"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

169 | novembre 2019

97888948401

EniWay

Editoriale di Engramma n. 169

Fernanda De Maio, Michela Maguolo

English abstract

“Non mi era mai successo di innamorarmi così d’un Paese.
Fuorché in Africa, forse.
Ma in Africa vorrei andare e restare per non ammazzarmi.
Sì, l’Africa è come una droga che prendi per non ammazzarti”.
(Pier Paolo Pasolini, citato da Oriana Fallaci, Lettera a Pier Paolo Pasolini, 16 novembre 1975)

Ogni impero ha i suoi intrighi e i suoi delitti. L’impero Eni non è da meno. Fin dalla sua fondazione ad opera di Enrico Mattei (Matelica 1906 – Bascapè 1962), sulle ceneri della azienda di stato fascista Agip (Agenzia Generale Italiana Petroli), Eni rivela una doppia anima. Quella nera della ricerca delle fonti di energia, con il petrolio in capo a tutte, e delle vicende corruttive e degli omicidi e sparizioni di uomini, che dalla fine di Enrico Mattei a catena si susseguono fino all’inizio degli anni ’80 del XX secolo per celare gli intrecci internazionali tra mafia e finanza. E quella solare delle nuove fondazioni urbane e della infrastrutturazione di interi territori lungo le rive del Mediterraneo ad uso produttivo di tipo industriale e turistico. Di queste ultime si occupa questo numero monografico dal titolo-calembour ‘EniWay’, senza trascurare l’urgenza di uno sguardo consapevole sul primo aspetto come premessa indispensabile per “abitare, vivere, pensare” sulla Terra.

Non può, dunque, questa nuova pubblicazione, eludere il tema del cosiddetto ‘matteismo’, ossia della politica messa in atto dall’ingegner Mattei all’indomani della Seconda guerra mondiale, per condurre l’Italia, paese dalla parte degli sconfitti, verso l’obiettivo, che sarà poi raggiunto nel 1974, di sesta potenza industriale al mondo.

Ma chi era Enrico Mattei? Da quando nell’ottobre del 1962 un attentato aereo ha posto fine alla sua vita, Enrico Mattei, fondatore dell’Eni, l’azienda italiana di stato per la produzione e distribuzione del petrolio e dei suoi derivati, è una di quelle figure che non ha cessato di suscitare interesse, di essere oggetto di studi o fonte di ispirazione. E un’inchiesta a puntate di quest’estate sul quotidiano “Le Monde” (A. Tonet, M. Nasi, Les six morts d'Enrico Mattei, 19-24 août 2019), ha svelato anche in Francia la scia di sangue che segna come una linea d’ombra il destino dell’Ente Nazionale Idrocarburi. Il passare del tempo ha smussato i contorni del personaggio Mattei, levigato le asperità, le contraddizioni, così che l’immagine appare spesso quella di un fiero condottiero, un padre della patria alla quale ha sacrificato la propria vita. E se, anche recentemente, pubblicazioni autorevoli non possono fare a meno di riportare in superficie i lati meno edificanti del suo operato, questi appaiono, in un bilancio complessivo, poco rilevanti di fronte alle geniali intuizioni, alle capacità predittive, alla ostinata volontà nel perseguire il futuro immaginato. Appena un anno fa, alcuni suoi discorsi sono pubblicati da Edizioni di Comunità nella collana ‘Humana Civilitas’, accanto a Franco Basaglia, Nilde Iotti, Aldo Moro, Ignazio Silone, Tiziano Terzani (E. Mattei, Il complesso di inferiorità, Roma, 2018).

