Un dibattito antico sulle strategie argomentative
Platone e la διαίρεσις come Begriffsspaltung
Marianna Angela Nardi
English abstract
I. Dall’ἐρίζειν al διαλέγεσθαι
II. La dialettizzazione dei concetti: la forma letteraria della διαίρεσις e l’esempio del Sofista
III. La διαίρεσις fra innovazione e rapporto con la produzione arcaica
I. Dall’ἐρίζειν al διαλέγεσθαι
Nel III libro (48) delle Vite dei filosofi illustri, Diogene Laerzio attribuisce a Platone l’eccellenza della forma dialogica del testo, distinguendo fra il διάλογος, un discorso composto da domande e risposte, e la διαλεκτικὴ τέχνη, la tecnica tramite cui viene confutata o costruita una tesi in funzione delle reazioni degli interlocutori (Andrieu 1954, 284-285, 304, 316-318, 323; Gigon 1986; Hirzel [1895] 1963, 2-67; Brisson 1992). Anche sulla base del passo di Diogene Laerzio, parte della critica riconosce il puntuale legame fra la forma del testo e il contenuto delle riflessioni che Platone sviluppa, con gli scambi fra Socrate e i personaggi, il contesto drammatico, l’intento protrettico, che distingue il dialogo di Platone dagli altri Sokratikoi logoi, e le strategie argomentative che Platone propone nel corpus sul piano della teoria e della prassi (Kahn 1996, 1-35; Blondell 2002, 1-112; Capra 2003; Giuliano 2005, 253-262; Rowe 2007, 1-55; Gaiser [1984] 2021, 57-82). Sulla base di questi risultati, è oggi possibile riflettere sulle forme dell’argomentazione nel corpus in prospettiva letteraria, rintracciando sia il rapporto di Platone con la produzione poetica precedente, sia l’eco dei dibattiti che nel IV secolo ad Atene proponevano modelli diversi di trasmissione della παιδεία, pur non necessariamente in contraddizione (Jaeger [1947] 1973, 646-980; Lanza 1979, 19-51; Baratin-Desbordes 1981, 9-17; Ford 2002, 227-293). Forte è il rapporto che, ad esempio, Paul Friedländer individuava fra la produzione di Protagora e i temi dei dialoghi tardi di Platone (Friedländer [1928] 1954, 186-188; anche Corradi 2013), e d’altronde un certo rilievo della retorica di Isocrate, annunciato dalla profezia alla fine del Fedro (278d8–279b3), fu riconosciuto da Platone, che forse dalla produzione epidittica del retore prese le mosse per lodare, nel Crizia (107a6–e3), la χαλεπότης del racconto su Atlantide (Tulli 1990; Nardi 2024). Proprio sulle strategie argomentative per caratterizzare il Sokratikos logos nel segno della dialettica, Platone riflette a più riprese nel corpus, fornendo indicazioni per noi rilevanti per comprendere sia lo sfondo dei dibattiti antichi, sia la nuova proposta che Platone costruisce in rapporto con la poesia arcaica. Fra le sezioni del corpus in cui Platone riflette sulla struttura delle argomentazioni corrette per la forma dialogica della riflessione filosofica, un rilievo particolare è riconosciuto a un passo del V libro della Repubblica (454a1–9):
Ἦ γενναία, ἦν δ’ ἐγώ, ὦ Γλαύκων, ἡ δύναμις τῆς ἀντιλογικῆς τέχνης. Τί δή; Ὅτι, εἶπον, δοκοῦσί μοι εἰς αὐτὴν καὶ ἄκοντες πολλοὶ ἐμπίπτειν καὶ οἴεσθαι οὐκ ἐρίζειν ἀλλὰ διαλέγεσθαι, διὰ τὸ μὴ δύνασθαι κατ’ εἴδη διαιρούμενοι τὸ λεγόμενον ἐπισκοπεῖν, ἀλλὰ κατ’ αὐτὸ τὸ ὄνομα διώκειν τοῦ λεχθέντος τὴν ἐναντίωσιν, ἔριδι, οὐ διαλέκτῳ πρὸς ἀλλήλους χρώμενοι.
Come è nobile, Glaucone - dissi - la potenza della tecnica antilogica. Perché? Perché - risposi - mi sembra che molti ci caschino dentro anche involontariamente, e credano non di praticare l’eristica ma di dialogare, perché non sono capaci di esaminare l’argomento dividendolo secondo gli aspetti concettuali, ma del discorso inseguono la contraddizione soltanto nel suo aspetto nominale, praticando fra di loro la contesa, non la dialettica.
(Dove non altrimenti indicato, le traduzioni sono di chi scrive).
A partire dall’opposizione fra l’ἐρίζειν e il διαλέγεσθαι, Socrate delinea qui la differenza che intercorre fra la tecnica antilogica, o tecnica, della contraddizione, e la dialettica come metodo positivo dell’argomentazione: l’attenzione esclusiva all’ὄνομα e il procedimento per contrari non può appartenere a chi, invece, ricerca un esame accurato del contenuto del discorso secondo il metodo della διαίρεσις κατ’ εἴδη (Robinson 1941, 89-92; Classen 1976; Vlastos [1983] 1993; Vegetti 2003, 175-200; Gutiérrez 2016)[1].
La critica scorge qui un attacco soprattutto a Prodico (Bonazzi 2010, 59-82; Narcy 2011), per la διαίρεσις degli ὀνόματα che Platone ricorda nel Lachete (84 A 17 Diels-Kranz = Lach. 197d3-5), e ad Antistene (Brancacci 1990, 119-146; Giannantoni 1990, 355-363), per il metodo di ricerca attorno esclusivamente a τὸ ποῖον, il nome privato di qualsiasi qualità, attributo di relazione etica o gnoseologica, come sembra riportare, ad esempio, Simplicio con il noto aneddoto sulla cavallinità (SSR V A 149 = 149B-1 Prince). Un bersaglio polemico è da riconoscersi, dunque, nei sofisti e negli allievi di Socrate che esercitavano un metodo mancante, di fatto, di contenuti che recassero conoscenza (Kerferd 1981, 59-67; De Luise-Farinetti 2004).
