"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

203 | giugno 2023

97888948401

“Le Navi romane si possono vedere anche in tre”

Il Museo di Nemi nella sequenza del film L’assassino di Elio Petri (1961)

 Ilaria Grippa e Christian Toson

English abstract

Questo contributo ha come oggetto una scena del film L’assassino, film d’esordio di Elio Petri uscito nelle sale nell’aprile del 1961. Lo spunto per questo approfondimento viene da una pagina di una recente monografia di Flavio Altamura e Stefano Paolucci, L’incendio delle navi di Nemi. Indagine su un cold case della Seconda guerra mondiale (di cui pubblichiamo una presentazione e un approfondimento in questo stesso numero di Engramma): nel loro lavoro gli autori citano una “suggestiva sequenza girata all’interno del Museo delle Navi romane” (Altamura, Paolucci 2023, 238) nel film di Elio Petri. Il film viene richiamato da Altamura e Paolucci nel quadro della ricostruzione della posizione del Soprintendente Aurigemma il quale, al momento in cui diede pubblicamente la notizia della distruzione delle navi, denunciò la matrice nazista del disastro: è a questo proposito che i due autori fanno riferimento al dialogo che avviene tra Nicoletta e Alfredo mentre passeggiano nello spazio del padiglione est in cui si trovano i resti delle navi, visibilmente segnate dall’incendio del 1944, e in particolare alla battuta sui tedeschi responsabili della distruzione delle navi “perché sono tedeschi”. L’analisi si ripropone innanzitutto di fornire uno strumento di approfondimento che possa essere utile alle indagini intorno al Museo delle Navi di Nemi, in particolare sul suo allestimento nel secondo Dopoguerra, analizzando come il Museo appare nella sequenza del film. Questa l’articolazione:

I. La scena nel Museo delle Navi romane nel film L’assassino di Elio Petri (1961), a cura di Ilaria Grippa, che comprende: la scheda tecnica; un riassunto della trama; una breve nota tecnica sul restauro della pellicola, sul riversamento e la digitalizzazione presso il laboratorio “L’Immagine ritrovata” di Bologna; una nota sui materiali sulla critica e la censura del film provenienti dall’Archivo Nazzareno Taddei della Fondazione Cineteca di Bologna; una descrizione della sequenza del film ambientata nel Museo delle Navi romane a Nemi.
II. Una lettura dello spazio architettonico e allestitivo della sequenza analizzata nel paragrafo precedente, a cura di Christian Toson, con il riconoscimento dei reperti archeologici visibili nella scena del film ambientata nel Museo di Nemi.
III. Analisi del percorso: la sequenza del film come fonte per la ricostruzione dell’allestimento del Museo delle Navi romane 1953-1962.

I. La scena nel Museo delle Navi romane nel film L’assassino di Elio Petri (1961)

Ilaria Grippa

1 | Manifesto del film L’assassino, 1961.

Scheda tecnica del film L’assassino (1961)

L’assassino è il film di esordio di Elio Petri (sulla poetica di Petri si vedano almeno: Rossi 1979; Gili 2000; Rossi 2015): la pellicola lo vede convolto non solo come sceneggiatore ma lo vede impegnato per la prima volta anche come regista. Il film esce nell’aprile del 1961, durante il periodo pasquale.

Produzione | Un film Titanus-Vides, prodotto da Franco Cristaldi è l’esito di una co-produzione italo-francese Titanus-Roma e S.G.C. Parigi, realizzato negli Stabilimenti Titanus.
Regia di Elio Petri

Cast | Marcello Mastroianni (Alfredo Martelli), Micheline Presle (Adalgisa De Matteis), Cristina Gajoni (Nicoletta Nogaro), Salvo Randone (commissario Palumbo), Andrea Checchi (Morello, marito di Adalgisa), Francesco Grandjacquet (un vecchio signore), Marco Mariani (dottor Margiotta), Franco Ressel (dottor Francesconi), Mac Ronay (il suicida), Toni Ucci (Toni), Max Cartier, Bruno Scipioni c.s.c., Lucia Raggi (madre di Alfonso), Giovanna Gagliardo (Rosetta), Lina Ferri, Carlo Egidi, Eugenio Maggi (poliziotto), Ubaldo Micacchi, Silvio Bastianelli, Paolo Panelli (Paolo) 

Soggetto | Antonio Guerra, Elio Petri
Sceneggiatura | Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Antonio Guerra, Elio Petri
Direttore di produzione | Gino Millozza
Direttore della fotografia | Carlo Di Palma
Operatore alla macchina | Dario Di Palma
Assistenti operatori | Angelo Lannuti, Alberto Spagnoli
Montaggio | Ruggero Mastroianni
Aiuto regista | Giuliano Montaldo
Assistenti alla regia | Giorgio Trenti, Adolfo Gagniacci, Fabio Rinaudo (c.s.c)
Aiuto regista per la versione francese | Maurice Hartwig
Fonico | Giovanni Rossi

Architetto | Renzo Vespignani
Aiuto Architetto | Gastone Carsetti
Arredatore | Giovanni Checchi

Negativi Kodak Sviluppo e stampa TECNOSTAMPA. Registrazione sonora su apparecchi Westrex Recording System eseguita negli Studi di Sincronizzazione Titanus

Trama

L’antiquario Alfredo Martelli (Marcello Mastroianni) viene fermato dalla polizia perché accusato dell’omicidio della sua ex-amante Adalgisa De Matteis (Micheline Presle), una ricca signora della Roma borghese. I sospetti conducono ad Alfredo in quanto ultima persona ad aver parlato e visto Adalgisa prima dell’omicidio. Solo alla fine viene scoperto il vero colpevole e Alfredo viene scagionato. Il film è costruito mediante l’intreccio di ricordi, motivo per cui Petri utilizza volutamente i flash-back come espediente narrativo rimandando a episodi della memoria del protagonista in cui ha l’occasione di effettuare un esame di coscienza, un percorso morale: i frammenti del passato, alternati alle indagini della polizia, non sono altro che una serie di colpe con il preciso scopo di ricostruire il ritratto di un uomo misero, vile ed egoista e che non hanno attinenza con l’accusa di essere un assassino. Le modalità in cui si sviluppano e vengono restituiti visivamente i flash-back del protagonista nel corso del film ricordano l’opera Il Processo di Franz Kafka.

