"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

207 | dicembre 2023

97888948401

Segno e Disegno

Editoriale di Engramma 207

Fernanda De Maio e Fabrizio Lollini

English abstract

“Segno”, o dell’architettura; “disegno”, o della storia delle arti: Engramma 207 propone l’incrocio tra questi due modi di segnare e disegnare il mondo. Ma la proposta è anche misurare una distanza: la distanza tra il disegno per l’architettura e il disegno per l’arte nella consapevolezza che, benché il disegno rappresenti un medium comune a tali attività del pensiero umane, d’altra parte esistono proprio rispetto agli aspetti semantici legati al segno precise e nette differenze, frutto di tecniche compositive che attingono a tradizioni molto differenti; per esempio il modo in cui la figura umana occupa lo spazio di un’opera pittorica che sia tale e il modo in cui questa, viceversa, occupa lo spazio in un disegno di architettura. Proprio a partire da questo primo esempio è apparsa allora necessaria la suddivisione in due parti di questo numero, una dedicata all’Architettura e una all’Arte.

Segno, o dell’architettura

I numeri di Engramma dedicati all’architettura difficilmente presentano progetti inediti. L’obiettivo di Engramma-Architettura è piuttosto offrire letture critiche inedite di progetti e opere, di strumenti ed esercizi pedagogici ed ermeneutici per educare, e educarsi, al progetto di architettura; di più, tentare di presentare al lettore, intorno ai temi selezionati dai curatori, una costellazione di punti di vista che nel suo insieme restituisca una lettura inedita del tema scelto. Richiamando la luce inclusa nel motto bruniano di Engramma – Fulgor ille – l’obiettivo è, sempre, disegnare la traccia di luce della costellazione che via via scegliamo di profilare.

Non sfugge a questo obiettivo Engramma 207 dedicato a Segno e disegno. Per la sezione “Segno”, ci si potrebbe aspettare di trovare in questo numero contributi di colleghi e studiosi che si occupano nello specifico della disciplina del disegno in architettura. Abbiamo invece agito diversamente perché volevamo sondare il modo in cui le tecniche di disegno sono sentite da chi le usa con mano sapiente ed esperta di architetto tout-court e che si occupa non tanto o non solo della bellezza del disegno in se stesso, ma in funzione di un obiettivo che riguarda la comprensione di ciò che si sta progettando per essere costruito o, al contrario, propone un disegno memore di quella stagione dell’architettura disegnata che trova un’autonomia in se stessa e si apparenta all’arte; oppure che concepisce la carica visionaria e prefigurativa della pratica grafica. Non si tratta, dunque, di affrontare il tema con un taglio settoriale – impegno riservato alle riviste specialistiche sul disegno in architettura: Engramma-Architettura mira a ricostruire la dinamica della relazione tra disegno e architettura, intesa come vasto campo speculativo intorno a cui si addensano teorie e pratiche, che nel progetto dell’opera architettonica trovano sintesi.