Ma non è da escludere nel nostro passo anche un’allusione agli Erga di Esiodo (11-20), al duplice γένος Ἐρίδων che racchiude “un animo tutto contrario”: la doppia stirpe delle Contese con l’ἔρις σχετλίη, “sciagurata”, che reca guerra e lotta ai mortali, e l’ἔρις “molto migliore per gli uomini”, generata per prima da Notte e posta da Zeus come ὑψίζυγος, radice della terra e fonte del progresso (Strauss Clay 2003, 1-30; Boys-Stones 2010). Certo nella Repubblica lo stile procede nel segno della polarità, che contraddistingue, come la critica ormai riconosce stabilmente, il pensiero di Esiodo (Munding 1959, 12-50; Rowe 1983; De Sanctis 2011). Per presentare quindi al lettore il metodo della διαίρεσις in rapporto alla dialettica, Platone costruisce la riflessione di Socrate attraverso la forma del testo. Fra i procedimenti argomentativi che articolano il pensiero polare nel mondo greco, già Geoffrey Lloyd (1966, 111-161) inserisce infatti il metodo delle divisioni, che lo studioso rintraccia con puntualità nel Sofista e nel Politico di Platone. E d’altronde la διαίρεσις, come strategia argomentativa che nei due dialoghi tardi struttura l’intera riflessione dello Straniero di Elea, costituisce un metodo basato sulla dialettizzazione di un primo concetto, il Begriff, da cui è possibile far discendere, come in uno schema genealogico, almeno due ramificazioni specifiche dello stesso concetto, secondo un procedimento che mira a individuare tutte le qualità e le caratteristiche del Begriff iniziale attraverso la tecnica dell’aggettivazione.
Nel nostro passo della Repubblica Platone presenta infatti le due alternative opposte l’una all’altra, l’una positiva e l’altra negativa, con la figura della ripetizione della radice etimologica (οὐκ ἐρίζειν ἀλλὰ διαλέγεσθαι - ἔριδι οὐ διαλέκτῳ): nell’illustrazione del metodo della διαίρεσις, Platone mostra nel testo la prassi della divisione fra il διαλέγεσθαι, metodo dell’indagine filosofica attorno al concetto, e l’ἐρίζειν che non offre, di per sé, risultati positivi per la ricerca. La possibile eco degli Erga troverebbe, in questa cornice, una certa plausibilità: come riconosciuto da Graziano Arrighetti (1970-1971), quello di Eris fra la Teogonia e gli Erga è il caso più chiaro di Begriffsspaltung nella produzione di Esiodo. Il riferimento alla Contesa permetterebbe quindi a Platone di applicare la dialettizzazione dei concetti, propria del pensiero di Esiodo ed evidente in particolare nelle due Ἔριδες, sia in funzione della critica nei confronti dell’eristica dei sofisti, sia per definire il nuovo metodo della dialettica distinguendosi, così anche dagli altri Socratikoi logoi. Vediamo quindi delinearsi il profondo e complesso dibattito sulla παιδεία che si sviluppa, anche nella cornice delle scuole, nell’Atene di V e IV secolo fra i sofisti e l’Accademia di Platone: con la διαίρεσις Platone propone un modello di argomentazione che può distinguersi se fondata sul διαλέγεσθαι, in rapporto con la produzione poetica arcaica.
Non è infatti un caso che il metodo diairetico ebbe una diffusione immediata e una rilevanza significativa per la strutturazione dell’argomentazione filosofica. Come Harold Cherniss ([1945] 1962, 31-59) aveva mostrato, la διαίρεσις come metodo dell’argomentazione fu usata già nell’Accademia a ridosso della morte di Platone (Dillon 2003, 1-30). Ad esempio Speusippo, primo scolarca dopo Platone, scrisse le Διαιρέσεις καὶ πρὸς τὰ ὅμοια ὑποθέσεις secondo la lista di titoli restituita da Diogene Laerzio (IV 5 = T1 Tarán; cf. Tarán 1981, 64-71; Benati 2023, 41-68), e Friedrich Solmsen (1951) riconobbe la forte dipendenza del sillogismo di Aristotele dal metodo della divisione offerto da Platone, indicando di fatto nella διαίρεσις la base della logica dell’intera filosofia occidentale. È d’altronde noto che sulla διαίρεσις nel corpus di Platone la critica ha discusso molto, con prospettive estremamente diverse (Stenzel [1931] 1961, 71-111; Philip 1966; Dixsaut 2001, 103-129; Strobach [2009] 2017). In questo dibattito occorre ricordare la posizione di Gabriele Giannantoni (2005, 326) che ha inquadrato il metodo diairetico nella più ampia dimensione della trasposizione semantica, cioè in quel procedimento linguistico per cui le argomentazioni costruite per metafore, immagini e analogie sono in sé pienamente coerenti “in quanto conducono a qualcosa di diverso che però non smarrisce il legame con il punto di partenza”. La διαίρεσις si configura, dunque, come una strategia argomentativa che giunge a sintesi a partire dalla dialettizzazione dei concetti, secondo una prassi di matrice arcaica che Platone rinnova: con il διαλέγεσθαι, la διαίρεσις diviene la tecnica argomentativa che risponde pienamente alle esigenze della dialettica πρὸς ἀλλήλους. Sulla base dell’analisi fin qui sviluppata, occorre adesso osservare con maggiore attenzione una zona del corpus in cui Platone offre la διαίρεσις come Begriffsspaltung per articolare l’intera riflessione: il metodo della διαίρεσις, così come esposto nella Repubblica sul piano della teoria, compone la prassi dell’argomentazione soprattutto nel Sofista. Lo scambio fra lo Straniero di Elea e Teeteto intreccia infatti la riflessione metaletteraria e filosofica sulla διαίρεσις corretta con la concreta forma dell’argomentazione, offrendo così al destinatario segnali per comprendere la posizione di Platone sullo sfondo del dibattito sulle strategie di trasmissione della παιδεία.
II. La dialettizzazione dei concetti: la forma letteraria della διαίρεσις e l’esempio del Sofista
Se la critica di matrice analitica ha perlopiù osservato nel Sofista un paradigma di logica che rispecchia il paradigma ontologico della separazione fra i sensibili e il mondo ideale, altri contributi hanno mostrato sia l’unità drammatica e contenutistica del dialogo, sia il rapporto che la διαίρεσις nel Sofista intrattiene con la complessiva struttura del dialogo e con altre sezioni del corpus (per un quadro dei problemi, da prospettive diverse, si veda Goldschmidt 1947, 165-182; Lloyd 1952; Cornford [1915] 1960, 170-198; De Rijk 1986, 186-216; Casertano 1996, 87-214; Rosen [1983] 1999, 61-144; Erler 2007, 238-244; Narcy 2013).
