nemi: un archivio ancora poco studiato nella sua interezza, ma che già a una prima analisi rivela una ricchezza straordinaria di materiali. Proveniente dall’abitazione di famiglia e donato dagli eredi al museo nel 2014, questo archivio si compone di materiali eterogenei: documenti manoscritti, corrispondenza, relazioni tecniche, taccuini di viaggio, appunti e documentazioni familiari, migliaia di fototipi tra lastre, diapositive, stampe e album che restituiscono la complessità del profilo di Ucelli: ingegnere, imprenditore e promotore culturale. La partizione relativa a Nemi comprende 8 buste e l’intera campagna fotografica che accompagnò i lavori di recupero e che documenta in modo sistematico le fasi dell’impresa tra il 1928 e il 1932: oggi rappresenta una delle raccolte fotografiche più complete relative a un cantiere archeologico-industriale del primo Novecento (Pietrangeli, Redemagni 2023, 101-107). Si segnala in particolare la presenza di quattro scatole di legno contenenti oltre 200 diapositive in vetro (8×8 cm), utilizzate da Ucelli per conferenze e convegni, sia in Italia sia all’estero.
I discorsi scritti conservati in archivio (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Mostre, b. 27 Conferenze) sono regolarmente accompagnati da elenchi delle immagini da proiettare, segnalate già all’inizio del testo, a dimostrazione della centralità assegnata all’apparato visivo (Pietrangeli, Redemagni 2024, 70). Le proiezioni, spesso accompagnate da cinematografie realizzate in collaborazione con l’Istituto Luce, prevedevano l’impiego congiunto di proiettori per diapositive e pellicole. Le stesse diapositive furono utilizzate anche come cliché per pubblicazioni a stampa o come modelli per l’allestimento museale delle navi romane, per realizzare dettagli ingranditi e incorniciati destinati all’esposizione. Questo insieme di materiali – fotografici, documentari e tecnici – consente oggi di ricostruire non solo l’impresa di Nemi, ma anche la costruzione di un linguaggio visivo moderno, attraverso il quale Ucelli elaborò una precisa idea di cultura della tecnica, fondata sull’integrazione tra divulgazione, rappresentazione e memoria (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Mostre, b. 30 Disegni e rilievi (Gatti-Tassan); ASMUST, Archivio Carla e Guido Ucelli di Nemi, Vita professionale, attività e imprese, b. 52 Corrispondenza con Fiorenzo Tassan, fasc. 1).
III. Propaganda, educazione e divulgazione. L’uso dei film di Guido Ucelli

3 | Visita del Duce e delle alte autorità in occasione dell’inaugurazione del Museo delle Navi di Nemi, 21 aprile 1940. In ASMUST, Archivio fotografico, Carla e Guido Ucelli di Nemi.
Figura chiave sia come ingegnere e amministratore delegato della Riva-Calzoni, sia come membro delle Commissioni preposte per l’impresa di recupero delle navi romane, Ucelli comprese fin da subito il potenziale della comunicazione visiva nella costruzione di un immaginario tecnico e scientifico moderno. Il film, come la fotografia, costituivano per lui strumenti fondamentali per promuovere l’impresa non solo come intervento archeologico, ma anche come impresa ingegneristica, capace di valorizzare le competenze della Riva-Calzoni. A tale visione tecnico-divulgativa si affiancava però quella del regime, che vide nell’impresa di Nemi l’opportunità di affermare, attraverso le immagini, la continuità simbolica tra Roma imperiale e Italia fascista. La convergenza tra queste due prospettive rese possibile una proficua collaborazione con l’Istituto Luce, concretizzatasi tanto nella realizzazione diretta di sequenze filmiche da parte dello stesso Ucelli quanto nel suo ruolo di coordinamento con la direzione del Luce, cui indicava soggetti, fasi e momenti significativi del recupero (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22 Fotografi-Istituto Luce). A loro volta, i Giornali Luce realizzati tra il 1928 e il 1933 trasformarono il cantiere di Nemi in un evento mediatico dall’alto valore identitario.
