"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

224 | maggio 2025

97888948401

Cantiere Ronconi. Tracce Memorie Spettacoli

Editoriale di Engramma 224

Ilaria Lepore, Marta Marchetti

English abstract

Luca Ronconi e uno dei suoi due pastori bernesi. Documentazione non attribuita, b. 67, f. 6, © ASAC Archivio Ronconi.

Sfuggono – anche a chi li ha vissuti in prossimità – i contorni del profilo di Luca Ronconi. Un universo in continuo cambiamento, informe, nutrito da una energia quasi infantile, una creatività e un’immaginazione debordante. Al fondo, l’intuizione di non potere (o non volere) risolvere la contraddizione. In questo modo Ronconi entra nel teatro, uno spazio da costruire e non un linguaggio da spiegare; uno spazio ogni volta diverso, ogni volta generato da nuovi processi, dalla scoperta di molteplici universi potenziali. 

Questa postura, ostinatamente applicata alla vita e al teatro, consente a Ronconi di andare oltre ogni forma di convenzione, accogliendo la sfida dell’irrappresentabile, dell’inattuale, dello spettacolo infinito. Una postura che si esercita anche su una dimensione profondamente materiale, concreta. Il lavoro in teatro è per Ronconi un abitare, un praticare nella quotidianità, un relazionarsi ad attori, tecnici, collaboratori.

In questo senso, l’immagine che apre questo numero di Engramma, selezionata tra le tante presenti nell’archivio personale del regista, ci sembra particolarmente adatta a raccontare la complessità del profilo artistico e intellettuale di Ronconi e con essa anche la sfida rivolta a chi, come noi, prova ad accedervi. C’è lo spazio privato, la mano amorevole che accarezza il cane (è Utta o Rino?), il corpo di Ronconi proteso in avanti attento a scrutare. Al muro un insieme di segni che evocano l’infantilismo grafico di Paul Klee o le bozze eliografiche delle partiture di Luigi Nono, un tavolo, delle sedie, un uomo che legge di spalle. Dove siamo? Molti degli attori di Ronconi potrebbero riconoscere in questa stanza il luogo delle interminabili e profondissime letture dei testi che precedono lo spettacolo; altri potrebbero riconoscervi un luogo di ozio, di ritiro poco prima di un’altra sfida. Ma, soprattutto, c’è un altrove, un’assenza presente verso cui lo sguardo di Ronconi è diretto.

Quest’immagine allora oltre a suggerire il rimando a quell’intuizione tutta ronconiana dell’estensione dello spazio teatrale (estensione intesa sia in termini temporali come simultaneità sia in termini propriamente spaziali, come un liberarsi dai vincoli della sala e dell’edificio teatrale) diventa una sorta di gioco che implica nell’osservatore un lavoro di ricomposizione dell’immagine, l’applicazione di una strategia utile a identificare (se mai si riesca) i pezzi di un enigma da risolvere.

Un gioco – e l’aspetto ludico è un altro elemento significativo della parabola di Ronconi – che è un invito a ricominciare, a ridistribuire le forze e i ruoli, a ridisegnare gli obiettivi e la logica del risultato in virtù della messa in opera di un processo, di una attività che infine modifica chi la fa.

Entra qui l’idea del ‘cantiere’, parola-concetto che dà il titolo a questo numero di Engramma e che rimanda alla consapevolezza di un lavoro non definitivo, volutamente processuale e in fieri che è, in fondo, l’orizzonte dentro cui Ronconi agisce. Inoltre, l’idea del cantiere può funzionare, come l’etimologia della parola suggerisce, da sostegno o impalcatura su cui muoversi per costruire o ri-costruire l’operato artistico e intellettuale di Ronconi, fatto di lavoro comune e incontro tra diversi saperi e competenze.