Questi risultati consentono oggi di concentrare l’attenzione sul rapporto che la forma letteraria della διαίρεσις intrattiene con la produzione poetica arcaica, nonché di comprendere l’analisi che Platone sviluppa sulla διαίρεσις quale procedimento argomentativo adeguato alla dialettica, in linea con le riflessioni offerte nella Repubblica. Osserviamo, quindi, alcune sezioni significative per la nostra indagine.
Nel Sofista, lo Straniero di Elea e Teeteto, nel confronto con le riflessioni di Senofane, di Eraclito e soprattutto di Parmenide (Cambiano 1986; Bremond 2020), affrontano la questione dell’essere in rapporto alla μίμησις e allo ψεῦδος, offrendo al contempo un esame delle forme dell’argomentazione. Il dialogo fra lo Straniero di Elea e Teeteto, fin dalle prime pagine, focalizza l’attenzione del lettore sul contenuto e il metodo della discussione (219a1-8):
ΞΕ. Μέθοδον μὴν αὐτὸν ἐλπίζω καὶ λόγον οὐκ ἀνεπιτήδειον ἡμῖν ἔχειν πρὸς ὃ βουλόμεθα.
ΘΕΑΙ. Καλῶς ἂν ἔχοι.
ΞΕ. Φέρε δή, τῇδε ἀρχώμεθα αὐτοῦ. καί μοι λέγε· πότερον ὡς τεχνίτην αὐτὸν ἤ τινα ἄτεχνον, ἄλλην δὲ δύναμιν ἔχοντα θήσομεν;
ΘΕΑΙ. Ἥκιστά γε ἄτεχνον.
ΞΕ. Ἀλλὰ μὴν τῶν γε τεχνῶν πασῶν σχεδὸν εἴδη δύο.
STRANIERO | Spero allora che questo metodo e questo discorso non siano per noi inutilizzabili in rapporto a quel che vogliamo.
TEETETO | Dovrebbe andare bene.
STRANIERO | Allora, iniziamo da qui in questo modo. E dimmi: porremmo che sia possessore di una qualche tecnica o ne sia del tutto privo, e abbia invece un’altra capacità?
TEETETO | Non è affatto privo di tecnica.
STRANIERO | Ma di tutte le tecniche esistono, più o meno, due forme.
Il metodo della divisione delle tecniche in due εἴδη è subito sostenuto da un esempio, che prelude alla prima e complessa διαίρεσις, della tecnica che appartiene al pescatore con la lenza: se diamo per corretta la premessa per cui il pescatore con la lenza è in qualche modo un τεχνίτης, afferma lo Straniero, allora dobbiamo comprendere quale sia questa tecnica di cui il pescatore è in possesso, di quale insieme faccia parte e in che modo possa contribuire alla cattura del sofista, obiettivo ultimo dell’intero dialogo (Cambiano 1971, 228-230). Occorre subito notare che la sequenza πότερον ὡς τεχνίτην αὐτὸν ἤ τινα ἄτεχνον rientra sul piano sintattico nella categoria della “polare Ausdrucksweise” così come definita da Detlev Fehling, alla luce della riflessione di Ernst Kemmer (Fehling 1969, 274-276; Kemmer 1903, 1-7). In particolare, la frase può essere interpretata con lo schema delle “Stellen mit Wiederholung des Wortstamms”: la coppia di termini, legata da una copula sottintesa, focalizza l’attenzione del lettore sul Begriff che sarà oggetto della διαίρεσις, cioè, appunto, la τέχνη. Come abbiamo osservato anche a proposito della Repubblica, la riflessione sulla divisione quale metodo dell’argomentazione è concretamente gestita nella forma del testo: già dall’inizio del dialogo, la διαίρεσις assume i tratti della Begriffsspaltung di matrice arcaica.
Questa sezione iniziale introduce le sette διαιρέσεις che occupano la prima parte del Sofista, concatenate l’una all’altra e articolate secondo il medesimo schema. È opportuno osservare con maggior dettaglio la disposizione dell’ultima διαίρεσις, per il ruolo che riveste nella struttura drammatica del dialogo. La premessa deriva dalle divisioni precedenti: antefatto a questa διαίρεσις è infatti la sezione in cui Teeteto non riesce a seguire la discussione διὰ τὸ πολλὰ πεφάνθαι, a causa delle molteplici manifestazioni tramite cui il sofista è apparso agli occhi degli interlocutori (231b9-c2). Lo Straniero, concordando con Teeteto, riconosce le difficoltà e, ripercorrendo i risultati finora raggiunti, riassume due elementi per avanzare nella discussione (232b6-233c11). Il sofista è un ἀντιλογικός, quindi un esperto della tecnica antilogica o un esperto contraddittore, ed è dotato di una scienza capace di produrre opinione, non conoscenza: qui la critica ravvisa un’allusione a Protagora (Gavray 2021; Corradi 2024; sulla riflessione linguistica della sofistica si veda Siebenborn 1976, 14-21).