Cosi esiste un ritratto in vita e uno postumo di Mattei. Nei sedici anni, dal 1946 al 1962, in cui tiene in mano il destino energetico dell’Italia, ciò che di lui si scrive è prevalentemente critico. A parte alcuni opuscoli che ne celebrano il ruolo nella Resistenza, gli innumerevoli articoli che gli dedica la stampa italiana e internazionale sono attacchi diretti: Mattei li farà raccogliere e rilegare in 36 volumi, intitolati Stampa e oro nero, curati dallo storico Gabriele De Rosa. Fra questi, restano memorabili gli attacchi ripetuti di Indro Montanelli sulle pagine del “Corriere della Sera”, I poteri che sconcertano l’opinione pubblica, usciti per 5 giorni consecutivi, dal 13 al 17 luglio 1962, quindi pochi mesi prima della morte. Ma la morte improvvisa, sospetta, nel cielo di Bascapè, quell’esplosione in cielo, prima dichiarata e poi negata, insieme al successivo cambio di rotta dell’Eni, a opera del suo nuovo presidente, la resa alle ‘Sette sorelle’ e la progressiva privatizzazione, alimentano un nuovo interesse verso Mattei, la sua figura controversa ma affascinante. Sebbene acclarata – da lui stesso ammessa – la prassi corruttiva, il fine superiore che la sottende – il benessere del paese, la sua indipendenza energetica e perciò economica e perciò politica – rende difficile una condanna senza appello di colui che ha avvicinato l’Italia al suo sogno di riscatto, finanche di grandezza.

La rivendicazione dei valori della Resistenza che lo vede protagonista nelle file dei partigiani bianchi, l’appoggio al processo di decolonizzazione e di indipendenza dei paesi in via di sviluppo non fa che accrescere l’alone di leggenda che lo circonda in vita e dopo morto. Dopo il 1962, escono scritti commemorativi, ma anche di denuncia su di una morte che non poteva non suscitare interrogativi ma che viene archiviata in fretta. A dieci anni dalla morte, Francesco Rosi gira Il Caso Mattei e in contemporanea escono i volumi Delitto al potere di Riccardo De Santis e Il Caso Mattei. Un “corsaro” al servizio della Repubblica di Francesco Rosi e Eugenio Scalfari. Il successo di pubblico, oltre che la Palma d’oro a Cannes, di un film non facile nei suoi contenuti, ma costruito per essere “anche didattico”, come spiega il regista nel dialogo con Scalfari, dimostra come l’interesse verso Mattei non sia circoscritto al mondo economico o politico e la sua vicenda riguardi, proprio perché vicenda politica, l’intera società, in anni in cui la coscienza sociale e politica dei cittadini comuni è tangibile e la crisi energetica si ripercuote con violenza sul paese, ponendo fine al miracolo economico. In quegli stessi anni, Pier Paolo Pasolini sta raccogliendo materiali per il suo Petrolio, il libro che uscirà postumo e ha per protagonista proprio l’Eni.

Nei decenni successivi, l’attenzione verso Mattei non è venuta meno, anzi: da un lato si sono moltiplicati gli scritti sul mistero della sua morte, cui se ne connettono altre, da Mauro De Mauro a Pasolini stesso, dall’altro la sua vita è declinata in chiave romanzata. Perché egli non è solo un manager pubblico, è un partigiano di area cattolica ed è tra i fondatori dell’Italia repubblicana e dei nuovi valori che s’incarnano nella sua carta costituzionale. Per questo, nel prendere in mano una Azienda morente come l’Agip con l’iniziale ruolo di liquidatore, e quello successivo di rifondatore, deve innanzitutto costruire una nuova visione per l’azienda di stato, che rompa in modo radicale con il passato e la politica estera colonialista di sfruttamento di cui l’Agip, in qualche modo, incarnava il versante energetico.

Attraverso contratti speciali e complessi, Enrico Mattei trasforma la politica colonialista del fifty/fifty attuata dalle altre grandi compagnie petrolifere mondiali, appunto le ‘Sette sorelle’, in un progetto di partenariato attivo dei paesi terzomondisti con cui entra in contatto e con questi predispone, caso per caso, specifiche società per la ricerca/produzione/raffinazione del petrolio, arrivando a far guadagnare al paese detentore della fonte energetica fino al 70% del guadagno complessivo. Inoltre, con la costituzione di queste società, l’Eni s’impegna a formare le maestranze e i quadri dirigenti locali, a sobbarcarsi tutti gli oneri dell’impresa in caso di fallimento nella ricerca dell’olio nero – ma si tratta di un rischio molto basso e ben calcolato – a contribuire infine all’infrastrutturazione e allo sviluppo turistico di queste aree, oltre a quello industriale, come dimostrato dai molti documenti conservati presso l’archivio storico dell’Eni.