Rispetto agli articoli di architettura, tuttavia, risuona frequente come un’urgenza da dirimere: la questione della relazione tra architettura e arte. In questo senso va inteso il primo degli articoli a firma di Alberto Ferlenga, Lorlo sfuggente. Riflessioni sparse su segno e disegno, in cui si evidenzia che “[…] Il disegno è uno strumento comune ad architettura, scultura e pittura, ma in ognuna di esse ha avuto modi e tempi diversi di utilizzo” e che rileva come “[…] In questo uso differenziato incide il tempo della creazione: mentre infatti in pittura segno e realizzazione vanno di pari passo, il rapporto tra idea e costruzione in architettura non conosce la stessa immediatezza”. Il disegno geometrico manuale, con riga, squadra e tratteggi chiaroscurali, per il progetto del dettaglio, è quanto Guido Morpurgo mette a fuoco in Strategie del dettaglio. Ragioni critiche del disegno di architettura, dopo una disamina sul significato del disegno d’architettura quale “[…] scrittura prima del progetto, strumento di ricerca progettuale per eccellenza della disciplina architettonica, spazio astratto di contenuti concreti”, popolando appunto di propri disegni l’articolo (e tra questi uno è diventato anche la bella immagine che abbiamo scelto per la copertina); Alberto Calderoni, viceversa, a partire dai tempi più sincopati e frettolosi dell’attuale educazione accademica all’architettura, avverte in Il tempo del disegno digitale. Potenzialità e limiti di uno strumento troppo giovane per essere già vecchio l’urgenza di circoscrivere, all’interno della semantica del disegno digitale, lo strumento pedagogico “[…] per indagare il quadro strutturale del rapporto studente-computer-docente”. Con l’articolo L’opera al nero. Segno e disegno in Ivan Leonidov di Luca Lanini, prende corpo la luminescenza del tratto su fondo nero di Ivan Leonidov capace di “[…] un ‘occhio assoluto’, quell’istintiva capacità quasi palladiana nel governare masse, ritmi e distanze e poi di ‘metterle in scena’ in architetture precise e misteriose”, mentre in Il disegno come disvelamento rivoluzionario, Laura Scala affronta il tema dell’opera d’arte totale nelle avanguardie russe a partire dai bozzetti di costumi e scene per l’opera teatrale La Vittoria del Sole e la “[…] trascendenza racchiusa nel disegno di Malevič, pittore profondamente impegnato nella ricerca di una nuova dimensione artistica (e non solo)”. Il contributo di Susanna Campeotto, dal titolo La magia figurativa del segno. Il cimitero partigiano di Vojsko, propone “la lettura di un’opera particolarmente significativa [di E. Ravnikar], al fine di indagare il processo di invenzione dei “segni” propri del luogo da cui trae origine il progetto, e la loro metamorfosi in figure fondamentali dell’architettura, inserite nel paesaggio”. Con Il primato del disegno nell’architettura italiana del secondo Novecento, Manuela Raitano, rielaborando un proprio contributo in volume, riporta invece l’attenzione su alcuni maestri italiani del secondo Novecento, che hanno operato a livello accademico tra Venezia e Roma, su i cui disegni, resi complessi da rarefatte e “divine geometrie” primarie, s’interroga a proposito del loro lascito per l’architettura contemporanea; 2015. La piramide e la sfera. Geometrie pure tra rovine di città è poi l’articolo con cui Fernanda De Maio, costruendo un parallelo tra due allestimenti distanti nello spazio, riporta l’attenzione a quelle geometrie-forme-segni primari innestati in edifici in rovina, per mettere a fuoco il tema dell’unità tra scienza e arte, che in architettura rischia una tragica frattura per il dominio incontrastato del pensiero come calcolo e della architettura come pura ‘teoria del reale’. Una finestra sul mondo dell’architettura europea continentale e sulla relazione tra (di)segno e opera costruita agli albori del secolo scorso e nella contemporaneità è offerta prima dall’articolo di Giacomo Calandra di Roccolino, Segno e disegno nell’opera di Heinrich Tessenow, in cui si argomenta che i disegni del maestro tedesco “[…] sono spesso opere con cui porta avanti la sua ricerca sull’arte del costruire, espressione più intima del suo essere Baukünstler, inteso – in senso letterale – come la perfetta sintesi tra artista e costruttore” e poi dalla recensione curata da Michela Maguolo, Tracce visive di pensiero, in cui, attraverso i 330 disegni presenti nel volume Peter Märkli: Dessins/Disegni a cura di Fabio Don e Claudia Mion, l’autrice “[…] ripercorre il libro, evidenziando il valore delle tracce visibili del pensiero che i disegni di Märkli rappresentano, e l’infinita ricerca della forma nelle sue innumerevoli variazioni che caratterizza il lavoro di Märkli”. La sezione è conclusa da un estratto dall’ultimo libro di Alberto Ferlenga, Architettura. La differenza italiana, uscito quest’anno per i tipi di Donzelli, che tratta della crisi del ruolo sociale dell’architetto italiano nel contesto internazionale.