Alla δοξαστικὴ ἐπιστήμη lo Straniero lega il problema della μίμησις. Se, infatti, quella del sofista è una scienza capace di produrre solo opinione, sarà allora esperto nella tecnica che produce μιμήματα, imitazioni delle cose reali, e sarà quindi possibile da definire come μιμητής e γοητής, imitatore e incantatore (234b1-235a8). Su questa base qui riprende la divisione della εἰδωλοποιικὴ τέχνη (235b8-236d8). Il metodo della διαίρεσις viene adesso arricchito, di nuovo nel segno della polarità, dalle divisioni καθ᾽ ἕκαστα e ἐπὶ πάντα: nei particolari, cioè esaminando nel dettaglio la prassi e gli oggetti della tecnica produttrice di immagini, e al contempo guardando all’obiettivo nel suo insieme.[2]
L’arricchimento del metodo diairetico con lo schema gestito da καθ᾽ ἕκαστα e ἐπὶ πάντα porta lo Straniero a dividere in modo fin qui risolutivo la tecnica produttrice di immagini in εἰκαστική, produttrice di copie, e φανταστική, produttrice di apparenze. Come vediamo, sul piano stilistico e sintattico quel che contraddistingue la διαίρεσις è, di nuovo, l’aggettivazione del Begriff, in pieno rapporto con la produzione di Esiodo (Arrighetti 2006, 57-70). Le due forme del concetto attorno cui si struttura la divisione corrispondono nel testo agli aggettivi che, a più riprese, mostrano la terminazione suffissale in -ικος. Come ha illustrato Adolf Ammann (1953, 237), questo tipo di aggettivazione, diffusa nella prosa attica di epoca classica, nel corpus è fertile perché, a differenza della terminazione in -ιος, il suffisso -ικος doveva restituire al lettore “der Beziehung zu dessen Tätigkeit”, il rapporto con l’attività piuttosto che con il nomen agentis. L’aggettivazione in -ικος che struttura la διαίρεσις indicherebbe quindi in modo puntuale la relazione fra il Begriff e uno specifico aspetto della sua dialettizzazione, come, in questo caso, la produzione di copie o la produzione di apparenze in relazione al concetto iniziale, cioè alla tecnica produttrice di immagini.
Questo esempio della settima divisione mostra, quindi, da un lato l’articolazione letteraria del metodo diairetico, dall’altro la piena corrispondenza fra il metodo così come esposto all’inizio del Sofista e il suo sviluppo nella prima parte del dialogo.
L’indagine, adesso, subisce un’interruzione (236d9-237a1): la ricerca, afferma lo Straniero, si trova davvero in difficoltà, perché non può che essere fonte di ἀπορία il fatto che qualcosa appaia e sembri, ma non sia. La riflessione dello Straniero, che occupa la seconda parte del dialogo, riguarda il problema dell’essere, del vero e della conoscenza in rapporto al vero e al falso nell’essere e nel discorso. L’interruzione dopo la settima divisione ha stimolato, come noto, un ampio dibattito sull’unità del Sofista e sull’ἀπορία della prima parte del dialogo in rapporto alla seconda parte, un dibattito che giunge a posizioni diverse (per una rassegna, con discussione bibliografica, si veda Centrone 2008, XVII-XXVI). Ricordiamo, ad esempio, la riflessione di Michael Frede (1992), che ritiene il Sofista il più dogmatico fra i dialoghi di Platone e osserva che tutta la seconda parte del dialogo sarebbe indirizzata unicamente a rimuovere le difficoltà sopraggiunte nella prima parte, e quella di Noburo Notomi (1999, 10-42), che riconosce l’unità del Sofista proprio sulla base della struttura drammatica: l’apparente separazione del dialogo in tre sezioni garantisce, così, la corretta preparazione nello scambio dialettico per giungere allo scopo ultimo del dialogo, cioè alla definizione del sofista. In questa prospettiva, Platone presenta il Sofista come il dialogo in cui gli interlocutori, lo Straniero di Elea e Teeteto, costruiscono l’obiettivo della riflessione in comune, che è la caccia al sofista, mostrando al destinatario gli elementi costitutivi della dialettica: emerge la prassi della ricerca in comune, di per sé mai dogmatica, che consente allo Straniero di avanzare nuove argomentazioni in funzione della reazione dell’interlocutore (González 2000). Possiamo dunque postulare che la brusca interruzione dopo la settima διαίρεσις risponda all’esigenza di definire i concetti che compongono la premessa della divisione: per non farsi sfuggire di nuovo il sofista esperto contraddittore e portatore di una conoscenza fondata su opinione, sarà necessario catturarlo dopo aver compreso insieme, nella prassi del διαλέγεσθαι, cosa sia l’essere, cosa siano il vero e il falso e cosa sia la conoscenza in rapporto al vero e al falso (Sedley 2006). La sezione successiva alla nostra διαίρεσις, denominata da Notomi come “digressione filosofica”, garantisce quindi i presupposti per un risultato positivo da sviluppare nell’ultima parte del dialogo.
La “digressione filosofica”, dunque, sostiene e costruisce il processo di definizione dei concetti che mancavano, invece, nella prima parte del dialogo, e corrisponde anche ad un ampliamento del metodo della discussione. Un arricchimento del metodo diairetico è infatti quel che emerge dalle parole dello Straniero nell’ultima parte del dialogo (253b9-d3):
ΞΕ. Τί δ’; ἐπειδὴ καὶ τὰ γένη πρὸς ἄλληλα κατὰ ταὐτὰ μείξεως ἔχειν ὡμολογήκαμεν, ἆρ’ οὐ μετ’ ἐπιστήμης τινὸς ἀναγκαῖον διὰ τῶν λόγων πορεύεσθαι τὸν ὀρθῶς μέλλοντα δείξειν ποῖα ποίοις συμφωνεῖ τῶν γενῶν καὶ ποῖα ἄλληλα οὐ δέχεται; καὶ δὴ καὶ διὰ πάντων εἰ συνέχοντ’ ἄττ’ αὔτ’ ἐστιν, ὥστε συμμείγνυσθαι δυνατὰ εἶναι, καὶ πάλιν ἐν ταῖς διαιρέσεσιν, εἰ δι’ ὅλων ἕτερα τῆς διαιρέσεως αἴτια;
ΘΕΑΙ. Πῶς γὰρ οὐκ ἐπιστήμης δεῖ, καὶ σχεδόν γε ἴσως τῆς μεγίστης;
ΞΕ. Τίν’ οὖν αὖ νῦν προσεροῦμεν, ὦ Θεαίτητε, ταύτην; ἢ πρὸς Διὸς ἐλάθομεν εἰς τὴν τῶν ἐλευθέρων ἐμπεσόντες ἐπιστήμην, καὶ κινδυνεύομεν ζητοῦντες τὸν σοφιστὴν πρότερον ἀνηυρηκέναι τὸν φιλόσοφον;
ΘΕΑΙ. Πῶς λέγεις;
ΞΕ. Τὸ κατὰ γένη διαιρεῖσθαι καὶ μήτε ταὐτὸν εἶδος ἕτερον ἡγήσασθαι μήτε ἕτερον ὂν ταὐτὸν μῶν οὐ τῆς διαλεκτικῆς φήσομεν ἐπιστήμης εἶναι;
STRANIERO | E allora, poiché abbiamo convenuto che anche i generi ammettono una mescolanza fra loro, secondo le stesse modalità, non sarà necessario che proceda nei suoi discorsi con una certa conoscenza chi intende mostrare correttamente quali generi siano in armonia con quali generi e quali non accolgano gli altri? E soprattutto se ci siano alcuni generi che, attraversandoli tutti, li tengano insieme tanto da essere capaci di mischiarli, e di nuovo nelle divisioni, se ce ne siano altri che siano causa della divisione attraverso gli interi?