L’ampia produzione visiva di Guido Ucelli legata all’impresa di recupero delle navi di Nemi si articola in due principali direzioni: da un lato, i cinegiornali e i filmati ufficiali – spesso frutto della collaborazione con l’Istituto Nazionale Luce – destinati a una diffusione pubblica; dall’altro, un ricco repertorio di riprese e diapositive utilizzate per finalità educative e divulgative, in occasioni come conferenze, convegni e le attività del Dopolavoro (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Mostre, b. 27 Conferenze). Tuttavia, è bene evidenziare che i rapporti fra Luce e Ucelli non furono sempre lineari.
Particolarmente significativa, in questo contesto, è la corrispondenza tra Ucelli e i dirigenti dell’Istituto Luce, che documenta non solo le modalità operative della collaborazione, ma anche la precisa volontà di Ucelli di mantenere il controllo sulla narrazione visiva dell’impresa. In una lettera datata 6 settembre 1929, indirizzata a Alessandro Sardi, allora presidente dell’Istituto Luce, Ucelli dichiarava di aver consegnato all’Istituto circa 1.200 metri di pellicola girata tra il 1928 e il 1929, insistendo sulla gratuità della concessione dei film, effettuata a titolo personale e non in rappresentanza della ditta Riva. Richiedeva esplicitamente che tale gratuità fosse riconosciuta pubblicamente, in analogia con la fornitura – anch’essa gratuita – delle pompe e delle turbine da parte della ditta allo Stato, oggetto della convenzione firmata nel 1928 tra le società promotrici dell’impresa e il Ministero della Pubblica Istruzione (vedi Pietrangeli, Redemagni 2024, 73). La lettera prosegue specificando di concedere “l’uso, ma non il possesso” dei negativi, senza autorizzare la realizzazione di altre copie (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 6 settembre 1929).
In una successiva lettera, datata 14 settembre 1929, Ucelli conferma all’Istituto Luce l’invio di una selezione di negativi, da lui classificati con scrupolo secondo titoli e numeri prestabiliti in accordo con Eugenio Fontana, direttore tecnico della Direzione Generale dell’Istituto Luce, in carica fino alla fine del 1932. Nella stessa comunicazione raccomanda con insistenza la conservazione ordinata dei materiali non utilizzati, così come dei positivi già precedentemente consegnati. Chiede, inoltre, di essere tempestivamente informato non appena sarà pronta la copia della pellicola destinata alla proiezione dinanzi al Duce (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 14 settembre 1929). Tali precauzioni, rivelano oggi un carattere quasi paradossale: nonostante l’accuratezza delle sue indicazioni, molti dei materiali originali inviati all’Istituto Luce risulteranno negli anni successivi dispersi (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22 Fotografi-Istituto LUCE). L’attenzione di Ucelli alla composizione filmica emerge con chiarezza anche in altre lettere, il 1° maggio 1929, l’Istituto Luce trasmette una fattura (n. 851) per una copia del film Lago di Nemi con titoli, tratta dal Giornale Luce n. 304, a conferma del coinvolgimento diretto di Ucelli nella definizione narrativa e visuale delle sequenze (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 1° maggio 1929).
Un’ulteriore conferma si trova in un elenco relativo alla composizione di un film che ne suggerisce una divisione in quattro parti, di cui oggi sono visibili soltanto le prime due. Questo è reperibile presso l’ASMUST e tiene conto della successione dei contenuti del montaggio. La prima parte documenta la fase di avvio del cantiere, con l’ispezione dell’emissario, le immersioni dei palombari, la visita del Duce e la scoperta del primo bronzo nel giugno 1929; la seconda parte è invece dedicata al cuore dell’attività archeologica, con le scoperte successive e il recupero della prima e della seconda nave. L’elenco termina con la voce n. 69, “Ricostruzione della prima nave – modello eseguito a cura del Ministero della Marina” (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22 Fotografi-Istituto LUCE).

4 | Etichette e didascalie ufficiali e scritte a mano afferenti ai film di Guido Ucelli, in ASMUST, Archivio Carla e Guido Ucelli di Nemi, Vita professionale, attività e imprese, b. 70, 1950. Fotografia di Ilaria Grippa, giugno 2025.