Breve nota tecnica sul restauro della pellicola

Il film, nella versione disponibile e visibile in alta qualità sul canale amazon prime video è introdotto da una breve nota tecnica sul restauro della pellicola e il conseguente riversamento in digitale presso il laboratorio “L’Immagine ritrovata” di Bologna, specializzato nel campo del restauro cinematografico.

Il restauro digitale de L’assassino è stato realizzato a partire dal negativo camera originale, lacunoso del primo e dell’ultimo rullo, e da un interpositivo d’epoca. I due elementi sono stati scansionati alla risoluzione di 2K e restaurati digitalmente. Il grading è stato eseguito utilizzando come riferimento una copia positiva d’epoca conservata dalla casa di produzione Titanus presso l’archivio della Cineteca di Bologna. Il suono originale è stato restaurato a partire dal negativo ottico 35mm da cui è stato stampato un positivo colonna di conservazione che è stato acquisito e restaurato digitalmente. Le lavorazioni sono state eseguite presso il laboratorio “L’Immagine ritrovata” nel 2011.

Materiali sulla critica e la censura de L’assassino

Nell’Archivio Nazzareno Taddei, custodito presso la Fondazione Fotocineteca di Bologna, è conservato un file composto da cinque schede – fronte e retro – di ritagli di articoli di giornale, periodici, quotidiani, alcuni di questi provenienti da riviste specializzate nel settore cinematografico tra il 1961 e il 1962 (“Cinema Nuovo”, “Rivista del Cinematografo”, “Guida allo spettacolo”, “La Fiera del Cinema”, “Rivista Films and Filming”), che restituiscono una lettura delle reazioni della critica al film di Petri (Schedario Fondo Taddei, Cineteca di Bologna, 2011).

La descrizione che accompagna queste schede pone l’accento sui tagli e gli adattamenti al film in alcune scene e dialoghi in cui sono presenti agenti di polizia: la critica che viene rivolta al regista è di aver rappresentato le forze dell’ordine in un modo che la Commissione sulla censura ritiene scorretto e denigratorio. Così si legge nel frammento di un quotidiano del 27 aprile 1961, conservato nell’archivio Taddei:

Non tutti i brani del film sono dello stesso livello: vi sono riempitivi, sbalzi improvvisi, vuoti di racconto. La colpa di ciò, secondo il regista, va imputata alla censura che, anche se non ha intaccato il lavoro in maniera irrimediabile, con i cinquanta tagli apportati ha creato negli spettatori molti dubbi. A sentir parlare di polizia, la censura ha drizzato le orecchie: ed allora si sono dovute sfumare, in sede di doppiaggio, le cadenze meridionali dei poliziotti, togliere una scena con un commissario che sbadiglia e un’altra con un agente che, in divisa, si soffia il naso.

Viene apprezzata positivamente la sceneggiatura e la costruzione dei personaggi, ma soprattutto la scelta del cast e i ruoli affidati agli attori Marcello Mastroianni nel ruolo di Alfredo Martelli (dopo il successo nel film La dolce vita del 1960 di Federico Fellini), a Micheline Presle nel ruolo di Adalgisa De Matteis (dopo il successo nel film Il diavolo in corpo del 1947 di Claude Autant-Lara), a Salvo Randone nel ruolo del commissario Palumbo, premiato nel 1962 per questa interpretazione con il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista.

Nella documentazione disponibile non sono stati trovati, ad ora, dati sulla scelta dei luoghi per la sceneggiatura e l’ambientazione del film. Un accenno all’ambientazione degli “incastri retrospettivi” è in una nota di Filippo Sacchi pubblicata il 16 aprile 1961 nella rivista “Epoca”, in merito ai frammenti di memoria che ricostruiscono il profilo morale del protagonista:

Nessuno degli otto incastri retrospettivi intercalati nell’azione ha attinenza con l’antefatto immediato del delitto. Sono tutti episodi frammentari, spesso apparentemente minuti insignificanti, esposti senza disapprovazione polemica, anzi con indifferenze e tono ironicamente sbadati, attraverso i quali soltanto indirettamente e per allusione di ricostruisce la figura morale del protagonista.

2 | Adalgisa invita a visitare le Navi romane, frame (27’ 41”).

3 | Alfredo cammina in discesa all’esterno nei dintorni del museo, sullo sfondo il lago di Nemi, frame (27’ 55”).

4 | Alfredo, Adalgisa e Nicoletta all’esterno dell’ingresso del Museo delle Navi romane a Nemi, frame (28’ 30”). 

5 | Alfredo e Nicoletta nel padiglione est, sullo sfondo le rovine delle navi, il corridoio centrale e il padiglione ovest, frame (28’ 34”).

6 | Primo piano di Nicoletta nel padiglione ovest, sullo sfondo le rovine delle navi, il corridoio centrale e il padiglione ovest, frame (28’ 44”).

7 | In primo piano Alfredo, Adalgisa e Nicoletta, sullo sfondo lo rovine delle navi e i serramenti ripristinati, frame (28’ 55”).

8 | I tre attori nel padiglione est con i reperti delle navi alle loro spalle, frame (29’ 25”).

La sequenza del film ambientata al Museo delle Navi romane (27’ 40”/31’ 40”): il terzo flash-back di Alfredo Martelli

La scena che qui si analizza è il terzo flash-back dei ricordi di Alfredo Martelli, una sequenza della durata di circa quattro minuti ambientata nei pressi e poi all’interno del Museo delle Navi romane a Nemi. Il Museo, progettato dall’architetto Vittorio Morpurgo e inaugurato nel 1940, restaurato nel Dopoguerra dopo l’incendio del 1944, fu riaperto al pubblico nel 1953 e chiuso nuovamente nel 1962, un anno dopo l’uscita del film di Petri (il Museo resterà poi chiuso fino al 1988).