TEETETO | Come non sarebbe davvero necessaria una conoscenza, e direi forse la più grande?
STRANIERO | Come dovremmo allora chiamarla, Teeteto, questa conoscenza? O ci siamo proprio imbattuti senza che ce ne accorgessimo, per Zeus, nella conoscenza degli uomini padroni di se stessi, e mentre cercavamo il sofista, rischiamo di aver trovato il filosofo?
TEETETO | Come dici?
STRANIERO | Il dividere per generi e non giudicare diversa una forma identica né identica una forma diversa: non diremo che questo metodo appartiene alla conoscenza dialettica?
L’ἐπιστήμη, in rapporto alla definizione del concetto e alla συμφωνία, appartiene, secondo le parole dello Straniero, al profilo del filosofo e non del sofista: lo Straniero qui afferma che il metodo dialettico costruito secondo le divisioni e le riunificazioni consente un risultato di per sé positivo. E come abbiamo osservato anche a proposito della Repubblica, la forma del testo con cui Platone presenta la riflessione è puntualmente connessa al contenuto delle parole dello Straniero: anche nel Sofista emerge un rapporto con la produzione poetica arcaica. Le sequenze ταὐτὸν εἶδος ἕτερον–ἕτερον ὂν ταὐτόν, articolate sulla coppia ἕτερον–ταὐτόν, sono riconducibili all’insieme di espressioni polari, in particolare a quelle ohne Wiederholung des Wortstammes, senza la ripetizione della radice del sostantivo (Fehling 1969, 275), sul modello delle coppie nominali tipiche della produzione poetica arcaica: Notte-Giorno, Uomini-Dei, Vita-Morte (Gambarara 1984, 118-135; Di Benedetto 1994, 87-102). Lo ἕτερον e il ταὐτόν indicano qui i due poli della dialettizzazione dei concetti, possibili da intrecciare fra loro secondo il principio della partecipazione di un genere all’altro, e in reciproca relazione, πρὸς ἄλληλα. L’arricchimento del metodo secondo il κατὰ γένη διαιρεῖσθαι fornisce, dunque, lo stimolo allo Straniero per riprendere la settima διαίρεσις, rimasta in sospeso nella prima parte del dialogo (Dixsaut 1992; Ionescu 2013).
Riprendendo i termini della settima διαίρεσις, lo Straniero inizia la divisione a partire dalla tecnica produttrice nell’ambito della μίμησις, seguendo la precedente definizione del sofista quale μιμητής della realtà (Lassègue 1991; Palumbo 1994, 233-282). Proprio per la riflessione che ha arricchito e definito il metodo diairetico quale procedimento argomentativo che appartiene al filosofo, la divisione assume una complessità inedita nell’intero Sofista (265d5–267e3). Lo Straniero indica adesso una doppia ramificazione della διαίρεσις. Da un lato, la divisione è sviluppata κατὰ πλάτος, secondo la larghezza o in orizzontale, e riguarda l’agente della tecnica: gli dei, che producono tutte le cose della natura, e gli uomini, che producono gli strumenti capaci di trasformare la natura. Emerge ancora una polarità di palese matrice arcaica, ravvisabile già in modo composito nella grande struttura filosofica degli Erga di Esiodo (Livrea 1967). Dall’altro lato, la divisione è organizzata κατὰ μῆκος, per la lunghezza in verticale, e riguarda l’oggetto della tecnica, cioè le cose reali e le immagini. Con questo schema della doppia ramificazione, lo Straniero riprende la divisione della tecnica εἰδωλοποιική articolata in εἰκαστική, produttrice di copie, e φανταστική, produttrice di apparenze. Dal punto in cui la διαίρεσις si era interrotta nella prima parte del dialogo, lo Straniero può adesso invece procedere: la tecnica φανταστική è divisa in μιμητική, produttrice di immagini che imitano uno σχῆμα, un modello. Il secondo ramo della divisione è abbandonato (ἄλλο πᾶν ἀφῶμεν): con la strategia argomentativa che lascia in sospeso, in piena coerenza con la prima parte del dialogo, Platone qui suggerisce la teoria sulla μίμησις sviluppata in altre zone del corpus, secondo la prassi del Selbstkommentar che Michael Erler (2022) riconosce a fondamento delle sezioni aporetiche dei dialoghi. Nel Sofista, la tecnica μιμητική è invece divisa in due forme: la δοξομιμητική, che imita secondo opinione e fondata su ἀγνωσία e δόξα, e la ἱστορική, che imita in funzione della conoscenza diretta dell’oggetto, fondata su γνωσία e ἐπιστήμη. L’ultima divisione delinea dunque i due poli della tecnica imitativa e consente allo Straniero di individuare il sofista come un μιμητὴς τοῦ σοφοῦ, che produce immagini delle cose reali senza conoscere l’oggetto dell’imitazione (268b11–c4). Con l’ultima divisione lo Straniero offre una definizione del sofista, rispondendo così allo scopo drammatico del Sofista.
La divisione dei concetti, sviluppata come Begriffsspaltung attraverso la tecnica dell’aggettivazione del concetto iniziale, giunge dunque a un risultato che sembra risolvere l’ἀπορία incontrata dallo Straniero nella prima parte del dialogo: se la διαίρεσις è fondata sulla conoscenza dei concetti e prodotta attraverso il metodo del κατὰ γένη διαιρεῖσθαι (González 1998, 129-152), in rapporto al dibattito che Socrate richiama nel V libro della Repubblica, la riflessione che ne deriva produce un esito positivo, perché strutturata secondo il metodo dialettico che appartiene al filosofo. Sulla base della nostra analisi, possiamo procedere a offrire alcune considerazioni conclusive.