Disegno, o della storia delle arti

Un primo collegamento tra prima e seconda sezione si può istituire grazie alla proposta dell’articolo di Pasquale Fameli sulla forma dell’igloo, Abitare l’archetipo. Tempo, preistoria e mito nella poetica di Mario Merz, in cui in prima battuta si parla sì, in qualche modo, di “entità abitative”, ma, come chiarisce subito lo studioso, “[…] L’artista non intende ridefinire lo spazio dell’opera come un campo fisicamente praticabile […] ma attivare processi immaginativi carichi di valenze simboliche, antropologiche ed esistenziali”; un ripensamento sulla preistoria, sugli archetipi e sulle immagini ‘primarie’, in qualche modo anche in relazione all’arte povera.Di segno, proprio nel senso stesso della linearità grafica e del tratto in rilievo, si occupa il contributo di Lorenzo Gigante, su una veneratissima immagine devozionale a stampa xilografica, la Madonna del Salice: Una, nessuna, molteplici Madonne del Salice. Un’immagine e i suoi riflessi. Sconosciuta ai repertori di questa tipologia produttiva in età rinascimentale, attirò l’attenzione del nobile ferrarese Ercole Strozzi, che la rese protagonista della sua strategia visiva: “[…] In una storia fatta di eventi traumatici, la Madonna del Salice seppe trovare sempre nuove vie per sopravvivere, adattandosi ai mutamenti della storia, in una vicenda esemplare per il potere delle immagini”. In Un ciclo di lunette per il Chiostro Grande della Certosa di Firenze. Piero di Matteo di Ser Martello e una possibile committenza di Giovanni Maria Canigiani abate di Vallombrosa, Danilo Sanchini riconsidera la figura di Piero di Matteo, in rapporto al contesto della Certosa fiorentina: il disegno è qui sottotraccia, come strumento imprescindibile per la costruzione delle iconografie complesse delle immagini sacre previste dal partito architettonico della struttura monastica. Ma è nel testo di Martina Calì che emerge forse il parallelo più intrigante col contesto della sezione di Architettura di questo numero: nel tracciare una lettura iconologica della Prudenza Scrovegni di Giotto, l’autrice – in An Iconological Approach to Giotto’s Allegory of Prudence and her Mirror – considera anche le celeberrime illustrazioni di due ‘bibbie moralizzate’, in cui Dio, nell’atto di creare l’universo, lo definisce grazie all’uso di un compasso, con cui traccia un cerchio perfetto, nel cui interno, entro un elemento fitomorfo, compaiono il sole, la luna e un ammasso di materia ancora informe. Un’immagine emblematica per la cultura visuale del Medioevo, quest’ultima, e per le procedure del “Mind’s Eye” degli uomini medievali; a sua volta, una delle più rilevanti tematiche di Experiencing Medieval Art di Herbert L. Kessler, la cui edizione italiana viene qui recensita da Sara Salvadori. L’altra review alla monografia sulla Calunnia botticelliana, di Sara Agnoletto e Monica Centanni, proposta da Alessandro Cecchi e Marcello Ciccuto, e la presentazione di Victoria Cirlot della mostra Emociones. Imágenes y gestos del pasado y del presente, in corso al Museu Frederic Marès di Barcellona, arricchiscono ulteriormente i temi di questo ultimo numero del 2023 della rivista.

English abstract

Engramma 207 investigates the distance between drawing for architecture and drawing for art in the awareness that, although this represents a common medium for human thought activities, there are clear differences with respect to the semantic aspects linked to the sign. These differences are the result of compositional techniques that draw on very different traditions; for example, the way in which the human figure occupies space in a work of painting and the way in which this, conversely, occupies space in an architectural drawing. It was precisely from this example that it seemed necessary to divide this issue into two sections, one dedicated to Architecture and one to Art.
In the first part, Lorlo sfuggente. Riflessioni sparse su segno e disegno by Alberto Ferlenga questions about the relation between Art and Architecture; Strategie del dettaglio. Ragioni critiche del disegno di architettura by Guido Morpurgo deals with manual geometric drawing with ruler, square and chiaroscuro hatching for detail drawings; Il tempo del disegno digitale. Potenzialità e limiti di uno strumento troppo giovane per essere già vecchio by Alberto Calderoni confronts with the urgency to circumscribe pedagogy within the semantics of digital design; L’opera al nero. Segno e disegno in Ivan Leonidov by Luca Lanini deals with the drawing on black background as the means of communication used by Ivan Leonidov; l disegno come disvelamento rivoluzionario by Laura Scala addresses the theme of the total work of art in the Russian avant-garde, starting with sketches of costumes and sets for a theatrical play; La magia figurativa del segno. Il cimitero partigiano di Vojsko by Susanna Campeotto proposes the study of a particularly significant work by E. Ravnikar in order to investigate the process of inventing the ‘signs’ of the place from which the project originates; Il primato del disegno nell’architettura italiana del secondo Novecento by Manuela Raitano examines the drawings of some Italian masters of the second half of the Twentieth century to try to understand their legacy for contemporary architecture; 2015. La piramide e la sfera. Geometrie pure tra rovine di città by Fernanda De Maio makes a parallel between two spatially distant exhibitions, drawing attention to geometries, shapes and primary signs grafted into ruined buildings, to focus on the theme of unity between science and art; Segno e disegno nell’opera di Heinrich Tessenow by Giacomo Calandra di Roccolino takes on the drawings by Tessenow stating that they are often works with which he pursues his research into the art of building, the most intimate expression of his being Baukünstler, understood as the perfect synthesis of artist and builder; Tracce visive di pensiero by Michela Maguolo presents the book Peter Märkli: Dessins/Disegni curated by Fabio Don and Claudia Mion, on 330 drawings by Märkli; lastly, this first section is concluded by an excerpt from Architettura. La differenza italiana by Alberto Ferlenga (2023) where the author investigates the reasons for a crisis in the social role of the Italian architect in the world.