La sequenza ambientata a Nemi comincia al minuto 27’ 40”, a un terzo dello sviluppo del film. Alfredo è sotto interrogatorio nell’ufficio del commissario di Polizia, costretto a ripercorrere i suoi ricordi e ad ammettere le sue responsabilità, fino ad arrivare a convincersi che, se pure non è lui l’assassino, ha contribuito alla sofferenza dell’amante Adalgisa.“Ma voi l’amavate?” con questa domanda, rivolta ad Alfredo, il commissario Palumbo innesca il terzo flash-back del protagonista e l’incontro con Nicoletta. In scena prima Adalgisa, il marito Morello, l’amante Alfredo e Nicoletta, poi Alfredo, Adalgisa e Nicoletta. La sequenza che qui ci interessa si apre con il dialogo tra Adalgisa e Morello [Fig. 2]. Adalgisa cerca di convincere il marito a entrare con lei a vedere le Navi romane:

Adalgisa: Insomma, non ci volete proprio venire a vedere queste Navi romane?
Morello: No, guarda, te l’ho detto, sono una delusione pure loro. Torniamo a Roma. Ciao
Adalgisa: Ciao!
Morello: Ciao Nicoletta. Ciao Alfredo
Nicoletta: Ciao!
Morello: Ci vediamo a Roma!

La battuta di Morello in risposta all’invito di Adalgisa sulle Navi romane – “No, guarda, te l’ho detto, sono una delusione pure loro” – preannuncia l’assenza delle navi distrutte dall’incendio del 1944 e attualmente ridotte a relitti. La risposta svogliata e sprezzante di Morello [Fig. 3] però non ha l’effetto di demotivare gli altri personaggi. Adalgisa [d’ora in poi AD] si avvicina ad Alfredo [da ora in poi AL] e Nicoletta [d’ora in poi N] e si rivolge a quest’ultima: 

AD: Allora, resta con noi Nicoletta?
N: Ma non siete già in due?
AD: Ma le Navi romane si possono vedere anche in tre!
N: Si ma... siete proprio sicuri che non disturbo?
AD: Ma no... Venga!
AL: No... 
N: Allora vengo eh!
AL: Si!
N: Si!

“Le Navi romane si possono vedere anche in tre”: la battuta introduce al triangolo amoroso che inizia a disegnarsi tra Alfredo, Adalgisa e Nicoletta. Nicoletta accetta l’invito di Adalgisa [Fig. 4] e così si innesca l’episodio accentuato nella sequenza grazie ai movimenti della macchina da presa, mentre il contenuto dei dialoghi metterà in luce i profili e i caratteri dei tre personaggi. Siamo ancora all’esterno, Nicoletta sale sulla sua auto e Alfredo raggiunge Adalgisa nella sua vettura, e così riprende il dialogo con l’amante:

AL: Ma chi è quella scemetta? 
AD: Alfredo! Non fare il finto tonto, lo sai benissimo che ha un mare di soldi. Figurati se non sei informato...

Adalgisa, in questa sequenza del film, sottolinea più volte nel dialogo rivolto ad Alfredo il tratto venale del suo carattere: “[...] lo sai benissimo che ha un mare di soldi”.

Con un primo stacco nel montaggio, ben percepibile e accompagnato da un raccordo sonoro sulle note di Momento d’amore #3 del compositore Piero Piccioni, ci troviamo ora all’esterno del Museo delle Navi romane a Nemi [Fig. 4]. In questa sequenza la macchina da presa, accompagnata dalla musica in sottofondo, scruta il movimento dei personaggi e induce lo spettatore a seguirli all’interno del Museo. Alfredo canticchia e fischietta mentre passeggia nel padiglione est con aria distaccata e indifferente. Nicoletta, invece, appare visibilemente stupita e affascinata dalle rovine delle due navi [Figg. 5-6].

N: Ma perché i tedeschi hanno distrutto queste bellissime Navi romane?
AL: Perché sono tedeschi!

La domanda di Nicoletta, “Ma perché i tedeschi hanno distrutto queste bellissime Navi romane?”, attiva un primo cortocircuito visivo e concettuale: Nicoletta descrive le Navi romane con l’aggettivo “bellissime”, pur trovandosi di fronte alle rovine residuate dal devastante incendio. Ma la domanda di Nicoletta serve ad attivare la battuta di risposta, pronunciata con tono frivolo di Alfredo: “Perché sono tedeschi!”. Il tono assertivo e liquidatorio, e insieme sprezzante e sornione, del protagonista attiva implicitamente un altro cortocircuito: l’immagine del Museo, un edificio simbolo dell’architettura fascista, produce un attrito semantico ed estetico con le rovine prodotte dalla guerra che ha visto fascisti e tedeschi alleati e complici del disastro.

N: E i Romani che ci facevano con queste navi così grandi in un lago così piccolo?
AD: L’imperatore le teneva qui unicamente per fare l’amore... Giorno e notte, notte e giorno, solo per fare l’amore. E lei Nicoletta? L’ha mai fatto l’amore in barca?
N: Beh, veramente non ho mai provato
AL: Le piacerebbe?
N: Fare le gite in barca mi piace da morire. Dunque, fare l’amore credo anche
AL: Ad Adalgisa invece non le piace in barca. Le dà la nausea
AD: Non solo la barca... molte altre cose mi danno la nausea!
AL: Si, si... Lo so

Il dialogo, favorito anche da puntuali movimenti della macchina da presa che scruta e restituisce attentamente gli stati d’animo dei tre personaggi, prende una piega nettamente erotica. E da qui inizia a mutare anche il gioco degli sguardi. Adalgisa innesca la svolta erotica nel dialogo con il fantasioso riferimento all’utilizzo originario delle Navi da parte dell’imperatore presentato come dedito “giorno e notte, notte e giorno” all’amore, e lancia alla ragazza la provocazione seduttiva: “L’ha mai fatto l’amore in barca”. E, nel contempo, guarda Nicoletta già come una rivale che le contende l’attenzione di Alfredo, che rimane il centro e l’obiettivo delle provocazioni della sua amante. 