III. La διαίρεσις fra innovazione e rapporto con la produzione arcaica
Il dibattito sulle strategie argomentative per la trasmissione della παιδεία, che investe la riflessione della sofistica, della retorica e delle scuole nell’Atene del V e IV secolo, coinvolge anche la forma letteraria e lo scopo del Sokratikos logos. In questa cornice, Platone individua il metodo della διαίρεσις come una delle strategie adatte: come emerge dal V libro della Repubblica, con la divisione del concetto il διαλέγεσθαι πρὸς ἀλλήλους consente di superare l’ἐρίζειν, anche sul piano del contenuto. Un’eco del dibattito antico è qui ben ravvisabile con l’allusione a Prodico e Antistene, ma probabilmente anche agli scritti di Protagora per la menzione della ἀντιλογικὴ τέχνη che anche nel Sofista, secondo la critica, rivela l’ombra del sofista di Abdera. Un dibattito ampio e profondo, certo, in cui Platone prende parola per offrire la proposta di una strategia argomentativa adeguata al suo Sokratikos logos: con l’analisi della forma letteraria della διαίρεσις emerge l’eredità della poesia arcaica, in particolare della produzione di Esiodo. L’aggettivazione del Begriff e la costruzione della divisione con le figure di ripetizione richiamano la struttura della Begriffsspaltung che, soprattutto con il duplice γένος delle Contese, nella produzione di Esiodo articola la riflessione filosofica fra la Teogonia e gli Erga.
La Begriffsspaltung caratterizza infatti, come abbiamo osservato, la settima διαίρεσις che lo Straniero di Elea sviluppa nel Sofista, riprendendola nella sezione conclusiva del dialogo. Le coppie dell’ultima e più complessa διαίρεσις del Sofista sono gestite nel segno del metodo dialettico, secondo lo schema ἕτερον–ταὐτόν, l’altro e lo stesso. Premessa indispensabile per l’analisi, costruita nella “digressione filosofica”, e garanzia di coerenza drammatica del Sofista, è l’esigenza della conoscenza del concetto che struttura la divisione, in rapporto puntuale con le riflessioni che Platone sviluppa nel V libro della Repubblica: se l’argomento del discorso rimane confinato a un puro aspetto nominale, o logico-formale, è impossibile il διαλέγεσθαι attorno al concetto ed è impossibile che la διαίρεσις giunga a definire il sofista, scopo drammatico del nostro dialogo. Procedendo secondo il metodo καθ᾽ ἕκαστα e ἐπὶ πάντα, con l’attenzione al particolare e in vista del complessivo, lo Straniero interrompe la riflessione e segnala al lettore, sul piano drammatico, l’esigenza della ἐπιστήμη in relazione al concetto: Platone qui indica la dialettica come la scienza che appartiene al filosofo, segnalando al destinatario del Sofista il metodo corretto per l’argomentazione che supera l’ἀπορία e giunge al risultato richiesto. Con la forma e il contenuto in permanente dialogo, il Sofista segue dunque un metodo di riflessione nel segno della polarità, in armonia, se non in sequenza, con il pensiero che i Greci sviluppano dall’epoca arcaica, certo con il duplice volto di Eris negli Erga di Esiodo.
Sullo sfondo del dibattito antico sul metodo dell’argomentazione, Platone compone e arricchisce dunque la διαίρεσις in almeno due aspetti: da un lato, la διαίρεσις eredita una forma letteraria tipica della produzione arcaica, assumendo i tratti di Begriffsspaltung, dall’altro può giungere allo scopo previsto in quanto strategia argomentativa del tutto connessa alla dialettica, per la dialettizzazione dei concetti con la prassi gestita tra καθ᾽ ἕκαστα e ἐπὶ πάντα. Il metodo tipico della Begriffsspaltung trova nel dialogo di Platone una prassi di ricerca nuova, in rapporto con la forma letteraria del testo: si configura come il paradigma dell’indagine dialettica, mai sistematica o dogmatica e sempre aperta allo scambio di domande e risposte fra gli interlocutori, che nella prassi del διαλέγεσθαι può giungere, se il cammino è corretto, al metodo che appartiene al filosofo.
Note
[1] Occorre ricordare il rapporto del V libro della Repubblica con il passo del Fedro sulla riconduzione di ciò che è molteplice all’unità, εἰς μίαν τε ἰδέαν συνορῶντα ἄγειν τὰ πολλαχῇ διεσπαρμένα, secondo il metodo della divisione per forme, τὸ πάλιν κατ’ εἴδη δύνασθαι διατέμνειν (265d3-e3).
[2] Il metodo gestito secondo la prassi del καθ᾽ ἕκαστα e dell’ἐπὶ πάντα ricorda, almeno come schema, il καθ᾽ἕκαστον e il καθόλου che Aristotele invece dividerà nel IX capitolo della Poetica (1451b6-7).