Cantiere, del resto, è stato anche il progressivo avvicinamento alla realizzazione di questo numero iniziata quando, con Roberta Carlotto e Oliviero Ponte di Pino, abbiamo avviato la collaborazione tra il Centro Teatrale Santacristina e Sapienza Università di Roma, con l’obiettivo di riflettere criticamente sull’eredità dell’opera di Ronconi a dieci anni dalla sua scomparsa. Questo obiettivo si è fatto ancora più urgente e concreto dentro lo scenario progettuale del PNRR CHANGES – Spoke 2 Creativity and Intangible Cultural Heritage, legato alle politiche di valorizzazione del patrimonio culturale immateriale e della memoria, con il sostegno del quale è stato organizzato il convegno “Ho sempre preferito non lasciare traccia”. Luca Ronconi, tra scena, vita e archivio a cura di Roberta Carlotto, Marta Marchetti e Oliviero Ponte di Pino (Roma 21, 22 e 23 maggio 2024, Museo dell’Ara Pacis e Nuovo Teatro Ateneo). In quell’occasione, dalle molte voci intervenute a presentare, ragionare o testimoniare un particolare aspetto della figura e del lavoro di Ronconi era emersa la difficoltà a giungere a dichiarazioni conclusive o osservazioni riepilogative, non ultimo il disagio di contenere in un’unica sessione, seppur durata lo spazio di qualche giornata, la massa imponente del lavoro di Ronconi, la produzione di circa duecento spettacoli tra prosa e lirica. Con l’idea di lasciare ancora spazio a riflessioni, indagini e narrazioni intorno all’opera di Luca Ronconi, si è deciso di dedicare questo numero esclusivamente al teatro parlato. Consapevoli che anche in questo caso non è possibile esaurire il discorso.

L’organizzazione di questo numero in tre sezioni – Tracce, Memorie, Spettacoli – non vuole indicare nette suddivisioni ma sollecitare nel lettore, al contrario, un movimento che renda permeabili i confini tra i diversi territori in cui ci siamo mossi per questa ricerca comune. Questa permeabilità è la conseguenza di una riflessione estesa sul tema della memoria applicata al fatto teatrale, declinata nelle diverse accezioni.

La sezione ‘Tracce’ si riferisce a quei residui materiali, l’insieme di quei segni che costituiscono un indizio manifesto della presenza di un evento-oggetto nel mondo e che sedimentando nel tempo vanno a comporre quella struttura che noi conosciamo come archivio. Quanto questa sedimentazione sia frutto della volontà di chi l’ha prodotta è la ragione che ci spinge ad indagare più in profondità la relazione tra l’artista e le tracce della sua attività, relazione che nel caso di Ronconi, vedremo, si pone in maniera assai problematica. In ‘Memorie’ l’attenzione si sposta invece sulle strategie narrative che derivano dall’esercizio di un metodo storico applicato alla ricostruzione delle tracce. Il teatro di Ronconi, in questo modo, si pone come oggetto di qualcosa che continua a lavorare nella memoria di chi quel teatro lo ha visto, esperito, incontrato, studiato, prolungandone la durata oltre l’effimero della sua esistenza sulla scena. Così nella sezione ‘Spettacoli’ ciò che emerge è la capacità del teatro di Ronconi di essere-nel-mondo, di entrare in risonanza cioè con quella particolare combinazione di tempo e spazio che investe la vita e il suo progredire.