Il triangolo amoroso tra i personaggi continua accompagnato dall’esplorazione negli spazi e tra i reperti allestiti e conservati all’interno del Museo [Figg. 7-10]. Con uno stacco nel montaggio la macchina da presa si avvicina violentemente a Nicoletta che sta passando vicino alle fistulae aquariae e agli elementi ornamentali esposti sulla parete nord [Figg. 11-13]. La voce di Alfredo, fuori dall’inquadratura, descrive l’oggetto che sta guardando Nicoletta – e di conseguenza si rivolge anche allo spettatore attraverso il montaggio con un raccordo campo–controcampo e dal movimento della macchina da presa che segue il movimento degli occhi di Nicoletta:

AL: Quelle fasce lì di bronzo servivano a rinforzare le fiancate delle navi, per protezione
N: “Non sembrano dei quadri astratti, eh?!”

Il campo d’inquadratura si allarga e Alfredo, che si trova nella zona opposta a Nicoletta, le risponde in piedi davanti alla ricostruzione in scala 1:5 dei modelli delle due navi palazzo [Fig. 12]. 

AL: Ti chiami Nicoletta vero?
N: Si!

Un altro stacco del montaggio. Irrompe in scena Adalgisa proveniente dalla scala del piano ammezzato del Museo [Fig. 14]. Nella sequenza del film è soprattutto in questo momento, al minuto 30’, che alcuni reperti iniziano ad assumere un ruolo importante nel dialogo tra i tre attori. Mentre Adalgisa avanza camminando dalla zona centrale del Museo, il suono dei tacchi si sovrappone alle voci in sottofondo di Alfredo e Nicoletta che stanno flirtando e ridacchiando: 

AL: Però! Che manone avevano questi Romani!

Nicoletta ride di intesa e complicità con le avances di Alfredo. L’inquadratura si restringe sul dettaglio delle mani di Nicoletta e di Alfredo che, in un gesto romantico e sensuale, si sfiorano e si accarezzano toccando l’impronta sul bronzo che rappresenta l’avambraccio ornamentale di sostegno dei timoni della seconda nave [Fig. 15]. Adalgisa, oramai visibilmente gelosa, irrompe nuovamente tra Alfredo e Nicoletta [Fig. 18]:

AD: State bene insieme...

La cinepresa indietreggia, il campo di visualizzazione si allarga rivelando nell’inquadratura anche la testata in bronzo dell’avambraccio della mano profilattica sinistra rinvenuta nel primo scavo del Borghi nel 1895 [Fig. 16]. Adalgisa, in tono irritato e indispettito ribatte:

AD: Vi divertite?
N: Si, mi sto divertendo molto...

Adalgisa si allontana, il campo di ripresa si allarga, e Alfredo la segue cercando di indagare il sentimento di gelosia dell’amante. Questo dinamismo pone in contrapposizione alcuni elementi: Adalgisa e Alfredo in primo piano cercano di chiarire il triangolo amorso che si è creato, Nicoletta sembra scomparire in secondo piano davanti alla decorazione in bronzo dell’avambraccio destro e, infine, posta a metà tra Alfredo e Nicoletta, si vede la testa di Medusa [Figg. 19-20].

AL: Adalgisa! ... Ma che ti metti a fare la gelosa anche con le ragazzine adesso? Non vedi che è una stupidella?
AD: Oh... perché? Mi piace! È giovane, simpatica, ricca! ... Vado a fare un giretto in auto. Ho voglia di stare un po’ sola... Ritorno dopo. Resta tu con lei. Perché non ti va bene?
AL: Quando fai così mi offendi proprio, guarda... Vai, vai! Vai a fare un giro...

Ancora una volta Adalgisa sottolinea l’ambiguità e l’interesse venale di Alfredo: “[...] È giovane, simpatica, ricca!”. La gelosia si tinge di ambiguità e di scostante distacco: non è chiaro se rivolgendosi a lui in questo modo sia risentita e gelosa o se voglia sbarazzarsi dell’amante. Alla fine Adalgisa esce dall’inquadratura che si stringe nuovamente su Alfredo e Nicoletta. La ragazza infatti, allarmata dalla reazione di Adalgisa, lo raggiunge:

N: Ma che è successo?
AL: Mmm... No, niente... È una donna strana!

Mentre Adalgisa percorre il ballatoio per uscire dal piano ammezzato [Fig. 21], si verifica uno stacco nel montaggio: è sera, Nicoletta e Alfredo si baciano nel padiglione ovest con le rovine delle navi alle loro spalle [Fig. 22]. Sulle note della colonna sonora Momento d’amore #3 di Piccioni, la macchina da presa riprende dall’alto l’uscita di Adalgisa all’esterno del Museo [Fig. 23]. Così, la sequenza-flash-back di Alfredo Martelli, ambientata nel Museo delle Navi romane, sfuma e termina al minuto 31’ 40” con la stessa battuta del commissario Palumbo pronunciata all’inizio della scena: “Ma voi l’amavate? Rispondete, l’amatave?!”. Non siamo più nel frammento di memoria del protagonista ma nell’ufficio del commissariato dove si sta svolgendo l’interrogatorio. 

II. Lettura dello spazio architettonico e allestitivo e dei reperti archeologici presenti nella sequenza del film

Christian Toson

9 | Adalgisa e Alfredo davanti alle rovine delle navi e alla strada romana lasciata in trincea, frame (29’ 36”).

10 | Adalgisa si dirige verso nord dove sono accatastate le rovine lungo le mura perimetrali, frame (29’ 41”).