In altri termini, Mattei agli occhi delle altre compagnie petrolifere francesi, inglesi, olandesi, americane e dei paesi che le sostengono, attua una vera e propria rivoluzione rispetto all’assetto, imposto dal retaggio colonialista, e sintetizzato dalla formula fifty/fifty, per cui il 50% dei guadagni e il know how dell’impresa rimaneva saldamente nelle mani occidentali e ai paesi terzomondisti veniva lasciata una fiche del 50% dei guadagni, senza alcun potere reale sullo sfruttamento del greggio di cui disponevano. La politica di Mattei, a dire il vero, più che come una rivoluzione per mettere in grado i paesi emergenti, all’indomani della liberazione dal colonialismo, di camminare sulle proprie gambe, veniva vista come concorrenza sleale e in tal senso veniva orientata la propaganda internazionale e l’opinione pubblica.

Ma Mattei oltre a fare da parafulmine per l’Eni aveva assunto i nuovi quadri dirigenti dell’azienda tra i più brillanti giovani laureati e periti italiani dell’epoca e con loro costruì l’impero Eni. Insieme ai suoi ragazzi scoprì i paesi maghrebini, i nuovi orizzonti e i nuovi abbaglianti paesaggi che in Egitto, Tunisia, Libia, Algeria, Marocco, si dispiegavano. Gli uomini dell’Eni dovettero adattarsi a condizioni climatiche e antropiche estreme molto differenti da quelle italiane. Si trattò di una vera e propria avventura, serissima, perché in gioco vi era il progresso dell’Italia in primis, ma anche di tutta l’area mediterranea. Mohammedia, Biserta, Abu Rudeis, sono i luoghi in cui si insediarono le piccole fondazioni per i lavoratori Eni intorno alle nuove raffinerie e Cope o Sitep sono i nomi di alcune delle società di partenariato con l’Egitto e la Tunisia, tanto per fare alcuni esempi, con cui l’Eni opera, a volte ancora oggi, in questi paesi. L’occasione della ricerca del petrolio si accompagna alla opportunità di valorizzare la scoperta di questi luoghi non solo a fini lavorativi ma anche per trascorrevi il tempo libero. Perché il turismo è l’altro pallino di Mattei e questo interesse è da ascrivere a diverse ragioni: sviluppare l’uso dell’automobile e quindi del consumo di benzina tale da favorirne la vendita; fare del rifornimento di benzina l’occasione per sviluppare una rete di distribuzione in ciascuno dei paesi in cui l’Eni è presente, diffondere il benessere, di cui il turismo è uno dei simboli, per cancellare quel “complesso di inferiorità” che Mattei registrava sia in Italia che nei paesi del terzo mondo.

Suddiviso in tre sezioni – la prima Da Agip ad Eni; la seconda EniWay in Italia. Architettura paesaggio infrastruttura; la terza Da EniWay a Energyway. Scenari mediterranei – questo numero di Engramma mette in connessione un gruppo di ricerche presentate in occasione di un convegno svoltosi a Venezia nel 2014 con il patrocinio dell’Eni dal titolo EniWay, con i contributi sul ruolo che l’Eni ha avuto nel Mediterraneo, frutto di una ricerca internazionale, di durata biennale, promossa dal cluster AfricaLab dello Iuav e da altri partners (LabexMed Actions Programmées de Recherche Interdisciplinaire sur la Méditerranée 2017), dal titolo Circulation et Adaptation des Modèles d’Urbanisme en Méditerranée occidentale, XXe et XXIe siècle (la conclusione è in corso, nel mese di novembre 2019, con un convegno internazionale ad Aix en Provence).