Tracce

Apre la sezione Tracce il contributo di Rossella Santolamazza che, come funzionaria della Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche, ha riordinato e inventariato tra il 2015 e il 2017 il materiale conservato nell’archivio privato di Ronconi ereditato da Roberta Carlotto. L’inventario analitico dal titolo Regia e vita. L’Archivio di Luca Ronconi, risultato del lavoro di Santolamazza e fondamentale strumento di ricerca per studiare l’opera ronconiana, restituisce il racconto di un incontro inaspettato tra l’artista e l’archivista, rispondendo all’esigenza di una rappresentazione dinamica della memoria pur nell’organizzazione formale dell’archivio. In questa prospettiva segue il contributo di Debora Rossi, responsabile organizzativo dell’Archivio Storico della Biennale di Venezia (ASAC), in cui l’Archivio Ronconi è confluito nell’aprile del 2022. L’intervento tiene traccia dell’attività in corso in questo nuovo contesto, rivolta in parte a completare l’inventario ma anche ad arricchire questo archivio delle nuove acquisizioni di fondi privati. Altre tracce del lavoro di Ronconi sono ovviamente presenti negli archivi delle istituzioni pubbliche dove ha lavorato. Anna Peyron del Centro Studi del Teatro Stabile di Torino propone una guida all’esplorazione dei materiali lì conservati con l’obiettivo di renderli ampiamente accessibili e di valorizzare le diverse tipologie di fonti documentarie utili alla ricostruzione dello spettacolo. Silvia Magistrali, responsabile dell’Archivio Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, propone invece una visione d’archivio che accoglie le sfide conservative necessarie a restituire il quadro complesso e molteplice della presenza di Ronconi nella cultura teatrale contemporanea. A chiudere la sezione, la lectio magitralis che Ronconi tenne nel 2012 per l’Università Iuav di Venezia in occasione del conferimento della laurea honoris causa, testo significativo non solo per i suoi contenuti ma anche perché testimone della presenza di Ronconi e del suo teatro nei diversi luoghi di costruzione di saperi e conoscenze.

Memorie

La sezione Memorie si apre con un ricordo personale di Gianfranco Capitta che, spettatore d’eccezione, racconta lo stupore di chi come lui, nella Roma degli anni Cinquanta, scopriva con Ronconi anche un modo completamente nuovo di fare teatro. Giovanni Agosti si sofferma sul contesto che ha portato l’allora ventitreenne Ronconi a scrivere Guerra ed estate, commedia mai messa in scena e ripubblicata recentemente dall’editore Feltrinelli. Ilaria Lepore si addentra nel rapporto tra Ronconi e il modello cooperativo di produzione teatrale, analizzando gli scenari che si sono aperti a Roma tra gli anni Sessanta e Settanta. Il rapporto con la città di Venezia è invece esplorato da Rosaria Ruffini attraverso la messa a fuoco della ricerca artistica e curatoriale intrapresa da Ronconi quando dirige La Biennale Teatro di Venezia tra il 1974 e il 1976. Del suono degli spettacoli teatrali di Ronconi si occupa Simone Caputo in un saggio che approfondisce la collaborazione tra il regista e il sound designer Hubert Westkemper, soffermandosi anche sulle tecnologie utilizzate. Marta Marchetti si interroga sul lavoro di Ronconi alla direzione del teatro di Roma (1994-1994), ricostruendo oltre al contesto anche la tensione verso una progettualità aperta e laboratoriale. Arianna Morganti e Donatella Orecchia discutono, tra riflessione teorica e esperienza didattica, della metodologia utile a costruire una storia orale intorno alla figura di Ronconi. Erica Magris esplora il rapporto tra Ronconi e Bernard Dort, mettendo in luce la prospettiva critica aperta dalle riflessioni del critico francese. Renata Molinari rilegge invece gli interventi che nel corso degli anni Ronconi ha scritto per il Patalogo di Franco Quadri. Sulle foto di scena di Tommaso Le Pera si concentra l’intervento di Paola Bertolone. Sul progetto del Centro Teatrale Santacristina, scuola di teatro extra-istituzionale fondata con Carlotto nel 2002, si concentra il saggio di Davide Siepe. Conclude la sezione Claudio Longhi che riprende il discorso sul linguaggio che Ronconi praticava costantemente lavorando alle sue regie.