11 | Nicoletta guarda le fistulae aquariae appese sulla parete nord del Museo, frame (29’ 31”). 

12 | Alfredo risponde a Nicoletta nel padiglione ovest sul lato a sud del museo. Alle sue spalle i due modelli delle navi in scala 1:5, frame (29’ 56”).

13 | Nicoletta vicino ai resti ornamentali delle tegole in rame dorato che ricoprivano i tetti delle navi palazzo, appese sul lato nord del Museo, frame (29’ 52”).

14 | Adalgisa al centro dell’inquadratura davanti alle scale elicoidali e alle teche, frame (30’). 

15 | Le mani di Nicoletta e Alfredo che si accarezzano sopra alla decorazione in bronzo d’appoggio dei timoni della seconda nave, frame (30’ 05”). 

16 | Testata in bronzo di una trave della seconda nave con la decorazione di uno dei quattro appoggi del timone, mano profilattica sinistra, primo scavo, 1895.
17 | Testata in bronzo di una trave della seconda nave con la decorazione di uno dei quattro appoggi del timone, mano profilattica destra, secondo scavo, 1929.

18 | Alfredo, Nicoletta e Adalgisa davanti ai due esemplari decorativi in bronzo di appoggi dei timoni della seconda nave, frame (30’ 11”). 

19 | Adalgisa e Alfredo davanti alla testa di Medusa, frame (30’ 25”). 

20 | Testa di Medusa, (Prima nave).

21 | Adalgisa esce di scena percorrendo il lato ovest del ballatoio superiore dirigendosi verso sud, frame (31’ 07”).

22 | Il bacio di Alfredo e Nicoletta nel padiglione est, alle loro spalle le rovine delle navi, vista da nord, frame (31’ 10”).

23 | Adalgisa esce dal museo dal padiglione ovest in direzione sud, frame (31’ 24”).

Di seguito si propone una lettura delle dodici inquadrature della sequenza del film L’assassino dal minuto 27’ 40” al minuto 31’ 40”, con l’obiettivo di restituire una prima analisi utile allo studio circa lo stato architettonico e allestitivo del Museo delle Navi romane così com’è stato documentato dalle riprese cinematografiche un anno prima della sua chiusura nel 1962: da queste immagini, infatti, si possono dedurre elementi utili a ricostruire l’allestimento e la collocazione degli oggetti esposti. Di seguito si analizzano le singole inquadrature nell’ordine della sequenza. Per ogni inquadratura si costruisce il punto di ripresa, il movimento della cinepresa all’interno del Museo e il percorso degli attori. 

La sequenza si svolge in questo ordine: dall’esterno del museo [Fig. 4] ingresso sul lato sud, all’interno del padiglione est, dove si trovano le rovine dell’incendio [Figg. 5, 6, 7, 8, 9, 22], verso il padiglione ovest completamente restaurato e riallestito [Figg. 11, 12, 13, 23 ], il corridoio centrale [Fig. 14] e il piano ammezzato [Figg. 15, 18, 19, 21].

Inquadratura [1]

La sequenza in esame si apre con un campo medio in cui è possibile leggere l’azione al centro dell’inquadratura e il paesaggio che fa da sfondo: siamo in uno spazio all’aperto [Fig. 2] in cui è possibile scorgere la vista parziale del lago dall’alto [Fig. 3].

Inquadratura [2]

In questa inquadratura, il campo lungo ci permette di visualizzare lo spazio che appare predominante rispetto all’azione dei personaggi. La macchina da presa è frontale, leggermente rivolta dal basso verso l’alto e riprende simmetricamente la facciata principale con l’ingresso del Museo delle Navi romane [Fig. 4]. È possibile notare: il restauro della facciata re-intonacata e ripulita dai segni delle bombe, i serramenti ripristinati e la sistemazione del verde circostante. 

Inquadratura [3]

Attraverso un raccordo di azione e un raccordo sonoro, la macchina da presa segue il movimento dei tre personaggi mentre si spostano tra le rovine all’interno del padiglione est. È possibile notare: i supporti di ferro dell’invaso deformati dall’incendio, il pavimento, privo dei frammenti più grossi e ingombranti delle macerie, che sembra essere stato livellato; infine, sullo sfondo è percepibile una netta differenza con il corridoio che occupa la zona centrale del Museo che è intonacato, ripristinato e allestito con le teche [Figg. 5, 6, 7]. Man mano che la macchina da presa segue il dialogo e i movimenti dei tre protagonisti, è possibile vedere in secondo piano i modelli in scala 1:5 delle navi collocati nel padiglione ovest anch’esso completamente restaurato [Figg. 5, 6, 12]. Alla fine del movimento la cinepresa, nel padiglione est, rende visibile il parapetto del piano ammezzato cadente e deformato, l’intradosso della copertura non restaurata e la grande finestra della facciata nord restaurata [Fig. 6]. 

Inquadratura [4]

Attraverso un raccordo sul movimento, la macchina da presa segue Adalgisa che, uscendo dall’inquadratura precedente [3], entra nella successiva conducendo lo spettatore e i tre personaggi verso il lato nord del Museo [Figg. 8-9]. Grazie a un campo medio e a un’inquadratura che, sfruttando le gradinate, colloca la macchina da presa più rialzata rispetto alla posizione dei tre attori, è possibile vedere la strada romana allestita originariamente in una trincea aperta nel pavimento originale [Fig. 9], la facciata est con i serramenti ripristinati e le rovine accatastate lungo le mura perimetrali [Fig. 10]. 