All’interno dell’archivio Luce consultabile online questa pellicola non risulta. È presente invece un lungometraggio prodotto nel 1930 in collaborazione tra l’Istituto Luce e la Ariete Film di Berlino, realizzato dai registi Guido Parisch e Fritz Puchstein e intitolato Das Geheimnis vom Nemi-See (I segreti del lago di Nemi) e uscito in Germania nel 1933 . Si tratta di un film totalmente distante dagli intenti narrativi perseguiti da Ucelli nei materiali da lui prodotti: si tratta di un pastiche che comprende scene di rievocazione storica con attori in costume, sequenze documentarie provenienti dai cantieri e rievocazioni dal sapore mitico. I registi utilizzarono alcune delle sequenze girate da Ucelli ma, rispetto ai suoi materiali, il film di Parisch rappresenta un intervento di riscrittura spettacolare e in chiave simbolica del racconto archeologico, in linea con la politica culturale del regime. L’opera rielabora liberamente le fonti visive disponibili, costruendo una narrazione incentrata sul mito e sull’eroismo tecnico, e si pone in forte contrasto con la sobrietà ingegneristica e documentaria delle riprese di Ucelli (su un diverso riuso dei materiali di Nemi si veda anche l’intervista a Gianikian e Ricci Lucchi su Lo specchio di Diana, riedito e con una nota a cura di Filippo Perfetti).
La maggior parte delle sequenze nominate da Ucelli nella sua corrispondenza con il Luce sono invece presenti nel fondo filmico già citato, depositato dalla famiglia presso la Cineteca di Milano. Il contenuto visivo si presenta frammentario e rende difficile identificare cronologicamente e filologicamente le sequenze di tutte le fasi che hanno caratterizzato l’impresa di recupero.
Nel 2024, grazie alla convenzione dell’ASMUST con l’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa di Ivrea, è stata restaurata e digitalizzata una bobina in acetato, un positivo in bianco e nero di 150mt circa, appartenuta a Guido Ucelli e montata dall’Istituto Luce, in cui sono visibili gran parte delle riprese provenienti dal suo archivio personale, completate con quelle girate dagli operatori ufficiali. Sul dorso della scatola metallica in cui è stata conservata la bobina appare la descrizione del contenuto “Lago di Nemi”. Il fatto che in una lettera del 24 gennaio 1930 Ucelli richieda la preparazione dei cartelli “Fine della parte terza” e “Parte quarta” (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 24 gennaio 1930) lascia intendere il proseguimento della pellicola benché ad oggi queste parti non siano state ancora individuate.
Le scene girate da Guido Ucelli riassumono bene le diverse anime che lo abitano. Le inquadrature dedicate ai paesaggi, alla natura e al lago soddisfano la dimensione estetica del cineamatore appassionato. Le stesse inquadrature ritornano anche nelle tante foto che Ucelli scatta personalmente nel corso dei sopralluoghi, in un interesse per l’immagine privo di soluzione di continuità. Le scene dedicate alle opere preparatorie sono realizzate dall’imprenditore scrupoloso, chiamato a rendere conto del proprio operato direttamente al Capo dello Stato. I dettagli dei macchinari sono frutto dell’ingegnere meccanico che ne ammira efficienza e bellezza, mentre le lunghe sequenze dedicate agli impianti – sempre con il marchio Riva bene in evidenza – sono volontà dell’amministratore delegato dell’azienda.
Lo stesso Ucelli compare in alcune brevi inquadrature, tra cui la più curiosa è quella che lo riprende in giacca e cravatta, in equilibrio precario in mezzo al lago, sopra il pontone che trasporta uno dei trasformatori di energia elettrica alla sua destinazione, sorridente e soddisfatto, con la custodia dell’apparecchio fotografico ben stretta nella mano. Infatti, alcune delle attrezzature personali di Ucelli – tra cui una macchina fotografica reflex Mentor 10×15, un apparecchio Ernemann a cassetta e una cinepresa Bolex Paillard 16mm – sono oggi preservate nei depositi dell’ASMUST e, sebbene non esposte al pubblico, costituiscono una testimonianza materiale della cinematografica e fotografica dell’ingegnere, che utilizzò la cinepresa almeno dal 1926 al 1952 (ASMUST, Archivio Carla e Guido di Nemi, Musica, arte, cinema, fotografia e archeologia, b. 77 Fotografia, fasc. 1; ASMUST, Archivio Carla e Guido Ucelli di Nemi, Musica, arte, cinema, fotografia e archeologia, b. 78 I film di Guido Ucelli, fasc. 2).