Riferimenti bibliografici
- Ammann 1953
A. Ammann, -ΙΚΟΣ bei Platon. Ableitung und Bedeutung mit Materialsammlung, Diss. Bern 1953. - Andrieu 1954
J. Andrieu, Le dialogue antique: structure et présentation, Paris 1954. - Arrighetti 1970-1971
G. Arrighetti, Ancora sullo sdoppiamento dei concetti etici in Esiodo, “Studi Classici e Orientali” 19-20 (1970-1971), 297-301. - Arrighetti 2006
G. Arrighetti, Poesia, poetiche e storia nella riflessione dei Greci, Pisa-Roma 2006. - Baratin-Desbordes 1981
M. Baratin, F. Desbordes, L’analyse linguistique dans l’Antiquité classique. I. Les théories, Paris 1981. - Benati 2023
E. Benati, [Platone]. Horoi. Saggio introduttivo, edizione critica, traduzione e commento, Baden-Baden 2023. - Blondell 2002
R. Blondell, The Play of Character in Plato’s Dialogues, Cambridge 2002. - Bonazzi 2010
M. Bonazzi, I sofisti, Roma 2010. - Boys-Stones 2010
G.R. Boys-Stones, Hesiod and Plato’s History of Philosophy, in G.R. Boys-Stones, J.H. Haubold (eds.), Plato and Hesiod, Oxford 2010, 31-51. - Brancacci 1990
A. Brancacci, Oikeios logos. La filosofia del linguaggio di Antistene, Napoli 1990. - Bremond 2020
M. Bremond, How did Xenophanes become an Eleatic Philosopher?, “Elenchos” 41/1 (2020), 1-26. - Brisson 1992
L. Brisson, Diogène Laërce, “Vies et doctrines des philosophes illustres”. Livre III: Structure et contenu, in W. Haase, H. Temporini (Hrsgg.), Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt. Teil II: “Principat”, Band 36, Berlin-New York 1992, 3619-3760. - Cambiano 1971
G. Cambiano, Platone e le tecniche, Torino 1971. - Cambiano 1986
G. Cambiano, Tecniche dossografiche in Platone, in Id. (a cura di), Storiografia e dossografia nella filosofia antica, Torino 1986, 61-84. - Capra 2003
A. Capra, Dialoghi narrati e dialoghi drammatici in Platone, in M. Bonazzi, F. Trabattoni (a cura di), Platone e la tradizione platonica, Milano 2003, 3-30. - Casertano 1996
G. Casertano, Il nome della cosa. Linguaggio e realtà negli ultimi dialoghi di Platone, Napoli 1996. - Centrone 2008
B. Centrone, Platone. Sofista. Traduzione e cura, Torino 2008. - Cherniss [1945] 1962
H. Cherniss, The Riddle of Early Academy, [Berkeley 1945] New York 1962. - Classen 1976
C.J. Classen, The Study of Language amongst Socrates’ Contemporaries, in Id. (Hrsg.), Sophistik, Darmstadt 1976, 215-247. - Cornford [1915] 1960
F.M. Cornford, Plato’s Theory of Knowledge, London [1915] 1960. - Corradi 2013
M. Corradi, Platone allievo di Protagora?, “Peitho” 1/4 (2013), 141-158. - Corradi 2024
M. Corradi, Sulla lotta e le altre τέχναι. Protagora nel Sofista, in L. Brisson, E.C. Halper, R.D. Parry (eds.), Plato’s Sophist, Baden-Baden 2024, 485-491. - De Rijk 1986
L.M. De Rijk, Plato’s Sophist. A Philosophical Commentary, Amsterdam-Oxford-New York 1986. - De Sanctis 2011
D. De Sanctis, Le forme dello ζῆλος nella Teogonia e negli Erga di Esiodo, in M. Tulli (a cura di), L’autore pensoso, Pisa-Roma 2011, 25-50. - Di Benedetto 1994
V. Di Benedetto, Nel laboratorio di Omero, Torino 1994. - Dillon 2003
J. Dillon, The Heirs of Plato, Oxford 2003. - Dixsaut 1992
M. Dixsaut, La dernière définition du sophiste, in M.-O. Goulet-Cazé, G. Madec, D. O’Brien (éds.), Sophies maietores, Paris 1992, 45-75. - Dixsaut 2001
M. Dixsaut, Métamorphoses de la dialectique dans les dialogues de Platon, Paris 2001. - Erler 2007
M. Erler, Grundriss der Geschichte der Philosophie. Die Philosophie der Antike. Band 2/2. Platon, Basel 2007. - Erler 2022
M. Erler, Erzählen als Zugabe, in P. v. Möllendorff, G.M. Müller (Hrsgg.), Gespräch und Erzählung, Stuttgart 2022, 71-86. - Fehling 1969
D. Fehling, Die Wiederholungsfiguren und ihr Gebrauch bei den Griechen vor Gorgias, Berlin 1969. - Ford 2002
A. Ford, The Origins of Criticism, Princeton 2002. - Frede 1992
M. Frede, Plato’s Sophist on False Statements, in R.H. Kraut (ed.), The Cambridge Companion to Plato, Cambridge 1992, 397-324. - Friedländer [1928] 1954
P. Friedländer, Platon. Band I “Seinswahrheit und Lebenswirklichkeit” [Marburg 1928] Berlin 1954. - Gaiser [1984] 2021
K. Gaiser, Platone come scrittore filosofico, in B. Centone (a cura di) Tre studi platonici, Napoli [1984] 2021, 57-186. - Gambarara 1984
D. Gambarara, Alle fonti della filosofia del linguaggio, Roma 1984. - Gavray 2021
M.-A. Gavray, Protagoras, le lutte et les Discours terrassants, in S. Delcomminette, G. Lachance (éds.), L’éristique, Bruxelles 2021, 23-46. - Giannantoni 1990
G. Giannantoni, Socratis et Socraticorum Reliquiae, vol. IV, Napoli 1990. - Giannantoni 2005
G. Giannantoni, Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone, Napoli 2005. - Gigon 1986
O. Gigon, Das dritte Buch des Diogenes Laertios, “Elenchos” 1-2 (1986), 133-182. - Giuliano 2005
F.M. Giuliano, Platone e la poesia, Sankt Augustin 2005. - Goldschmidt 1947
V. Goldschmidt, Les dialogues de Platon, Paris 1947. - González 1998
F.J. González, Dialectic and Dialogue, Evanston 1998. - González 2000
F.J. González, The Eleatic Stranger, in G.A. Press (ed.), Who Speaks for Plato?, Lanham 2000, 161-182. - Gutiérrez 2016
R. Gutiérrez, The Three Waves of Dialectic in the Republic, in G. Cornelli (ed.), Plato’s Styles and Characters, Berlin-Boston 2016, 15-32. - Hirzel [1895] 1963
R. Hirzel, Der Dialog, [Leipzig 1895] Hildesheim 1963. - Ionescu 2013
C. Ionescu, Dialectic in Plato’s Sophist, “Arethusa” 46/1 (2013), 41-64. - Jaeger [1947] 1973
W. Jaeger, Paideia, [Berlin-Leipzig 1947] Berlin-New York 1973. - Kahn 1996
C. Kahn, Plato and the Socratic Dialogue, Cambridge 1996. - Kemmer 1903