Inquadratura [5]

Uno stacco ben visibile nel montaggio permette di collocare questa inquadratura nel padiglione ovest, rivolgendo lo sguardo dello spettatore verso la parete del lato nord del Museo. Mediante una breve carrellata della macchina da presa è possibile vedere chiaramente le fistulae aquariae esposte e appese sulla parete. Su una di queste è ben leggibile il nome di ‘CAIO CESARE GERMANICO’ [Fig. 11], ovvero Caligola. Le fistulae aquariae, rinominate nel dialogo del film da Alfredo Martelli come “fasce di bronzo che servivano a rinforzare le fiancate delle navi”, sono fra i reperti più rilevanti per la datazione delle due navi. Al termine di questa inquadratura, che coincide con la fine del movimento a carrellata della macchina da presa, vengono rivelate parzialmente le tegole bronzee che servivano come ornamento al tetto delle navi [Fig. 13]. 

Inquadratura [6]

Mediante un effetto campo-controcampo nel montaggio del dialogo tra Alfredo e Nicoletta, il campo lungo in questa inquadratura mostra Alfredo a figura intera che si colloca nel padiglione ovest, completamente restaurato, in direzione del lato sud del Museo [Fig. 12]. In questa inquadratura, inoltre, è possibile vedere il nuovo invaso scavato nel pavimento originale che ospita i modelli in scala 1:5 delle navi, mentre sul lato ovest del padiglione si scorge anche un’alta struttura espositiva in tubolari metallici. 

Inquadratura [7]

Si verifica un altro stacco nel montaggio che, mediante un’inquadratura centrale rivolta leggermente dal basso verso l’alto, ci mostra Adalgisa in un piano a figura intera [Fig. 14]. Anche in questo caso, grazie a un campo lungo è possibile vedere chiaramente alcuni elementi che fanno da sfondo all’azione del personaggio: le due scale eloicoidali e le teche in corrispondenza di pilastri in cui sono allestiti alcuni reperti appartenenti alle navi. Tra questi reperti si riconoscono la poppa a bindoli, la grande valvola per l’acqua, una parte dell’ancora di ferro e una vetrina con esposte alcune ceramiche.

Inquadratura [8]

Con un ulteriore stacco nel montaggio, la macchina si trova ora sul piano ammezzato del Museo. Lo sguardo che adotta il regista per questa scena è orientato da ovest verso est. Durante la sequenza i tre protagonisti dialogano tra loro e, contemporaneamente, interagiscono con alcuni elementi strutturali e decorativi presenti e allestiti nel museo, come per esempio, le fistulae aquariae delle navi appese sulla parete nord [Fig. 11], i resti delle tegole decorative in rame dorato [Fig. 13] e le decorazioni ornamentali in bronzo delle navi tra cui la testa di Medusa [Figg. 19-20], rinvenuta il 15 ottobre 1895 da Eliseo Borghi – figura di riferimento negli scavi archeologici presso il lago di Nemi – e due delle tre decorazioni che costituiscono gli appoggi dei timoni della seconda nave: “gli avambracci con mani aperte, stesi sopra cassette basse a sezione rettangolare, che rivestivano le testate di travi parallele all’asse della nave e sporgenti dall’aposticcio verso l’estremità” (Ucelli [1950] 1996, 218). Nella sequenza del film è possibile vedere due dei tre esemplari appartenenti alla seconda nave, rinvenuti durante gli scavi, uno risalente al 1895 e l’altro al 1929 [Figg. 16-17]: 

Evidentemente dovevano essere quattro in tutto, ed essere a due a due corrispondenti e simmetrici. Dei tre recuperati, un paio, destro e sinistro sono uguali in tutti i particolari, e, posti con il lato aperto della cassetta verso il corpo della nave si presentavano verso l’esterno come due avambracci tesi orizzontalmente in avanti con la palma di taglio e il pollice in alto (Ucelli [1950] 1996, 218).

Prima di cominciare a capire in che direzione si concentra il campo di osservazione di questa inquadratura, il regista mostra, attraverso un close up, le mani di Alfredo e Nicoletta [Fig. 15] che si toccano sulla mano profilattica destra risalente al secondo scavo del 1929 e caratterizzata dalla palma di taglio sulle falangi delle dita [Fig. 17]. La decorazione in bronzo della coppia di mani apotropaiche rinvenute nel lago di Nemi appaiono ben visibili e immediatamente riconoscibili [Fig. 15]: l’avambraccio in primo piano, dove si sfiorano le mani Alfredo e Nicoletta, corrisponde alla mano destra rinvenuta durante il secondo scavo nel 1929 [Fig. 17]; invece, l’avambraccio che si vede dietro ai tre attori in secondo piano, fa parte della stessa coppia e corrisponde alla mano sinistra, rinvenuta nel primo scavo dal Borghi nel 1895 [Fig. 16]. Troviamo conferma dell’identificazione di questi due bronzi nella descrizione di Giuseppe Moretti: 

“[...] nudo l’avambraccio, disadorno il polso, neppure un anello, nelle dita; modellato vigoroso e nobile di austerità arcaica, distensione riposata sopra un controfondo di elegante contorno curvo, che la distacca dal piano rettangolare della cassetta. Da questo contorno curvo più corto sporgono le dita e dalla retta linea della cassetta escono le prime falangi: forse in questo particolare è più espresso il carattere dell’oggetto e nel potere delle sue punte è raccolta la più vera proprietà apotropaica”, in (Ucelli [1950] 1996, 218). 

L’inquadratura ravvicinata sul dettaglio delle tre mani [Fig. 15] richiama visivamente un’immagine presente nell’Archivio dell’Istituto Luce (Archivio Luce, negativo, A00031426) datata 22 luglio 1931 che ritrae un addetto ai lavori che tocca la decorazione in bronzo nello stesso punto (l’immagine è stata scelta anche per la copertina di questo numero di Engramma).