Questo numero dedicato all’Eni si riallaccia per altro al numero di Engramma 166 (giugno 2019) Olivetti: comunità, conflitti, intelligenze, forme di vita, in quanto esplora quel rapporto tra società del capitale e società della conoscenza che in anni cruciali per l’Italia ha realizzato un’alleanza ricca di sviluppi, per certi versi imprevedibili, sia sul piano teorico-intellettuale che sul piano concreto e fisico delle città e dei territori del mondo. In particolare nella prima sezione Da Agip a Eni, il saggio di Fernanda De Maio Da Agip a Eni. Prove tecniche di convivenza nel XX secolo, attraverso le prime architetture di Giuseppe Vaccaro per l’Agip, traccia il passaggio della idea di comunità dalla visione ottocentesca delle company town agli sviluppi attraverso l’architettura dell'Eni di impronta neocapitalista sulla scorta dello stile di vita importato nel secondo Dopoguerra dal Piano Marshall. Con i saggi di Marina Pellanda, Cronaca, documento, rievocazione di un mistero italiano. Il caso Mattei di Francesco Rosi, di Luigi Latini, Paesaggio come ricordo: Enrico Mattei e il ‘campo’ di Bascapè; un memoriale nella fabbrica Olivetti e di Michela Maguolo, Gli uomini che fecero l’impresa. Enrico Mattei e gli Olivetti nel teatro di Gabriele Vacis e Laura Curino, si dà conto delle sovrascritture che cinema, architettura del paesaggio e teatro hanno intrecciato per raccontare la vicenda umana e politica di Enrico Mattei e per costruire un parallelo tra Adriano Olivetti e il fondatore di Eni, in una visione che non è mai solo imprenditoriale ma sociale, culturale e politica. In particolare: nel saggio di Pellanda si investiga il modo in cui il regista e l’attore protagonista (Rosi e Volonté) coinvolgono gli spettatori nella loro analisi e ricerca intellettuale sugli eventi narrati; nel contributo di Latini, si confronta il lavoro quasi coevo che il paesaggista Pietro Porcinai compie per realizzare il memoriale di Mattei e quello per Olivetti; nel contributo di Michela Maguolo, attraverso un excursus sugli spettacoli teatrali messi in scena da Vacis e Curino su Mattei e Olivetti, si riallacciano i nodi critici e i passaggi cruciali che fanno di due esperienze imprenditoriali quasi coeve due momenti per raccontare l’Italia che oggi avremmo potuto vivere.   

Nella sezione EniWay in Italia. Architettura paesaggio infrastruttura, Massimiliano Savorra con il saggio Un professionista al servizio dell’Eni. L’opera di Mario Bacciocchi (1902-1974) e Nicola Noro con il suo Il Villaggio nel bosco. Corte di Cadore: la costruzione di un paesaggio, connettono la questione, cara a Mattei, dell’Eni come impresa che realizza “esemplari centri di vita” alla costruzione di una nuova idea di città metropolitana, per un verso, e alla costruzione di nuove città per inventare e prendersi cura di nuovi paesaggi, per l’altro. Le consulenze di eccellenza a Marcello Nizzoli, ai Castiglioni, a Carlo Mollino e a grandi grafici, di cui scrive Chiara Baglione nel suo saggio Dalle profondità della terra, energia per il lavoro italiano”. Architetti, artisti e intellettuali per l’Eni alla Fiera di Milano a proposito dei padiglioni fieristici, sono essenziali per comprendere la complessità del lavoro che Mattei svolgeva, in sinergia con gli artisti e gli intellettuali che coinvolgeva nelle sue imprese, al fine di rendere visibile l’invisibile energia nelle scenografiche strutture temporanee, che commissionava loro: dal design del prodotto alla grafica, dall’architettura alla disposizione scenografica degli interni, nulla era trascurato o lasciato al caso, in un intrigante rapporto tra esterno e interno del padiglione, la cui struttura permanente era stata realizzata su progetto del fidato Bacciocchi. Infine il ritratto di una Italia che rinasce in una dimensione culturale industriale e internazionale all’insegna dell’Eni è presentato nel denso saggio di Marco Bertozzi Cinema dal petrolio. L’Eni e il documentario d’impresa che investiga il passaggio dal cosiddetto tecnofilm al film di grande impatto per un pubblico ampio, attraverso la scelta di grandi autori e registi, da Joris Ivens a Gilbert Bovay fino a Bernardo Bertolucci.

