"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

68 | dicembre 2008

9788898260133

Mnemosyne 1968 - Mnemosyne 2008
CE N’EST QUE UN DÉBUT

Presentazione di "Engramma" 68
a cura di Giuseppe Cengiarotti, Monica Centanni 

Il quarantennale del ‘68 che scade in questi giorni si offre come kairòs, momento opportuno per verificare sul campo e mettere alla prova strumenti di lettura che "Engramma" studia da tempo in riferimento non solo alla tradizione classica ma anche, più generalmente, alla storia, ai suoi metodi, ai suoi linguaggi, alle sue verità.
 
L’anniversario del ’68 è stato, almeno in Italia, una ricorrenza molto contrastata: se per un verso nelle celebrazioni si è registrata una evidente stanchezza delle retoriche commemorative, per altro verso i toni critici – fino alla neutralizzazione, alla detrazione, al revisionismo della portata dell’evento – hanno nettamente prevalso sulle ricostruzioni storiche e culturali. In diversi contributi si sono intrecciati piani e ordini di discorso non sempre congruenti e commensurabili: ne fa fede la recente pubblicazione degli articoli polemici di Raymond Aron apparsi su Le Monde che videro il Maggio nei termini di una "rivoluzione introvabile". Di fatto, più che considerare l’evento in sé – nella peculiarità dei suoi tratti e nel campo energetico evocato – sono state messe sotto accusa, in modo spesso falsante, le sue derive, mettendo ad esempio in relazione di continuità ’68 e terrorismo, secondo un’assioma eziologico acriticamente assunto.
 
"Engramma" 68 si apre con una Tavola costruita secondo il metodo improntato da Aby Warburg in Mnemosyne. Le immagini del '68 sono un banco di prova, spie della temperatura culturale che il metodo di Aby Warburg e in particolare Mnemosyne si ripromette di interrogare.
 
Quattro i sentieri che il montaggio traccia nel labirinto-’68:
 
1 Hair: i capelli delle Ninfe (Rivoluzione come movimento di stile, posture, costume. La grazia activa della ninfa e la sua non innocenza);
2. Flora (Promozione mitologica della nymphe; sua assunzione nel Giardino di Venere in veste di Flora. In-fanzia di Flora: deriva edenica del ’68);
3. Suicidio delle icone (Il tempo aoristico della rivoluzione);
4. Ce n’est que un début (L’apertura, il fiore della rivoluzione in statu nascenti: sempre nell’inizio perché si contrappone come discontinuità al precedente).
 
La tavola è accompagnata da un saggio che affronta in una prima parte la descrizione dei percorsi scelti e delle costellazioni di immagini proposte (I. Zum Bild das Wort), in una seconda parte (II. Zum Wort das Wort) tocca in modo trasversale i temi che il montaggio di immagini ha evocato. All’interno del saggio, come note di approfondimento, vengono proposti anche la riedizione di un articolo di Pier Paolo Pasolini sull’'epifania' dei capelloni e una nota di lettura semiotica di Fausto Colombo sull'alternanza lungo/corto nel ’68.
 
Nella sezione Materiali il numero 68 presenta un intervento inedito di Jacques Lacan sui fatti del Maggio, presentato e commentato da Giuseppe Cengiarotti, nel quale Lacan – discutendo a caldo proprio l’approccio di Raymond Aron – propone un diverso taglio prospettico, per certi versi ripreso e sviluppato sul piano storico da Michel de Certeau sia ne La prise de parole, testo dedicato specificamente all’evento '68, sia più in generale nella sua riflessione sulla forma della scrittura della storia.

Al concetto di parrhesia e alla dimensione rischiosa e agonale della presa di parola che fonda la dimensione politica già nell'antica Grecia è dedicato il commento di Monica Centanni al seminario di Michel Foucault Le gouvernement de soi et des autres, di cui vengono pubblicati alcuni passaggi scelti.

Nella sezione Contributi una serie di approfondimenti incrociano i tempi e i modi delle suggestioni che la riflessione sul ’68 provoca: la grazia della ninfa e la sua non innocenza viene tematizzata in relazione al dettaglio dell’acconciatura nel Rinascimento in un intervento di Alessandra Pedersoli, in cui l'irruzione rivoluzionaria dell'antico mette in crisi stile, posture, costumi e convenzioni sociali e artistiche consolidate.
 
Non sempre la storia, anche la storia più ‘vera’ lascia tracce ‘vere’: un buon esempio del paradigma verum/fictum è la costruzione di una icona che entra in modo paradigmatico nella mitologia del '68: la ‘Marianna’ che, come emerge in uno studio che Antonio Benci ha dedicato all’analisi di una delle immagini più celebri del maggio francese, si configura nei termini di 'Marianna ficta'.

Un ulteriore carattere del '68 viene saggiato nel confronto, proposto da Giuseppe Cengiarotti, con un’altra realtà nazionale, quella ceca, il cui emblema, il rogo di Jan Palach, rimandando a quello di Jan Hus, evoca il drammatico rapporto con la storia e con la tradizione che segna la normalizace seguita alla Primavera di Praga.
 
Mnemosyne non è solo trama del ricordo che riemerge dagli archivi della memoria – quanto, piuttosto, un dispositivo fecondo di apertura che illumina della sua luce non solo il passato remoto (il Rinascimento) e il passato prossimo (il ’68), ma anche il presente e le prospettive di nuovi, attuali, scenari di vita activa. 

Il tentativo è concorrere a trovare, per dirla con Alain Badiou, una "lingua disponibile" per un evento come il ’68 che si può iscrivere nell’elenco degli "eventi sovranumerari": episodi rari e preziosi della storia per i quali è impegno urgente del presente avviare un "lavoro di nominazione" e rimediare alla discordanza "tra l’opacità dell’intervento e la vana trasparenza delle rappresentazioni".