Mediante il movimento breve a carrellata, la macchina da presa indietreggia seguendo un asse longitudinale, permettendo così di allargare il campo di visibilità nell’inquadratura [Fig. 18]. Sullo sfondo dell’azione e del dialogo che avviene tra i personaggi in primo piano, si scorge parzialmente la testata in bronzo dell’avambraccio corrispondente alla mano profilattica sinistra, rinvenuta durante il primo scavo del 1895 [Figg. 16-18]. Ben visibili sono anche i parapetti del lato ovest del Museo completamente ripristinati. Alcuni dettagli sembrano essere adottati da una scelta registica come il capovolgimento di uno degli avambracci con il pollice originariamente rivolto verso il basso [Fig. 17]. La posizione corretta, come sostiene Moretti (Ucelli [1950] 1996, 218) è con il pollice rivolto verso l’alto. Questa rotazione potrebbe essere dovuta dal fatto che nell’inqudratura si volesse ottenere l’immagine delle due mani rivolte verso il centro. Questi bronzi appartengono alla seconda nave, ma non è certo se si tratti di copie o degli originali che attualmente sono esposti nel Museo Nazionale Romano. 

Inquadratura [9]

Questa inquadratura può essere considerata una continuazione dell’inquadratura precedente [8]. Il movimento della macchina da presa indietreggia ulteriormente seguendo il medesimo asse longitudinale. Il campo di ripresa si allarga, la macchina da presa segue il movimento di Alfredo e Adalgisa, rivelando sullo sfondo la testa di Medusa rinvenuta nel primo scavo nel 1895 [Figg. 19-20]. Inoltre, in questa inquadratura è possibile notare come tutti e tre i reperti appena descritti poggino su un piedistallo. Anche in questo caso non è possibile stabilire se si tratta di una copia o dell’originale, attualmente esposto nel Museo Nazionale Romano.

Inquadratura [10]

Questa scena, montata in sequenza attraverso il raccordo di sguardo di Alfredo che segue Adalgisa mentre si dirige verso l’uscita del piano ammezzato del Museo [Fig. 21], permette di collocare la macchina da presa in una posizione strategica per restituire, in un’inquadratura centrale e simmetrica rispetto al movimento del soggetto, l’immagine del lato ovest del ballatoio superiore, completamente intonacato e privo di oggetti, in direzione sud. 

Inquadratura [11]

Assistiamo all’ultimo stacco nel montaggio per questa sequenza. La macchina da presa riprende con un primo piano Alfredo e Nicoletta che nel frattempo ritornano nello spazio del padiglione est [Fig. 22]. Questa inquadratura è accostabile all’inquadratura [3]: infatti è possibile vedere nuovamente sullo sfondo della scena i segni dell’incendio e i resti bruciati delle navi.

Inquadratura [12]

L’ultima inquadratura sembra essere stata realizzata con il movimento ‘dolly’ o ‘crane’: la cinepresa, collocata probabilmente su una piattaforma, viene spostata verso l’alto, quasi come stesse volando, e offre così una visione dall’alto sull’azione che sta avvenendo in scena. Infatti, in questa ultima sequenza, Adalgisa esce dal Museo [Fig. 23]. Gli elementi che fanno ipotizzare che Adalgisa stia percorrendo la passerella dal lato del padiglione ovest, e che si muova in direzione da nord verso sud verso l’uscita del Museo, sono le gradinate laterali a destra dell’inquadratura e, soprattutto, la presenza delle strutture in tubolare metallico che si vedono nell’inquadratura [6].

III. Analisi del percorso: la sequenza del film L’assassino come fonte per la ricostruzione dell’allestimento del Museo delle Navi romane 1953-1962

Ilaria Grippa e Christian Toson

24 | Vittorio Ballio Morpurgo, planimetria generale del Museo delle Navi Romane, 1940, in riferimento ai materiali pubblicati negli articoli di Giacomo Calandra di Roccolino e di Agostina Incutti, Elisabetta Pallottino, Paola Porretta. Percorso allestitivo e cinematografico nel film L’assassino di Elio Petri (1961), piano terra. Disegno di Christian Toson. 

25 | Vittorio Ballio Morpurgo, planimetria generale del Museo delle Navi Romane, 1940. Rimando ai materiali pubblicati negli articoli di Giacomo Calandra di Roccolino e Agostina Incutti, Elisabetta Pallottino, Paola Porretta. Percorso allestitivo e cinematografico nel film L’assassino di Elio Petri (1961), piano piano ammezzato, disegno di Christian Toson.

La sequenza girata all’interno del Museo delle Navi romane a Nemi nel film esordio di Elio Petri è un documento importante per la storia del Museo della Navi di Nemi nel Dopoguerra. Questo contributo si propone come un primo tentativo di analizzare e incrociare documenti ricavati da fonti diverse che, letti nel loro insieme, si rivelano tasselli importanti per la ricomposizione della scelta museografica, ancora tutta da indagare, che decide del ri-allestimento del 1953. Le immagini consentono di ricostruire, per quanto parzialmente, l’allestimento e, oltre a indicare la collocazione dei reperti esposti (sia che si tratti di copie o di originali), suggeriscono piste per la restituzione di alcuni aspetti dell’allestimento che appaiono particolarmente innovativi.

Gli schemi che qui proponiamo [Figg. 24-25] riassumono l’analisi dei dialoghi e delle inquadrature proposta nel paragarafo II. Le inquadrature del film, indicate secondo la numerazione dei fotogrammi proposta sopra, sono posizionate nella planimetria del Museo con un orientamento dedotto in modo approssimativo ma verosimile dalle inquadrature del film. 

La prima inquadratura [Fig. 4] riprende l’esterno dell’edificio e permette di vedere lo stato della facciata restaurata per la riapertura del Dopoguerra, le inquadrature successive [Figg. 5-10] si concentrano sul padiglione est dove si trovano i resti delle navi bruciate e le macerie disposte lungo i muri perimetrali: mentre i serramenti esterni appaiono ripristinati, al contrario parapetti e superfici interne ancora visibilmente segnati dall’incendio. Nel padiglione est, a quanto si vede dalle inquadrature, sembra non sia esposto alcun reperto, mentre i reperti si vedo allestiti nel corridoio centrale e nel padiglione ovest dove gradualmente si sposta la scena.