Parallelamente all’uso propagandistico delle immagini, Guido Ucelli elaborò una propria strategia di divulgazione tecnico-scientifica, incentrata su un uso consapevole dei filmati e delle diapositive in contesti educativi e istituzionali. Il suo archivio conserva numerose testimonianze di conferenze tenute in Italia e all’estero tra il 1929 e il 1942, (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Mostre, b. 27 Conferenze) durante le quali le immagini venivano proiettate in sequenza prestabilita, accompagnate da discorsi scritti che ne guidavano la fruizione.
Nella conferenza organizzata il 27 dicembre 1929 dal Sindacato Fascista Ingegneri e dall’Associazione Elettrotecnica a Milano (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Mostre, b. 27 Conferenze) Ucelli decise di accompagnare il suo intervento proiettando per la prima volta il film realizzato montando le sequenze girate e fino a quel momento da lui personalmente e dai tecnici Luce. Ucelli ne diede conto in una lettera inviata il giorno seguente a Fontana, sottolineando l’efficacia comunicativa della pellicola nel restituire la complessità dell’impresa. Incoraggiava dunque Fontana a proseguire nella collaborazione, sottolineando il valore dimostrativo, ideale e tecnico del montaggio congiunto (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 28 dicembre 1929). Questo uso ‘educato’ delle immagini – che si distacca dalla monumentalità del film ufficiale – è un elemento chiave per comprendere il progetto culturale di Ucelli.
IV. Conclusioni e prospettive di ricerca

5 | Adalgisa (Micheline Presle) davanti alle macerie della prima nave e alla strada romana lasciata in trincea, in Elio Petri, L’assassino (1961), still (29’ 39”).
L’esperienza di Guido Ucelli costituisce un caso emblematico per indagare il ruolo delle immagini nella costruzione di una memoria visiva della tecnica, nella prima metà del Novecento. Ingegnere, imprenditore e promotore culturale, Ucelli riconosceva il valore del cinema e della fotografia come strumenti capaci di mediare tra sapere specialistico, educazione e divulgazione pubblica. Il recupero delle navi di Nemi si configura come l’esempio più compiuto di questa visione: un’impresa tecnico-archeologica che Ucelli accompagnò sin dall’inizio con un articolato progetto iconografico e documentario, destinato tanto al pubblico quanto agli ambienti scientifici e industriali.
La documentazione visiva dell’impresa – costituita da fotografie, filmati, diapositive, discorsi e appunti – rivela una progettualità coerente e un controllo autoriale attento alla costruzione del racconto, ma al tempo stesso mostra le frizioni con le dinamiche della comunicazione istituzionale del regime. L’interazione con l’Istituto Luce, in particolare, si tradusse in una lunga e complessa collaborazione, costellata da contraddizioni e fraintendimenti: da un lato, Ucelli fornì i suoi film e le indicazioni per il montaggio delle pellicole; dall’altro, rivendicò costantemente il diritto al controllo sulla narrazione, alla restituzione dei propri film e alla produzione di copie autonome per finalità culturali e didattiche.
Il film sul recupero delle navi – o meglio, i film – si configurano così come una vera e propria opera in divenire, soggetta a continue modifiche, duplicazioni, dispersioni e riedizioni, a seconda delle destinazioni d’uso (ufficiali, istituzionali, didattiche, internazionali). Le numerose lettere conservate all’ASMUST documentano questa continua ridefinizione: richieste di titolazioni personalizzate, copie distinte per l’estero, solleciti per la consegna dei materiali originali, fino al mancato completamento delle edizioni di un film sul recupero archeologico al lago di Nemi in lingua italiana e francese, nonostante gli accordi formalizzati con i dirigenti e gli amministratori dell’Istituto Luce (ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22 Fotografi-Istituto LUCE).
In questo quadro, il film sul recupero delle navi di Nemi costituisce un esempio paradigmatico di un cinema di industria che ambiva alla valorizzazione tecnico-scientifica dell’evento, ma che si trovò costretto a confrontarsi con esigenze di spettacolarizzazione, propaganda e compromesso istituzionale. La tensione tra racconto ingegneristico e rappresentazione politica, tra progetto individuale e rielaborazione collettiva, emerge oggi con forza proprio nella frammentarietà dei materiali sopravvissuti, che restituiscono un’opera incompiuta ma straordinariamente significativa per comprendere le intersezioni tra tecnica, immagine e potere.