In the second section, Abitare l’archetipo. Tempo, preistoria e mito nella poetica di Mario Merz by Pasquale Fameli proposes a reconsideration over prehistory, archetypes and ‘primary’ images in relation to arte povera; Una, nessuna, molteplici Madonne del Salice. Un’immagine e i suoi riflessi by Lorenzo Gigante deals with a woodcut devotional image, the so-called Madonna del Salice, and its fortune throughout history; Un ciclo di lunette per il Chiostro Grande della Certosa di Firenze. Piero di Matteo di Ser Martello e una possibile committenza di Giovanni Maria Canigiani abate di Vallombrosa by Danilo Sanchini reconsiders the figure of Piero di Matteo in relation to the context of the Florentine Charterhouse: drawing is an undercurrent, an essential tool for the construction of the complex iconographies of sacred images envisaged by the monastic structure; An iconological approach to Giotto’s allegory of prudence and her mirror by Martina Calì makes an iconological reading of Giotto’s Prudenza Scrovegni; the issue is concluded by Experiencing Medieval Art by Herbert L. Kessler, reviewed by Sara Salvadori, a review of the monograph on Botticelli’s Calunnia by Sara Agnoletto and Monica Centanni, by Alessandro Cecchi and Marcello Ciccuto, and the presentation of Emociones. Imágenes y gestos del pasado y del presente’s exhibition by Victoria Cirlot, now on at Museu Frederic Marès in Barcelona.

keywords | Architectural drawing; Arts drawing; Composition; Hand-drawing; Detail; Measurement; Form; Metamorphosis of architectural shapes; Digital drawings; Architectural pedagogies; Ivan Leonidov; Russian Avant-Garde; Soviet Architecture; Drawing; Avant-garde; Deconstruction; Partisan Cemetery; Landscape Architecture; Edvard Ravnikar; Geometry; Abstraction; Francesco Venezia’s Pompeii Pyramid; Sebastián Irarrázaval’s Pavillion; Ruined Architecture; Boullée’s Platonic Architecture; Valparaíso Subercaseaux Palace; Heinrich Tessenow; Baukünstler; Perspective; Peter Märkli; Alberto Ferlenga; Architettura. La differenza italiana; Donzelli Editore; Mario Merz; Arte Povera; Igloo; Time; Individual mythology; Madonna del Salice; Xilography; Reinassance; Ferrara; Ercole Strozzi; Miracle; Prudenza; Giotto; Padova; Mirror; Iconology; Affects; Mysticism; Survivals; Burri; Fontana; Bill Viola; Kessler; L’esperienza medievale dell’arte; Experiencing Medieval Art; Performance; Environments; Botticelli; Calunnia; Firenze; Sara Agnoletto; Monica Centanni.

Per citare questo articolo / To cite this article: Fernanda de Maio, Fabrizio Lollini, Segno e Disegno. Editoriale di Engramma 207, “La Rivista di Engramma” n. 207, dicembre 2023, pp. 7-12. | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.207.0005