Spettacoli

La sezione Spettacoli comincia con lo studio di Marco Beltrame su Il nemico di se stesso (1965) e Fedra (1969), i soli esempi di drammaturgia latina messi in scena da Ronconi. Simone Dragone ricostruisce la complessa tournée dell’Orlando furioso in Danimarca nel 1970. Il saggio di Livia Cavaglieri ci porta a Zurigo dove nel 1972 Ronconi e Arnaldo Pomodoro progettano insieme una leggendaria Das Kätchen von Heilbronn di Heinrich von Kleist. Sonia Bellavia ricostruisce le produzioni austriache di RonconiDie Bakchen (Le Baccanti, 1973) e Die Vögel (Gli Uccelli, 1975) al Burgtheater di Vienna. Chiara Pasanisi indaga le motivazioni professionali e esistenziali del lavoro di Ronconi sui Dialoghi delle carmelitane di Georges Bernanos nel 1988. Piermario Vescovo si interroga sulle connessioni tra romanzo e teatro nel lavoro su Quer pasticciaccio brutto di Via Merulana di Carlo Emilio Gadda (1996). Giacomo Della Ferrera esplora le riletture ronconiane della Medea di Euripide (1981 e 1996) mettendo in luce un particolare modo di leggere la tragedia classica. Francesco Di Cello utilizza le categorie della narratologia per esplorare il rapporto tra pagina e scena nella regia dei Fratelli Karamazov da Fëdor Dostoevskij (1998). Emiliano Morreale indaga la relazione tra immagine e parola che alimenta l’edizione scenica di Lolita (sceneggiatura) di Nabokov (2001). Lo studio di Rita Agatina Di Leo si concentra sull’impatto socio-politico della regia delle Rane di Aristofane nel 2002. Andrea Peghinelli riflette sulla nozione di spazio scenico e culturale nel lavoro di Ronconi sulla Compagnia degli uomini di Edward Bond (2006). Marco di Maggio si interroga sulla ricezione del Silenzio dei comunisti (2006) da parte della stampa non specialista di sinistra. Arianna Frattali ricostruisce le regie goldoniane di Ronconi realizzate negli anni al Piccolo Teatro di Milano (2001-2007). La sezione si chiude con il saggio di Francesca Rigato che restituisce la visione ronconiana del futuro distopico raccontato in Fahrenheit 451 (2007).

Appendici

L’Appendice curata dall’Associazione Santacristina, in collaborazione con Associazione Culturale Ateatro ETS, documenta i risultati di un progetto relativo all’attività pedagogica di Ronconi. Le interviste ad attori e attrici under 50, e a chi, come Lorenzo Salveti, ha favorito la collaborazione tra Santacristina e l’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, sono curate e introdotte da Oliviero Ponte di Pino e Roberta Carlotto con l’intenzione di verificare, da un nuovo punto di vista, il lascito di Ronconi maestro di attori e attrici.

Infine, nel Regesto ronconiano, proponiamo una panoramica sui molteplici archivi, fisici e digitali, che custodiscono tracce del lavoro di Luca Ronconi e che sono stati consultati da chi ha contribuito a questo volume corale, con l’obiettivo di restituire il complesso paesaggio archivistico che ruota attorno alla figura a cui è dedicato questo numero di Engramma.