E. Kemmer, Die polare Ausdrucksweise in der griechischen Literatur, Würzburg 1903. - Kerferd 1981
G.B. Kerferd, The Sophistic Movement, Cambridge 1981. - Lanza 1979
D. Lanza, Lingua e discorso nell’Atene delle professioni, Napoli 1979. - Lassègue 1991
M. Lassègue, L’imitation dans le Sophiste de Platon, in P. Aubenque (éd.), Études sur le Sophiste de Platon, Napoli 1991, 247-265. - Livrea 1967
E. Livrea, Applicazione della Begriffsspaltung negli Erga, “Helikon” 7 (1967), 81-100. - Lloyd 1952
A.C. Lloyd, Plato’s Description of Division, “The Classical Quarterly” 2/1-2 (1952), 105-112. - Lloyd 1966
G.E.R. Lloyd, Polarity and Analogy, Cambridge 1966. - de Luise-Farinetti 2004
F. de Luise, G. Farinetti, La techne antilogike tra erizein e dialegesthai, in M. Vegetti (a cura di), Platone. La Repubblica, Napoli 2004, 209-232. - Munding 1959
H. Munding, Hesiods Erga in ihrem Verhältnis zur Ilias, Frankfurt am Main 1959. - Narcy 2011
M. Narcy, Prodicos chez les socratiques, in L. Palumbo (a cura di), λόγον διδόναι, Napoli 2011, 269-279. - Narcy 2013
M. Narcy, Remarks on the First Five Definitions of the Sophist, in B. Bossi, T.M. Robinson (eds.), Plato’s Sophist Revisited, Berlin-Boston 2013, 57-70. - Nardi 2024
M. Nardi, Isocrate, l’encomio e il racconto di Atlantide nel Timeo e nel Crizia di Platone, “Philologia Philosophica” 3 (2024), 51-67. - Notomi 1999
N. Notomi, The Unity of Plato’s Sophist. Between the Sophist and the Philosopher, Cambridge 2011. - Palumbo 1994
L. Palumbo, Il non essere e l’apparenza. Sul Sofista di Platone, Napoli 1994. - Philip 1966
J.A. Philip, Platonic Diairesis, “Transactions and Proceedings of the American Philological Association” 97 (1966), 335-358. - Prince 2015
S. Prince, Anthistenes of Athens. Texts, Translations, and Commentary, Princeton 2015. - Robinson 1941
R. Robinson, Plato’s Earlier Dialectic, Ithaca-New York 1941. - Rosen [1983] 1999
S. Rosen, Plato’s Sophist. The Drama of Original and Image, [Yale 1983] South Bend 1999. - Rowe 1983
C. Rowe, “Archaic Thought” in Hesiod, “Journal of Hellenic Studies” 103 (1983), 124-135. - Rowe 2007
C. Rowe, Plato and the Art of Philosophical Writing, Cambridge 2007. - Sedley 2006
D. Sedley, Plato on Language, in H.H. Benson (ed.), A Companion to Plato, Malden-Oxford-Carlton 2006, 214-227. - Siebenborn 1976
E. Siebenborn, Die Lehre von der Sprachrichtigkeit und ihren Kriterien. Studien zur antiken normativen Grammatik, Amsterdam 1976. - Solmsen 1951
F. Solmsen, Aristotle’s Syllogism and its Platonic Background, “The Philosophical Review” 60/4 (1951), 563-571. - Stenzel [1931] 1961
J. Stenzel, Studien zur Entwicklung der platonischen Dialektik von Sokrates zu Aristoteles, [Breslau 1931] Stuttgart 1961. - Strobach [2009] 2017
N. Strobach, Dialektik/Dihairesis, in C. Horn, J. Müller, J. Söder (Hrsgg.), Platon-Handbuch. Leben-Werk-Wirkung, [Stuttgart-Weimar 2009] Stuttgart 2017, 264-267. - Strauss Clay 2003
J. Strauss Clay, Hesiod’s Cosmos, Cambridge 2003. - Tarán 1981
L. Tarán, Speusippus of Athens. A Critical Study with a Collection of the Related Texts and Commentary, Leiden 1981. - Tulli 1990
M. Tulli, Sul rapporto di Platone con Isocrate: profezia e lode di un lungo impegno letterario, “Athenaeum” 78 (1990), 403-422. - Vegetti 2003
M. Vegetti, Quindici lezioni su Platone, Torino 2003. - Vlastos [1983] 1993
G. Vlastos, The Socratic Elenchus: Method is All, in G. Vlastos (ed. M. Burnyeat), Socratic Studies, [The Socratic Elenchus, “Oxford Studies in Ancient Philosophy” 1 (1983), 27-58] Cambridge 1993, 1-37.
English abstract
This contribution aims to offer an analysis of the literary form of the διαίρεσις in Plato’s Sophist, beginning with a reconstruction of the reflection that, in 5th- and 4th-Century Athens, Plato develops on argumentative strategies against the backdrop of the ancient debate on the modes oftransmission of παιδεία. In the Book V of the Republic, Plato recalls the technique of antilogies and the form of argumentation conducted solely κατ’ αὐτὸ τὸ ὄνομα, referring here, as scholarshiphas recognized, to sophistry, to Protagoras and Prodicus, and to the reflection of other Socraticpupils, in particular Antisthenes. This discussion allows Plato to propose the διαίρεσις as an argumentative form suited to dialectic, in connection with the praxis of the division of the concepts (in Italian dialettizzazione dei concetti, in German Begriffsspaltung) that characterizes the philosophical and literary reflection in Hesiod’s Erga. The analysis of the seventh διαίρεσις of the Sophist, in the first and last sections of the dialogue, makes it possible to observe its relation to the reflection in Book V of the Republic and to the practice of Begriffsspaltung, with the adjectivization of the Begriff and figures of repetition. In the frame of the background of the ancient debate on argumentative strategies that emerges between the Republic and the Sophist, Plato thus composes the διαίρεσις as the form of the inquiry in common appropriate to the διαλέγεσθαι, never dogmatic, in harmony with Archaic poetry: it is the argumentative strategy, as the Eleatic Stranger states in the Sophist, that belongs to the philosopher’s ἐπιστήμη.
keywords | Plato; Republic; Sophist; Dialectic; Begriffsspaltung.
La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio
(v. Albo dei referee di Engramma)
Per citare questo articolo / To cite this article: Marianna Nardi, Un dibattito antico sulle strategie argomentative. Platone e la διαίρεσις come Begriffsspaltung, “La Rivista di Engramma” n. 225, giugno 2025