Il padiglione ovest pare essere stato oggetto di un ripristino completo e di importanti modifiche soprattutto per quanto riguarda la presenza dei due modelli in scala 1:5 delle navi che sembrano trovarsi nella stessa posizione in cui sono allestiti ancora oggi. Due brevi filmati, uno datato 1 maggio 1952 e l’altro 8 maggio 1952, conservati nell’Archivio dell’Istituto Luce (Archivio Luce, Ricostruita la seconda nave di Nemi e Trasporto di navi al Museo di Nemi), documentano il trasporto dei due modelli dal cantiere di Castellammare al Museo delle Navi romane un anno prima dell’inaugurazione, che avvenne il 25 novembre 1953 (Ghini, Gizzi 1996, 26). Le navi furono fatte costruire dalla Marina Militare, la stessa che aveva contribuito al finanaziamento per la costruzione del Museo. La costruzione dei modelli in proporzioni ridotte, il trasporto su strada attraverso il territorio laziale e il loro ingresso nell’edificio ancora segnato dai colpi della granate sono presentate secondo lo stile della narrazione della ricostruzione italiana, vigente in quegli anni. “Tra qualche giorno la breccia aperta nel muro si chiuderà dietro la poppa. Un porto tra quattro pareti” – questa frase che conclude uno dei due documentari sintetizza il sentimento che sembra guidare i progetti di allestimento degli anni Cinquanta ancora profondamente segnati dalla ferita aperta della guerra. Nel film, Petri sembra seguire la scansione dei due momenti: dalle inquadrature ambientate nelle rovine fino all’inquadratura [6] [Fig. 12].

Nel padiglione ovest, inoltre, grazie alle inquadrature del film è possibile individuare altri elementi dell’allestimento: le fistulae aquariae appese sulla parete nord all’incirca nella stessa posizione in cui sono visibili oggi e le tegole bronze appese di fianco “come quadri astratti” (questa la battuta di Nicoletta nel film), oggi sono invece ricollocate al centro della sala sulla ricostruzione storica di una porzione del tetto delle navi. Infine, sempre nel padiglione ovest dalle inquadrature del film si ricava la presenza di una struttura in tubolare metallico bianco della quale non è chiara la funzione. 

La maggior parte degli oggetti in esposizione sembrano essere stati allestiti nel corridoio centrale e nel ballatoio superiore del padiglione ovest. Nell’inquadratura [7] a fianco delle scale a chiocciola si individuano le vetrine con i principali reperti sopravvissuti (ceramiche, rubinetti, una pompa, l’ancora di ferro) [Fig. 14]. 

Le ultime inquadrature ambientate nel ballatoio ovest mostrano i bronzi delle mani apotropaiche della seconda nave e la testa di Medusa. Non è chiaro se le esigenze sceniche abbiano in qualche modo dettato la scelta di questa disposizione degli oggetti che non risulta accurata su un piano storico e nemmeno funzionale dal punto di vista della fruizione del percorso espositivo. 

Nel complesso si può leggere un tentativo di trovare nuovi significati per lo spazio di un museo che la guerra aveva pesantemente ferito e deprivato di senso e funzione. In particolare il padiglione est, dove c’erano ancora i resti dell’incendio delle navi, sembra suggerire una forma di esposizione delle rovine che appaiono esibite e rese frubili ai visitatori proprio in quanto rovine. Se questa ipotesi fosse confermata, si tratterebbe di un esempio di scelta museografica di assoluto rilievo nel panorama italiano, ma l’ipotesi potrà trovare conferma solo dopo un’accurata indagine archivistica sull’allestimento. Ma anche nell’economia compositiva del film l’episodio di Nemi ha una sua rilevanza drammaturgica: lo spazio che fa da scenario all’“atto di Nemi” concorre a delineare il profilo e la memoria del protagonista. Il tono ironico, e a tratti superficiale, dei dialoghi entra in forte contrapposizione con la gravità del fondale, che costituisce un paesaggio di distruzione segnato dalla presenza significante delle rovine. Dalla loro funzione di sfondo, nel campo lungo adottato da regista, i reperti conquistano gradualmente il primo piano, sono toccati dai protagonisti che interagiscono con essi. Il set diventa così una preziosa testimonianza del clima culturale, oltre che del paesaggio mentale e materiale, dell’Italia nel Dopoguerra.

Bibliografia
Fonti 
Riferimenti Bibliografici
  • Altamura, Paolucci 2023
    F. Altamura, S. Paolucci, L’incendio delle navi di Nemi. Indagine su un cold case della Seconda guerra mondiale, Grottaferrata 2023, 236-239.
  • Ghini, Gizzi 1996
    G. Ghini, S. Gizzi, Il Lago di Nemi & il suo Museo, Roma 1996.
  • Gili 2000
    J. A. Gili (a cura di), Elio Petri, Roma 2000.
  • Moretti [1940] [1950] 1996
    G. Moretti, I bronzi figurati, 1940, in G. Ucelli, Le navi di Nemi, terza ristampa, Roma [1950], 1996.
  • Petri 2007
    E. Petri, Scritti di cinema e di vita, a cura di J.A. Gili, Roma 2007. 
  • Rossi 1979
    A. Rossi, Elio Petri, Firenze 1979.
  • Rossi 2015
    A. Rossi, Elio Petri e il cinema politico italiano. La piazza carnevalizzata, Milano 2015.

English abstract

The subject of this contribution is a scene from the film L’assassino, Elio Petri’s debut film released in April 1961. The analysis is proposed as a useful tool for investigating the Museo delle Navi di Nemi, in particular its setting in the post World War II period, analysing how the museum appears in the film sequence.

keywords | L’assassino; Italian Cinema; Elio Petri; Nemi ships Museum.

questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e al comitato scientifico della rivista

Per citare questo articolo / To cite this article: I. Grippa, C.Toson, Le Navi romane si possono vedere anche in tre, il Museo di Nemi nella sequenza del film L’assassinio di Elio Petri (1961) ”La rivista di Engramma” n.203, giugno 2023 pp. 81-100 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.203.0008