Infine, nell’ultima sezione Da EniWay a Energyway. Scenari mediterranei si evidenzia come – nella cornice della politica di Mattei per i paesi in via di sviluppo – l’Africa Mediterranea, non meno di quella sub-sahariana, abbia per l’Italia di quel periodo il medesimo ruolo di fascinazione a doppio taglio che emerge nell’orazione che Fallaci scrive per Pasolini all’indomani della sua uccisione: è la frase suggestiva sull’Africa come “droga che prendi per non ammazzarti”, quel sentimento che l’intellettuale aveva espresso anni addietro, nel corso di un incontro a New York con la giornalista. L’Africa è un luogo salvifico per l’azienda che Mattei sta creando, ma è un luogo da cui l’Italia e l’Europa dipendono e dipenderanno sempre di più, perché ricco di fonti energetiche e di olio nero, soprattutto nei vasti territori desertici di Marocco, Tunisia, Algeria, Libia, Egitto. A introdurre la sezione è un saggio di Marco Ferrari, Stazioni di servizio e motel: dall’Italia all’Africa. L’esportazione di un modello negli anni del ‘miracolo economico’ che racconta come l’Eni diventa visibile in Africa attraverso l’introduzione di modelli d’infrastrutturazione industriale e turistica. Si tratta della rete dei motel e delle stazioni di servizio, che affianca le importanti fondazioni industriali di Mohammedia Biserta, Abu Rudeis ecc. Il saggio di Roberto Masiero, Atlantropa. Progettare il mondo: geopolitiche e imperi, nel trattare del progetto di Herman Sörgel per unire Europa e Africa attraverso il Mediterraneo, sottolinea, per differenza e distanza, il peso e la pericolosità che la strategia di politica industriale dell’Eni di Mattei ha avuto per i grandi imperi del XX secolo, rilanciando il dibattito sul ruolo dell’architetto e dell’urbanista nel XXI secolo. Il saggio di Lorenzo Fabian e Luca Iuorio Immagini energetiche. L’energia come vettore di scenari territoriali alla scala del Mediterraneo ricuce proprio l’esperienza di Atlantropa ad alcuni scenari contemporanei promossi in ambito europeo – come Roadmap 2050 e Desertec – legati alla produzione e al controllo dell’energia. Si tratta di scenari normativi, che a partire dall’energia interrogano il futuro per guardare all’oggi, ri-posizionando il Mediterraneo al centro dei destini della regione dell’Eu-Mena; si tratta di ‘utopie reali’, di cui l’Eni rappresenta in qualche modo, per un certo tempo, il prototipo della facies ora in via di concretizzazione.

Nel chiudere, segnaliamo la piena consapevolezza che molte altre cose avrebbero potuto trovare posto in questo numero monografico: per esempio un excursus critico sulle riviste dell’Eni, prima tra tutte, “Il Gatto Selvatico”, molto più che un semplice bollettino d'azienda, poiché fu una rivista di arte e cultura voluta dallo stesso Mattei e progettata da uno dei massimi poeti italiani, Attilio Bertolucci, con l’intento – riuscito – di promuovere e divulgare il miracolo italiano targato Eni. A Bertolucci, alle sue scelte in tema di arte e letteratura, ai suoi validi cronisti, divenuti poi firme di primo piano nel giornalismo italiano, e a suo figlio Bernardo Bertolucci, che mosse i suoi primi passi anche di cineasta proprio all’interno dell’Eni, si deve quell’intreccio di arte e architettura all’insegna della ricerca del petrolio, che per una breve stagione ha indirizzato il boom italiano. Anche questo raccontano i saggi di questo numero.

Infine un ringraziamento particolare va a tutti gli archivi che hanno fornito il materiale custodito presso di loro: Archivio famiglia Bacciocchi, Archivio storico dell’Eni, Archivio storico della Fiera di Milano, Archivio Pietro Porcinai, Archivio Progetti Iuav. Senza il supporto delle loro carte vive e parlanti, le nostre parole sarebbero solo lettera morta.

English Abstract

Engramma issue no. 169 is dedicated to Eni - Italian public company for oil products - and its relationship with art, architecture, cinema between Italy and Africa. Contributions by Chiara Baglione, Marco Bertozzi, Fernanda De Maio, Lorenzo Fabian, Marco Ferrari, Luca Iuorio, Luigi Latini, Michela Maguolo, Roberto Masiero, Nicola Noro, Marina Pellanda, Massimiliano Savorra.

keywords | Art; architecture; landscape architecture; Mediterranean sea; oil; Eni.

Per citare questo articolo / To cite this article: Fernanda De Maio, Michela Maguolo, EniWay. Editoriale, “La Rivista di Engramma” n. 169, ottobre 2019, pp. 7-14 | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2019.169.0001