English abstract

Issue 224 of “La Rivista Engramma” is dedicated to exploring the figure and work of Luca Ronconi. The title Cantiere Ronconi. Tracce Memorie Spettacoli refers to the awareness of a non-definitive work, deliberately processual and in fieri which is, ultimately, the horizon within which the director acts. The issue intends to focus attention on the need to still leave spaces and reflections, investigations and narrations around the work of Luca Ronconi, dedicating this issue exclusively to the prose theater. The ‘Tracce’ section includes the analytical inventory entitled Regia e vita. L’Archivio di Luca Ronconi, the result of Santolamazza’s work and a fundamental research tool for studying Ronconi’s work. The contribution of Debora Rossi, head of organisation of the Archivio Storico della Biennale di Venezia (ASAC) into which the Ronconi Archive was merged in April 2022. Anna Peyron of the Centro Studi del Teatro Stabile di Torino offers a guide to exploring the materials preserved there. Silvia Magistrali, head of the Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa Archive, instead proposes an archive vision that takes up the conservation challenges necessary to restore the complex and multiple picture of Ronconi’s presence in contemporary theatre culture. Finally, the lectio magistralis that Ronconi gave in 2012 for the Università Iuav di Venezia on the occasion of the conferment of his honorary degree. The ‘Memorie’ section opens with a personal recollection by Gianfranco Capitta, who recounts of those who, like him, discovered with Ronconi a completely new way of doing theatre. Giovanni Agosti focuses on the context that led the then 23-year-old Ronconi to write Guerra e Estate. Ilaria Lepore delves into the relationship between Ronconi and the cooperative model of theatre production. The relationship with the city of Venice is instead explored by Rosaria Ruffini by focusing on the artistic and curatorial research undertaken by Ronconi when he directed La Biennale Teatro di Venezia between 1974 and 1976. The sound of Ronconi’s theatre productions is addressed by Simone Caputo through the collaboration between the director and sound designer Hubert Westkemper. Marta Marchetti examines Ronconi’s work as director of the Rome Theatre (1994-1994), reconstructing the tension towards an open and workshop-like design. Arianna Morganti and Donatella Orecchi discuss the methodology useful to construct an oral history around the figure of Ronconi. Erica Magris explores the relationship between Ronconi and Bernard Dort. Renata Molinari instead rereads the speeches that Ronconi wrote over the years for Franco Quadri’s Patalogo. Paola Bertolone’s intervention focuses on the stage photos of Tommaso Le Pera. Davide Siepe focuses on the Centro Teatrale Santacristina project. Claudio Longhi concludes the section with a discussion of the language that Ronconi practised in his directing. ‘Spettacoli’ section includes Marco Beltrame’s study of Il nemico di se stesso (1965) and Fedra (1969). Simone Dragone reconstructs the complex tour of Orlando furioso in Denmark in 1970. Livia Cavaglieri takes us to Zurich, where in 1972 Ronconi and Arnaldo Pomodoro together designed Heinrich von Kleist’s Das Kätchen von Heilbronn. Sonia Bellavia reconstructs Ronconi’s Austrian productions Die Bakchen (The Bacchae, 1973) and Die Vögel (The Birds, 1975) at the Burgtheater in Vienna. Chiara Pasanisi investigates the professional and existential motivations behind Ronconi’s work on Georges Bernanos’ Dialoghi delle carmelitane in 1988. Piermario Vescovo questions the connections between novel and theatre in his work on Quer pasticciaccio brutto di Via Merulana by Carlo Emilio Gadda (1996). Giacomo Della Ferrera explores Ronconi’s re-readings of Euripides’ Medea (1981/1996). Francesco Di Cello uses the categories of narratology to explore the relationship between page and stage in directing I fratelli Karamazov by Fyodor Dostoevsky (1998). Emiliano Morreale investigates the relationship between image and word that fuels the stage edition of Nabokov’s Lolita (sceneggiatura) (2001). Rita Agatina Di Leo’s study focuses on the socio-political impact of the direction of Aristophanes’ Rane in 2002. Andrea Peghinelli reflects on the notion of scenic and cultural space in Ronconi’s work on Edward Bond’s Compagina degli uomini (2006). Marco di Maggio questions the reception of Silenzio dei comunisti (2006) by the non-specialist left-wing press. Arianna Frattali reconstructs Ronconi’s Goldonian productions over the years at the Piccolo Teatro di Milano (2001-2007). The section closes with an essay by Francesca Rigato that restores Ronconi’s vision of the dystopian future recounted in Fahrenheit 451 (2007). The final section ‘Appendici’ includes a series of Interviews with the young actors and actresses trained by Ronconi. Edited by Associazione Santacristina the interviews are not divided into clear sections, but rather encourage the reader to consider the different areas of research as a whole. Finally, in the Regesto Ronconiano, we provide an overview of the numerous physical and digital archives that preserve evidence of Luca Ronconi’s work, including all the archives consulted by the contributors to this issue of Engramma.

keywords | Luca Ronconi; Theatre; Archive; Memory, Productions.

Per citare questo articolo / To cite this article: Ilaria Lepore, Marta Marchetti, Cantiere Ronconi. Tracce Memorie Spettacoli. Editoriale di Engramma 224, “La Rivista di Engramma” n. 224, maggio 2025.