I fondi archivistici conservati presso l’ASMUST – qui in particolare il Fondo Carla e Guido Ucelli di Nemi e il Fondo Navi di Nemi – non solo testimoniano la portata documentaria dell’impresa, ma permettono di ricostruire la genesi e la circolazione delle immagini, facendo emergere il valore storiografico del lavoro visivo di Ucelli. La riscoperta e la digitalizzazione di parte del corpus filmico, avviata tra il 2009 e il 2024, apre oggi nuove prospettive di studio su una delle esperienze più complesse e significative della cultura visuale tecnico-scientifica italiana del Novecento.
Note
[1] Questo racconto è estratto da una conversazione privata tra Ilaria Grippa e Giovanna Majno avvenuta il 29 febbraio 2024 a Milano.
[2] Fondato nel 1924 e specializzato in fotografia industriale, lo studio fotografico rimase in attività fino agli anni Ottanta del Novecento. Il suo fondatore Valentino Sella ed il figlio Augusto furono i fotografi ufficiali sia della Riva che del museo. L’archivio fotografico dello Studio Sella è stato donato al museo dagli eredi nel 2024 ed è in attesa di riordino.
[3] La sala cinematografica del museo ha chiuso ufficialmente al pubblico nel 1980, rimanendo in attività fino alla metà degli anni Ottanta solo per l’utenza scolastica. Completamente rinnovata, ha riaperto nel 2007 come auditorium e oggi ospita eventi e presentazioni.
Bibliografia
Fonti d’archivio
- ASMUST, Archivio fotografico, Fondo Navi di Nemi, Album 1928-1929.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22 Fotografi-Istituto LUCE.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 1° maggio 1929.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 6 settembre 1929.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 14 settembre 1929.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 28 dicembre 1929.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Volume, b. 22, lettera 24 gennaio 1930.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Mostre, b. 27 Conferenze.
- ASMUST, Archivio Navi di Nemi, Mostre, b. 30 Disegni e rilievi (Gatti-Tassan).
- ASMUST, Archivio Icom, Congressi, b. 10 Congresso Parigi 1951, Congresso Bruxelles 1958.
- ASMUST, Archivio Carla e Guido Ucelli di Nemi, Vita professionale, attività e imprese, b. 52 Corrispondenza con Fiorenzo Tassan, fasc. 1.
- ASMUST, Archivio Carla e Guido Ucelli di Nemi, Musica, arte, cinema, fotografia e archeologia, b. 77 Fotografia, fasc. 1.
- ASMUST, Archivio Carla e Guido Ucelli di Nemi, Musica, arte, cinema, fotografia e archeologia, 198, I film di Guido Ucelli, b. 78, fasc. 2.
- Carlo Alzati, I film di Guido Ucelli. Nota di presentazione, Milano 2007.
Lungometraggi
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F. Quilici, Sesto Contiente, 1954. - Olmi 1957
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Riferimenti
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English abstract
This article explores the role of cinema and photography within the cultural and scientific project of Guido Ucelli, engineer, entrepreneur, and founder of the Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia in Milan. Through an in-depth analysis of archival materials preserved at ASMUST – particularly the Carla e Guido Ucelli di Nemi and Navi di Nemi collections – the study reconstructs Ucelli’s strategic use of visual media to document and disseminate the recovery of the Roman ships from Lake Nemi (1928–1932). The visual corpus reflects the interplay of technical documentation, personal vision, and propaganda, highlighting the tensions in the collaboration with the Istituto Luce and the production of multiple versions, now only partially preserved. This case study sheds light on the emergence of a modern visual culture of science and technology in early 20th-century Italy, shaped by competing narratives of innovation, education, and political representation.
keywords | Guido Ucelli; National Archive of the Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, Milan; Industral and scientific cinema; Istituto LUCE; Archival film and photography.
questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e all'international advisory board della rivista
Per citare questo articolo / To cite this article: Ilaria Grippa, Paola Redemagni, I film di Guido Ucelli. Film, fotografie e documentazione preservati nell’Archivio del Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia di Milano, “La Rivista di Engramma” n. 228, ottobre 2025.